Cina, America e non solo: pena di morte, iniezioni letali

Ogni volta che qualcuno compra un prodotto fabbricato in Cina sappia che si rende connivente con questi crimini.
Io sono molto attento e se qualcosa è fatta in Cina .. non la prendo, preferisco pagare il doppio ma con una proveniente preferibilmente italiana o europea.
A volte, come ad esempio per certi componenti elettronici, non ho altra scelta .. ma tante volte vedo persone, e sono certo che alcuni di voi sono tra esse, che se ne fregano, e/o pensano solo al risparmio.
Cerco di non farlo, alcuni acquisti si sono rivelati cinesi mio malgrado
parlo di una ditta come Tacchini ,che ero convinto che fosse tutta produzione italica ... invece ho scoperto che è made in China
di solito preferisco evitare, ma il modem wi-fi è made in China
non credo esistano italiani
 
Pena Di Morte. Ultimo appello di Anthony Farina contro la sua esecuzione in Florida

Antony Farina, il cittadino americano di origini italiane, per il quale le associazioni Reprieve, Nessuno tocchi Caino e Comunità di Sant’Egidio hanno promosso una campagna per il riconoscimento della cittadinanza italiana (ottenuta lo scorso 2 novembre) e contro la sua condanna a morte, ha presentato il 13 marzo il suo ultimo ricorso alla Corte d'Appello degli Stati Uniti, per chiedere la revoca della sentenza capitale. All’udienza ha partecipato in rappresentanza del Governo italiano anche il Console Generale Adolfo Barattolo, che ha presentato un “amicus curiae” volto a sostenere la contrarietà al diritto internazione di una condanna a morte nei confronti di una persona che non ha né ucciso né avuto l’intenzione di uccidere.

Anthony Farina, la cui famiglia è originaria di Santo Stefano di Camastra (Messina) aveva 18 anni nel 1992 quando, insieme al fratello sedicenne Jeffrey, rapinò un fast food a Daytona Beach, in Florida. Il fratello sparò e uccise una dipendente, ma essendo minorenne all’epoca dei fatti la sua pena è stata tramutata in ergastolo, con la possibilità di ottenere la libertà condizionata dopo 25 anni. Anthony, invece, pur non avendo materialmente commesso l’omicidio, si è ritrovato condannato alla pena capitale dopo un processo in cui il pubblico ministero, invocando la Bibbia, si era proclamato “agente di Dio”.

Il caso ha visto la mobilitazione anche dell'organizzazione “Americani Uniti per la Separazione tra Stato e Chiesa” e di una coalizione di gruppi religiosi americani contrari alle affermazioni del Pubblico Ministero di essere “servo di Dio” e “strumento di punizione divina”. Sulla vicenda è intervenuto anche Francesco Re, il sindaco di Santo Stefano di Camastra che si è rivolto al Presidente della Repubblica e al Papa.
Nell’ipotesi di rigetto di quest’ultimo appello presentato da Anthnoy Farina, resterà il ricorso alla Corte Suprema degli Stati Uniti che però non ha l’obbligo di esaminare il caso. Non resterà poi che la richiesta di grazia al governatore della Florida che la concesse, l’ultima volta, nel 1983
 
Cina: aborto forzato al settimo mese, il papà per protesta mette la foto sul Web

La gravidanza procedeva bene ma era illegale. Lu (il nome è di fantasia), 33 anni, e suo marito avevano già un figlio e in Cina è proibito averne di più. Però lei era rimasta incinta inaspettatamente e la coppia aveva sperato che il fatto passasse inosservato. Invece no. La spiata di un vicino, adeguatamente ricompensata dallo Stato, ha messo in moto gli ufficiali della pianificazione familiare della provincia orientale dell’Anhui. Per salvare il bambino Lu e suo marito avrebbero dovuto pagare una multa pari a tremila euro, una somma che non possedevano. A quel punto venerdì scorso per ordine delle autorità il feto è stato abortito con un’iniezione letale. Lu era al settimo mese e il bambino era ormai totalmente formato, probabilmente sarebbe già stato in grado di sopravvivere fuori dal ventre materno.
Il padre disperato per protesta ha scattato una foto del cadavere e l’ha postata su Internet (a sinistra) “Penso che se abbiamo violato la quota sulle nascite le autorità avrebbero dovuto prendersela con noi che siamo adulti e non con un neonato innocente. Così hanno messo fine alla sua vita” si è sfogato l’uomo. Subito l’immagine ha fatto il giro del mondo, suscitando lo sdegno e l’orrore per una legge che in 40 anni ha prodotto più di 300 milioni di aborti.

Nonostante le numerose campagne contro gli aborti forzati il fenomeno è nel paese ancora molto diffuso. Lo scorso giugno aveva sollevato molto clamore il caso di un’altra donna incinta all’ottavo mese di gravidanza costretta ad abortire.
La “politica del figlio unico” è stata imposta in Cina nel 1980 per evitare l’esplosione della bomba demografica ma le famiglie numerose erano scoraggiate già dal 1971. Da allora ad oggi i medici cinesi hanno praticato 336 milioni di aborti e hanno sterilizzato 196 milioni di uomini e donne. La legge ha causato anche uno squilibrio di genere: i maschi sono 34 milioni più delle femmine, perché quando una coppia scopre di aspettare una bambina, sapendo che poi non potrà avere un altro bimbo, spesso ricorre a un aborto selettivo. Chi infrange la legge è punito con una multe salate che variano a seconda della zona a Pechino si può arrivare fino a 300 mila yuan (35 mila euro). Ci sono dei genitori che non potendo pagare nascondono il piccolo, non lo registrano condannandolo a una vita clandestina.

Negli ultimi tempi l’«Agenzia per lo sviluppo economico» ha raccomandato un allentamento della politica: entro il 2015 dovrebbe essere consentito a tutte le coppie di avere un secondo figlio. Lo speriamo tutti.


:wall:

http://lepersoneeladignita.corriere...e-il-papa-per-protesta-mette-la-foto-sul-web/
 
Ultima modifica:
gli aborti forzati in cina

E’ il più grande crimine contro l’umanità attualmente in atto, lo sventramento segreto e inumano di madri e figli, un Olocausto infinito che va avanti da trent’anni”. Con queste parole la dissidente Chai Ling, leader del movimento di Tiananmen (dove era celebre per i discorsi al megafono, in cui incoraggiava gli studenti a continuare lo sciopero della fame), ha denunciato gli aborti forzati in Cina. “‘Politica-del-figlio-unico’ è un ordine di marcia per una brutalità cento volte superiore al massacro di Tiananmen, che accade alla luce del giorno, ripetuto ogni singola giornata”. Un dispotismo che coinvolge oltre un miliardo di esseri umani e che ieri è schizzato sul Web tramite questa fotografia di un bambino mai nato.
Il bimbo era al settimo mese quando le autorità di Pechino hanno costretto la madre, Lu, ad abortirlo contro la sua volontà. Avrebbe dovuto essere un aborto ordinario nella provincia orientale dell’Anhui. Il piccolo ha sofferto insieme alla mamma, un’agonia di venti minuti, poi non si è più mosso. Ma il padre del bambino, di fronte a questa macabra esibizione di forza da parte del Partito comunista cinese, ha fotografato il neonato insanguinato e l’ha messo in rete. “Cosa ha fatto di male questo bambino da essere torturato a morte in questo modo?”, chiede un internauta. E un altro: “Queste sono le cose che facevano i ‘diavoli’ giapponesi e i nazisti”.

E’ nato anche un movimento di protesta contro gli aborti forzati, “Vogliamo giustizia”. Secondo la presidente dell’organizzazione Women’s Rights Without Frontiers, Reggie Littlejohn, “in Cina il corpo di una donna non appartiene a lei, appartiene allo stato. L’utero di una donna è la parte più intima del suo corpo, dal punto di vista fisico, emozionale e spirituale. Per questo il Partito comunista cinese, agendo come ‘polizia dell’utero’, distrugge la vita all’interno di lei. E questo è un odioso crimine contro l’umanità. Nessun governo legittimo potrebbe commettere o tollerare un atto simile. I responsabili dovrebbero essere perseguiti”. La politica demografica in Cina conferisce alle cellule locali il potere di decidere se una gravidanza sia permessa o no, se un feto debba essere abortito. Il personale impiegato conta 520 mila addetti, un impressionante esercito con potere di vita o di morte. Gli aborti praticati entro i primi tre mesi sono chiamati “aborti artificiali”, quelli praticati dopo “parti indotti”. L’attivista cieco Chen Guangcheng, emigrato negli Stati Uniti, è stato perseguitato per anni dal governo proprio per aver denunciato la pratica degli aborti forzati.
Nel giugno di un anno fa era stato il caso, sempre al settimo mese, di Feng Jianmei. Le foto la ritrassero riversa su un letto d’ospedale, con accanto il figlio morto frutto dell’interruzione di gravidanza forzata. Il Parlamento europeo, di solito connivente con il dispotismo cinese, un mese dopo la violenza subita da quella giovane madre approvò una risoluzione a proposito dello “scandalo” relativo all’aborto forzato in Cina.

L’articolo 49 della Costituzione cinese obbliga le coppie sposate alla pianificazione famigliare. “Figli unici, figli maschi, figli sani”. Una guerra veramente classista. Lu, la madre del bambino abortito al settimo mese, avrebbe dovuto pagare tremila euro di multa per salvare la vita del secondogenito. Priva di soldi per farvi fronte, ha dovuto sacrificare il figlio. La Cina è l’unico paese al mondo in cui la politica abortista è fonte di guadagno per lo stato. I funzionari pubblici incassano ogni anno quattro miliardi di dollari di tasse imposte a chi sfora la quota demografica.
Ha chiesto scusa la dottoressa Gao Xiao Duan, dirigente cinese per il controllo delle nascite, che ha testimoniato di fronte al Congresso degli Stati Uniti: “Quando trovavo una donna incinta al nono mese che non aveva il certificato, un medico iniettava il veleno nel cervello del bambino, che moriva e veniva gettato nell’immondizia. La mattina ero il mostro che feriva gli altri attraverso la barbarica politica cinese, la sera ero come tutte le mamme e avevo la gioia dei miei figli. A tutte quelle donne, a tutti quei bambini uccisi, voglio dire che mi dispiace, mi dispiace”.
La popolazione cinese si è ridotta di un terzo “grazie” alla politica demografica. Quattrocento milioni sono gli aborti eseguiti in trent’anni da Pechino. Tredici milioni all’anno. Millecinquecento all’ora. Venticinque al secondo.

giulio meotti
 
Ultima modifica:
Appello in favore di Antony Farina

Anthony Farina, un cittadino italiano con radici familiari a Santo Stefano di Camastra in Sicilia, e’ attualmente detenuto nel corridoio della morte in Florida.
Il governo italiano ha ufficialmente supportato il processo di appello di Anthony cercando di ribaltare la sua condanna a morte inviando amicus curiae alla corte. Il sindaco del suo paese di origine, Francesco Re, nella speranza di riuscire ad offrire ad Anthony una seconda possibilita’, ha dichiarato la sua disponibilita’ ad accogliere Anthony a casa, in Sicilia.

Anthony e’ detenuto nel corridoio della morte nonostante non abbia mai ne’ ucciso, ne’ programmato di uccidere, ne’ dato istruzioni ad altri di uccidere nessuno. Sotto le leggi italiane, non avrebbe rischiato piu’ di dieci anni di condanna: ad oggi invece, Anthony ha gia’ speso venti anni di vita in carcere.

L’Italia ha una lunga tradizione di lotta per la vita dei detenuti che rischiano la pena di morte. Nel 1989, l’Italia si mobilito’ di nuovo per la causa di Paula Cooper, condannata a morte per un crimine commesso all’eta’ di 15 anni. Numerosi sforzi furono compiuti in quell’occasione, e tra questi spicca la raccolta di piu’ di un milione di firme per la petizione presentata dal popolo italiano al Segretario Generale delle Nazioni Unite per chiedere la grazia per Paula. Grazie a questo sforzo, Paula riusci’ infine a salvarsi dalla pena di morte. Nel 1997 lotto’ per la causa di Joseph O’ Dell, un uomo americano al tempo detenuto nel corridoio della morte - nonostante la sua probabile innocenza - e giustiziato lo stesso anno negli Stati Uniti. L’Italia porto’ il suo corpo a Palermo e gli concesse un funerale pubblico.

E’ giunta l’ora per noi italiani di unire ancora le forze per un’importante causa: salvare Anthony Farina.
Anthony aveva 18 anni quando lui e l’allora sedicenne fratello rapinarono un ristorante fast food a Daytona Beach, in Florida. Soltanto la disperazione puo’ spingere un ragazzo a commettere una rapina. Anthony nacque da una famiglia povera e la sua infanzia fu profondamente segnata da ripetuti abusi sessuali. La gravita’ di questi abusi fu tale da procurargli dei danni agli organi e da essere tolto dalla tutela della madre per 18 mesi per essere affidato ad una casa di cura: durante tutto il periodo la madre non gli fece visita, neanche una volta.

Adesso Anthony vive nel corridoio della morte in Florida.
La Florida, il “Sunshine State” ha recentemente festeggiato un record in termini di flusso turistico, accogliendo quasi 90 milioni di turisti soltanto lo scorso anno.
La sua inquietante camera della morte si trova a soltanto due ore di distanza dall’entrata di Disney World, un posto che si autodefinisce, “Il luogo piu’ felice della terra”.

Recentemente, Anthony ha visto aprirsi un sottile raggio di speranza: una corte federale degli Stati Uniti ha infatti ordinato una nuova udienza per lui alla luce della manipolazione del messaggio biblico e del dogma religioso attuata dal pubblico ministero al processo per spaventare la giuria e indurla a condannarlo a morte. Questa pero’ e’ ancora una fragile conquista. Il pubblico ministero ha infatti gia’ fatto appello alla corte, rischiando di ribaltarne la decisione.
Anthony ancora spera nella possibilita’ di una nuova udienza, ma anche se questa gli fosse concessa, la pubblica accusa potrebbe, ancora una volta, richiedere la condanna a morte per lui.
Nelle parole dello stesso Anthony: “la lotta per la giustizia e’ tutt’altro che terminata … la mia piu’ grande paura e’ che le persone inizino a credere che la lotta sia finita e di ritrovarmi ancora una volta gettato nella gabbia dei leoni di questo sistema corrotto”.
Ci appelliamo al popolo italiano affinche’ si mobiliti perche’ giustizia sia fatta: affiche’ sostenga Athony Farina. Non possiamo abbandonarlo proprio adesso.


Carlo Santoro, della Comunità di Sant’Egidio, si farà promotore nell’ambito della Conferenza internazionale dei Ministri della Giustizia, che si svolgerà domani a Roma, di prendere posizione anche sul caso di Anthony Farina.
L’avvocato Andrea Saccucci, che segue il caso da un punto di vista giuridico ha fatto appello al Governo italiano per un impegno forte a tutela dei diritti di Anthony Farina, in quanto cittadino italiano.

Sergio d’Elia, segretario di Nessuno tocchi Caino, ha ricordato il caso di Pietro Venezia, un altro cittadino italiano che rischiava la pena di morte in Florida, dalla quale fu salvato grazie ad una mobilitazione d’opinione pubblica e a ricorsi legali che portarono alla storica sentenza della Corte Costituzionale secondo cui l’Italia non deve collaborare in alcun modo alla pena di morte verso chiunque. Secondo d’Elia, quella stessa mobilitazione va riproposta oggi per salvare Anthony a partire dalla sottoscrizione di un appello pubblicato sui siti delle organizzazioni coinvolte che invita anche a inviare una cartolina di Natale ad Anthony.

Spedisci una cartolina di auguri di Natale ad Anthony Farina. L’indirizzo di Anthony e’: Anthony J. Farina, Jr., #684135, UCI P6224, 7819 N. W. 228th Street, Raiford, FL 32026, USA.
 
Ultima modifica:

Users who are viewing this thread

Back
Alto