Certificati di investimento - Cap. 4 (12 lettori)

Stato
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gianni76

Forumer storico
variante che circola già in europa ..trovata in Belgio e tutti questi contagi con percentuali alte di vaccini boh fanno pensare che sia già qui
Il problema fondamentale è che non si fanno sequenziamenti, quindi anche fosse non lo sapremmo!
Ho letto ieri su Scientist credo un virologo che ha detto che per fortuna questa variante omicron è rilevabile con una semplice analisi PCR, che credo sia a basso costo e di routine. Quindi se dall'Istituto superiore sono furbi dovrebbero dare immediate direttive per fare questa analisi su tutti (100%) i positivi, in modo da cercare di contenere o rallentarne la diffusione.
Forse ci arriveranno a capirlo per fine anno....
 

valgri

Valter : Born in 1965
Citazione di Victor Sperandeo :

“La chiave del successo nel trading è la disciplina emotiva. Se l'intelligenza fosse la chiave, ci sarebbero molte più persone che fanno soldi
facendo trading ... il motivo più importante per cui le persone perdono denaro nei mercati finanziari è che non riducono le perdite. "

Valgri traduzione : la potenza è nulla senza controllo ..
 

kaisersoze979

Forumer attivo
Buongiorno a te e tutti,

ogni promessa è debito :-o

Questa è l'analisi di scenario del tuo: se ENI perdesse meno del 6% entro il 15/12 il cert liquiderebbe 105.1€, che rispetto ai 99€ a cui usciresti ora sarebbe un gain del 6% lordo (lascia perdere che lo schema scrive 3.88% perchè lo calcola sulla lettera, mentre io l'ho fatto sul denaro, perchè il cert tu già lo possiedi...la sostanza non cambia), altrimenti "uscirebbe" dalla barriera e liquiderebbe da 75€ in giù linearmente col sottostante quindi perderesti minimo 24€, cioè il 24%); questo per spiegare la mia risposta al tuo quesito iniziale: a prescindere dal tuo prezzo di carico, secondo me, avere un rapporto rischio rendimento del genere è assurdo, tantopiù con le novità di ieri e le incognite di domani.

Vedi l'allegato 628736

Alternative meno rischiose, sempre a mio modo di vedere, dopo ognuno fa le proprie valutazioni:
- CH0478390963: costa 945 protegge fino a -40% di ENI e se entro il 14/12 questa avrà recuperato l'8.8% (!), andrà in autocall a 1007.5, altrimenti continuerà a cedolare a 0.75% lordo/mese (ha nel basket, anche se sopra strike Telecom Italia, una "mina vagante" in questo periodo)
- CH0456761631: costa 968 protegge fino a -37% di ENI e se entro il 7/12 questa avrà recuperato soltanto lo 0.8%, andrà in autocall a 1006.6, altrimenti continuerà a cedolare a 0.66% lordo/mese (anche lui ha nel basket Telecom Italia)
- JE00BJRSKQ51: costa 947 protegge fino a -37% di ENI e se entro il 3/1/22 questa avrà recuperato 1.1%, andrà in autocall a 1026, altrimenti continuerà a cedolare a 2.6% lordo/semestre
- CH0475339740: costa 926 protegge fino a -38% di ENI, dista il 12% dall'autocall, quindi per ora non è da considerare, e cedola lo 0.67% lordo/semestre

Personalmente tra questi preferisco l'ultimo (infatti è l'unico dei 4 che posseggo), perchè non ha Telecom nel basket e, al prezzo attuale di acquisto, ha un rendimento a scadenza del 12% annuo netto circa, con sottostanti 4 primarie aziende italiane, poco volatili (tra il 20 ed il 30% a parte Unicredit che ha il 36%) ed una protezione sul worst-of che mi soddisfa.

Tutto quanto sopra rappresenta la mia personale opinione rispetto a ciò che ho trovato (quindi altri potrebbero pensarla diversamente e proporre qualcosa secondo loro di meglio), basata su miei calcoli (ed in quanto tali possibili di errori, quindi da ricontrollare) presi dal CedLab.
Buongiorno e grazie...
Dopo i post di ieri mi ero già convinto che non avesse senso tenere (liquidato infatti)... la tua analisi me lo ha riconfermato.
Tra i 4 che hai prospettato anche a me piace il ...740 ed è l'unico che ho ,probabilmente preso dopo una disamina di qlcn qui, (e a sto punto vediamo se incrementarlo un minimo).
Colgo l'occasione per ringraziare tutti gli utenti del forum, per gli spunti, le riflessioni e le notizie postate, che hanno dato modo di riposizionarmi dopo aver iniziato a trattare i cert a febbraio 2020 (timing perfetto :rolleyes: :rolleyes: :rolleyes: appena pre pandemia).
 

gianni76

Forumer storico
Se riescono a bloccare i positivi negli aeroporti e a predisporre quarantene per tutti quelli che stanno sugli aerei, è già qualcosa...
Ma scusate. Qui da noi mica fanno i tamponi in aeroporto. Al meglio controllano rapidamente il green pass e stop.
Meno male se altrove sono più rigorosi.
 

NoWay

It's time to play the game
Buongiorno e grazie...
Dopo i post di ieri mi ero già convinto che non avesse senso tenere (liquidato infatti)... la tua analisi me lo ha riconfermato.
Tra i 4 che hai prospettato anche a me piace il ...740 ed è l'unico che ho ,probabilmente preso dopo una disamina di qlcn qui, (e a sto punto vediamo se incrementarlo un minimo).
Colgo l'occasione per ringraziare tutti gli utenti del forum, per gli spunti, le riflessioni e le notizie postate, che hanno dato modo di riposizionarmi dopo aver iniziato a trattare i cert a febbraio 2020 (timing perfetto :rolleyes: :rolleyes: :rolleyes: appena pre pandemia).

Rimarchi il punto forte del thread: l'importanza del gruppo... :up:
 

Andre_Sant

Forumer storico
cmq il comunicato completo è sul sito moderna:


tra l'altro dice:

The Company is working rapidly to test the ability of the current vaccine dose to neutralize the Omicron variant and data is expected in the coming weeks.


Since early 2021, Moderna has advanced a comprehensive strategy to anticipate new variants of concern. This strategy includes three levels of response should the currently authorized 50 µg booster dose of mRNA-1273 prove insufficient to boost waning immunity against the Omicron variant.
 

Fabrib

Forumer storico
Nell’ultimo ventennio, la crescita economica è stata trainata della Germania in Europa, e dalla Cina nel resto del mondo. Ma la crisi da Covid potrebbe aver rivelato delle crepe nel modello di crescita di queste due economie.
Il modello tedesco è stato sostanzialmente diverso dal resto dei paesi europei: la domanda estera ha infatti contribuito per il 23 per cento della sua crescita cumulata nei 20 anni precedenti al Covid, contro il 3 della Francia, seconda economia europea, e il 7 dell’Ue. A scapito dei consumi privati, che hanno contribuito soltanto per il 39 per cento della crescita, contro il 54 e 51 di Francia e Ue; ma che ha spiazzato anche gli investimenti fissi: 19 per cento il loro contributo alla crescita del periodo, rispetto al 28 di Francia e 22 della Ue.
Un modello economico che ha puntato sulla produzione di beni destinati all’esportazione, sia per via della carenza della domanda interna, sia della discrepanza con i beni e servizi richiesti dai consumatori. Così l’avanzo delle partite correnti tedesco è cresciuto costantemente dal pareggio del 2001 fino al massimo di 8,5 per cento del Pil del 2015, per poi scendere al 6,8 stimato per quest’anno, che rimane un surplus da record tra tutti paesi monitorati dal Fondo monetario internazionale.
La crisi da Covid sembra aver incrinato il motore dell’economia tedesca: la stima della crescita per quest’anno è del 2,8 per cento, che collocherebbe la Germania al ventesimo posto dei 23 paesi Ocse (e probabilmente verrà abbassata alla luce della recrudescenza del Covid); né si prevede un recupero nel 2022 rispetto al resto d’Europa.
Così, nel triennio 2019-2022 si stima che la Germania crescerà dello 0,6 per cento meno dell’UE e oltre il 4 meno degli Usa.
La ragione principale sta nella caduta della produzione industriale quest’anno, in controtendenza con il resto d’Europa (e l’Italia): la carenza di semiconduttori ha dimezzato la produzione di auto, la principale industria tedesca, e un’economia fortemente dipendente dal commercio internazionale è maggiormente esposta alle disfunzioni nelle filiere di produzione e nella logistica. La fase di rallentamento della produzione industriale, tuttavia, inizia nel 2018 e precede il Covid, a differenza dal resto d’Europa.
La pandemia, dunque, ha solo evidenziato, accentuandole, le crepe nel modello tedesco.
La svolta elettrica dell’auto ha mostrato i ritardi tecnologici tedeschi (nel nuovo impianto di Berlino, Tesla produce auto in un terzo del tempo della Volkswagen) e la dipendenza dall’estero per componenti cruciali come batterie e semiconduttori.
La Cina, da principale mercato sta diventando il principale concorrente dell’industria tedesca. La compressione dei consumi a favore dell’industria esportatrice riflette una dinamica salariale contenuta, difficilmente sostenibile: il nuovo governo ha in programma un aumento del 25 per cento del salario minimo; mentre la bassa crescita della forza lavoro (9 per cento negli ultimi 10 anni a fronte del +19 medio dei paesi Ocse) e un tasso di disoccupazione del 3,4 per cento (metà dell’Eurozona) faciliteranno gli incrementi salariali.
A questo si aggiunge il costo della transizione ambientale, che si ritiene peserà fino 2,5 volte il costo dell’unificazione, e assorbirà l’eccesso di risparmio che fino a oggi ha finanziato il surplus commerciale.
L’eventuale transizione da una crescita trainata dall’export a una basata maggiormente sui consumi si scontra però con la struttura dell’industria tedesca, che produce beni che per caratteristiche non soddisfano la domanda privata interna. È ragionevole ritenere che la Germania in futuro difficilmente sarà vincente come in passato.
Lo stesso, ma per ragioni diverse, vale per la Cina. Dal 2002 al 2012 è cresciuta a un tasso medio annuo del 10,5 per cento, trainata da export, investimenti pubblici e offerta abbondante di lavoro. Da allora il tasso di crescita è sceso gradualmente al 6 per cento del 2019, con la domanda interna che ha sostituito l’export, fino ad azzerare il surplus delle partite correnti nel 2018. Il Covid ha fatto crollare la crescita del Pil al 2,3 per cento. Si prevede un rimbalzo all’8 per cento quest’anno, per poi assestarsi al 5 nel 2022. Ma tre incognite pesano sulla crescita in futuro.
La prima è la crisi immobiliare, un settore che con l’indotto pesa per un quarto dell’economia cinese.
La crisi non riguarda solo il debito finanziario delle società immobiliari, ma anche quelli commerciali dei fornitori, con un impatto recessivo su tutta la filiera; il crollo dei prezzi delle case ha un effetto pervasivo sulla ricchezza privata; e gli enti locali rallentano gli investimenti che venivano finanziati con la vendita dei terreni da edificare.
Per sgonfiare la bolla immobiliare il governo mantiene una politica restrittiva del credito, che pertanto non può essere utilizzato per sostenere la domanda, e causa un forte apprezzamento dello yuan.
In questo momento la domanda esterna sta compensando la debolezza di quella interna, ma è il risultato della temporanea esuberanza del consumatore americano. Come insegna il Giappone, l’impatto recessivo dello scoppio delle bolle immobiliari tende a essere profondo e prolungato,
La seconda incognita riguarda la capacità del mercato dei capitali cinese di sostenere la crescita delle proprie imprese. Il boom delle imprese tecnologiche cinesi è stato possibile grazie ai capitali raccolti con la quotazione a Wall Street e con l’acquisizione di know how tramite investimenti diretti all’estero.
Ma dopo il caso Huawei, la Cina ha deciso di segmentare il proprio mercato dei capitali proibendo le quotazioni all’estero; e le limitazioni dei diritti civili a Hong Kong ne ha ridotto la capacità di attirare capitali. Così le imprese cinesi dovranno ricorrere prevalentemente al mercato finanziario interno, che però è ancora inadeguato.
La terza incognita è lo stato sociale. Anni di controlli delle nascite hanno portato a un rapido invecchiamento della popolazione (la Cina ha oggi un tasso di natalità inferiore all’Europa) e una crescita della forza lavoro inferiore anche alla Germania. Un’evoluzione che porta inevitabilmente a una maggiore domanda di welfare e benessere sociale.
Le disuguaglianze non sono aumentate negli ultimi 10 anni (indice Gini costante), ma la loro percezione sì, specie dopo che il Covid ha colpito soprattutto i meno abbienti e le piccole imprese. Di qui il mantra della “prosperità comune” del premier Hi Jinping e la censura dei ricchi e delle loro ostentazioni.
Al di là delle dichiarazioni, Gavekal stima che la spesa sociale (sanità, educazione e protezione sociale) sotto Hi sia aumentata di appena 1,3 per cento del Pil, all’8,8 per cento: un livello molto inferiore a quello occidentale.
Se lo slogan della “prosperità comune” fosse il segnale di un’espansione del welfare, il costo delle risorse per finanziarlo sarebbe un ulteriore macigno sulla crescita potenziale della Cina.
Quale sarà l’economia mondiale nel post Covid è difficile dire. Ma è ragionevole dubitare che Germania e Cina possano continuare a essere le locomotive del mondo.
DOMANI/Penati
 
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