Voltaire ha scritto:
generali1984 ha scritto:
Ecco lui non dovrebbe averci rimesso
Certo: non ci hanno davvero rimesso i soggetti che hanno collocato, o partecipato al collocamento come sponsor, ecc., a prezzi da fantascienza gli e-ctoplasmi che oggi vagano senza meta sotto quel tendone da circo.
Scaglia e Micheli per e.Biscom, il magico DeGiovanni per Fregaturland, per proseguire con EPlanet-DMail-Gandalf-CHL-ecc.-ecc.
L'Ing. (= INGordo) Carlo Delle Bastonature è un fuori-categoria, ovviamente
fatto copia/incolla dal sito borsari.it
De Benedetti? No grazie, neanche gratis.
Facciamo una breve rivisitazione storica.
A metà degli anni 80, in pieno boom della Borsa italiana, arrivarono sul mercato le azioni di risparmio non convertibili: uno dei pacchi più "schifosi" della storia finanziaria mondiale.
Si trattava di azioni senza diritto di voto (e, quindi, ai fini del controllo delle aziende valevano zero) che ricevevano (se l'azienda faceva utili) un dividendo minimo del 5.0% sul valore nominale e comunque del 2.0% superiore alle ordinarie.
Seguitemi bene.
Se vi vendo un'azione di risparmio al valore nominale di 1.0 euro e la mia azienda fa utili, devo darvi un dividendo minimo di 5 centesimi (quindi il 5.0%); se però ve la vendo a 3.0 euro (1.0 di nominale + 2.0 di sovrapprezzo), il dividendo è sempre di 5 centesimi che, però, dal vostro punto di vista non è più il 5.0% ma l'1.7% (5 centesimi su 3 euro).
Come detto, a metà degli anni ottanta la Borsa era in pieno boom e, quindi, le azioni si vendevano con "congruo sovrapprezzo"; risultato: le azioni di risparmio avevano (in generale) un rendimento del 2.0% o meno.
Un'autentico "cetriolo" formato "King-size", in perenne ricerca del deredano del famoso ortolano.
Chi capì subito la grande opportunità offerta da quegli strumenti di "sodomizazzione" di massa?
L'ingegner Carlo De Benedetti, naturalmente!
Le sue aziende quotate (Olivetti, Cir, Cofide, Latina etc..) cominciarono ad emettere "tonnellate" di azioni di risparmio che, non avendo diritto al voto, consentivano al Boss (l'ingegnere) di reperire risorse finanziarie ad un costo irrisorio e senza essere costretto a diluire le sue quote di controllo.
Attraverso questa "figata" e le lunghe catene di società finanziarie, il nostro eroe controllava l'Olivetti con una manciata di miliardi delle sue lire.
Osservate a che punto arriva il genio finanziario di alcuni umani, nell'esempio seguente.
La società finanziaria X controlla la società operativa Z, che ha un capitale di 100 milioni diviso in 70 milioni di azioni ordinarie e 30 milioni di azioni di risparmio.
Ai fini del controllo societario le azioni di risparmio non contano una beata mazza (non hanno diritto di voto) e, quindi, alla società X basterà possedere 36 milioni (il 51%) di azioni ordinarie della società Z: con il 36% dei quattrini può controllare l'intera società.
Ora osservate questo giochetto di prestigio: la società X, per mettere insieme i 36 milioni necessari a controllare la Z, ricorre a 15 milioni di debiti finanziari (se li fa prestare dalle banche) e dispone di un capitale sociale di 21 milioni diviso in 14 milioni di azioni ordinarie e 7 milioni di risparmio; con quanti denari si può controllare?
il 51% di 21 milioni, ovvero 11 milioni.
Ed ecco spuntare la società finanziaria K che con 11 milioni di azioni ordinarie controlla la X e, quindi, la Z.
Con l'11% del totale, K controlla la società operativa Z.
Non è finita: K ricorre a 5 milioni di debiti finanziari e dispone di un capitale di 6 milioni, diviso in 4 milioni di azioni ordinarie e 2 di risparmio.
Con quanti soldi si controlla K?
Il 51% di 4 milioni: poco più di 2 milioni.
Con poco più di 2 milioni, una società finanziaria W, controlla K, quindi, X e quindi Z.
Con il 2.0% del capitale, W controlla Z.
Il processo può ancora continuare.
Come vi sembra?
Non è una geniale presa per il culo?
Ebbene, l'ingegnere Carlo De Benedetti, attraverso un meccanismo simile a quello prima visto, controllava Olivetti attraverso la Cir, la quale era controllata dalla Cofide, la quale era controllata da altre società finanziarie a monte.
Inutile dire che, in ognuna di queste società quotate, le azioni di risparmio non convertibili si contavano a tonnellate.
Alla fine, con alcuni miliardi di lire, il geniale ingegner Carlo, controllava un gigante della Borsa (come, allora, era Olivetti).
E come ha esercitato questo controllo?
Portando Olivetti sull'orlo della bancarotta; dal 1987 al 1996, la multinazionale di Ivrea ha inanellato una lunga serie di esercizi in perdita che hanno costretto i soci (tutti i piccoli azionisti lungo la catena di aziende viste prima) al costante reintegro del capitale sociale.
Con cadenza quasi annuale, il fantasioso ingegnere prometteva la svolta (che non è mai arrivata) e convinceva i soci a sganciare i danè.
Morale della favola: migliaia di miliardi delle vecchie lire, buttati in quel pozzo senza fondo.
Finalmente, nel 1996, le banche creditrici si sono stufate di buttar via denari ed hanno chiesto all'ingegnere di farsi da parte (anche i banchieri, alla fine, si ricordano di avere un cervello).
Dalle 18000 lire del 1986, le azioni Olivetti erano scese a 600 lire nel 1996.
Non male per un mago della finanza e un capitano di industria (come alcuni giornali definivano Carlo De Benedetti).
Con queste premesse, avreste ancora comprato titoli di società legate a Carlo De Benedetti?
Veniamo, dunque, all'inizio del 2000, nei giorni ruggenti dei titoli Internet.
Sul nuovo mercato arrivavano i campioni dell'Hi-tech, a prezzi paragonabili ai quadri di Van-Gogh: Freedomland (di De Giovanni), E-Biscom (di Micheli), CDB (Carlo De Benedetti) Web-Tech, più molti altri.
I prezzi di collocamento di quelle azioni erano manifestamente "pacchi", distribuiti all'ingrosso, ai "polli" di turno.
Un noto finanziere italiano (ormai morto) usava dire: "i cretini devono essere assolutamente separati dai loro denari. In Borsa ci pensiamo noi ad eseguire questa lodevole operazione di pulizia sociale".
18 mesi dopo, quasi tutti quei titoli avevano perso oltre il 75% del prezzo di collocamento.
Una "sola" davvero straordinaria e, certamente, non ultima (lo stesso finanziere di prima sosteneva che i cretini hanno la loro cretinità fissata nel DNA e, quindi, eterna).
Chi avesse seguito le vicende precedenti di Carlo De Benedetti, avrebbe potuto dargli "tranquillamente" i suoi soldi (comprando quelle azioni CDB Web-Tech)?
Avrebbe o non avrebbe dovuto ripetersi fino alla noia: il lupo perde il pelo ma non il vizio?
Se si è tuffato in quella sciagurata avventura e ci ha rimesso i suoi denari di chi è colpa?
Sua, della Consob, di Carlo De Benedetti o del destino cinico e baro?
Guardate i conti della CDB Web-Tech nella tabellina sotto:
Valori in
2000
2001
2002
EuroX1000
stima
Proventi Finanziari
12761
21899
7500
Oneri finanziari
-9517
-13468
-5000
Rettifiche di attività finanziarie
-10461
-92367
-48000
Risultato attività ordinarie
-14095
-88044
-55000
Risultato ante imposte
-14109
-88335
-56000
Utile netto di gruppo
-14693
-88674
-56000
Immobilizzazioni Finanziarie
244881
168500
158482
Disponibilità liquide
140150
116107
53931
Patrimonio netto
397204
308532
242000
Quanto vale un "gioellino" così che, nei primi tre anni di attività, ha collezionato 160 milioni di euro di perdite?
A me la risposta sembra scontata e, non vorrei quelle azioni neanche gratis (ritengo l'ingegnere Carlo De Benedetti troppo più furbo ed intelligente di me e, quindi, sarebbe capace di fregarmi anche regalandomele).
Ma è un mio problema; ci sono anche coloro che quei titoli continuano tranquillamente a comprarli.
Che vi devo dire: ognuno si "mangia" i soldi suoi come gli pare; anche se io apprezzo di più quelli che se li "mangiano" con le donne (ma è un parere personale).