Don Gelmini, una figura ambigua

Sharnin 2

Forumer storico
La vera storia di don Pierino
"Quattro anni passati in carcere" Francesco Grignetti su La Stampa ricostruisce il passato del prete in lotta contro la droga che in giardino aveva una Jaguar: per due volte finì dietro le sbarre con accuse di truffa e bancarotta fraudolenta

Milano, 5 agosto 2007 - C’è stato un altro don Pierino prima di don Pierino. Un prete che ha sempre sfidato le convenzioni, ma che di guai con la giustizia ne ha avuti tanti, ed è pure finito in carcere un paio di volte. A un certo punto è stato anche sospeso «a divinis», salvo poi essere perdonato da Santa Romana Chiesa.
E’ il don Gelmini che non figura nelle biografie ufficiali. I fatti accadono tra il 1969 e il 1977, quando don Pierino era ancora considerato un «fratello di». Una figura minore che viveva di luce riflessa rispetto al più esuberante padre Eligio Gelmini, confessore di calciatori, amico di Gianni Rivera, frequentatore di feste, fondatore delle comunità antidroga «Mondo X» e del Telefono Amico.
Anni che furono in salita per don Pierino e che non vengono mai citati nelle pubblicazioni di Comunità Incontro. Per forza. Era il 13 novembre 1969 quando i carabinieri lo arrestarono per la prima volta, nella sua villa all’Infernetto, zona Casal Palocco, alla periferia di Roma. E già all’epoca fece scalpore che questo sacerdote avesse una Jaguar in giardino.
Lui, don Pierino, nella sua autobiografia scrive che lì, nella villa dell’Infernetto, dopo un primissimo incontro-choc con un drogato, tale Alfredo, nel 1963, cominciò a interessarsi agli eroinomani. In tanti bussavano alla sua porta. «Ed è là che, ospitando, ancora senza tempi o criteri precisi, ragazzi che si rivolgono a lui, curando la loro assistenza legale e visitandoli in carcere, mette progressivamente a punto uno stile di vita e delle regole che costituiranno l’ossatura della Comunità Incontro».
All’epoca, Gelmini aveva un certo ruolo nella Curia. Segretario di un cardinale, Luis Copello, arcivescovo di Buenos Aires. Ma aveva scoperto la nuova vocazione. «Rinunciai alla carriera per salire su una corriera di balordi», la sua battuta preferita.
I freddi resoconti di giustizia dicono in verità che fu inquisito per bancarotta fraudolenta, emissione di assegni a vuoto, e truffa. Lo accusarono di avere sfruttato l’incarico di segretario del cardinale per organizzare un’ambigua ditta di import-export con l’America Latina. E restò impigliato in una storia poco chiara legata a una cooperativa edilizia collegata con le Acli che dovrebbe costruire palazzine all’Eur. La cooperativa fallì mentre lui rispondeva della cassa. Il giudice fallimentare fu quasi costretto a spiccare un mandato di cattura.

Don Pierino, che amava farsi chiamare «monsignore», e per questo motivo si era beccato anche una diffida della Curia, sparì dalla circolazione. Si saprà poi che era finito nel cattolicissimo Vietnam del Sud dove era entrato in contatto con l’arcivescovo della cittadina di Hué. Ma la storia finì di nuovo male: sua eminenza Dihn-Thuc, e anche la signora Nhu, vedova del Presidente Diem, lo denunciarono per appropriazione indebita. Ci fecero i titoloni sui giornali: «Chi è il monsignore che raggirò la vedova del Presidente vietnamita».

Dovette rientrare in Italia. Però l’aspettavano al varco. Si legge su un ingiallito ritaglio del Messaggero: «Gli danno quattro anni di carcere, nel luglio del ‘71. Li sconta tutti. Come detenuto, non è esattamente un modello e spesso costringe il direttore a isolarlo per evitare “promiscuità” con gli altri reclusi». Cattiverie.
Fatto sta che le biografie ufficiali sorvolano su questi episodi. Non così i giornali dell’epoca. Anche perché nel 1976, quando queste vicende sembravano ormai morte e sepolte, e don Pierino aveva scontato la sua condanna, nonché trascorso un periodo di purgatorio ecclesiale in Maremma, lo arrestarono di nuovo.
Questa volta finì in carcere assieme al fratello, ad Alessandria, per un giro di presunte bustarelle legate all’importazione clandestina di latte e di burro destinati all’Africa. Si vide poi che era un’accusa infondata. Ma nel frattempo, nessuna testata aveva rinunciato a raccontare le spericolate vite parallele dei due Gelmini. Ci fu anche chi esagerò. Sul conto di padre Eligio, si scrisse che non aveva rinunciato al lusso neppure in cella.
Passata quest’ennesima bufera, comunque, don Pierino tornò all’Infernetto. Sulla Stampa la descrivevano così: «Due piani, mattoni rossi, largo muro di cinta con ringhiera di ferro battuto, giardino, piscina e due cani: un pastore maremmano e un lupo. A servirlo sono in tre: un autista, una cuoca di colore e una cameriera».

Tre anni dopo, nel 1979, sbarcava con un pugno di seguaci, e alcuni tossicodipendenti che stravedevano per lui, ad Amelia, nel cuore di un’Umbria che nel frattempo si è spopolata. Adocchiò un rudere in una valletta che lì chiamavano delle Streghe, e lo ottenne dal Comune in concessione quarantennale. Era un casale diroccato. Diventerà il Mulino Silla, casa-madre di un movimento impetuoso di comunità.

Gli riesce insomma quello che non era riuscito al fratello, che aveva anche lui ottenuto in concessione (dal proprietario, il conte Ludovico Gallarati Scotti, nel 1974) un rudere, il castello di Cozzo Lomellina, e l’aveva trasformato, grazie al lavoro duro di tanti volontari e tossicodipendenti, in uno splendido maniero. Ma ormai la parabola di padre Eligio era discendente. Don Pierino, invece, stava diventando don Pierino.
 
...ho capito che devi avere un passato di mierda...

...fare tanti soldini...

...avere o meno uno stalliere...


...poi che tu sia in abito talare, presidente del consiglio o a capo della confindustria...


..non importa...


SEI UN UOMO DI SUCCESSO :-o
 
Sharnin 2 ha scritto:
La vera storia di don Pierino
"Quattro anni passati in carcere" Francesco Grignetti su La Stampa ricostruisce il passato del prete in lotta contro la droga che in giardino aveva una Jaguar: per due volte finì dietro le sbarre con accuse di truffa e bancarotta fraudolenta
....

sul sito de LaStampa questa notizia non esiste
 
Sharnin 2 ha scritto:
L'avranno tolto, l'articolo è riportato qui
http://qn.quotidiano.net/2007/08/05/29205-vera_storia_pierino.shtml
Avete notato l'informazione tv, tutta a favore?
io non credo che sia stato tolto, il motore di ricerca de La Stampa negli ultimi trenta giorni non trova nulla
http://www.lastampa.it/search/srch.asp

questo articolo si trova solo con google su quotidiano.net e pochi altri blog schierati
http://www.google.com/search?q="La+vera+storia+di+don+Pierino"
 
Sharnin 2 ha scritto:
La vera storia di don Pierino
"Quattro anni passati in carcere" Francesco Grignetti su La Stampa ricostruisce il passato del prete in lotta contro la droga che in giardino aveva una Jaguar: per due volte finì dietro le sbarre con accuse di truffa e bancarotta fraudolenta

Milano, 5 agosto 2007 - C’è stato un altro don Pierino prima di don Pierino. Un prete che ha sempre sfidato le convenzioni, ma che di guai con la giustizia ne ha avuti tanti, ed è pure finito in carcere un paio di volte. A un certo punto è stato anche sospeso «a divinis», salvo poi essere perdonato da Santa Romana Chiesa.
E’ il don Gelmini che non figura nelle biografie ufficiali. I fatti accadono tra il 1969 e il 1977, quando don Pierino era ancora considerato un «fratello di». Una figura minore che viveva di luce riflessa rispetto al più esuberante padre Eligio Gelmini, confessore di calciatori, amico di Gianni Rivera, frequentatore di feste, fondatore delle comunità antidroga «Mondo X» e del Telefono Amico.
Anni che furono in salita per don Pierino e che non vengono mai citati nelle pubblicazioni di Comunità Incontro. Per forza. Era il 13 novembre 1969 quando i carabinieri lo arrestarono per la prima volta, nella sua villa all’Infernetto, zona Casal Palocco, alla periferia di Roma. E già all’epoca fece scalpore che questo sacerdote avesse una Jaguar in giardino.
Lui, don Pierino, nella sua autobiografia scrive che lì, nella villa dell’Infernetto, dopo un primissimo incontro-choc con un drogato, tale Alfredo, nel 1963, cominciò a interessarsi agli eroinomani. In tanti bussavano alla sua porta. «Ed è là che, ospitando, ancora senza tempi o criteri precisi, ragazzi che si rivolgono a lui, curando la loro assistenza legale e visitandoli in carcere, mette progressivamente a punto uno stile di vita e delle regole che costituiranno l’ossatura della Comunità Incontro».
All’epoca, Gelmini aveva un certo ruolo nella Curia. Segretario di un cardinale, Luis Copello, arcivescovo di Buenos Aires. Ma aveva scoperto la nuova vocazione. «Rinunciai alla carriera per salire su una corriera di balordi», la sua battuta preferita.
I freddi resoconti di giustizia dicono in verità che fu inquisito per bancarotta fraudolenta, emissione di assegni a vuoto, e truffa. Lo accusarono di avere sfruttato l’incarico di segretario del cardinale per organizzare un’ambigua ditta di import-export con l’America Latina. E restò impigliato in una storia poco chiara legata a una cooperativa edilizia collegata con le Acli che dovrebbe costruire palazzine all’Eur. La cooperativa fallì mentre lui rispondeva della cassa. Il giudice fallimentare fu quasi costretto a spiccare un mandato di cattura.

Don Pierino, che amava farsi chiamare «monsignore», e per questo motivo si era beccato anche una diffida della Curia, sparì dalla circolazione. Si saprà poi che era finito nel cattolicissimo Vietnam del Sud dove era entrato in contatto con l’arcivescovo della cittadina di Hué. Ma la storia finì di nuovo male: sua eminenza Dihn-Thuc, e anche la signora Nhu, vedova del Presidente Diem, lo denunciarono per appropriazione indebita. Ci fecero i titoloni sui giornali: «Chi è il monsignore che raggirò la vedova del Presidente vietnamita».

Dovette rientrare in Italia. Però l’aspettavano al varco. Si legge su un ingiallito ritaglio del Messaggero: «Gli danno quattro anni di carcere, nel luglio del ‘71. Li sconta tutti. Come detenuto, non è esattamente un modello e spesso costringe il direttore a isolarlo per evitare “promiscuità” con gli altri reclusi». Cattiverie.
Fatto sta che le biografie ufficiali sorvolano su questi episodi. Non così i giornali dell’epoca. Anche perché nel 1976, quando queste vicende sembravano ormai morte e sepolte, e don Pierino aveva scontato la sua condanna, nonché trascorso un periodo di purgatorio ecclesiale in Maremma, lo arrestarono di nuovo.
Questa volta finì in carcere assieme al fratello, ad Alessandria, per un giro di presunte bustarelle legate all’importazione clandestina di latte e di burro destinati all’Africa. Si vide poi che era un’accusa infondata. Ma nel frattempo, nessuna testata aveva rinunciato a raccontare le spericolate vite parallele dei due Gelmini. Ci fu anche chi esagerò. Sul conto di padre Eligio, si scrisse che non aveva rinunciato al lusso neppure in cella.
Passata quest’ennesima bufera, comunque, don Pierino tornò all’Infernetto. Sulla Stampa la descrivevano così: «Due piani, mattoni rossi, largo muro di cinta con ringhiera di ferro battuto, giardino, piscina e due cani: un pastore maremmano e un lupo. A servirlo sono in tre: un autista, una cuoca di colore e una cameriera».

Tre anni dopo, nel 1979, sbarcava con un pugno di seguaci, e alcuni tossicodipendenti che stravedevano per lui, ad Amelia, nel cuore di un’Umbria che nel frattempo si è spopolata. Adocchiò un rudere in una valletta che lì chiamavano delle Streghe, e lo ottenne dal Comune in concessione quarantennale. Era un casale diroccato. Diventerà il Mulino Silla, casa-madre di un movimento impetuoso di comunità.

Gli riesce insomma quello che non era riuscito al fratello, che aveva anche lui ottenuto in concessione (dal proprietario, il conte Ludovico Gallarati Scotti, nel 1974) un rudere, il castello di Cozzo Lomellina, e l’aveva trasformato, grazie al lavoro duro di tanti volontari e tossicodipendenti, in uno splendido maniero. Ma ormai la parabola di padre Eligio era discendente. Don Pierino, invece, stava diventando don Pierino.

scusa non è che parli del fratello.........Frate Eligio (che era il prete di Gianni Rivera)?
quello si aveva la tonaca giusto per aver qualcosa indosso :lol:
 
felixeco ha scritto:
scusa non è che parli del fratello.........Frate Eligio (che era il prete di Gianni Rivera)?
quello si aveva la tonaca giusto per aver qualcosa indosso :lol:

NON hai ragione era lui.
Ma non cambia il discorso ;d'altronde in quel mondo di m. l'aver avuto un passato burrascoso è un titolo di merito :eek:
E' anche vero che se dai troppo fastidio al commercio............te la fanno pagare (vedi Muccioli) :(
 
Droga, Vip e ChaChaCha

I Vip e i loro valvassori e valvassini soffrono di profonde crisi mistiche oltre che sempre piu' spesso di riniti.
Il bene si propaga dall'alto in basso, ma la vocazione si accomoda inalto, la' dove il Bene ha le tasche tanto capienti da assicurare che le Opere siano finanziate. Questo e' ovvio, meno ovvio e' che i tramiti tra questo e l'altro mondo nell' opera caritatevole, soffrano di una contiguita' tanto scomoda da perdere per strada il lume dell senso delle opere buone.

Don Gelmini, si scrive , non ha avuto una vita del tutto limpida.
E' facile rispondere con una spallucia: nemmeno Sant'Agostino l'ebbe, ma la sua vita scapestrata fu il motivo di una riflessione e di una conversione.

La storia della Chiesa, oltre le sante anoressiche (ottimo libro), ebbe numerosi conversioni sulla via di Damasco. Generalmente la conversione era unica, una svolta definitiva nella vita. Qui invece si apprende che le conversioni moderne sono spesso multiple, variegate , a una ne segue un'altra e la rinuncia non e' di casa.
Chissa', forse e' l'ansia per la ricerca della verita' che complica i percorsi:
www.corriere.it/Primo_Piano/Cronache/2007/08_Agosto/07/massona_fede_sala_vip.shtml

"Santo subito", per il prete masmediologico e' annunciato un Gelmini day, manco fosse madre Teresa di Calcutta, che notoriamente era tutto meno che una imprenditrice, era venerata ma schiva.
Una situazione strana quella del don della"Comunita' Incontro" , che ha sollevato levate di scudi immediate.
Si paragona questa storia nientepopo' di meno che a quella di Muccioli:
www.iltempo.it/approfondimenti/index.aspx?id=1253947

In effetti i finanziatori (e/o finanziati/contraccambiati) sono simili, i partner politici pure, gli assistiti anche, il metodo di cura il medesimo. L'unica differenza e' che Muccioli fu condannato per favoreggiamento:
www.misteriditalia.com/altri-misteri/sanpatrignano/

Forse fu una persecuzione, forse un errore, ma fatti ce n'erano. Sui fatti che riguardano il Gelmini invece si sa poco, si sa' solo che qualcuno l'ha denunciato di abusi sessuali e che conferma. Don Gelmini e' solo indagato, pertanto la presunzione d'innocenza e' doverosa.

Ma Don Gelmini urla parecchio con la stampa (e gli offre anche un sacco di pretesti cosi',per finire in prima pagina) e parla anche un tantino a sproposito ; e'tanto conformato ai metodi mediatici dei suoi finanziatori che il suo carattere focoso lo porta a pronunciare fesserie di ogni tipo sopra le righe, poi ritirate in fretta con le debite scuse:
www.repubblica.it/2007/08/sezioni/cronaca/don-gelmini-indagato/inte-gelmini/inte-gelmini.html

Le Reprimende quindi piovano da tutti: Associazione magistrati, comunita' ebraiche, forze politiche avverse, perfino Luxuria .
Ma anche qualcuno di casa, da lassu' gli rammenta la moderazione, suggerendo che la sua opera va comunque difesa da eventuali spiacevoli ricadute:
www.rainews24.it/notizia.asp?newsid=72683

Altri preti massmediologi (Don Mazzi), invece probabilmente non digeriscono tanto le sue sparate e la esibizione di potenza (i miliardi di finanziamenti ottenuti e annunciati) e ricchezza, e gliele mandano a dire , senza molte sottigliezze :
www.asgmedia.it/asg/page.asp?VisImg=S&Art=14800&Cat=1&I=immagini/AMA/mazzi.jpg&IdTipo=0&TitoloBlocco=Dall'Italia

Tra i piu' conosciuti uomini della chiesa, impegnati sul fronte droga si scatena, un discreto putiferio, in cui certo l'ammirazione non primeggia:
www.corriere.it/Primo_Piano/Cronach...mini_reazioni_mazzi_ciotti_picchi_benzi.shtml

Naturalmente la sparata su ebrei e massoni (complotto ebraico-massonico-radicalchic, che un tempo era solo un giudaico massonico) ha sollevato un ginepraio; tra gli ultimi a dire qualcosa, oltre i massoni ufficiali, c'e'stato lo scrittore Elkan. Il sanguigno Gasparri,esperto in televisioni, gli ha rammentato immediatamente chi e' suo figlio, in pieno spirito gesuita:
www.ilgiornale.it/a.pic1?ID=197800

In effetti non si e' ben capito perche' l'allegro Lapo non sia finito nella Comunita' Incontro, ma, da dirigente Fiat, sia stato spedito in America per emendarsi del peccatuccio che non solo i Vip commettono.
La "neve" e' cosi' diffusa (e pare nemmeno tanto costosa) che procura ormai molti indotti economici. L'ultimo in ordine di importanza e' proprio la cura con la Fede (tratto piu' o meno accentuato) dei drogati. Una specie di versione moderna delle cura della Pazzia attuata da Don Milingo e da vari altri preti Esorcisti nei tempi dei tempi.


Due righe su questa faccenda e quella di Rignano.

In comune hanno solo l'avvocato (Coppi) e un vago odore di bufala, rimanendo quella di Gelmini nel regno del possibile-improbabile (abuso sessuale di un solo attore) e quella di Rignano Flaminio nell'assoluto regno della improbabilita' a tutto tondo (pedofilia organizzata).
Gli attori di contorno sono i medesimi, la differenza ovviamente sono i miliardi che girano che fanno la differenza sostanziale, la forte componente politica del caso (destra schierata coi "santi", tutti gli altri contro) e la forte campagna sulle contraddizione della chiesa e della sua presunta (vera) ipocrisia; ma la cosa procede anche internamente alla politica, vedi il caso Mele che sembra predicare bene e razzolare malissimo.
Se a Rignano l'uomo nero si fosse rivelato un prete piuttosto che un cingalese, allora qualcosa in piu' accomunerebbe le due questioni, almeno sulla stampa.

Poi un gran rumore , molte associazioni piu' o meno libere di idee tra parole, psichiatri ovunque, tanta indignazione e apparentemente nessun fatto accertato.

Un vero Cha_Cha_Cha estivo per il sistema dell'informazione spettegolante che a quanto pare trova sempre orecchie attente tra gli italiani abituati agli show.
 

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