Chiacchiere e strategie da caffè

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Stamane sono andato allo “XELION FINANCIAL VILLAGE” che faceva tappa nella mia città.

Una premessa è doverosa: per ragioni che sarebbe lungo spiegare :D giovedì sono diventato cliente di Xelion ed ho chiacchierato a lungo con un Personal Financial Advisor (il secondo che ho conosciuto: del primo, incontrato tempo fa per caso, lasciamo perdere).

La persona mi è apparsa alquanto preparata, il tema del convegno era intrigante (più o meno recitava di strategie e modalità operative nel risparmio del terzo millennio) e poi venivano sorteggiati alcuni premi (primo fra tutti un fiammante scoter BMW dell’ultima generazione -quello coperto e con le cinture di sicurezza, per intenderci-) ed il luogo dove si teneva l’incontro era più che meritevole di una visita (un “centro congressi” forse unico al mondo) per cui…
… perché non farvi un salto…

Il primo approccio è stato molto positivo:
- luogo incantevole
- organizzazione curatissima
- solite hostess scelte “apposta per essere notate”
- nessun premio vinto (fatto atteso e quindi di scarsa rilevanza nella disamina che andrò a fare)
- accoglienza cordiale e calda (il caffè lungo della Lavazza era proprio da degustare, peccato che Napoli non fosse la città adatta per questo genere di prodotto…per cui non ha avuto molto successo)

Quattro chiacchiere con qualche persona appena conosciuta e con qualche standista giusto per far passare il tempo e poi…
…. ore 11,30: il fatidico convegno…

I partecipanti erano di tutto rilievo: si spaziava da amministratori di notorie SGR a qualificati rappresentanti di illustri società finanziarie estere, presentati dall’amministratore delegato della società ospite e moderati da un giornalista del sole 24 ore.

Gli ingredienti c’erano tutti: bel tema, buoni relatori ed ottima predisposizione dei congressisti.
 
Inizia il dibattito: prospettive dei mercati.

Risposte quasi unanimi:
- peggio di così non si potrà andare
- l’esperienza dimostra che un approccio ai mercati statico è preferibile alla ricerca del giusto timing di entrata
- nessuno ha la sfera di cristallo
- in questo momento il mercato azionario è meno rischioso di quello obbligazionario
- la cosa più importante per il risultato dell’investimento è il corretto approccio basato sulla precisa individuazione dei propri obbiettivi di investimento, dopo avere attentamente valutato la personale propensione al rischio e l’orizzonte temporale
- …
e così via, ovvietà su ovvietà, in un crescendo di banalità e di conformismi che mi sono sembrati inaccettabili alla luce dello sviluppo dei mercati azionari che si è avuto nel recente passato.

A chi ha chiesto consigli su cosa fare dei propri investimenti in settori HT fatti nel 2000 la risposta è stata: ma qual’era il suo orizzonte temporale? Se > di 5 anni (come era ovvio che fosse) perché non lo rispetta? Già che i mercati sono scesi tanto (per cui il livello di rischio dell’investimento si è gioco forza ridotto) valuti di riequilibrarlo incrementando i livelli azionari!

Potrei continuare con altri esempi ma penso di aver reso l’idea di quale fossero i concetti di “strategia” e di “metodologia” di investimenti che si stavano discutendo (lo stock picking ed il PAC sono state le summe strategiche e metodologiche che sono venute fuori dal convegno).

Entrare nel mercato differenziando i tempi di ingresso e rimanerci a lungo senza farsi prendere dal panico, dopo aver ben valutato la propria propensione ad assorbire le inevitabili perdite del mercato azionario (che non sconta le reali valutazioni dell’economia ma solo le attese future –concetti aleatori, come si vede-), è stata proposta come la “modalità operativa” del risparmiatore consapevole.

Non correre dietro alla ricerca del giusto timing di investimento bensì svolgere il proprio ruolo di “gestore attivo” selezionando i titoli sottovalutati e che nel medio termine (mi è parso di capire che per medio termine si volessero intendere più anni) hanno migliori prospettive di rivalutarsi, mantenendo più o meno costante la percentuale di esposizione ai mercati azionari (tanto è dimostrabile che rimanere fermi è meno rischioso –e più semplice, aggiungo io- di cercare di “gestire” l’erraticità dei mercati), è la “strategia” consigliabile per il buon gestore che non deve fare “scommesse” con il denaro dei propri clienti.

Si aggiunga la corresponsabilizzazione (anzi la totale responsabilizzazione) scaricata dai rappresentanti delle SGR sui rappresentanti dei “collocatori” (invero non contrastata da questi ultimi) relativamente allo sfacelo provocato nei portafogli dei clienti e si avrà un quadro abbastanza esatto della discussione.


Sono rimasto allibito!

:-x
 
Per fortuna una voce fuori dal coro si è levata a difesa del popolo dei risparmiatori e contro l’attuale sistema con cui vengono collocati i prodotti di risparmio gestito in Italia; quella del rappresentante di SBP: un simpatico signore di mezz’età che in un italiano francesizzato spiritosissimo ha provocato i congressisti con le seguenti affermazioni:
- siamo proprio certi che i risparmiatori siano in grado di valutare le scelte di investimento più opportune?
- è proprio giusto che i gestori, che non hanno (come tutti) la sfera di cristallo devono però rifuggire al loro compito di gestire trincerandosi dietro strettissimi range di oscillazione “imposti dai (o meglio ai) clienti” (es investimento con percentuale azionaria compresa tra il 50% ed il 70%)?
- i gestori non avranno la sfera di cristallo ma sembrano sicuri che nel futuro i mercati azionari sovraperformeranno gli obbligazionari, questa sicurezza non è di questo mondo…
- (alla persona che chiedeva cosa fare del proprio investimento HT del 2000) occorre dimenticare quello che è successo nel passato e ragionare secondo le prospettive future: si faccia finta di disporre oggi del controvalore attuale dell'investimento e si decida cosa farne liberamente senza condizionamenti. Consiglia quindi di consolidare le perdite?, ha ribattuto il moderatore allibito, no! consiglio di non fare delle scelte che siano influenzate da quelle fatte nel passato….
- …

Avrebbe meritato un applauso che non ha avuto, neppure quando ha illustrato l’asset base che proponevano per un investitore standard:
- 50% obbligazionario
- 20% liquidità
- 10% azionario
- 20% hedge

Orripilia! Sentendo questa parola quasi tutti gli astanti sono sobbalzati: ma sono fondi “speculativi” (!), non si può consigliare al risparmiatore tipo di investire in strumenti così rischiosi che lasciano al gestore la libertà di eseguire anche operazioni spericolate quali la vendita allo scoperto di azioni…



Ha fatto seguito un ricco aperitivo che non ho assaggiato: il mio stomaco non l’avrebbe retto!




... "nani e ballerine"... ha affermato qualche anno fa un mio (quasi) coetaneo ...

:lol:
 
Temo invece che in futuro le cose cambieranno.

In Italia siamo abituati a gestori del risparmio coincidenti con le grandi banche.

L'industria dell'Hedge che sta nascendo è destinata a finire nelle loro mani.

Ma i fondi Hedge non sono adatti per essere gestiti da questi signori,
per fare un buon fondo hedge serve un buon gestore, è non credo che se ne possano trovare molti disposti a lavorare per i colossi bancari.

Avremo quindi 2 tipologie di fondi hedge:

- i fondi di fondi Hedge, che verranno costruiti in base alle migliori commissioni di retrocessione :-o (loro parleranno di selezione quantitativa e qualitativa :-? , ma l'unica quantità che valuteranno sarà la quantità di commissioni di retrocessione che intascheranno :sad: , e l'unica qualità sarà quella di avere meno grane e meno rischi :evil: );

- i fondi puri, gestiti da gestori di seconda scelta :cool: .


La revisione della normativa porterà l'ingresso a 250000€ e 3000 sottoscrittori per fondo,
quando uscirà i Privat Banker faranno sfaceli :(
 

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