giuseppe.d'orta
Forumer storico
I risparmi degli italiani nell’arco di più generazioni sono una bella torta che, prima concupita dalle reti di vendita porta a porta, ha poi fatto gola ad altri soggetti. Soprattutto alle banche che hanno in pratica trasformato gli addetti agli sportelli in venditori a provvigione di fondi, gestioni e polizze. Tale strategia ha avuto successo, tanto che la quantità di ricchezza affidata ai gestori "professionali "è cresciuta a dismisura. Stimata in circa 1000 miliardi di euro, equivale a 17.00 euro (33 milioni di lire) a testa, bambini compresi.
Il problema è che il decantato risparmio gestito non è affatto un modo più redditizio o più sicuro d’investire. A parte qualche fattispecie marginale, è una gigantesca macchina per trarre il maggior profitto possibile dai soldi di milioni di risparmiatori senza dar nulla in cambio o, peggio, danneggiandoli. Gestioni patrimoniali in fondi o in titoli, fondi comuni, pseudo-polizze previdenziali ecc. partoriscono lo stesso risultato: fanno regolarmente peggio rispetto a chi investe da solo. E per giunta con più rischi.
Una valutazione esatta del danno complessivo subito dai risparmiatori italiani presuppone la disponibilità di dati difficili da reperire. Non ci sono infatti solo commissioni di gestione esose e commissioni d’incentivo ingiustificate. Non ci sono solo i cosiddetti caricamenti per le polizze cosiddette pensionistiche, spesso pesantissimi. Non ci sono solo le provvigioni d ’ingresso, d’uscita o di switch (passaggio da un fondo all ’altro). C ’è anche altro, più occulto: per esempio la movimentazione frenetica dei portafogli, che genera costi nascosti a danno dei risparmiatori. È una frottola la pretesa trasparenza di fondi comuni e gestioni.
Esistono prodotti quali le obbligazioni e le polizze index-linked che permettono ricarichi spropositati. L ’accusa non è solo mia, ma dello stesso organo di controllo, ossia della Consob. Stimando prudenzialmente il danno subito dai risparmiatori italiani nel 2-3% annuo, arriveremmo a 25 miliardi di euro l ’anno. Cioè 50 mila miliardi di lire, la grandezza di una buona manovra economica. Ha del lavoro da fare, il legislatore che volesse davvero tutelare il risparmio, come prevede la Costituzione (art.47).
Le frottole che raccontano impunemente i venditori d ’investimenti, sicuri che il loro interlocutore non avrà un registratore nascosto sotto la giacca o nella borsetta, e le massicce campagne di vendita di banche e assicurazioni avrebbero un successo ben minore senza l ’atteggiamento collaborativo della quasi totalità del giornalismo economico.
Dalla nascita dei primi fondi nel 1984-85, è difficile distinguere un articolo su un prodotto finanziario da una sua presentazione pubblicitaria. Le cause sono complesse e nel mio libro ho cercato di approfondirle: incompetenza e superficialità di moltissimi giornalisti economici, intreccio d ’interessi fra i medesimi e le società del settore (che li foraggiano lautamente strapagandone la partecipazione a iniziative più o meno promozionali: articoletti su house organ ecc.), ma anche lo scrupolo diffuso di non scrivere cose sgradite agl’inserzionisti."
Il problema è che il decantato risparmio gestito non è affatto un modo più redditizio o più sicuro d’investire. A parte qualche fattispecie marginale, è una gigantesca macchina per trarre il maggior profitto possibile dai soldi di milioni di risparmiatori senza dar nulla in cambio o, peggio, danneggiandoli. Gestioni patrimoniali in fondi o in titoli, fondi comuni, pseudo-polizze previdenziali ecc. partoriscono lo stesso risultato: fanno regolarmente peggio rispetto a chi investe da solo. E per giunta con più rischi.
Una valutazione esatta del danno complessivo subito dai risparmiatori italiani presuppone la disponibilità di dati difficili da reperire. Non ci sono infatti solo commissioni di gestione esose e commissioni d’incentivo ingiustificate. Non ci sono solo i cosiddetti caricamenti per le polizze cosiddette pensionistiche, spesso pesantissimi. Non ci sono solo le provvigioni d ’ingresso, d’uscita o di switch (passaggio da un fondo all ’altro). C ’è anche altro, più occulto: per esempio la movimentazione frenetica dei portafogli, che genera costi nascosti a danno dei risparmiatori. È una frottola la pretesa trasparenza di fondi comuni e gestioni.
Esistono prodotti quali le obbligazioni e le polizze index-linked che permettono ricarichi spropositati. L ’accusa non è solo mia, ma dello stesso organo di controllo, ossia della Consob. Stimando prudenzialmente il danno subito dai risparmiatori italiani nel 2-3% annuo, arriveremmo a 25 miliardi di euro l ’anno. Cioè 50 mila miliardi di lire, la grandezza di una buona manovra economica. Ha del lavoro da fare, il legislatore che volesse davvero tutelare il risparmio, come prevede la Costituzione (art.47).
Le frottole che raccontano impunemente i venditori d ’investimenti, sicuri che il loro interlocutore non avrà un registratore nascosto sotto la giacca o nella borsetta, e le massicce campagne di vendita di banche e assicurazioni avrebbero un successo ben minore senza l ’atteggiamento collaborativo della quasi totalità del giornalismo economico.
Dalla nascita dei primi fondi nel 1984-85, è difficile distinguere un articolo su un prodotto finanziario da una sua presentazione pubblicitaria. Le cause sono complesse e nel mio libro ho cercato di approfondirle: incompetenza e superficialità di moltissimi giornalisti economici, intreccio d ’interessi fra i medesimi e le società del settore (che li foraggiano lautamente strapagandone la partecipazione a iniziative più o meno promozionali: articoletti su house organ ecc.), ma anche lo scrupolo diffuso di non scrivere cose sgradite agl’inserzionisti."