E' morto Gianni Agnelli

In pochi giorni ho perso 2 dei grandi miti che avevo

Giorgio Gaber

Gianni Agnelli

2 persone diverse ma per certi versi simili, diverse per come hanno svolto sicuramente la loro vita, ma simili perchè con l'ironia e l'eleganza hanno raccontato spesso con battute celebri il cammino dell'italia del dopo guerra fino ad oggi


:(
 
24 gennaio 2003 09:13
Gianni Agnelli morto in casa di Torino,funerali privati-famiglia


MILANO, 24 gennaio (Reuyters) - Giovanni Agnelli è spirato
nella sua casa torinese, dopo mesi di malattia. E' quanto si
legge in una nota della famiglia.
Lo hanno assistito la moglie Marella e la figlia Margherita
con i suoi figli.
La camera ardente sarà allestita al Lingotto ed i funerali
si svolgeranno a Villar Perosa in forma strettamente privata,
conclude la breve nota.
((Redazione Milano, Reuters
Messaging:[email protected], +39 02
66129557, [email protected]))


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24/01/2003 09:23 Fiat apre in rialzo del 4,19% dopo morte Avvocato
MILANO, 24 gennaio (Reuters) - Fiat apre in rialzo del 4,19% a 8,5 euro dopo che stamani si è appreso della morte del presidente onorario del gruppo Gianni Agnelli, da diversi mesi malato. Oggi era in programma la riunione a Torino dell'assemblea G Agnelli e C. Sapa per il bilancio al 30/9/2002, occasione per la Famiglia Agnelli di prendere una posizione sul riassetto Fiat, che prevederebbe un aumento di capitale, lo scorporo della divisione auto e la sua ricapitalizzazione. Mentre i membri della dinastia stanno arrivando davanti ai cancelli della sede storica del Lingotto, non è ancora chiaro se l'incontro d'affari sarà rinviato o no. ((Maria Pia Quaglia, in redazione a Milano Stefano Bernabei;Reuters Messaging:[email protected]; +39 02 88129585; [email protected]))

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Per molti è stato l'emblema vivente del capitalismo italiano. Porta lo stesso nome di suo nonno, il fondatore della Fiat. Ma, quasi a sottolineare uno stile meno austero, si fa da sempre chiamare Gianni. Nel 1945 il creatore dell'impero muore e presidente diventa Vittorio Valletta. Gianni è vicepresidente. Sono anni di apprendistato e di lavoro. L'Italia è appena uscita con le ossa rotte dalla Seconda Guerra Mondiale. E' un Paese da ricostruire e per la Fiat è un'occasione da non perdere. Valletta incoraggia l'immigrazione dal Mezzogiorno e conduce con pugno di ferro le trattative con i sindacati. A fatica, in una quindicina d'anni, l'Italia conosce uno sviluppo insperato. I primi simboli del boom economico sono la Lambretta prima e la Seicento poi. La Fiat pone il proprio sigillo sullo sviluppo economico. Nel 1966 Gianni diventa Presidente della Fiat. Di lì a poco scoppierà l'autunno caldo della contestazione studentesca e delle lotte operaie. Situazioni difficili che Agnelli affronterà sempre in prima persona.

Dal 1974 al 1976 è Presidente della Confindustria. Gli industriali hanno bisogno di essere rappresentati nel modo più autorevole possibile. La situazione politica è delicatissima. Il compromesso storico tra Democrazia cristiana e Partito Comunista fatica a decollare e il Paese deve affrontare due emergenze: la crisi economica e il terrorismo. Sono questi gli anni dell'austerità. La concertazione tra governo, sindacati e confindustria diventa un sistema consolidato di gestione delle scelte economiche fondamentali. Non è più possibile un atteggiamento come quello di Valletta.

Alla fine del decennio l'azienda conosce un momento di crisi. La produttività cala spaventosamente e la Fiat annuncia 14mila licenziamenti. Si apre il più duro scontro sindacale del dopoguerra. Sciopero per 35 giorni. Ai cancelli degli stabilimenti di Mirafiori il segretario del Partito comunista Enrico Berlinguer promette il sostegno del Pci in caso di occupazione delle fabbriche. Il braccio di ferro si conclude il 14 ottobre, con la "marcia dei quarantamila". A sorpresa, i quadri della Fiat scendono in piazza contro il sindacato. La Fiat rinuncia ai licenziamenti e mette in cassa integrazione 23mila dipendenti. Per il sindacato e la sinistra italiana è una sconfitta storica. Per la Fiat è una svolta decisiva.

Agnelli, affiancato da Cesare Romiti, rilancia la Fiat in campo internazionale e, in pochi anni, la trasforma in una holding con ramificazioni nel campo dell'editoria e delle assicurazioni. Non più solo auto, ma un colosso globale. Nel 1987 la Fiat assorbe l'Alfa Romeo. Nel 1988 la Ferrari. Per Gianni Agnelli gli anni Ottanta sono un periodo d'oro. L'azienda va a gonfie vele e lui è sempre più un personaggio nazionale. Non solo per la erre moscia o il vezzo dell'orologio sopra il polsino. Caustici alcuni suoi giudizi sugli uomini politici. Definisce il segretario Dc Ciriaco De Mita "un tipico intellettuale della Magna Grecia". E gli intellettuali non sono mai stati molto di casa tra gli Agnelli. Segue sempre da vicino la sua Juventus. Guardando sempre metà partita.

Nel 1991 è nominato senatore a vita da Francesco Cossiga. Come senatore ha un atteggiamento pragmatico. Sostiene l'Ulivo al momento dei sacrifici per l'ingresso nell'euro. Nel 2001 si schiera invece con il centrodestra di Silvio Berlusconi. Il tempo dei sacrifici è finito e l'industria ha bisogno di flessibilità e libertà d'azione.

Il resto è storia dei giorni nostri.


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Tratto da www.grandinotizie.it
 
LE FRASI


Da Platini a Buscetta: tutte le battute dell'Avvocato
Da Michel Platini a Roberto Baggio, da Enrico Berlinguer a Carlo De Benedetti, fino a Marta Marzotto, Franco Zeffirelli e Ciriaco De Mita, passando perfino attraverso Tommaso Buscetta: le battute di Gianni Agnelli, spesso delle frecciate, tanto bizzarre quanto imprevedibili, non hanno risparmiato nessuno e sono entrate spesso nell'immaginario collettivo.

Dell'allora stella bianconera Michel Platini disse: «L'abbiamo comprato per un tozzo di pane e lui ci ha messo sopra il foie gras».

Per rimanere nel mondo del calcio, di Roberto Baggio ha detto che è «un coniglio bagnato» mentre ha definito Zibì Boniek «bello di notte».

Se Aldo Serena era «bravo dalla cintola in su», di Alex Del Piero ha commentato: «Mi ricordava Pinturicchio. Adesso è Godot».

Quanto ad Armando Diego Maradona è stato «migliore di qualunque allenatore». Quando gli fu chiesto di commentare una dichiarazione del superpentito di mafia Tommaso Buscetta, Agnelli affermò: «Buscetta ha detto di essere ossessivamente un tifoso della Juventus? Se lo incontrate ditegli che è la sola cosa di cui non potrà pentirsi».

Le sue frecciate non hanno risparmiato neppure Franco Zeffirelli: «È un grande regista. Ma quando parla di calcio non lo sto nemmeno a sentire».

Perfida la battuta a suo tempo riservata ad Enrico Berlinguer quando partecipò al picchettaggio di Mirafiori: «Fino ad oggi il Partito comunista è stato visto con due prospettive: quella della speranza e quella della paura. Dopo l'episodio di oggi credo che la prospettiva della speranza sia cancellata».

Con Carlo De Benedetti si racconta che ci sia sempre stato un rapporto di odio-amore, probabilmente riassumibile in questa battuta che Agnelli si lasciò sfuggire dopo un'affermazione su Fiat del presidente di Cir: «Faccio i complimenti a De Benedetti anche se lui parla male di noi».

Neppure i più stretti collaboratori sono stati risparmiati dall'ipse-dixit di Agnelli. È il caso, ad esempio, di Luca Cordero di Montezemolo, presidente della Ferrari, del quale ha sottolineato: «Come tutti i politici, anche Montezemolo è molto sensibile a quello che scrivono i giornali. Anzi: è più sensibile ai giornali che ai fatti. Sbaglia».

Fulminante la risposta che Agnelli riservò ormai quasi venti anni fa a Marta Marzotto, che incrociò in un albergo a Milano. «Avvocato, sono Marta Marzotto», le disse la nobildonna correndogli incontro. E lui: «Sì, lo so», sveltendo il passo per raggiungere l'ascensore.

Un capitolo a parte meritano le battute dell'Avvocato su amore e donne. «Mi chiedete se mi sono mai innamorato? Si innamorano soltanto le cameriere», rispose trent'anni fa a un gruppo di giornalisti americani. «Ho conosciuto mariti fedeli che erano pessimi mariti. E ho conosciuto mariti infedeli che erano ottimi mariti. Le due cose non vanno necessariamente assieme», ha detto in un'altra occasione.

Memorabile il duetto con il leader socialdemocratico Giuseppe Saragat, il quale osservò durante una cerimonia a Roma: «Caro Agnelli adesso che è presidente della Fiat non potrá più corteggiare le ragazze». Facendo arrossire Saragat, gli rispose: «Allora mi dimetto subito».

Sullo stesso tema c'è da registrare anche questa massima personale: «Gli uomini si dividono in due categorie: gli uomini che parlano di donne e gli uomini che parlano con le donne. Io di donne preferisco non parlare».

Anche in campo politico Gianni Agnelli è apparso spesso sorprendente, come in tempi recenti. «Non siamo una repubblica delle banane», affermò nell'aprile 2001, alla vigilia delle elezioni politiche, respingendo i severi giudizi della stampa straniera su Silvio Berlusconi.

Ma quando Renato Ruggiero, all'inizio del gennaio 2002 si dimise da ministro degli Esteri del governo Berlusconi, l'Avvocato reagì con stizza in un'intervista al giornalista che gli ricordava la sua precedente battuta sulle banane: «Sa quale è la veritá? Nel nostro Paese purtroppo non ci sono nemmeno banane. Ci sono soltanto fichi d'India».

Due battute che hanno scatenato reazioni e polemiche a catena per giorni e giorni dentro e fuori il Palazzo della politica e dell'economia. Negli anni Ottanta fece discutere la sua definizione dell'allora segretario Dc Ciriaco De Mita come «un tipico intellettuale della Magna Grecia».


Tratto da www.ilcorrieredellaseta.it
 

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