La crisi della
Banca Popolare di Bari apre una nuova crepa nella maggioranza dopo gli scontri sulla
manovra e le tensioni sul
fondo salva Stati.
Venerdì sera la
Banca d’Italia ha disposto l’
amministrazione straordinaria per perdite patrimoniali dell’istituto,
che ha un
fabbisogno di capitale vicino a 1 miliardo e ha ufficializzato nei giorni scorsi di aver già chiesto aiuto
al
Fondo interbancario di tutela dei depositi finanziato da tutte le banche italiane.Il quale chiede di essere affiancato da un partner industriale.
Il candidato è
Mediocredito centrale, banca pubblica (è controllata da Invitalia) guidata dal nipote del presidente della Repubblica, Bernardo Mattarella.
Il
governo dovrebbe dotarla di almeno
800 milioni per intervenire e ripristinare
ratio patrimoniali superiori ai minimi regolamentari.
Ma la strada del
decreto con cui dotare il Mediocredito delle risorse necessarie è in salita.
Il consiglio dei ministri che si è riunito venerdì sera ha solo ascoltato l’informativa del ministro
Roberto Gualtieri ma non ha approvato alcun provvedimento.
La convocazione d’urgenza, dopo che il premier
Giuseppe Conte al termine dell’Eurosummit a Bruxelles
aveva garantito che “al momento
non c’è nessuna necessità di intervenire con nessuna banca”,ha fatto salire sulle barricate
Italia Viva:
i renziani hanno disertato la
riunione, iniziata dopo le 22 e durata 40 minuti, e “si riservano di valutare in Aula quale posizione assumere”.
Secondo
Luigi Marattin – che
ha ricordato gli “attacchi demagogici” del passato per “provvedimenti finalizzati a sostenere i risparmiatori“ –
si tratta di “un
gravissimo punto di rottura nel metodo e nel merito”.
Dal canto suo
Luigi Di Maio da Catanzaro avverte: “Abbiamo sempre detto aiuteremo i risparmiatori non i banchieri:
in questo momento c’è un problema con la Banca Popolare di Bari ma noi dobbiamo andare a vedere a chi hanno prestato i soldi:
pensiamo a un decreto che aiuti i risparmiatori,
non gli amici delle banche. Serve un’ampia
riflessione prima di vararlo”.
Non a caso nella nota di Chigi si legge che c’è “determinazione ad assumere tutte le iniziative necessarie a
garantire la piena tutela degli interessi dei risparmiatori
e rafforzare il sistema creditizio a beneficio del sistema produttivo del Sud, in maniera
pienamente compatibile con le azioni di responsabilità
volte ad accertare le ragioni che hanno condotto al commissariamento della Banca”.
La Pop Bari, il maggiore istituto del Sud, ha reso noto di dover procedere a un
rafforzamento patrimoniale di circa 1 miliardo per far fronte all’incidenza dei
crediti deteriorati.
I
69mila azionisti rischiano di perdere i loro investimenti.
Nei giorni scorsi ha presentato una richiesta preliminare di intervento al Fondo interbancario,
che ha già in agenda due riunioni il 18 e il 20 dicembre e attende una
richiesta corredata da un piano industriale
che faccia emergere il fabbisogno di capitale oltre a voler essere affiancato da un partner industriale. Come il Mediocredito centrale.
Quello che manca sono i fondi e una garanzia pubblica come quella concessa a Carige, a sua volta commissariata
e poi salvata da Fondo interbancario con Cassa centrale banca e altri investitori
(proprio oggi si è conclusa la terza tranche di aumento di capitale e la banca genovese è pronta a tornare in Borsa).
Via Nazionale ha intanto nominato come commissari straordinari
Enrico Ajello e
Antonio Blandini.
A Livia Casale, Francesco Fioretto e Andrea Grosso, scelti come componenti del Comitato di sorveglianza,
è “affidato il presidio della situazione aziendale, la predisposizione delle attività necessarie alla
ricapitalizzazione della banca
nonché la finalizzazione delle negoziazioni con i
soggetti che hanno già manifestato interesse all’intervento di rilancio della banca”.
“La banca prosegue regolarmente la propria attività”, si legge nel comunicato pubblicato sul sito.
“La clientela può pertanto continuare ad operare presso gli sportelli con la consueta fiducia”.
“La convocazione improvvisa di un Consiglio dei ministri sulle banche, senza alcuna condivisione
e dopo aver espressamente
escluso ogni forzatura o accelerazione su questa delicata materia,
segna un
gravissimo punto di rottura nel metodo e nel merito”, ha dichiarato
Luigi Marattin,
vicepresidente dei deputati di Italia Viva che non parteciperà al cdm.
“Stupisce che chi per anni
ci ha attaccato demagogicamente su
provvedimenti finalizzati a sostenere i risparmiatori
si renda oggi responsabile di una
operazione incredibile, finalizzata più a
salvaguardare le responsabilità di chi doveva gestire e/o vigilare e non l’ha fatto”.
“Italia Viva si riserva di valutare in Aula quale posizione assumere”.
Il coordinatore di Italia viva
Ettore Rosato scrive su Twitter: “Dopo che per anni i
5 Stelle hanno costruito contro di noi la retorica sulle banche
oggi con il Pd votano in CdM a difesa di chi avrebbe dovuto ben amministrare. Noi non ci stiamo e non parteciperemo a questo voto. In attesa di vedere come lo giustificheranno”.
“Come può nel giro di poche ore il presidente del consiglio sostenere che sulla Banca popolare di Bari non ci sarà nessun intervento
salvo convocare un cdm d’urgenza a distanza di poche ore mentre Bankitalia ordina il commissariamento dell’istituto?
Un pacato ‘no comment’ avrebbe evitato una
farsa e sarebbe stato più serio anche a mercati aperti.
Vorremmo capire cosa è successo da questo pomeriggio a stasera: dal tutto bene al fallimento. S
iamo nelle mani di una persona
instabile o incapace che guida il governo del Paese.
Conte si
dimetta immediatamente: facciamo appello ai partiti di questa maggioranza per far finire al più presto questa disastrosa e pericolosa esperienza”.
All’inizio di questa settimana l’ad della banca ora decaduto
Vincenzo De Bustis – vicino a
Massimo D’Alema,
ex ad di
Banca 121 e del
Monte dei Paschi di Siena, rientrato alla Pop Bari nel 2018 dopo esserne stato
direttore generale dal 2011 al 2015 –
ha detto in un’intervista che i crediti deteriorati ammontano a circa un quarto del portafoglio prestiti complessivo.
De Bustis è indagato nell’
inchiesta sulla passata gestione e anche per
l’operazione di rafforzamento del capitale realizzata all’inizio dell’anno
– di cui Il Fatto Quotidiano ha rivelato i dettagli a luglio – in cui è stata coinvolta una società maltese.
Giovedì il cda della banca si è espresso per l’avvio di un’azione di responsabilità nei confronti dell’ex amministratore delegato
Giorgio Papa
e due ex dirigenti, tra i quali
Gianluca Jacobini, uno dei figli dell’ex presidente Marco Jacobini.
Oggi erano poi arrivate le dimissioni del consigliere
Francesco Ago “per motivi personali”.
Pop Bari, ricorda
Reuters, è uno dei due maggiori istituti cooperativi a doversi ancora trasformare in società per azioni, adeguandosi alla riforma del 2015.
Gli azionisti delle banche popolari oggi hanno diritto a
un singolo voto indipendentemente dalle quote in loro possesso.