Sapelli: Brexit, l’Ue verso l’abisso. E la Germania ci stupirà
Scritto il 20/11/18 • nella Categoria:
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Ancora Brexit: è una disgregazione che pare non finire mai. Il governo inglese entra in una
crisi profonda, che secondo lo storico dell’ecomomia Giulio Sapelli esprime bene quello che sta lentamente minando le basi socio-politiche dell’
Europa, e da cui forse il Regno Unito non ha fatto in tempo a salvarsi. La deflazione secolare, scrive Sapelli sul “Sussidiario”, va di pari passo con la disgregazione delle subculture politiche europee, e ciò conduce all’emersione dei “cacicchi”, i capetti che già esistevano nei partiti, ma «erano messi in sonno dalla pesantezza dei legami territoriali e dal modello “rank and file” dell’organizzazione della partecipazione
politica di massa». Ora quest’ultima ha trasformato il suo volto «per la digitalizzazione crescente delle relazioni virtuali», e così «l’angoscia
politica si condensa non più nella ribellione oppure nell’astensione di massa, ma nell’emersione – appunto – dei capi politici solitari, alveolari». Sapelli li chiama “caciqui” citando Joacquin Costa, studioso dell’oligarchia spagnola di inizio Novecento.
Ciò che caratterizza il “cacicco”, avverte Sapelli, è la lotta di tutti contro tutti, la battaglia in solitudine con pochi fedeli.
Ora
anche nel Regno Unito, continua Sapelli, la lotta è tra “Re nani”, che combattono da soli l’un contro l’altro armati:
“Siamo ancora troppo succubi dell’Unione Europea, dobbiamo difendere i nostri territori”, gridano. E via di seguito, con le cantilene che conosciamo bene e che sono l’essenza del “nazionalismo dei poveri” e delle borghesie nazionali, opposte alle borghesie “vendidore”, mercantiliste. Di fronte a questo fenomeno,
l’Europa «non tenta di costruire una via di uscita», aprendo le porte al dialogo, ma al contrario «si veste invece come una Erinni sempre in battaglia e scrive una bozza di trattato “in deroga”, ossia dà vita a un nuovo trattato di centinaia di pagine che ancor più infiamma gli animi dei “brexiters” e scalda il cuore degli scopritori delle ataviche virtù».
Il tutto «mentre la crisi economica europea e mondiale avanza», e Mario Draghi «interpreta bene le paure nordamericane per una crisi europea senza fine». Infatti, la fine del Quantitative easing e il rialzo dei tassi, attesi invariati almeno fino a tutta l’estate 2019 – dice Draghi – potrebbero essere rimessi in discussione già a partire da dicembre a causa di un aumento meno mercato dei prezzi rispetto alle aspettative.
«L’inflazione nell’Eurozona continua a oscillare intorno all’1% e deve ancora mostrare una tendenza al rialzo convincente», aggiunge Draghi. E quindi, deduce Sapelli, l’addio al Qe è rimandato.
Il consiglio della Bce ha anche notato che «le incertezze sono aumentate». Solo a dicembre, con le nuove previsioni disponibili, la banca centrale sarà «in grado di fare una piena valutazione».
Per Sapelli, si tratta di segnali assai chiari.
Sul “Financial Times” il responsabile del centro studi della Deutsche Bank, David Folkerts-Landau, invoca «con parole inconsuete» una sorta di benevolenza, da parte dell’Ue, nei confronti dell’Italia: una nazione, dice, con un avanzo primario sempre attivo, una forza nel risparmio privato assai notevole e una situazione industriale tra le più invidiabili.
«Evidentemente – annota Sapelli –
il peso della crisi profonda in cui versa Deutsche Bank ispira le parole del capo dell’ufficio studi, che invia un messaggio chiaro ed eloquente ai falchi nazionalisti ordoliberisti polacchi e dell’
Europa centrale, che non vedono l’ora di contendersi il primato di co-attori
nella lotta che si sta scatenando nel sistema europeo nel tramonto del potere condizionante prevalente tedesco».
Un tramonto che, secondo Sapelli, rischia di lasciare l’
Europa senza un ancoraggio preciso.
E se Berlino non è allegra, non ride nemmeno Parigi: «Anche la stella di Macron decade, e la pulsione imperiale della Francia – come hanno dimostrato le vicende libiche, che devono essere lette in stretta congiunzione con quelle europee – la trascinerà sempre più verso il dominio africano anziché nel cuore del suo destino europeo, che non può che essere antitedesco per una coazione a ripetere che è anche la salvezza dell’
Europa, impedendo in tal modo un solo dominatore».
Le conseguenze? Le abbiamo appena viste, dice Sapelli:
ordoliberismo e deflazione.
La Brexit? E’ un evento tragico, «che avviene tuttavia senza una tragedia che si rappresenti per quello che è:
una catastrofe».
Prevale invece «uno sbadiglio, il non assumersi tutte le responsabilità, un non cogliere il dramma di un abbandono definitivo dell’
Europa da parte della patria culturale dell’umana libertà, della common law». Secondo Sapelli, «non si può continuare a far finta di niente e considerare la vicenda Brexit un incidente della
storia», quando invece «è una vera e propria rivelazione della
storia europea e dei limiti che ha qualsivoglia sua tentazione federalista o funzionalista come quella che le élites tecnocratiche hanno perseguito nell’ultimo mezzo secolo».
E’ sempre lui, il Novecento, «quel secolo che non finisce mai». E’ alle spalle, «e che ora si chiude con il distacco della nazione più civile del globo terracqueo».
Se sfidate, la tradizione e la
storia si ribellano, sostiene Sapelli, citando Edmund Burke, umanista britannico del Settecento. «E dinanzi a tale ribellione che ricorda
l’Ira dei miti, che, come dice la Bibbia, quando si rivela è terribile,
dinanzi a tutto ciò la Commissione Europea si accanisce sull’Italia e discute di quanti errori si sarebbero fatti consentendo a essa un grado di “flessibilità” troppo elevato, emanando una condanna dei governi precedenti e non solo dell’attuale esecutivo italiano».
Secondo Sapelli «non hanno fatto i conti – i Commissari vassalli — con
la paura che sta invadendo l’Imperatore tedesco, che fa parlare ora i suoi banchieri e che forse si prepara a una mossa imprevista, per difender certo il suo impero, ma anche l’
Europa, o meglio ciò che dell’
Europa rimarrà dopo il dominio del neofiti dell’ordoliberismo che riescono a far peggio dei loro capi».
In altre parole: «La crisi tedesca si avvicina, e allora si comprenderà veramente sul crinale di quale abisso siamo giunti. E la Germania ci stupirà».
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