Val
Torniamo alla LIRA
«Rivolgo un appello ai giovani. State attenti, rispettate le regole, non fate assembramenti.
Dobbiamo evitare di fare il gioco dell'oca e tornare alla casella precedente,
per poi consentire a tanti gufi e gufetti del virus di gridare "ve l'avevamo detto"».
A parlare è Francesco Vaia, direttore dello Spallanzani di Roma.
Professor Vaia, il coprifuoco è di nuovo al centro del dibattito. Lei lo sposterebbe?
«Allora, innanzitutto ho sempre detto che il nome non mi piace, perché evoca guerra e distruzione.
Osservato questo, va fatta notare una cosa: il cosiddetto coprifuoco è un aspetto che non ha valore scientifico,
ma semmai di deterrente, per ridurre la possibilità di contatti ed evitare assembramenti.
Sul piano scientifico può essere fissato alle undici di sera o a mezzanotte, ma nulla cambia.
Per questo secondo me va compiuto un ragionamento diverso: gli italiani meritano un premio,
ma si può riprendere a vivere, se si rispettano ancora certi comportamenti e si utilizza cautela nelle azioni.
Perché non possiamo dare legna da ardere ai catastrofisti».
Quindi lei sostiene che, se noi rispettassimo i protocolli, il coprifuoco si potrebbe anche togliere del tutto?
«Dico di si, dico che si può riaprire, ma dobbiamo rispettare i protocolli, sennò rischiamo di tornare indietro.
E per aiutare i cittadini ad intraprendere la giusta direzione, gli scienziati devono fare come un buon "nonno di famiglia":
non si mette ad evocare incubi, a teorizzare l'impatto di varianti, non fa il catastrofista, ma consiglia il nipote per il meglio.
E il nipote lo ascolta e agisce di conseguenza. Oggi ci sono i vaccini, le terapie, non è più come prima».
Dobbiamo evitare di fare il gioco dell'oca e tornare alla casella precedente,
per poi consentire a tanti gufi e gufetti del virus di gridare "ve l'avevamo detto"».
A parlare è Francesco Vaia, direttore dello Spallanzani di Roma.
Professor Vaia, il coprifuoco è di nuovo al centro del dibattito. Lei lo sposterebbe?
«Allora, innanzitutto ho sempre detto che il nome non mi piace, perché evoca guerra e distruzione.
Osservato questo, va fatta notare una cosa: il cosiddetto coprifuoco è un aspetto che non ha valore scientifico,
ma semmai di deterrente, per ridurre la possibilità di contatti ed evitare assembramenti.
Sul piano scientifico può essere fissato alle undici di sera o a mezzanotte, ma nulla cambia.
Per questo secondo me va compiuto un ragionamento diverso: gli italiani meritano un premio,
ma si può riprendere a vivere, se si rispettano ancora certi comportamenti e si utilizza cautela nelle azioni.
Perché non possiamo dare legna da ardere ai catastrofisti».
Quindi lei sostiene che, se noi rispettassimo i protocolli, il coprifuoco si potrebbe anche togliere del tutto?
«Dico di si, dico che si può riaprire, ma dobbiamo rispettare i protocolli, sennò rischiamo di tornare indietro.
E per aiutare i cittadini ad intraprendere la giusta direzione, gli scienziati devono fare come un buon "nonno di famiglia":
non si mette ad evocare incubi, a teorizzare l'impatto di varianti, non fa il catastrofista, ma consiglia il nipote per il meglio.
E il nipote lo ascolta e agisce di conseguenza. Oggi ci sono i vaccini, le terapie, non è più come prima».