Ci SONO POLITICI CHE, SE I LORO ELETTORI FOSSERO CANNIBALI, PROMETTEREBBERO LORO

Il lato oscuro di Mario Monti e di Mario Draghi
Il lato ombra di Draghi e Monti
Da: ilfattoquotidiano.it

Nei giorni scorsi Le Monde ha scritto che la Goldman Sachs rappresenta il lato ombra di Mario Draghi, ex governatore della Banca d’Italia e attuale presidente della Bce. Alla lista va aggiunto anche Mario Monti. Vediamo perché.

La Goldman Sachs è la più potente banca d’affari americana, che condiziona mercati e governi. Ha detto la verità il trader indipendente Alessio Rastani, prendendosi gioco della Bbc e rilasciando un’intervista in cui dichiarava che “i governi non governano il mondo, Goldman Sachs governa il mondo”. Nel film Inside Job, del regista Charles Ferguson, la banca d’affari risulta tra le protagoniste della crisi economica innescata nel 2008 negli Stati Uniti. In questo lungo post sul mio blog trovate la storia completa.

Ma è interessante notare come gli uomini della Goldman hanno ricoperto incarichi importanti nell’amministrazione Usa, arrivando a ruoli di primo piano. Durante l’amministrazione Clinton l’ex direttore generale della Goldman Sachs, Robert Rubin, divenne sottosegretario al Tesoro. Nel 2004, Henry Paulson, amministratore delegato dalla Goldman, fece approvare alla Commissione dei Titoli e Scambi un aumento dei limiti sul rapporto di indebitamento, permettendo alle banche d’investimento di avere ulteriori prestiti da utilizzare per manovre di speculazione. Nel 2005 Raghuram Rajan, capo economista del Fondo Monetario Internazionale (2003-2007) pubblicò un rapporto in cui annunciava il rischio che le società finanziarie, assumendo grandi rischi per realizzare enormi profitti a breve termine, avrebbero potuto far collassare il sistema economico. Nella prima metà del 2006 la Goldman Sachs vendette 3,1 miliardi di dollari di Cdo e in quel periodo l’amministratore delegato era proprio Henry Paulson. Il 30 maggio 2006 George Bush lo nominò segretario del Tesoro e fu costretto a vendere le sue azioni della Goldman, intascando 485 milioni di dollari (e grazie a una legge di Bush padre non pagò nessuna tassa).

Nell’aprile del 2010 i dirigenti della Goldman Sachs furono costretti a testimoniare al Congresso americano: Daniel Sparks, ex capo reparto mutui della Goldman (2006-2008) dovette riferire su alcune email in cui definiva certe transazioni “affari di m…”. Fabrice Tourre, direttore esecutivo prodotti strutturati della Goldman Sachs vendeva azioni che definiva “cacca”. Llyod Blankfein, presidente di Goldman, e David Viniar, vicepresidente esecutivo, sotto le pressanti domande del senatore Carl Levin furono costretti ad ammettere che sapevano di vendere spazzatura.

Purtroppo anche Barack Obama ha confermato il potere della banca d’affari. Il nuovo presidente della Federal Reserve Bank di New York (principale azionista della Fed) è William Dudley, ex capo economista della Goldman (che nel 2004 lodava i derivati). Capo del personale del dipartimento del Tesoro è Mark Patterson, ex lobbista della Goldman Sachs. A capo della Cfct si è insediato Gary Gensler, ex dirigente della Goldman Sachs che aiutò ad abolire la regolarizazione dei derivati.

Anche in Europa la Goldman manovra da tempo. Nel 1999 la Grecia non aveva i numeri per entrare nell’euro. Quindi truccò i bilanci. Su Presseurope Gabriele Crescente scrive: “Nel 2000 Goldman Sachs International, la filiale britannica della banca d’affari americana, vende al governo socialista di Costas Simitis uno “swap” in valuta che permette alla Grecia di proteggersi dagli effetti di cambio, trasformando in euro il debito inizialmente emesso in dollari. Lo stratagemma consente ad Atene di iscrivere il ‘nuovo’ debito in euro ed escluderlo dal bilancio facendolo momentaneamente sparire. E così Goldman Sachs intasca la sua sostanziosa commissione e alimenta una volta di più la sua reputazione di ottimo amministratore del debito sovrano.”

Ora torniamo a Mario Draghi. Dal 2002 al 2005 è stato vicepresidente e membro del management Committee Worldwide della Goldman Sachs. Insomma: proprio nel periodo in cui in America le banche d’affari erano scatenate in manovre speculative e scavavano il baratro finanziario che si è materializzato nel 2008, trascinando il resto del mondo. Non sapeva nulla di queste tendenze l’economista italiano?

Anche Mario Monti lavora per la banca d’affari: dal 2005 è International Advisor per Goldman Sachs e precisamente membro del Research Advisory Council del “Goldman Sachs Global Market Institute”. Cioè dall’anno in cui si stava progettando la crisi economica mondiale, di cui parlerò in una conferenza gratuita.

Queste informazioni, purtroppo, la stampa italiana le ha ignorate. Ma la Rete no. Durante la seconda puntata di Servizio Pubblico il blogger Claudio Messora ha spiegato il rapporto tra Mario Monti e la Goldman. E ha citato un articolo di Milano Finanza che – unica eccezione – ha rivelato il ruolo della Goldman Sachs nel rialzo dello spread dei titoli italiani in questi giorni. In pochi minuti su Facebook è cambiata l’opinione degli utenti all’interno di un sondaggio: prima volevano Monti presidente del Consiglio, dopo le rivelazioni hanno cambiato idea. E’ la prova che se l’informazione facesse il suo dovere avremmo meno lobby al potere e più democrazia.

Da: ilfattoquotidiano.it
 
Del figlio del premier Mario Monti si è già detto e scritto. Però poco fa m’è rispuntato davanti agli occhi il file dove avevo salvato il suo curriculum vitae e m’è venuta voglia di fare un giochetto. Cercare su google i curricula di quelli che si sono laureati nello stesso corso di laurea di Giovanni Monti (Discipline Economiche e Sociali alla Bocconi) e nel suo stesso anno (il 1997) per vedere se a 37 anni sono entrati nel top management di una grande azienda paragonabile alla Parmalat, dove il rampollo Monti è approdato nel 2009 nominato dall’allora commissario Enrico Bondi, caro amico di famiglia.
In poco tempo ho trovato quattro suoi compagni di studi. Tutti laureati con lode, pieni di master e dottorati in Università internazionali, autori di un gran numero di pubblicazioni, protagonisti di un brillante percorso formativo e professionale. Tutti e quattro hanno un buon impiego, ma no, nessuno di loro è diventato top manager. I casi della vita, eh? Anzi uno di questi, nonostante sei pagine fitte fitte di cv, è stato ricercatore precario fino allo scorso anno, quando finalmente ha ottenuto, quasi a 40 anni, la cattedra di professore associato all’Università della Val d’Aosta.
Ovvio, si può obiettare che Giovannino Monti, figlio di cotanto padre, ha l’economia nel dna, che è un genio della finanza. Ma il suo curriculum, onestamente, non giustificava la poltrona di top manager né in Parmalat né in altre grandi società. Ecco cosa scriveva di se stesso nel 2009: “Giovanni lavora in Parmalat dal marzo 2009 dove si occupa di business development. A Londra dal 2004 al 2009, Giovanni ha lavorato nei team di strategia e corporate M&A, prima in Citigroup e poi in Morgan Stanley. In Citigroup, Giovanni ha seguito una serie di acquisizioni e dismissioni sia per il settore istituzionale che per quello retail del gruppo. In Morgan Stanley si è occupato di transazioni in Europa, Medio Oriente e Africa, riportando all’ufficio di Firm Strategy and Execution di New York. Nel 2004 Giovanni ha conseguito un MBA e un Master in Affari Internazionali presso la Columbia University di New York. Durante gli studi nel 2002 ha lavorato come Summer Associate presso la divisione Investment Banking di Goldman Sachs a New York. Giovanni ha iniziato la sua carriera come consulente strategico in Bain & Company (1997 – 2001), dove ha lavorato su progetti nazionali e internazionali per istituzioni finanziari e aziende italiane in vari settori, dai macchinari agricoli ai beni di lusso“.
Avete letto bene? Allora non lasciatevi abbindolare dai nomi glamour delle multinazionali. Nessun ruolo dirigenziale, nei team di strategia e corporate delle grandi finanziarie lavorano centinaia di persone, il summer associate è una sorta di stage, svolto peraltro nella Goldman Sachs di papà e il fatto che abbia seguito una serie di acquisizioni e dismissioni e si sia occupato di transazioni in Europa, Medio Oriente e Africa mette in evidenza soprattutto una cosa: non gestiva, ma era alle dipendenze di qualcun altro; non un manager, ma un esecutore. Eppure nel 2009 Enrico Bondi decide che gli serve un top manager per Parmalat nell’area del Business Development e, guarda caso, chiama proprio il figlioletto di Mario Monti.
Com’è finita in Parmalat lo spiega il giornale Milano Finanza il 27 dicembre 2011, quando la francese Lactalis compra l’azienda agroalimentare di Collecchio e finisce perciò l’era Bondi: “Secondo indiscrezioni di mercato raccolte da MF, Monti jr, responsabile del business development di Parmalat, sarebbe stato messo alla porta. Cosi’ ha deciso l’a.d. Yvon Guerin, che sta cambiando volto alla squadra di manager dell’azienda emiliana”. Come dire: per Bondi l’esperienza di Giovanni Monti era fondamentale, la nuova proprietà impiega pochi giorni per capire che può farne tranquillamente a meno.
Mi viene da dire: fortuna che Monti ha solo due figli…
 
uhhhhhhhmmmmmmmmmmmmm!!!
Una cliente mi ha appena regalato una scatola piena di boeri, tartufi e cuneesi!!
na delizia.
 

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