BREXIT-elezioni UK: stravince Boris Johnson

“ALTERNANZA NON VUOL DIRE ALTERNATIVA.” di R. SALOMONE-MEGNA
Le recentissime elezioni inglesi suggeriscono diversi spunti di riflessione.

Prima considerazione: le consultazioni elettorali libere e democratiche sono per le élites globaliste un grande rischio e pertanto si comprende perché cerchino di evitarle a qualsiasi costo ed a prescindere dall’emisfero in cui si trovi il paese in cui si vota .

Ma vi è più.

Tra tutte le consultazioni possibili i referendum, che impongono scelte dicotomiche del tipo “si o no”, che sono tra loro alternative, sono i più pericolosi per il perpetuarsi del pensiero mainstream.

Il referendum inglese del 23 giugno 2016 sulla permanenza del Regno Unito nell’Unione europea ne è l’esempio più fulgido.

Infatti, nonostante la larghezza dei mezzi di dissuasione di massa che hanno messo in campo gli ordoliberisti, alla fin fine le narrazioni della realtà restano tali, poichè i “miserables”, per dirla alla Macron, vivendo quotidianamente sulla propria pelle gli effetti reali delle politiche globaliste, scelgono il loro schieramento a tutela dei propri sacrosanti interessi.

Certamente, secondo i giornalisti del circo globalista, i sostenitori del remain sono più giovani, più colti, più ricchi, più belli e cosmopoliti ed i sostenitori della Brexit vecchi, brutti, sporchi e cattivi, ma le votazioni capitarie funzionano in questo modo: una testa equivale ad un voto e vince chi raccoglie più suffragi.

Seconda considerazione: ormai in Europa, e questo lo affermo con mestizia e scoramento, fatte salve alcune frange politiche assolutamente irrilevanti, le istanze sociali vengono portate avanti solamente dalle destre, quelle sociali ovviamente, che hanno preso le distanze dalle destre dei mercati, delle banche e della finanza.

Terza considerazione: la Brexit infine ci sarà, nonostante la politica di ostracismo e di punizione messa in atto dalla Commissione europea e gli oscuri e nefasti presagi delle prefiche e cassandre filoeuropeiste.

Come andrà a finire per il Regno Unito? Non lo possiamo sapere e, per dirla alla Lucio Battisti, “lo scopriremo solo vivendo”.

Quello che sappiamo è che il popolo inglese si è espresso con fermezza e con determinazione il 12 dicembre scorso e che lascerà il 31 gennaio 2020 l’Unione europea quella che è diventata, sotto il controllo tedesco, la gabbia dei popoli.

I tedeschi sono stati capaci di tramutare un sogno in un incubo, condannando gli altri popoli europei ad una decrescita infelice e ad un futuro distopico.

L’Europa ha così assunto sembianze germaniche, quando il progetto originario unitario era invece di far diventare i tedeschi più europei.

Forse anche per questo gli inglesi sono andati via, oltre al fatto che sono contribuenti netti della U.E., così come gli italiani, e che si troveranno da subito con un risparmio di dieci miliardi di euro all’anno, che non sono certo pochi e che impiegheranno, come ha dichiarato Boris Johonson, per potenziare il sistema sanitario nazionale, creare nuovi posti di lavoro e porre fine alla teutonica austerità.

Agli inglesi che vanno via, con malcelata invidia, da uomo libero e libero pensatore auguro ogni bene, con un senso nei loro confronti di profonda gratitudine per aver impedito, nel 1940, che l’Europa intera cadesse sotto il dominio nazista.

Chissà che con la loro uscita e con la concreta dimostrazione che c’è vita oltre l’euro, non liberino l’Unione europea dall’asfissiante abbraccio teutonico?

Lo speriamo e lo auspichiamo. Ma veniamo all’Italia.

Il confronto con gli inglesi è purtroppo impietoso.

Le lobbies ed i potentati internazionali con l’Italia possono dormire sonni tranquilli.

Qui, per contro , vige il motto “nulla salus extra ecclesiam” !

L’Unione europea è una sorta di religione e la Commissione europea un consesso di intoccabili vestali.

Infatti, le classi dirigenti autoctone hanno creato negli anni una serie inestricabile di vincoli giuridici, per cui pensare che l’Italia possa fare la scelta del Regno Unito è cosa impraticabile.

Ad esempio, per noi italiani è impossibile sottoporre a referendum trattati e accordi internazionali. Li dobbiamo subire e basta.

Si pensi che il tutto è partito con un’interpretazione estensiva data da alcuni giuristi dell’art. 11 della Carta Costituzionale e fatta propria dai giudici della Suprema Corte.

Così in Italia le norme europee hanno rango superiore a quelle ordinarie e concretamente modificano la Costituzione ed il patto sociale in essa contenuto, anche senza alcun mandato popolare a tal uopo.

Per questo motivo, nell’ultimo ventennio abbiamo avuto solamente un’alternanza di compagini di partito, centro sinistra e centro destra, che in realtà non erano tra loro alternative.

Entrambi gli schieramenti sono pro euro, pro Europa e pro Nato e di fatto assolutamente sovrapponibili sugli aspetti più importanti.

Centro-destra e centro-sinistra non sono mai stati in opposizione poichè gli elementi di centro garantiscono la necessaria e sufficiente contiguità tra i due schieramenti.

Questa situazione di mancanza di alternative è stata determinata nel tempo, a partire dalle fine degli anni settanta, dai potentati nostrani, che hanno voluto i vincoli esterni per cambiare l’allocazione della ricchezza prodotta dal sistema paese a proprio vantaggio, a prescindere dal colore del Governo di turno e senza destare soverchie resistenze al loro becero intendimento.

Si è quindi passati dallo stato sociale alla remunerazione della rendita, anche aumentando in maniera considerevole la diseguaglianza e la povertà e stravolgendo il dettato costituzionale.

Il problema italiano è questo: poter avere vere alternative e non false alternanze, prima che sia troppo tardi e prima che novelli lanzichenecchi portino a compimento il sacco della nostra nazione.

Raffaele SALOMONE-MEGNA
 
FARAGE: TRA UN MESE SAREMO FUORI DA QUESTA PRIGIONE. VIVA L’EUROPA DEGLI INDIPENDENTI

Vi proponiamo, sottotitolato in Italiano, ma comunque pronunciato in un inglese semplice e brillante, il discorso di Nigel FARAGE nell’ambito dell’ultima sessione plenaria nella quale si parlava di Brexit e successivamente alle elezioni che han visto trionfare Boris Johnson ed i Brexiter. Notiamo che FARAGE, lottando sempre per la Brexit, ha lottato per vedere la propria carica di parlamentare europeo cancellata. Mica è dei cinque stelle che si incollando alla poltrona.

Presenti sottotitoli in italiano
Nigel Farage umilia i leader europei al Parlamento europeo: "Dull as ditchwater", l'inizio della fine dell'UE #Brexit pic.
twitter.com/RomuxZziJH

— Kaspercarlo (@Carlo_bis) December 20, 2019
 
Tasse al 17%, Pil e investimenti in crescita. La Gran Bretagna post Brexit vola

Subito dopo l’esito del referendum pro-Brexit, l’ex cancelliere Osborne aveva annunciato l’intenzione di abbassare la percentuale di tassazione alle imprese al 15% per mitigare l’effetto dell’addio all’Unione europea. Al momento la Gran Bretagna ha una corporate tax del 20%, che secondo il programma dovrebbe diminuire al 19% nell’aprile 2017, fino a scendere al 17% entro il 2020.

Tasse al 17%, Pil e investimenti in crescita. La Gran Bretagna post Brexit vola
 
Brexit chiude agli stranieri, non a merci e capitali. Il Regno Unito studia da paradiso fiscale

Molti si chiedono se il processo di uscita dalla Gran Bretagna dall’Ue sia un “bluff” di un governo di destra conservatore. Molti di noi, europei residenti in Inghilterra, si sono già resi conto che invece si tratta di un definitivo verdetto: un paese che stabilisce regole severe per gli stranieri ma che decide di essere molto più indulgente nei confronti di merci e capitali.

Per comprendere fino in fondo l’annuncio degli scorsi giorni riguardo la nuova gestione delle frontiere con il sistema ‘a punti’ è necessario fare riferimento alle dichiarazioni del premier britannico dell’inizio del mese di febbraio:
“Il Regno Unito sarà il Superman del libero scambio’.
Infatti, questo governo rivendica la liberazione dai trattati e dalle leggi europee come la più grande conquista degli ultimi anni. Questa narrazione si dimostra però ipocrita nella realtà: per fare un esempio, il Financial Times riporta che il governo inglese ha fatto richiesta per un finanziamento dal “solidarity fund” dell’Unione europea per far fronte ai danni dovuti alle alluvioni dello scorso dicembre (una soluzione “last minute” per beneficiare fino all’ultimo della membership europea tanto ostracizzata).

Dunque, se con la Brexit il Regno Unito si riappropria del controllo dei propri confini (a un punto tale che l’attuale ministra dell’Interno Priti Pratel ha ammesso che i suoi genitori indiani non sarebbero potuti entrare nel paese con questo nuovo sistema), allo stesso tempo intende accelerare un processo di ‘de-regulation’ del mercato interno. Un’apertura asimmetrica che potrebbe far diventare la Gran Bretagna un paradiso fiscale nell’ambito dell’enclave in Europa.

E allora questa Brexit più che ripresa della sovranità nazionale sembra sia stata una brillante occasione colta dal vento maggioritario sovranista per perseguire un progetto di società basata sul privilegio, l’esclusività, sul mito dei consumi fini a se stessi e su una sempre maggiore sperequazione delle risorse. Progetto che in realtà, indipendentemente dalla Brexit, si sta realizzando da decenni nel paese. Per fare qualche esempio, il sindacato “University and College Union” (UCU) ha organizzato per il terzo anno di fila un massiccio sciopero contro la precarizzazione del lavoro e l’abbassamento delle pensioni del corpo docenti. Decine di università nel paese hanno bloccato l’attività didattica e l’accesso agli istituti con picchetti all’ingresso.

Contemporaneamente, da anni il sistema nazionale sanitario è in crisi per mancanza di posti letto e personale come in Italia – situazione che la Brexit ha certamente peggiorato. Durante la scorsa campagna elettorale Jeremy Corbyn ha reso pubblici documenti ufficiali che provavano il piano di Boris Johnson post-Brexit sul tema sanità: la privatizzazione della settore con la vendita del “National Healthcare System” a delle multi nazionali americane.

L’idea di società proposta dal governo conservatore ha una coerenza interna molto chiara e la Brexit ne rappresenta il lasciapassare per realizzarla. La ripresa della sovranità nazionale è fittizia ed è evidente che la stessa democrazia è in crisi. In questo contesto storico le giovani generazioni hanno il diritto e il dovere di reagire, opponendosi a questo modello di società proposto dal partito conservatore. La chiusura dei confini per i migranti porterà a conseguenze disastrose per la vita di milioni di europei (e non europei) che hanno costruito (o vorrebbero costruire) la propria vita nel Regno Unito.
 
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