Sharnin 2
Forumer storico
E' partito il grande gioco dei mattoni di carta
Il mercato immobiliare cambia faccia, entrano in gioco le grandi società e i fondi immobiliari. La febbre dell'opa contagia anche il mattone. E c'è chi dice: è solo l'inizio
TIZIANO SETTEMBRINI
Il mattone non è più soltanto un prezioso bene rifugio per milioni di piccoli e grandi investitori ma è ormai una preda appetibile per i giganti del real estate e per i colossi della finanza mondiale. La finanziarizzazione del mattone è ormai un fatto compiuto. Anche in Italia la metamorfosi si sta realizzando in modo repentino. Se in futuro qualche storico dell'economia si prenderà la briga di analizzare la fase presente del capitalismo italiano non dovrà descrivere e raccontare soltanto l'epoca degli immobiliaristi d'assalto, i cosiddetti furbetti del quartierino, ma anche l'ingresso sulla scena della finanza delle grandi opa su società immobiliari. Che ci sia a un cambio di fase lo dimostra la guerra finanziaria che si è scatenata nelle scorse settimane a colpi di offerte pubbliche tra Pirelli Re e Morgan Stanley da un lato, Goldman Sachs e gruppo Caltagirone dall'altro per la conquista delle società Tecla e Berenice. Nel panorama economico e finanziario italiano quelle due opa segnano l'inizio di un'epoca e la trasformazione del mercato immobiliare.
Quando abbiamo incontrato Francesco Silva, presidente e amministratore delegato di E. Capital Partners, una società di consulenza e di servizi che si occupa da un punto di vista finanziario di fondi immobiliari, la guerra dell'opa tra Pirelli Re e Goldman Sachs non aveva ancora trovato la soluzione spartitoria realizzata martedì scorso dai protagonisti della battaglia immobiliare, ma Francesco Silva, prima ancora di conoscerne le conclusioni da esperto del settore aveva giudicato quella battaglia un fatto comunque innovativo, un sintomo della modernizzazione del mercato. Il segno che anche da noi il mercato immobiliare sta cambiando natura, soprattutto attraverso la nascita dei fondi immobiliari e delle Siiq (acronimo che sta per: società quotate di investimento immobiliare).
Le cifre d'altronde, parlano da sole. Secondo i dati presentati nell'Handbook di E.Capital Partners, l'introduzione delle Siiq potrà portare un rilevante sviluppo nella finanza immobiliare italiana, con forte spinta alla creazione di «piattaforme» europee delle quali si stanno vedendo le prime avvisaglie (es. Beni Stabili/Foncière des Régions; Opa Pirelli RE-Morgan Stanley su Tecla/Berenice).
In base alla ricerca di E.Capital Partners, il mercato della finanza immobiliare italiana ha fatto registrare una progressiva crescita negli ultimi anni, anche se permane un importante potenziale di sviluppo. La valutazione complessiva del mercato è pari a oltre 4.100 miliardi nel 2006, di cui l'1% è proprietà di Fondi e Società Immobiliari.
Dallo studio emerge inoltre che la capitalizzazione di mercato aggregata dei fondi immobiliari quotati nel 2006 è stata pari a 4,6 miliardi di euro, in aumento del 18% rispetto ai 3,9 miliardi di euro del 2005. Per quanto riguarda invece il dato relativo alle società immobiliari, è stata rilevata una crescita del 46% passando da 6,7 miliardi di euro nel 2005 a 9,8 miliardi di euro nel 2006. Prendendo in esame il periodo che va dal 1999 al 2006, la capitalizzazione dei fondi immobiliari quotati ha registrato una crescita del 52,2% a fronte di un 23,6% delle società immobiliari. Alla fine del 2006 i fondi operativi erano 78 di cui ben 52 ad apporto. Gli investimenti immobiliari rimangono comunque fortemente concentrati - le prime tre S.g.r. italiane detengono più del 53% delle attività - e focalizzati sugli investitori istituzionali.
In base alle valutazioni di redditività ai prezzi di mercato, il rendimento medio ponderato del comparto dei fondi immobiliari quotati è pari al 2,4%; all'interno di questi spiccano per redditività fondi ad apporto come Alpha, Beta e Tecla che presentano rendimenti superiori al 10%. Il rapporto di E.Capital Partners mette inoltre in evidenza che i 22 fondi quotati mostrano una ulteriore capacità di investimento pari a 2,7 miliardi di euro, grazie all'utilizzo della leva e della liquidità.
Tutto bene dunque? Non proprio. Con l'avvento della finanza, aggiungiamo noi, aumentano anche i rischi e non sempre la redditività degli investimenti finanziari nel settore immobiliare sono redditizi come quelli dell'acquisto di un immobile.
E' così? Si può fare un confronto tra un investimento immobiliare diretto e uno indiretto attraverso i nuovi strumenti della finanza immobiliare? Insomma, è meglio comprarsi una casa o mettere i quattrini in un fondo immobiliare? Francesco Silva scuote la testa. Pur essendo convinto «dell'enorme potenziale che in Italia ha il mercato immobiliare da un punto di vista finanziario», sa bene che il confronto per il momento non regge: «Se in Italia faccio un confronto tra chi ha acquistato un immobile e chi ha investito in fondi immobiliari, il risultato è scontato, i rendimenti tra le due aree di investimento sono ancora troppo distanti per fare un confronto. Questo perché i fondi vengono percepiti come strumenti di breve periodo, con quote misurabili giorno per giorno. E invece andrebbero analizzati nel lungo periodo. Certo, se ho come riferimento quel 2,7% dei 22 fondi quotati devo parlare di underperformance ma se misuro un fondo sul lungo periodo la musica cambia. E comunque noi di E. Capital Partners siamo ottimisti, siamo convinti che in Italia ci sia un potenziale immobiliare pronto a essere incanalato nei nuovi strumenti finanziari».
Il mercato immobiliare cambia faccia, entrano in gioco le grandi società e i fondi immobiliari. La febbre dell'opa contagia anche il mattone. E c'è chi dice: è solo l'inizio
TIZIANO SETTEMBRINI
Il mattone non è più soltanto un prezioso bene rifugio per milioni di piccoli e grandi investitori ma è ormai una preda appetibile per i giganti del real estate e per i colossi della finanza mondiale. La finanziarizzazione del mattone è ormai un fatto compiuto. Anche in Italia la metamorfosi si sta realizzando in modo repentino. Se in futuro qualche storico dell'economia si prenderà la briga di analizzare la fase presente del capitalismo italiano non dovrà descrivere e raccontare soltanto l'epoca degli immobiliaristi d'assalto, i cosiddetti furbetti del quartierino, ma anche l'ingresso sulla scena della finanza delle grandi opa su società immobiliari. Che ci sia a un cambio di fase lo dimostra la guerra finanziaria che si è scatenata nelle scorse settimane a colpi di offerte pubbliche tra Pirelli Re e Morgan Stanley da un lato, Goldman Sachs e gruppo Caltagirone dall'altro per la conquista delle società Tecla e Berenice. Nel panorama economico e finanziario italiano quelle due opa segnano l'inizio di un'epoca e la trasformazione del mercato immobiliare.
Quando abbiamo incontrato Francesco Silva, presidente e amministratore delegato di E. Capital Partners, una società di consulenza e di servizi che si occupa da un punto di vista finanziario di fondi immobiliari, la guerra dell'opa tra Pirelli Re e Goldman Sachs non aveva ancora trovato la soluzione spartitoria realizzata martedì scorso dai protagonisti della battaglia immobiliare, ma Francesco Silva, prima ancora di conoscerne le conclusioni da esperto del settore aveva giudicato quella battaglia un fatto comunque innovativo, un sintomo della modernizzazione del mercato. Il segno che anche da noi il mercato immobiliare sta cambiando natura, soprattutto attraverso la nascita dei fondi immobiliari e delle Siiq (acronimo che sta per: società quotate di investimento immobiliare).
Le cifre d'altronde, parlano da sole. Secondo i dati presentati nell'Handbook di E.Capital Partners, l'introduzione delle Siiq potrà portare un rilevante sviluppo nella finanza immobiliare italiana, con forte spinta alla creazione di «piattaforme» europee delle quali si stanno vedendo le prime avvisaglie (es. Beni Stabili/Foncière des Régions; Opa Pirelli RE-Morgan Stanley su Tecla/Berenice).
In base alla ricerca di E.Capital Partners, il mercato della finanza immobiliare italiana ha fatto registrare una progressiva crescita negli ultimi anni, anche se permane un importante potenziale di sviluppo. La valutazione complessiva del mercato è pari a oltre 4.100 miliardi nel 2006, di cui l'1% è proprietà di Fondi e Società Immobiliari.
Dallo studio emerge inoltre che la capitalizzazione di mercato aggregata dei fondi immobiliari quotati nel 2006 è stata pari a 4,6 miliardi di euro, in aumento del 18% rispetto ai 3,9 miliardi di euro del 2005. Per quanto riguarda invece il dato relativo alle società immobiliari, è stata rilevata una crescita del 46% passando da 6,7 miliardi di euro nel 2005 a 9,8 miliardi di euro nel 2006. Prendendo in esame il periodo che va dal 1999 al 2006, la capitalizzazione dei fondi immobiliari quotati ha registrato una crescita del 52,2% a fronte di un 23,6% delle società immobiliari. Alla fine del 2006 i fondi operativi erano 78 di cui ben 52 ad apporto. Gli investimenti immobiliari rimangono comunque fortemente concentrati - le prime tre S.g.r. italiane detengono più del 53% delle attività - e focalizzati sugli investitori istituzionali.
In base alle valutazioni di redditività ai prezzi di mercato, il rendimento medio ponderato del comparto dei fondi immobiliari quotati è pari al 2,4%; all'interno di questi spiccano per redditività fondi ad apporto come Alpha, Beta e Tecla che presentano rendimenti superiori al 10%. Il rapporto di E.Capital Partners mette inoltre in evidenza che i 22 fondi quotati mostrano una ulteriore capacità di investimento pari a 2,7 miliardi di euro, grazie all'utilizzo della leva e della liquidità.
Tutto bene dunque? Non proprio. Con l'avvento della finanza, aggiungiamo noi, aumentano anche i rischi e non sempre la redditività degli investimenti finanziari nel settore immobiliare sono redditizi come quelli dell'acquisto di un immobile.
E' così? Si può fare un confronto tra un investimento immobiliare diretto e uno indiretto attraverso i nuovi strumenti della finanza immobiliare? Insomma, è meglio comprarsi una casa o mettere i quattrini in un fondo immobiliare? Francesco Silva scuote la testa. Pur essendo convinto «dell'enorme potenziale che in Italia ha il mercato immobiliare da un punto di vista finanziario», sa bene che il confronto per il momento non regge: «Se in Italia faccio un confronto tra chi ha acquistato un immobile e chi ha investito in fondi immobiliari, il risultato è scontato, i rendimenti tra le due aree di investimento sono ancora troppo distanti per fare un confronto. Questo perché i fondi vengono percepiti come strumenti di breve periodo, con quote misurabili giorno per giorno. E invece andrebbero analizzati nel lungo periodo. Certo, se ho come riferimento quel 2,7% dei 22 fondi quotati devo parlare di underperformance ma se misuro un fondo sul lungo periodo la musica cambia. E comunque noi di E. Capital Partners siamo ottimisti, siamo convinti che in Italia ci sia un potenziale immobiliare pronto a essere incanalato nei nuovi strumenti finanziari».
