Dài, chiudiamo anche noi lo Stato? (1 Viewer)

f4f

翠鸟科
la questione è tra pagare meno e pagare per qualcosa che è utile

a me non interessa pagare meno qualcosa che non funziona
a me interessa qualcosa che funziona, e pagare il giusto prezzo



ricordo una manifestazione pollytica cui venni portato ( per un orecchio, quasi letteralmente) :
un nuovo candidato PDL, sponsorizzato da LaRussa , per una delle nuove provincie
LaRussa, che aveva osteggiato le nuove provincie, prevenne la domanda della platea dicendo (testuale) che ' sarebbe stata magra come una acciuga', avrebbe speso cioè pochissimo con una grande attenzione alle spese
io sbavai verde e ( a bassa voce al mio vicino) dissi: equissenefrega se costa poco ... vorrei sapere COSA FARA' per noi
perchè spendere poco per aver nulla , è spreco
e spendere molto per avere di più, è investimento

( per la cronaca, il neocandidato ora è in galera con una sfilza di accuse vertiginose: e non era il delfino di la Russa, ma di ... lassm perdr :wall: )



non mi interessa il discorso di LaRussa :D nè allora, nè ora :D:D
 
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f4f

翠鸟科
btw, Ignà, l'articolo da te postato riprende exattamente le mie idee:

che l'efficienza è la cosa più importante, ben oltre il costo
e la questione della corruzione, che vò ripetendo da mesi ;) con tanto di indice :D

(ps: su altre cose, non sòn d'ccordo owwiament
ad es nel confondere la spesa e l'evazzione ( che rigurda le entrate e quindi il deficit) )

( PPS ma prendo atto che a te i numeri non sòn congeniali ? strano per un sedicente Popperiano :D
per altro io sono ònnivoro, con tendenze allla ignafagia ... caveat :D )
 

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big_boom

Forumer storico
la questione è tra pagare meno e pagare per qualcosa che è utile

a me non interessa pagare meno qualcosa che non funziona
a me interessa qualcosa che funziona, e pagare il giusto prezzo


eliminare le provincie e lo stato italiano

lasciare comuni e regioni, fine del problema dei magna magna

si ritorna alle regioni stato, tanto ora c'e' il macro stato europa lo stato italiano e' un costo inutile :-o
 

big_boom

Forumer storico
Ah mi garba mi garba
molto europeista :)

si pero' dopo mi tagli le tasse del 30% e ogni regione si gestisce l'immigrazione per conto proprio


p.s. non voglio pagare la pensione baby agli ex deputati, aspettano 65 anni come tutti e gli togli tutti i servizi gratis :-o
 
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Giovakkino indentity

eremita dei rospi
Allarme della London School of Economics: “Non rimarrà nulla dell’Italia”


Nel giro di 10 anni del nostro Paese non rimarrà più nulla. O quasi. E’ la conclusione catastrofica cui giunge nella sua analisi il professore Roberto Orsi della London School of Economics and Political Science (LSE). Che cosa ci sta portando alla dissoluzione e all’irrilevanza economica? Una classe politica miope che non sa fare altro che aumentare le tasse in nome della stabilità. Monti ha fatto così. E Letta sta seguendo l’esempio. Il tutto unito a una ”terribile gestione finanziaria, infrastrutture inadeguate, corruzione onnipresente, burocrazia inefficiente, il sistema di giustizia più lento e inaffidabile d’Europa”.

L’ANALISI DI ORSI

“Gli storici del futuro probabilmente guarderanno all’Italia come un caso perfetto di un Paese che è riuscito a passare da una condizione di nazione prospera e leader industriale in soli vent’anni in una condizione di desertificazione economica, di incapacità di gestione demografica, di rampate terzomondializzazione, di caduta verticale della produzione culturale e di un completo caos politico istituzionale. Lo scenario di un serio crollo delle finanze dello Stato italiano sta crescendo, con i ricavi dalla tassazione diretta diminuiti del 7% in luglio, un rapporto deficit/Pil maggiore del 3% e un debito pubblico ben al di sopra del 130%. Peggiorerà.

Il governo sa perfettamente che la situazione è insostenibile, ma per il momento è in grado soltanto di ricorrere ad un aumento estremamente miope dell’IVA (un incredibile 22%!), che deprime ulteriormente i consumi, e a vacui proclami circa la necessità di spostare il carico fiscale dal lavoro e dalle imprese alle rendite finanziarie. Le probabilità che questo accada sono essenzialmente trascurabili. Per tutta l’estate, i leader politici italiani e la stampa mainstream hanno martellato la popolazione con messaggi di una ripresa imminente. In effetti, non è impossibile per un’economia che ha perso circa l’8 % del suo PIL avere uno o più trimestri in territorio positivo.Chiamare un (forse) +0,3% di aumento annuo “ripresa” è una distorsione semantica, considerando il disastro economico degli ultimi cinque anni. Più corretto sarebbe parlare di una transizione da una grave recessione a una sorta di stagnazione.

Il 15% del settore manifatturiero in Italia, prima della crisi il più grande in Europa dopo la Germania, è stato distrutto e circa 32.000 aziende sono scomparse. Questo dato da solo dimostra l’immensa quantità di danni irreparabili che il Paese subisce. Questa situazione ha le sue radici nella cultura politica enormemente degradata dell’élite del Paese, che, negli ultimi decenni, ha negoziato e firmato numerosi accordi e trattati internazionali, senza mai considerare il reale interesse economico del Paese e senza alcuna pianificazione significativa del futuro della nazione. L’Italia non avrebbe potuto affrontare l’ultima ondata di globalizzazione in condizioni peggiori.

La leadership del Paese non ha mai riconosciuto che l’apertura indiscriminata di prodotti industriali a basso costo dell’Asia avrebbe distrutto industrie una volta leader in Italia negli stessi settori. Ha firmato i trattati sull’Euro promettendo ai partner europei riforme mai attuate, ma impegnandosi in politiche di austerità. Ha firmato il regolamento di Dublino sui confini dell’UE sapendo perfettamente che l’Italia non è neanche lontanamente in grado (come dimostra il continuo afflusso di immigrati clandestini a Lampedusa e gli inevitabili incidenti mortali) di pattugliare e proteggere i suoi confini. Di conseguenza , l’Italia si è rinchiusa in una rete di strutture giuridiche che rendono la scomparsa completa della nazione certa.

L’Italia ha attualmente il livello di tassazione sulle imprese più alto dell’UE e uno dei più alti al mondo. Questo insieme a un mix fatale di terribile gestione finanziaria, infrastrutture inadeguate, corruzione onnipresente, burocrazia inefficiente, il sistema di giustizia più lento e inaffidabiled’Europa, sta spingendo tutti gli imprenditori fuori dal Paese. Non solo verso destinazioni che offrono lavoratori a basso costo, come in Oriente o in Asia meridionale: un grande flusso di aziende italiane si riversa nella vicina Svizzera e in Austria dove, nonostante i costi relativamente elevati di lavoro, le aziende troveranno un vero e proprio Stato a collaborare con loro, anziché a sabotarli. A un recente evento organizzato dalla città svizzera di Chiasso per illustrare le opportunità di investimento nel Canton Ticino hanno partecipato ben 250 imprenditori italiani.

La scomparsa dell’Italia in quanto nazione industriale si riflette anche nel livello senza precedenti di fuga di cervelli con decine di migliaia di giovani ricercatori, scienziati, tecnici che emigrano in Germania, Francia, Gran Bretagna, Scandinavia, così come in Nord America e Asia orientale. Coloro che producono valore, insieme alla maggior parte delle persone istruite è in partenza, pensa di andar via, o vorrebbe emigrare. L’Italia è diventato un luogo di saccheggio demografico per gli altri Paesi più organizzati che hanno l’opportunità di attrarre facilmente lavoratori altamente, addestrati a spese dello Stato italiano, offrendo loro prospettive economiche ragionevoli che non potranno mai avere in Italia.

L’Italia è entrata in un periodo di anomalia costituzionale. Perché i politici di partito hanno portato il Paese ad un quasi – collasso nel 2011, un evento che avrebbe avuto gravi conseguenze a livello globale. Il Paese è stato essenzialmente governato da tecnocrati provenienti dall’ufficio del Presidente Repubblica, i burocrati di diversi ministeri chiave e la Banca d’Italia. Il loro compito è quello di garantire la stabilità in Italia nei confronti dell’UE e dei mercati finanziari a qualsiasi costo. Questo è stato finora raggiunto emarginando sia i partiti politici sia il Parlamento a livelli senza precedenti, e con un interventismo onnipresente e costituzionalmente discutibile del Presidente della Repubblica, che ha esteso i suoi poteri ben oltre i confini dell’ordine repubblicano. L’interventismo del Presidente è particolarmente evidente nella creazione del governo Monti e del governo Letta, che sono entrambi espressione diretta del Quirinale.

L’illusione ormai diffusa, che molti italiani coltivano, è credere che il Presidente, la Banca d’Italia e la burocrazia sappiano come salvare il Paese. Saranno amaramente delusi. L’attuale leadership non ha la capacità, e forse neppure l’intenzione, di salvare il Paese dalla rovina. Sarebbe facile sostenere che Monti ha aggravato la già grave recessione. Letta sta seguendo esattamente lo stesso percorso: tutto deve essere sacrificato in nome della stabilità. I tecnocrati condividono le stesse origini culturali dei partiti politici e, in simbiosi con loro, sono riusciti ad elevarsi alle loro posizioni attuali: è quindi inutile pensare che otterranno risultati migliori, dal momento che non sono neppure in grado di avere una visione a lungo termine per il Paese. Sono in realtà i garanti della scomparsa dell’Italia.

In conclusione, la rapidità del declino è davvero mozzafiato. Continuando su questa strada, in meno di una generazione non rimarrà nulla dell’Italia nazione industriale moderna. Entro un altro decennio, o giù di lì, intere regioni, come la Sardegna o Liguria, saranno così demograficamente compromesse che non potranno mai più recuperare.

I fondatori dello Stato italiano 152 anni fa avevano combattuto, addirittura fino alla morte, per portare l’Italia a quella posizione centrale di potenza culturale ed economica all’interno del mondo occidentale, che il Paese aveva occupato solo nel tardo Medio Evo e nel Rinascimento. Quel progetto ora è fallito, insieme con l’idea di avere una qualche ambizione politica significativa e il messianico (inutile) intento universalista di salvare il mondo, anche a spese della propria comunità. A meno di un miracolo, possono volerci secoli per ricostruire l’Italia.”

professore Roberto Orsi

della London School of Economics and Political Science (LSE)
 

MissT

Forumer storico
Ê il tuo pensiero ?

Perche' glielo chiedi? la visione economica e politica mi sembra sia condivisa da tutti.... io ho solo dei dubbi sulla posizione del presidente che secondo me da solo non decide alcunche', l'hanno tenuto la' solo come fantoccio, come capro espiatorio cui dare la colpa per gli effetti collaterali del mantenimento dello status quo a livello di centri di potere e affari.... - tuttavia ammetto di non seguire bene tutte le manovre politiche, quindi le mie opinioni valgono meno di un soldo bucato... :)
 

f4f

翠鸟科
Una sfida, quella con la spesa pubblica, che parte da lontano, con esiti non certo all’altezza delle aspettative, se si considera che a tutt’oggi il totale delle spese finali al netto degli interessi ammonta a 723,6 miliardi, pari al 46,5% del Pil, per toccare quota 807,6 miliardi (il 51,9% del Pil) se si comprende la quota annua da impegnare per finanziare il nostro debito pubblico. Cifre imponenti, ma quel che più colpisce è la distribuzione delle risorse: 162 miliardi se ne vanno per gli stipendi dei dipendenti pubblici, 129,5 miliardi per consumi intermedi, 320 miliardi per prestazioni sociali, di cui le sole pensioni coprono ben 255 miliardi. E poi il macigno degli 80-90 miliardi l’anno di interessi passivi: una spesa certo non produttiva ma essenziale per finanziare il debito.







In tempi più recenti, merita di essere segnalato il «Libro verde sulla spesa pubblica» presentato il 6 settembre 2007 dalla commissione tecnica insediata dall’allora ministro dell’Economia, lo scomparso Tommaso Padoa-Schioppa. Questa la premessa, a firma dello stesso Padoa-Schioppa: per vincere la sfida con la spesa pubblica occorre incidere «sull’organizzazione degli uffici, sulla loro dislocazione territoriale, sulle strutture dell’amministrazione e sulla gestione delle risorse, adeguando le strutture ai nuovi e diversi bisogni, eliminando programmi obsoleti e funzioni anacronistiche». E dunque, non si può far altro che intervenire «sui meccanismi profondi di generazione della spesa, rivedere le priorità in ciascun settore, abbandonare attività ormai superflue, riconsiderare le modalità di definizione dei costi, l’organizzazione della produzione dei servizi resi, sfruttando le possibilità offerte dalle tecnologie».



La commissione, presieduta da Gilberto Muraro, presentò la sua dettagliata ricognizione, offrendo una panoramica di possibili interventi su cinque settori: giustizia, sanità, università, pubblico impiego, spesa pubblica dei comuni.

Il risultato? Quasi nullo.

Del resto, nel successivo governo Berlusconi, Giulio Tremonti, tornato alla guida dell’Economia, tra i suoi primi atti decise proprio la soppressione di quella commissione. L’esplodere della «grande crisi» riportò in auge la vecchia arma dei tagli lineari, l’esatto contrario della spending review. Se si deve fare cassa, è improponibile attendere i tempi lunghi della «revisione strutturale» della spesa.



La palla passa a un consolidato conoscitore dei meandri della nostra finanza pubblica, Piero Giarda, a lungo sottosegretario al Tesoro e da ultimo ministro dei Rapporti con il Parlamento del governo Monti. Vede la luce un mega rapporto, che individua in 100 miliardi la spesa «potenzialmente aggredibile» nel breve periodo. Se si riuscisse a risparmiare il 10% di questa imponente massa di risorse, ci si avvicinerebbe alla "mission" di Cottarelli.
 

f4f

翠鸟科
Perche' glielo chiedi? la visione economica e politica mi sembra sia condivisa da tutti.... io ho solo dei dubbi sulla posizione del presidente che secondo me da solo non decide alcunche', l'hanno tenuto la' solo come fantoccio, come capro espiatorio cui dare la colpa per gli effetti collaterali del mantenimento dello status quo a livello di centri di potere e affari.... - tuttavia ammetto di non seguire bene tutte le manovre politiche, quindi le mie opinioni valgono meno di un soldo bucato... :)


beh ero di fretta e ho scritto sintetico

l'analisi è pure corretta ma one-side ( quella pessimista)
non si vede la parte ancora vitale della nazione ( export per dirne una... e dice ad es della scuola, che funziona almeno sufficientemente ( nell'articolo ne fa menzione))
non vi sono numei, tranne uno patetico ( e sbagliato, a memoria)
analisi politica dunque e pure aestrema ( su Napo ad es: criticabile sul piano dei risultati, lo è assai meno su quello giuridico)

non fosse per la firma, si direbbe un articolo di un giornalista
e, btw, di un giornalista che non gioca a scacchi:
solo una analisi, non prevede le prossime mosse nè quellle degli altri attori
nè analisi, nè soluzioni, nè valutazioni approfondite dal futuro:
un mero ( se va tutto così senza cambiare, è lo sfascio'
sicuramente vero, sicuramente irrilevanta

imho :)
 

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