Poiché i presidenti e i commissari della Consob li nomina il governo e le forze politiche che lo sostengono, e che sono presumibilmente lo specchio della volontà popolare, e tutti – governo, forze politiche, elettori - hanno così tanto a cuore il buon funzionamento dei mercati finanziari che ogni presidente della Consob riesce a far rimpiangere il proprio predecessore.
Perché il nostro è un mercato dove le relazioni contano ancora molto, a volte più dei capitali; e dove gli imprenditori preferiscono non quotarsi, o farlo altrove; e se lo fanno preferibilmente è per approfittare dell’irrazionale euforia che periodicamente colpisce le Borse, salvo poi procedere al delisting quando le quotazioni scendono; per poi tornare a quotarsi a un multiplo maggiore quando l’euforia ritorna, e passare all’incasso.
Perché fondi e investitori istituzionali da noi in gran parte dipendono da – o sono clienti di – banche e assicurazioni, in un sistema banco centrico nel quale il silenzio è d’oro.
E perché la politica, tutta, considera il capitale straniero, che pure rappresenta la maggioranza a Piazza Affari e nel private equity, un barbaro alla conquista dell’Italia.
Sì, ci meritiamo questa Consob e il suo presidente. Dopo Autostrade, la fusione Sia-Nexi e la nuova società della rete con la scissione di Tim, lo Stato sarà in controllo di società che, escludendo il settore finanziario, rappresentano quasi la metà della capitalizzazione Piazza Affari; e con lo Stato in controllo la Consob è silente. Per le banche quotate la Consob non serve perché tanto decide tutto la Bce.
Le grandi imprese (come Ferrero o Barilla) che non sono quotate, continueranno ad evitare la nostra Borsa; molte di quelle che l’hanno fatto, l’hanno fatto altrove (Prada, Ermenegildo Zegna, Stevenato); e per quelle che a seguito di una fusione, o per altre ragioni, hanno spostato la propria sede all’estero (Stellantis ex Fca, Essilux ex Luxottica, Mfe ex Mediaset, Igt ex Lottomatica) la quotazione a Piazza Affari (a sua volta già parte della multinazionale Euronext) diventerà inevitabilmente una quotazione secondaria.
Quanto al tormentone Del Vecchio-Caltagirone-Generali-Medibanca, se non altro per una questione anagrafica, arriverà presto all’ultima puntata.
A quel punto la Borsa italiana diventerà ancora più irrilevante e il problema della Consob e del suo Presidente si sarà risolto da solo.
DOMANI/Penati