E alla fine la Camera tagliò i tagli

fo64

Forumer storico
Senza parole :sad:

dal Corriere della Sera di oggi, 13 dicembre 2007

E alla fine la Camera tagliò i tagli
I deputati sopprimono il tetto agli «stipendi d'oro» dei manager pubblici

di Sergio Rizzo, Gian Antonio Stella

Taglia, taglia, scusate il bisticcio, stanno tagliando i tagli. L'ultimo a essere soppresso è stato il tetto agli «stipendi d'oro». Passato al Senato, è stato cancellato alla Camera. Anzi, d'ora in avanti i «grand commis» pubblici potranno guadagnare anche di più. Alla faccia di tutte le promesse intorno al bisogno di sobrietà. E di tutti gli italiani che faticano ad arrivare a fine mese.
Eppure, dopo tante retromarce nella sbandierata moralizzazione avviata solo per placare l'indignazione popolare, pareva che almeno questo principio fosse acquisito: chi lavora per la sfera pubblica (dai ministeri alle Regioni, dalle aziende di Stato alle municipalizzate) non deve avere buste paga, liquidazioni e pensioni troppo alte. Per mille motivi.
Perché le nomine sono spesso dovute non alle capacità professionali ma alle amicizie giuste. Perché in cambio di certi appannaggi non viene chiesta talora efficienza ma piuttosto «gentilezze» al partito di riferimento. Perché nel mondo privato, tirato in ballo a sproposito, chi guadagna molti soldi deve anche render conto agli azionisti del proprio operato (nei Paesi seri) e non mangia contemporaneamente a due greppie: i contratti deluxe del libero mercato e le sicurezze del sistema pubblico.

Ed ecco che Palazzo Madama aveva approvato, all'articolo 144 della Finanziaria, le seguenti regole: «Il trattamento economico onnicomprensivo di chiunque riceva a carico delle pubbliche finanze emolumenti o retribuzioni nell'ambito di rapporti di lavoro dipendente o autonomo con pubbliche amministrazioni statali (...) agenzie, enti pubblici anche economici, enti di ricerca, università, società non quotate a totale o prevalente partecipazione pubblica nonché le loro controllate, ovvero sia titolare di incarichi o mandati di qualsiasi natura nel territorio metropolitano, non può superare quello del primo presidente della Corte di cassazione». Cioè 275 mila euro l'anno. Chiaro?
Chiarissimo: il limite valeva per tutti (tutti) gli stipendi pagati con soldi pubblici. Compresi «i magistrati ordinari, amministrativi e contabili, i presidenti e componenti di collegi e organi di governo e di controllo di società non quotate, i dirigenti».
E se per trattenere Fiorello o strappare Gerry Scotti a Mediaset la Rai fosse costretta a offrire più della concorrenza? Previsto anche questo: «Il limite non si applica alle attività di natura professionale e ai contratti d'opera» se si tratta di «una prestazione artistica o professionale indispensabile per competere sul mercato in condizioni dì effettiva concorrenza ».
E se invece si trattasse di strappare alla concorrenza non un cantante ma un grande manager che sul libero mercato potrebbe guadagnare tre, quattro o cinque volte di più? Anche queste eccezioni erano previste. Come eccezioni, però.
Le nuove regole infatti, diceva l'articolo 144, «non possono essere derogate se non per motivate esigenze di carattere eccezionale e per un periodo non superiore a tre anni». Di più: dovevano ottenere la firma del capo del governo e rientrare «nel limite massimo di 25 unità. Corrispondenti alle posizione di più elevato livello di responsabilità». Riassumendo: solo venticinque altissimi dirigenti pubblici in tutto il Paese e per un periodo limitato (quindi niente pensioni d'oro e niente liquidazioni stratosferiche) potevano guadagnare più di 275 mila euro l'anno. Tutti gli altri, sotto. E guai a chi faceva il furbo perché ogni contratto doveva d'ora in avanti essere trasparente. Di più: «In caso di violazione, l'amministratore che abbia disposto il pagamento e il destinatario del medesimo sono tenuti al rimborso, a titolo di danno erariale, di una somma pari a dieci volte l'ammontare eccedente la cifra consentita».

Non bastasse, l'articolo fortissimamente voluto soprattutto da Massimo Villone e Cesare Salvi, autori del libro «I costi della democrazia», metteva un altro candelotto sotto i privilegi di certi boiardi di Stato: il divieto del cumulo di poltrone, a meno che non accompagnato da una robusta decurtazione delle prebende.
Insomma: una piccola grande rivoluzione. Che per la prima volta cercava di mettere ordine in un sistema che negli ultimi anni aveva lasciato i cittadini basiti davanti a casi clamorosi. Come quello di Giancarlo Cimoli, che guadagnava alle Ferrovie circa 1,5 milioni di euro l'anno e se ne andò, per andare a guadagnarne 2,7 all'Alitalia, con una liquidazione per «raggiungimento risultati » (il pareggio) di 6,7 milioni.
O del suo successore Elio Catania, che per un paio di anni alle Ferrovie (lasciate con un buco di 2 miliardi e 155 milioni) incassò una buonuscita di 7 milioni. O ancora quello di Massimo Sarmi che alle Poste prende un milione e mezzo di euro l'anno cumulando le buste paga da amministratore delegato e di direttore generale.
Per non dire di certi arbitrati, compensati con parcelle da capogiro. Tre per tutte? Quella spartita (in tre) dal collegio guidato dall'ex presidente del Consiglio di Stato Mario Egidio Schinaia (1,4 milioni), quella finita al collegio presieduto dall'avvocato dello Stato Giuseppe Stipo (1,3 milioni per due verdetti), quella incassata dal collegio pilotato da Marcello Arredi, capo del dipartimento Infrastrutture stradali del ministero delle Infrastrutture e presidente nel 2006 di un collegio incaricato di regolare una controversia fra l'Anas e l'Impregilo: 1,2 milioni. Soldi in più, oltre lo stipendio. Potevano i potentissimi Grand Commis accettare una sforbiciata del genere? No.
E così, subito dopo l'approvazione in Senato, talpe sapienti hanno cominciato a rosicchiare l'articolo 144, a partire dai trattamenti alla Banca d'Italia, comma per comma, riga per riga. Risultato: la Commissione Bilancio della Camera, tra le proteste di una pattuglia di indignati guidata da Villone, ha praticamente fatto saltare tutti, ma proprio tutti, i punti centrali. E a meno che non intervenga il governo, tutto continuerà come prima. Anzi, peggio. Perché il messaggio all'opinione pubblica, dopo tante promesse, è uno solo: marameo.

Lo stesso marameo che, dalle bianche spiagge di Bali, lanciano agli italiani i componenti della affollatissima delegazione italiana al vertice mondiale sul clima: 52 persone. Dicono Alfonso Pecoraro Scanio e il suo staff che altre delegazioni sono ancora più numerose. E che l'altra volta, a Montreal, l'allora ministro Altero Matteoli si portò perfino due agenti di scorta. Sarà.
Ma ci restano alcune curiosità: come mai, nel mucchio, oltre a tre rappresentanti del Comune di Milano, due della Regione Lazio, un assessore della Toscana e l'assessore all'Ambiente della Campania Luigi Nocera, riemerso per l'occasione dai cumuli di immondizia napoletana, ci sono solo due sindacalisti della Cgil e della Uil e nessuno della Cisl? Possibile che nessuno della Cisl, con una collana di orchidee al collo, avesse da dire qualcosa sul pianeta?
 
fo64 ha scritto:
Senza parole :sad:

dal Corriere della Sera di oggi, 13 dicembre 2007

E alla fine la Camera tagliò i tagli
I deputati sopprimono il tetto agli «stipendi d'oro» dei manager pubblici

di Sergio Rizzo, Gian Antonio Stella

Taglia, taglia, scusate il bisticcio, stanno tagliando i tagli. L'ultimo a essere soppresso è stato il tetto agli «stipendi d'oro». Passato al Senato, è stato cancellato alla Camera. Anzi, d'ora in avanti i «grand commis» pubblici potranno guadagnare anche di più. Alla faccia di tutte le promesse intorno al bisogno di sobrietà. E di tutti gli italiani che faticano ad arrivare a fine mese.
Eppure, dopo tante retromarce nella sbandierata moralizzazione avviata solo per placare l'indignazione popolare, pareva che almeno questo principio fosse acquisito: chi lavora per la sfera pubblica (dai ministeri alle Regioni, dalle aziende di Stato alle municipalizzate) non deve avere buste paga, liquidazioni e pensioni troppo alte. Per mille motivi.
Perché le nomine sono spesso dovute non alle capacità professionali ma alle amicizie giuste. Perché in cambio di certi appannaggi non viene chiesta talora efficienza ma piuttosto «gentilezze» al partito di riferimento. Perché nel mondo privato, tirato in ballo a sproposito, chi guadagna molti soldi deve anche render conto agli azionisti del proprio operato (nei Paesi seri) e non mangia contemporaneamente a due greppie: i contratti deluxe del libero mercato e le sicurezze del sistema pubblico.

Ed ecco che Palazzo Madama aveva approvato, all'articolo 144 della Finanziaria, le seguenti regole: «Il trattamento economico onnicomprensivo di chiunque riceva a carico delle pubbliche finanze emolumenti o retribuzioni nell'ambito di rapporti di lavoro dipendente o autonomo con pubbliche amministrazioni statali (...) agenzie, enti pubblici anche economici, enti di ricerca, università, società non quotate a totale o prevalente partecipazione pubblica nonché le loro controllate, ovvero sia titolare di incarichi o mandati di qualsiasi natura nel territorio metropolitano, non può superare quello del primo presidente della Corte di cassazione». Cioè 275 mila euro l'anno. Chiaro?
Chiarissimo: il limite valeva per tutti (tutti) gli stipendi pagati con soldi pubblici. Compresi «i magistrati ordinari, amministrativi e contabili, i presidenti e componenti di collegi e organi di governo e di controllo di società non quotate, i dirigenti».
E se per trattenere Fiorello o strappare Gerry Scotti a Mediaset la Rai fosse costretta a offrire più della concorrenza? Previsto anche questo: «Il limite non si applica alle attività di natura professionale e ai contratti d'opera» se si tratta di «una prestazione artistica o professionale indispensabile per competere sul mercato in condizioni dì effettiva concorrenza ».
E se invece si trattasse di strappare alla concorrenza non un cantante ma un grande manager che sul libero mercato potrebbe guadagnare tre, quattro o cinque volte di più? Anche queste eccezioni erano previste. Come eccezioni, però.
Le nuove regole infatti, diceva l'articolo 144, «non possono essere derogate se non per motivate esigenze di carattere eccezionale e per un periodo non superiore a tre anni». Di più: dovevano ottenere la firma del capo del governo e rientrare «nel limite massimo di 25 unità. Corrispondenti alle posizione di più elevato livello di responsabilità». Riassumendo: solo venticinque altissimi dirigenti pubblici in tutto il Paese e per un periodo limitato (quindi niente pensioni d'oro e niente liquidazioni stratosferiche) potevano guadagnare più di 275 mila euro l'anno. Tutti gli altri, sotto. E guai a chi faceva il furbo perché ogni contratto doveva d'ora in avanti essere trasparente. Di più: «In caso di violazione, l'amministratore che abbia disposto il pagamento e il destinatario del medesimo sono tenuti al rimborso, a titolo di danno erariale, di una somma pari a dieci volte l'ammontare eccedente la cifra consentita».

Non bastasse, l'articolo fortissimamente voluto soprattutto da Massimo Villone e Cesare Salvi, autori del libro «I costi della democrazia», metteva un altro candelotto sotto i privilegi di certi boiardi di Stato: il divieto del cumulo di poltrone, a meno che non accompagnato da una robusta decurtazione delle prebende.
Insomma: una piccola grande rivoluzione. Che per la prima volta cercava di mettere ordine in un sistema che negli ultimi anni aveva lasciato i cittadini basiti davanti a casi clamorosi. Come quello di Giancarlo Cimoli, che guadagnava alle Ferrovie circa 1,5 milioni di euro l'anno e se ne andò, per andare a guadagnarne 2,7 all'Alitalia, con una liquidazione per «raggiungimento risultati » (il pareggio) di 6,7 milioni.
O del suo successore Elio Catania, che per un paio di anni alle Ferrovie (lasciate con un buco di 2 miliardi e 155 milioni) incassò una buonuscita di 7 milioni. O ancora quello di Massimo Sarmi che alle Poste prende un milione e mezzo di euro l'anno cumulando le buste paga da amministratore delegato e di direttore generale.
Per non dire di certi arbitrati, compensati con parcelle da capogiro. Tre per tutte? Quella spartita (in tre) dal collegio guidato dall'ex presidente del Consiglio di Stato Mario Egidio Schinaia (1,4 milioni), quella finita al collegio presieduto dall'avvocato dello Stato Giuseppe Stipo (1,3 milioni per due verdetti), quella incassata dal collegio pilotato da Marcello Arredi, capo del dipartimento Infrastrutture stradali del ministero delle Infrastrutture e presidente nel 2006 di un collegio incaricato di regolare una controversia fra l'Anas e l'Impregilo: 1,2 milioni. Soldi in più, oltre lo stipendio. Potevano i potentissimi Grand Commis accettare una sforbiciata del genere? No.
E così, subito dopo l'approvazione in Senato, talpe sapienti hanno cominciato a rosicchiare l'articolo 144, a partire dai trattamenti alla Banca d'Italia, comma per comma, riga per riga. Risultato: la Commissione Bilancio della Camera, tra le proteste di una pattuglia di indignati guidata da Villone, ha praticamente fatto saltare tutti, ma proprio tutti, i punti centrali. E a meno che non intervenga il governo, tutto continuerà come prima. Anzi, peggio. Perché il messaggio all'opinione pubblica, dopo tante promesse, è uno solo: marameo.

Lo stesso marameo che, dalle bianche spiagge di Bali, lanciano agli italiani i componenti della affollatissima delegazione italiana al vertice mondiale sul clima: 52 persone. Dicono Alfonso Pecoraro Scanio e il suo staff che altre delegazioni sono ancora più numerose. E che l'altra volta, a Montreal, l'allora ministro Altero Matteoli si portò perfino due agenti di scorta. Sarà.
Ma ci restano alcune curiosità: come mai, nel mucchio, oltre a tre rappresentanti del Comune di Milano, due della Regione Lazio, un assessore della Toscana e l'assessore all'Ambiente della Campania Luigi Nocera, riemerso per l'occasione dai cumuli di immondizia napoletana, ci sono solo due sindacalisti della Cgil e della Uil e nessuno della Cisl? Possibile che nessuno della Cisl, con una collana di orchidee al collo, avesse da dire qualcosa sul pianeta?
lo schifo dello schifo è servito come primo piatto
 
e il popolo italiano da cojone (e lo è perchè li vota...) a pFrocione

perchè i nostri politicanti sono fproci con nostro culo
leggete
http://www.effedieffe.com/interventizeta.php?id=2487&parametro=

La Casta ci precetta
Maurizio Blondet
12/12/2007
La sacrosanta protesta dei camionisti sulla A1 nei pressi di Roma: «rivoluzione sporca».

Dunque, ricapitoliamo:
i taxisti? «Squadristi» per Prodi.
I padroncini di Tir?«Deplorevoli» per Prodi, autori di «serrata»
per i giornali di sinistra, i quali invocano la repressione di polizia.
Gli artigiani e i piccoli bottegai?«Evasori» per Visco, da trattare con irruzioni di fiamme gialle pistola in pugno.
I giovani che non trovano lavoro? «Bamboccioni» per Padoa Schioppa.
I benzinai? Da abolire per consegnare le pompe alle COOP, secondo Bersani.

Categoria per categoria, a poco a poco il governo più incompetente che l'Italia abbia mai avuto (ed è un record) licenzia il popolo italiano intero.

Mi correggo: licenziarlo non può, perché deve fargli pagare le tasse per i suoi lussi.
Lo precetta, lo costringe a lavorare con ordinanza prefettizia per il suo proprio bene.
E nello stesso tempo lo insulta, perché può.

Ci vieta, con legge penale, di chiamare «froci» gli omosessuali;
ma lorsignori si danno il diritto di chiamare squadristi i taxisti, e di trattare da delinquenti comuni i padroncini di Tir, mentre la casta giudiziaria rilascia gli assassini plurimi in anticipo, anzi nemmeno li manda in galera un giorno.

Lo sciopero congiunto, pochi giorni fa, di parassiti Alitalia, delle Ferrovie, dei traghetti e dei trasporti municipali, è stato da lorsignori accettato con olimpica serenità: sono dipendenti pubblici, dopotutto.

Lo sciopero dei Tir invece è illegale, manda in rovina il Paese, «fa mancare il pane e il latte ai pensionati».

Eh no.
Il pane ai pensionati, l'ha fatto già mancare prima la Casta.

La Casta che ci giudica così male, e poi piange sui lavoratori carbonizzati della Thyssen e minaccia misure draconiane contro le imprese.

Ma intanto, alle famiglie dei morti danno un assegno INAIL da duemila mila euro una tantum. [ si ammaleranno per la macia elargita?]

Voglio ricordare che i dipendenti del ministero dei Trasporti, quelli su cui presiede il ministro Bianchi che precetta i padroncini, dalla loro cassa interna pagata da noi contribuenti con le sovrattasse, ricevono un assegno di morte di 30 mila euro, senza contare i contributi per i libri scolastici (250 euro), il doppio TFR (ai lavoratori privati è stato tolto), le regalie per cure odontoiatriche (9 mila euro l'anno), eccetera eccetera.
Per le famiglie dei morti Thyssen, altri lavoratori e gente comune fanno collette, versano denaro sudato e scarso.

Mai che si vedano i deputati e i senatori fare una colletta per un lavoratore, per un poliziotto ucciso dal delinquente recidivo mille volte arrestato e mille volte liberato dal solito giudice..... LORO INTASCANO SEMPRE

Mai Ciampi s'è sentito in dovere di sborsare mille euro (dei 30 mila al mese che prende fra cumuli di emolumenti e pensioni Bankitalia) per una vittima del popolo lavoratore.

Mai Bertinotti ha girato fra i colleghi con un cestino di elemosine per «i morti sul lavoro», dopo averci messo del suo.

Mai il senatore a vita Colombo ha sacrificato la sua spesa per la coca (che prende «per ragioni di salute») in una colletta per i poveri.

Ora, questa Casta minaccia multe ai TIR: fino a 25 mila euro al giorno per i trasgressori della precettazione, abbastanza da stroncare per sempre il mestiere.
Evidentemente, la casta ritiene questo mestiere inutile.
Mentre ritiene degni di protezione gli omosex.

Invece, lo sciopero dei TIR mostra, con la forza dell'esempio, di quali ceti ha bisogno l'Italia, e di quali no.

Un dipendente pubblico su tre può assentarsi dal posto ogni giorno, e non cambia nulla: il servizio resta pessimo come prima.
Ma se i padroncini di TIR si fermano per 48 ore, manca il carburante alle pompe, la verdura ai supermercati, mancano la farina e i medicinali, la carne e i ricambi e i semilavorati alle imprese.

Le ferrovie non sono in grado di portare merci, non in tempo e con certezza, anche se aumentano il biglietto del 15%.
I dipendenti del ministero dei Trasporti, quelli ingrassati dalla cassa speciale, non sono in grado di far fallire lo sciopero dei padroncini, non si mettono al volante del Volvo o dell'OM articolato.
Mica è capace di farlo Visco, o Padoa Schioppa.
Non i magistrati che lasciano impuniti il 98% dei furti e il 70% degli omicidi, e che fanno durare una causa civile dieci anni.

Da questa stretta, che ci porta disagi, si può imparare almeno questo: quali sono in Italia i ceti superflui, di cui possiamo fare a meno, e quelli indispensabili.

E possiamo vedere che senso ha oggi la «legalità»: oggi è «legale» ciò che protegge e arricchisce la Casta e i suoi parassiti di riferimento, il suo corpo sociale di sostegno, e «illegale» tutto ciò che serve ai privati, e alla vita produttiva.
E' «legale» lasciar in albergo lo zingaro pluriassassino, è illegale scioperare se si è privati.

E' «legale» il cumulo di pensioni e stipendi di Ciampi e Padoa Schioppa, «illegale» per noi cumulare pensione e salario.
E' legale togliere il TFR ai lavoratori privati, illegale togliere il doppio TFR ai ministeriali dei Trasporti.
«Legale» tutto ciò che si concedono i percettori di denaro del contribuente, illegale per principio, o almeno sospetto, ciò che fanno i contribuenti per guadagnarsi la vita.


Quando la «legalità» si riduce a questo stato di iniquità e corruzione, come ho detto qualche volta, occorre smettere di pensare in termini di «legalità» o di «riforma del sistema», e cominciare a pensare in termini di rivoluzione: ossia su come fondare una nuova legalità, più legittima, dove il giusto e l'ingiusto ritrovino il loro posto vero.
La rivoluzione è la liberazione dai parassiti succhia-sangue e dalle burocrazie inadempienti (non fanno il servizio per cui sono pagate), costosissime e che per di più hanno sequestrato la legalità e ci insultano.
Classicamente, la rivoluzione è strappare i privilegi alle classi parassitarie e inutili.
E' allestire tribunali speciali che identificano i parassiti e li spogliano del maltolto per via breve.


Ma ci siamo spesso detti, in queste pagine, che la rivoluzione è impossibile oggi in Italia: Paese troppo fratturato fra gruppi d'interesse minimi e tra loro ostili per trovare una unità d'intenti, dove metà della popolazione vive di parassitismo o spera di approfittarne, dove - per di più - i potenziali rivoluzionari non hanno autonomia economica, danno allo Stato il 60% di quel che guadagnano, e campano, se va bene, con 50 euro al giorno.
Dove ci sono 13 milioni di poveri e altri milioni di precari affannati a mettere insieme il pranzo con la cena, e assillati dalla rata del mutuo da pagare alle banche truffatrici, non si può fare la rivoluzione.
Tutto vero.

Il fatto è che, in situazioni del genere, la rivoluzione si fa da sé.
Ossia: senza progettazione né guida, nel modo più «sporco» e confuso nei fini, per l'irresistibile forza della realtà che s'impone.
Tale è lo sciopero o serrata dei TIR.

Chi li guida fa un lavoro usurante ma non riconosciuto come tale (i benefici per lavoro usurante vanno ai piloti Alitalia e ai tranvieri).
E' strangolato dal rincaro del gasolio, immenso e senza paragoni all'estero, furbescamente aumentato dalle accise che crescono quando cresce il prezzo del barile.
E' una classe assillata dalle cambiali che gravano sull'auto-articolato, un tragico mutuo che richiede di correre e consegnare e correre di nuovo, sempre con l'acqua alla gola, sempre con l'angoscia di essere vittime di furti impuniti del carico, di un incidente, di un ritiro di patente, di una qualche vessazione burocratica della burocrazia più ottusa del pianeta, il che significa finire «sotto» per sempre.
Non ha il posto garantito, questa classe, come ha la casta pubblica.
E', per di più, insidiata dalla concorrenza di autrasportatori esteri, che fanno il pieno in Romania o Bulgaria, dove il gasolio costa la metà.
Dalla concorrenza internazionale, il ceto parassitario pubblico s'è messo al riparo.

La protesta di questa classe vessata di lavoratori è sacrosanta.
Anzi di più: è obbligatoria per loro, altrimenti muoiono e scompaiono come categoria, e saranno rimpiazzati dai bulgari e romeni, dai neo-europei che la Casta ha lasciato entrare senza un'obiezione.
Stanno perdendoci del loro, nonostante le cambiali da pagare; non hanno la protezione della CGIL (questa è riservata ai dipendenti pubblici assenteisti), né la benevolenza «legale» che spetta alla cocaina del senatore a vita, ai rom ubriachi, agli assassini recidivi e gratuiti.
Eppure restano duri a fare il blocco.
Il fatto è che, essendo padroncini, non hanno nemmeno una controparte, una confindustria, un padronato da impegnare.
La loro controparte è direttamente il governo.

Ed è questo, lo sappiano o no, il fattore rivoluzionario: al governo inadempiente e parassitario devono rivolgersi.
E visto che il governo non li ascolta (sono disprezzabili padroncini, capitalisti, evasori potenziali), devono mostrargli la loro utilità sociale, come gruppo: senza di noi, non potete far niente, il Paese intero non riceve nulla.
E' così la rivoluzione: «sporca», basata sulla mera forza, la forza della realtà contro l'ideologia che maschera il privilegio indebito.
E come reagisce la Casta?

Come sempre le caste parassitarie: «con il richiamo all'ordine», alla «legalità».
E con l'istigazione delle plebi: guardate, i vostri nemici sono gli autotrasportatori!
Sono loro che vi affamano!
Che vi fanno mancare la benzina, il latte e il pane!
Sono loro i kulaki, i nemici del popolo!
Sono loro i sabotatori!

No, bisogna resistere a questa propaganda.
Ricordare che i sabotatori primi sono i municipali che, occultamente, si assentano dal posto un giorno su tre e continuano a prendere lo stipendio, i soldi nostri.
Che illegale è che il senatore Colombo resti dov'è, indegno com'è della carica.
Illegale è l'incredibile ministro Bianchi, l'inqualificabile Prodi che ci licenzia come popolo, il Padoa Schioppa che ci dà dei bamboccioni dall'alto dei suoi 36 mila euro mensili, di cui 10 mila tassati al 9,5%.
Illegale, anzi illegittimo, è il governo che non governa niente, che emette «leggi» che sono grida manzoniane, inapplicate e inapplicabili come le «norme sulla sicurezza», e Prodi ha il coraggio di dire: «Le norme ci sono e sono le migliori d'Europa».
Di quel ceto non abbiamo bisogno, possiamo farne a meno.

Degli autotrasportatori no, ci sono indispensabili.
Sono impopolari, sono corporativi: in una società pullulante di corporazioni minime, che volete farci?
E' la rivoluzione sporca, non pensata, che si manifesta come forza delle cose.
Disagi, certo.
Anche a me manca il diesel per andare a Milano per Natale.
A salire su un treno non provo nemmeno, perché il rincaro del 15% non corrisponde ad un miglioramento pari del servizio.
Presto sarà scarso il pane e ci saranno rincari.
Anche a Parigi, dal 1789 in poi, rincarò tutto.
I rivoluzionari che stavano in permanenza in Comune erano pagati un tanto al giorno, per legge di Robespierre, e perciò avevano il tempo di andare a rumoreggiare sotto il parlamento legale, minacciare i parlamentari con le picche, fargli vedere le teste troncate dalla ghigliottina.

Voglio dire: quella rivoluzione era ancora più sporca, e durò cinque anni.
Finchè anche i sanculotti stipendiati si accorsero che la loro paga rivoluzionaria, in carta straccia, non bastava più a pagare il pane ad ufo.
E lasciarono ammazzare Robespierre senza muovere un dito.

Voglio dire anche: prepariamoci ad altri disagi.
In fondo, viviamo in questi giorni nel mondo che i Verdi ci vogliono imporre per ideologia: niente carburante, niente gite fuoriporta né trasferte per la squadra del cuore, penuria del superfluo e del necessario.
Ma aria pulita e nessun contributo al riscaldamento globale, e il trionfo del mezzo pubblico (se non sciopera).
Ancora un po' che duri lo sciopero dei TIR, e proveremo le altre gioie promesse dalla società ecologica e post-industriale: la borsa nera per i piselli secchi, il tesseramento (non più di un telefonino ogni due anni), la raccolta della legna nei boschi per la stufa, le vecchie maglie indossate a strati.

Di che vi lamentate, voi che avete votato Pecoraro Scanio, che avete votato Bianchi e Bersani votando la loro ideologia paleo-marxista, che tratta da nemiche le classi non-parassitarie?
Finalmente, avete vietato di chiamare finocchi i finocchi: bella e grande conquista sociale, soprattutto utile.
Avete dimostrato che Vladimir Luxuria vi è più necessaria dei camionisti: benissimo.
E' il vostro mondo che vince contro i padroncini.
Pecoraro Scanio però ha l'aereo di Stato, se vuol muoversi.
Mastella ha l'airbus blù per seguire gli eventi sportivi.
Voi no.

Cominciate a capire che sono superflui?
Non so se sia rivoluzione, probabilmente no.
Ma è un assaggio di quel che costa e di quel che comporta.
Un invito a diventare seri, se non altro.

Maurizio Blondet
 
tontolina ha scritto:
Un invito a diventare seri, se non altro.

Maurizio Blondet

:rolleyes:
senza voler entrare in polemica con Tontolina che posta spesso articoli dal suo sito, ma il sig. Blondet potrebbe a sua volta diventare un filo più serio cercando di non scrivere caz.zate come quella dell'Inail che pagherebbe 2.000 euro alla morte di un dipendente per un incidente sul lavoro, oppure che i dipendenti del ministero abbiano un doppio TFR per scatenerare rabbia ed indignazione nei suoi lettori... così, giusto 2 esempi presi a caso nè
I 2000 euro (circa, forse qualcosa meno) che pagherebbe l'Inail in realtà sono solo un contributo una tantum per le spese funerarie. Dopo di che l'Inail paga ai familiari della vittima una rendita mensile.
Diciamo che Stella e Rizzo scrivono le cose dopo essersi ampiamente documentati (e tanto per dire nel loro libro "la Casta" mettevano pure tutte le fonti da cui avevano preso i dati), il Bondet mi pare scriva cose alla pene di segugio.
 
fo64 ha scritto:
:rolleyes:
senza voler entrare in polemica con Tontolina che posta spesso articoli dal suo sito, ma il sig. Blondet potrebbe a sua volta diventare un filo più serio cercando di non scrivere caz.zate come quella dell'Inail che pagherebbe 2.000 euro alla morte di un dipendente per un incidente sul lavoro, oppure che i dipendenti del ministero abbiano un doppio TFR per scatenerare rabbia ed indignazione nei suoi lettori... così, giusto 2 esempi presi a caso nè
I 2000 euro (circa, forse qualcosa meno) che pagherebbe l'Inail in realtà sono solo un contributo una tantum per le spese funerarie. Dopo di che l'Inail paga ai familiari della vittima una rendita mensile.
Diciamo che Stella e Rizzo scrivono le cose dopo essersi ampiamente documentati (e tanto per dire nel loro libro "la Casta" mettevano pure tutte le fonti da cui avevano preso i dati), il Bondet mi pare scriva cose alla pene di segugio.
però hai visto l'evoluzione?

mò anche lui vorrebbe ghigliottinarne qualcuno

pensa che all'inizio mi pareva pure un cristiano pronto a porgere l'altra guancia ed oggi invece osanna alla Rivoluzione


comunque ha espresso un concetto molto importante

bastano 3 giorni di sciopero dei cammionisti che l'Italia è in ginocchio
ma se i politicanti fanno sciopero per 3 mesi... magari risparmiamo.... un "sac des franc"....(come vedi parlo come un ex regnante: emanuele filiberto)
 
Roma, 13 dic. - "Con il maxiemendamento alla finanziaria in vista del voto di fiducia alla Camera il governo ha deciso di ripristinare il testo approvato in Senato sui limiti ai maxistipendi ed emolumenti pubblici". Lo sottolinea il senatore di Sinistra democratica Massimo Villone, apprezzando "la scelta del governo, che evita al centrosinistra un grave errore politico di fronte all'opinione pubblica, assai sensibile al tema". Il testo Senato, ammette, "non e' privo di debolezze, dovute alle inevitabili mediazioni. Ma e' tuttavia un punto di partenza importante per fare chiarezza, recuperare un rilevante elemento di etica pubblica, avviare il riordino di situazioni da tempo sfuggite a qualsiasi controllo".
Insiste il senatore di sd: "Considero la norma approvata in Senato, che sara' confermata dalla Camera, un punto di partenza, non di arrivo. Va nella giusta direzione anche l'emendamento Villetti, opportunamente incluso nel maxiemendamento del governo". Puntualizza Villone: "È bene invece che siano state messe da parte le altre modifiche apportate dalla commissione Bilancio della Camera, che sotto le mentite spoglie del perfezionamento tecnico in sostanza smantellavano nei punti nodali l'impianto della norma, aprendo la via a retribuzioni anche da 800.000 euro ed oltre".

(Com/Tri/ Dire) 18:02 13-12-07
 

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