FORSE LA STRADA GIUSTA LA TROVIAMO SOLO QUANDO CI PERDIAMO

Trovato chi sono.

Da qui le accuse di razzismo e xenofobia da parte del governo e in particolar modo dall’Unar, l’ufficio anti discriminazioni razziali del Dipartimento pari opportunità della Presidenza del Consiglio.

Ma stiamo parlando di questo ente ?
Solo parliamo dello scandalo nato dopo un servizio delle Iene su un’associazione finanziata con fondi pubblici che avrebbe facilitato un giro di sesso a pagamento.
Francesco Spano, il direttore dell’Ufficio nazionale antidiscriminazioni razziali, è stato travolto dalle polemiche e si è dimesso proprio oggi dal suo incarico.
Era stato convocato nel pomeriggio a Palazzo Chigi dal Sottosegretario Boschi, responsabile della delega alle Pari Opportunità.
Palazzo Chigi ha voluto chiarire e sottolineare che i fondi non sono stati ancora erogati.
 
Il motivo che La Verità ha svelato il mese scorso, è semplice.
La triplice ha firmato l' 11 febbraio del 2003 un accordo con la Confindustria del settore secondo cui qualunque sia la nazionalità
e il passaporto degli imbarcati i sindacalisti incassano 190 euro all' anno. L' accordo è tuttora valido.

Al sindacato non cambia nulla se l' assunto è filippino con un contratto internazionale e contributi quasi zero, oppure un italiano che si vede riconoscere i contributi pensionistici. Sempre 190 euro sono.

Invece la logica c' è. Basti ricordare che quando la Costa Concordia si piegò su un fianco di fronte all' isola del Giglio,
la maggior parte dei marittimi non sapeva parlare italiano e non riusciva a comunicare con gli ospiti a bordo.

C' è, inoltre, un tema sicurezza. Pescare la lista degli assunti dagli elenchi del nostro Paese consente la totale tracciabilità di chi si imbarca. Viceversa non è possibile.
 
Stipendio assicurato dopo il rientro dal 2sottoscala"

I ripescati
A Parma, non passa Lucia Annibali, simbolo della lotta contro le violenze sulle donne in quota Pd.

Stessa sorte per la giornalista Francesca Barra, che ha deluso in Basilicata.
Per loro, però, scatta il ripescaggio tramite listino.

Idem Vittorio Sgarbi, surclassato ad Acerra da Luigi Di Maio nell’uninominale,
ma che poi raggiunge l’elezione grazie al proporzionale di Forza Italia.

Il conduttore e giornalista Gianluigi Paragone, candidato M5S, dopo la disfatta a Varese contro la Lega riesce a ottenere il seggio grazie alla “porta di servizio”,

così come l’ex comandante Gregorio De Falco, noto alle cronache per aver richiamato all’ordine Schettino durante le vicende della Costa Concordia.

Anche tra i big dei partiti, bisogna riconoscere che l’opzione del listino è stata molto gettonata per prevenire sconfitte all’uninominale:
rientrano nel secondo giro infatti

la presidente della Camera uscente Laura Boldrini

quello del Senato Pietro Grasso


e Pier Luigi Bersani di LeU,

il ministro dell’Interno Marco Minniti,

quello della Giustizia Andrea Orlando,

quello della Cultura Franceschini


più Debora Serracchiani

e Matteo Orfini per il Pd,

così come Michaela Biancofiore, perdente nel duello “rosa” con Maria Elena Boschi a Bolzano,

Stefania Prestigiacomo e

Mara Carfagna per Forza Italia.
 
Poi hanno il coraggio di dirti che il fisco è tuo amico.........

Dal 1° marzo a chi ha dei debiti con il Fisco oltre i 5 mila euro,
l’Inps potrà sospendere per 60 giorni il pagamento di pensioni, indennità fine servizio e indennità fine rapporto dello stesso importo
e a segnalare il nominativo all’agente di riscossione.

A stabilirlo è la Legge di Bilancio 2018, modificando l’art.48-bis del dpr n. 602/1973 e il dm. 40/2008,
che ha ridotto il limite da 10 mila a 5 mila euro per la verifica obbligatoria dei debiti erariali
e ha elevato da 30 a 60 giorni l’intervallo di tempo di sospensione del pagamento.

Con il messaggio n. 1085/2018 l’Inps ha illustrato queste novità.

Ricordiamo che con l’art.48-bis del dpr n. 602/1973 prima e con il d.m. 40/2008 era stato previsto il blocco per 30 giorni
del pagamento delle prestazioni da parte delle amministrazioni pubbliche verso il beneficiario che abbia debiti con il Fisco pari o superiore ai 10 mila euro.

“L’art. 1, commi da 986 a 989, della legge 27 dicembre 2017, n. 205 (Bilancio di previsione dello Stato per l’anno finanziario 2018 e bilancio pluriennale per il triennio 2018 – 2020)
ha apportato significative modifiche al citato art. 48 – bis del DPR n. 602, nonché al DM n. 40/2008 – si legge nel messaggio Inps – .
In particolare, per quanto qui di interesse, i commi 986 e 987 dell’art. 1 della citata legge n. 205/2017 hanno modificato il comma 1 dell’art. 48 – bis
del già menzionato DPR 602/1973 e gli articoli 1 e 2 del DM 40/2008 riducendo da € 10.000 ad € 5.000 l’importo del pagamento
oltre il quale le pubbliche amministrazioni devono obbligatoriamente attivare la procedura di verifica degli inadempimenti derivanti da cartelle di pagamento non saldate da colui che deve ricevere detto pagamento”.


“Inoltre – si aggiunge -, il medesimo comma 987, modificando l’art. 3, IV comma, del DM 40/2008,
ha elevato a 60 giorni l’intervallo di tempo durante il quale il soggetto pubblico che sta effettuando il pagamento deve sospendere lo stesso,
o parte di esso, in attesa che l’agente della riscossione notifichi l’ordine di versamento delle somme dovute dal beneficiario del pagamento pubblico,
ovvero che accadano altri eventi che abbiano l’effetto di eliminare le pendenze del medesimo beneficiario”.

L’Inps ha precisato quindi che dal 1° marzo scorso è stata attivata la procedura di verifica sui destinatari dei pagamenti a titolo d’indennità di fine servizio
o di fine rapporto o dell’assegno pensionistico il cui importo netto sia pari o superiore a 5 mila euro
e che si procederà alla sospensione del pagamento per 2 mesi in caso di inadempimento.

Dalla verifica sui debiti con il fisco, precisa l’Ente previdenziale, sono escluse le prestazioni assistenziali, le rendite Inail e le prestazioni erogate per conto di altri soggetti.
 
E' un lento e costante declino .......

La missiva, di cui è stata data lettura completa durante l'annuncio in Vaticano, presentava, almeno fino alla pubblicazione del testo completo, una parte che sarebbe stata "omessa".

Come vi abbiamo raccontato in questi giorni, Benedetto XVI ha sì scritto dell'esistenza di un doppio "stolto pregiudizio"
riguardante la natura unicamente pragmatica di Bergoglio e quella solamente teoretica di se stesso,
ma ha anche dichiarato di non essere in grado, per motivi di salute e per impegni pregressi, di leggere i testi che gli sono stati recapitati e quindi di scriverne.

"Tuttavia - ha sottolineato il papa Emerito nella missiva - non mi sento di scrivere su di essi una breve e densa pagina teologica
perché in tutta la mia vita è sempre stato chiaro che avrei scritto e mi sarei espresso soltanto su libri che avevo anche veramente letto".
E ancora: "Purtroppo, anche solo per ragioni fisiche, non sono in grado di leggere gli undici volumetti nel prossimo futuro, tanto più che mi attendono altri impegni che ho già assunti".

Il teologo tedesco ha quindi comunicato di non aver letto gli undici "piccoli volumi"
che "mostrano a ragione che Papa Francesco è un uomo di profonda formazione filosofica e teologica
e aiutano perciò a vedere la continuità interiore tra i due pontificati, pur con tutte le differenze di stile e di temperamento".

Nella tarda serata di ieri, però, è emersa un'ulteriore novità: la foto della lettera di Ratzinger sarebbe stata ritoccata.
E la Santa Sede l'avrebbe in qualche modo ammesso.

Nella fotografia della lettera che è stata diffusa, come riporta anche La Stampa, le righe poste alla fine, cioè quelle relative alla parte "omessa", risultano essere sfuocate.
"Un portavoce vaticano - ha scritto l' Associated Press - parlando a condizione di anonimato, non ha spiegato perché la Santa Sede ha offuscato le righe
se non per dire che non era mai stato previsto che la lettera fosse pubblicata. Infatti, l'intera seconda pagina della lettera è coperta nella foto da una pila di libri,
con solo la piccola firma di Benedetto riportata, per dimostrare la sua autenticità".

Qualcuno, insomma, avrebbe manipolato l'immagine del testo di Ratzinger e il fine di questa operazione potrebbe solo essere ipotizzato.
 
Si vanno a riempire le ultime caselle vuote....chissà a danno di chi ?:DD::dietro:

Un salto spettacolare. Più lungo di quello, celeberrimo, di Bob Beamon alle olimpiadi di Città del Messico.

Da presidente della Commissione giustizia della Camera, in quota Pd, a giudice di cassazione.
Un record, anche per l'Italia abituata a non stupirsi di nulla. In un batter di ciglia Donatella Ferranti
si sfilerà la casacca del Partito democratico, indosserà la toga prestigiosissima di Giudice supremo
e scriverà sentenze in nome del popolo italiano. Altro che porte girevoli e valutazioni di opportunità.

Il Csm ha sbrogliato alla velocità della luce un caso che si annunciava delicato e scivoloso.
Soprattutto, ha risparmiato al deputato uscente, non più ricandidato, tutta la difficile trafila per aspirare a un ruolo cosi importante.
La Ferranti torna alla sua prima vita di magistrato: nel 1998, vent'anni fa, lasciò la procura di Viterbo, dove era pm, e approdò proprio al Csm.
Qui diventò nel 2004 segretario generale, incarico ricoperto fino al 2008 quando sbarcò in parlamento.
E il curriculum le è servito per conquistare nella legislatura che si chiude nei prossimi giorni
la presidenza della Commissione giustizia della Camera, prima guidata da Giulia Bongiorno.
Ora, dopo dieci anni a Montecitorio, rieccola in magistratura.
Per carità, il pendolarismo fra giustizia e politica è un fenomeno registrato e criticato da anni.
Più di una toga è stata eletta in parlamento, a destra come a sinistra. I più scrupolosi si sono dimessi,
molti hanno giocato la carta dell'aspettativa, pronti a rientrare nell'ordine giudiziario dopo la parentesi parlamentare.

È la parabola della Ferranti che però ha messo il turbo, con un'accelerazione senza precedenti.
In teoria avrebbe dovuto occupare una casella equivalente a quella di partenza, qualcosa di paragonabile al ruolo di pm svolto nel passato.
Invece, nelle pieghe della legislazione, è saltata fuori una norma ad hoc:

il segretario generale del Csm - in buona sostanza un incarico amministrativo di alto livello - viene equiparato al giudice di cassazione.
Et voilà, alla quasi unanimità, col solo voto contrario del togato Aldo Morgigni di Autonomia e indipendenza,
la Ferranti è stata catapultata in Cassazione. Anche se non ha mai prodotto una sentenza in vita sua.

Un premio doppio. Perché la neonominata si è risparmiata un iter difficile.
Prima l'esame da parte di una commissione di cinque membri.
Poi il concorso e la sfida agli altri candidati.

Per la cronaca, nella stessa seduta Palazzo dei Marescialli ha bandito una «gara», mettendo in palio 20 posti per la Suprema corte. Lei non ne avrà bisogno.
 
Il sipario della Terza Repubblica si apre su un palcoscenico di debuttanti.
E di «dilettanti» di quel linguaggio politico istituzionale che i grillini hanno trasformato nel primo bersaglio anti casta da abbattere.
Obiettivo, in parte, già raggiunto. Nel parlamento che sta per insediarsi, infatti, un eletto su tre non ha mai fatto politica,
non ha mai maneggiato regolamenti, esaminato ddl, firmato emendamenti.

Si tratta del 35 per cento dei deputati alla Camera, calcola Openpolis, e del 30 per cento dei senatori a Palazzo Madama.
E se ogni partito ha la sua buona dose di nuovi volti, il record spetta al Movimento cinque stelle: il 65% dei neo eletti pentastellati non è nemmeno mai stato in un consiglio comunale,
un valore che è più di quattro volte superiore a quello di Forza Italia e Fratelli d'Italia.
Ancora più bassa la percentuale per Lega (16,25% alla camera e 12,73% al senato), Partito democratico (13,27% alla camera e 5,77% al senato) e Liberi e uguali (7,14% e 0% senato).

Ecco perché durante il vertice dei grillini eletti che si è svolto una settimana fa all'hotel Parco dei Principi di Roma,
il Movimento cinque stelle ha iniziato a impartire le prime istruzioni per l'uso, a partire dai contatti proibiti con i giornalisti.
Altre indicazioni, dalle poi banali alle più dettagliate, seguiranno nelle varie riunioni fino all'insediamento effettivo della nuova classe dirigente.

Se selezione dei «dilettanti» è stata la bandiera del rinnovamento targato M5s, in realtà è stata pure la risposta, obbligata, a un'esigenza ben più pragmatica:
coprire l'incremento dei seggi dovuto all'exploit alle politiche, quando le poltrone sono passate da 123 a oltre 330.
Infatti, la stragrande maggioranza dei deputati e dei senatori grillini della passata legislatura è stata confermata,
ma il 70 per cento dei nuovi eletti sono neofiti della politica, come lo erano coloro che sotto il vessillo a cinque stelle nel 2013 entravano, per la prima volta, in Parlamento.

Così, insieme con i cinque stelle primo partito, il 4 marzo ha consegnato anche il più alto tasso di ricambio parlamentare della storia repubblicana,
con solo il 34% di parlamentari uscenti confermati, sottolinea Openpolis.

Anche la Lega ha fatto i conti con il balzo elettorale e con la necessità di nuove leve,
tanto che l'86% dei parlamentari del Carroccio appena eletti non era né deputato né senatore tra il 2013 e il 2018.
Ma a differenza dei pentastellati sono pochi i leghisti arruolati alle prime armi:
il Carroccio ha preferito mettere in campo personalità con una carriera politica alle spalle, soprattutto a livello locale.
Tra gli eletti compaiono ex consiglieri e assessori comunali: il 37,64% dei parlamentari della Lega,
il 40% dei deputati e il 30% dei senatori vengono dal pattuglione di amministratori locali rivendicato dal leader Matteo Salvini.

Ed è di gran lunga, insieme al 30 per cento di Forza Italia, la percentuale più alta tra i partiti,
dove la media di eletti che vengono da amministrazioni comunali è del 12,92% alle camera e del 10,82% al senato.
Se da un lato un terzo dei parlamentari è composto da matricole, il restante 66% è fatto di veterani o quasi:
in tutto sono 492 neo deputati e senatori, tra parlamentari uscenti, euro parlamentari, amministratori.

Chi mantiene quasi intatta la vecchia guardia invece è il Pd, ma più per il verdetto amaro delle urne che per volontà:
il partito di Renzi è passato da quasi 400 parlamentari a meno della metà.
 
Secondo il mio punto di vista, questo è un comportamento da "idioti", che in altri paesi non accade. Prima di tutto l'interesse nazionale.

Il Parlamento europeo, nonostante i ritardi, le inadeguatezze e le opacità, ha approvato il trasferimento dell'Ema da Londra ad Amsterdam, anche se ha posto delle condizioni.

La novità (per la verità una triste costante della nostra storia) è che la delegazione italiana si è divisa.

A favore della mozione che dà il via libera alla candidatura olandese, il Movimento 5 stelle.
 
«Il Parlamento europeo ha costretto la burocrazia a fare marcia indietro sulla pretesa di invadere il campo del legislatore sui crediti deteriorati.
Ora spetta ai rappresentanti dei cittadini decidere».

Con questo messaggio scritto su Twitter, il presidente dell'Europarlamento, Antonio Tajani
ha commentato l'esito del braccio di ferro iniziato nell'autunno dell'anno scorso con la Bce
sul cosiddetto addendum alle linee guida per la gestione dei crediti deteriorati.
Ieri Francoforte ha, infatti, tolto il velo alle nuove regole che sembrano aver preso in considerazione le preoccupazioni espresse dal Parlamento Ue.
Innanzitutto il documento è «rilevante» ma non vincolante e la Vigilanza di Daniele Nouy
«discuterà con ogni singola banca le divergenze dalle aspettative di accantonamento prudenziale».
Il risultato di questo dialogo sarà incorporato, per la prima volta nella valutazione «Srep» del 2021.

Le nuove regole saranno efficaci su tutti i nuovi crediti deteriorati che emergeranno a partire dal primo aprile.

La svalutazione potrà iniziare, per i crediti garantiti, solo dal terzo anno per un valore pari al 40% del credito,
che crescerà al 55% dopo quattro anni di anzianità, al 70% dopo cinque, all'85% al sesto anno e del residuo 15% nel settimo anno.

«Sia Bruxelles sia la Bce hanno rilasciato dei documenti finali più favorevoli delle attese»,
ha sottolineato Carlo Tommaselli, analista banche del Credit Suisse.
«Soprattutto la Bce ha smussato i toni pur rimanendo su alcune posizioni più dure» rispetto alla squadra di Jean Claude Juncker.
«L'impatto del documento della Commissione Ue è molto gestibile e si basa sui nuovi non performing loans,
originati da nuovi prestiti (quindi a oggi non esistenti), mentre la Bce si basa su nuovi npl originati da prestiti già nei libri delle banche»,
aggiunge l'esperto della banca d'affari svizzera.

Altri analisti sottolineano che la Bce ha tagliato fuori lo stock dei deteriorati, rilevante per le italiane:
140 miliardi netti secondo i dati di Bankitalia al terzo trimestre del 2017 (il 7,8% dei prestiti totali).

C'è, infine, chi preme sul tasto dolente della lunghezza dei tempi delle procedure di recupero dei crediti nei diversi Stati
ricordando che in Italia, secondo gli ultimi dati, per chiudere una procedura fallimentare occorrono più di sette anni
mentre tre sono gli anni necessari per risolvere una controversia in un tribunale di prima istanza.

Tajani, intanto, non abbassa la guardia:
«Il Parlamento europeo valuterà la coerenza del contenuto del nuovo addendum con il rispetto dei poteri del legislatore.
Ad una prima lettura, la Vigilanza chiarisce meglio, rispetto alla versione pubblicata in ottobre oggetto della consultazione,
il carattere non vincolante e la sua applicazione caso per caso», ha dichiarato ieri in una nota ufficiale.

Avvisando però madame Nouy che è «opportuno» muoversi «nel solco delle norme che il Parlamento e il Consiglio stabiliranno in co-decisione».
 
Ecco cosa succede in Italia. La sovraintendenza...........

Pensate che noi abbiamo un ponte costruito da Azzone Visconti nel 1330 circa.
E' chiaro che a quei tempi e più avanti nei secoli, sono transitati solo cavalli, pecore, capre, asini, carretti, carrozze, più i "camminatori".

Poi sono cominciate a circolare le auto ed allora qualche buontempone cosa ha fatto ?
Inizio 1900 ha abbattuto i muretti laterali ed ha costruito un marciapiedi " a debordo" della struttura originaria, per i "camminatori".

ORRORE. Dopo più di un secolo, un cervello (donna) della sovraintendenza ha stabilito che quel
marciapiedi non aveva nulla a che fare con la struttura originaria. E l'ha fatto abbattere.

RISULTATO. Il doppio senso di circolazione su 1 dei 3 ponti di collegamento che abbiamo,
è diventato a senso unico, i "camminatori" marciano sulla carreggiata, e come hanno fatto
a delimitare il ponte ? Pensate che abbiano ricostruito i muretti ?

Ma no. Troppo semplice. Hanno messo delle gabbie in ferro. Tipo gabbia dei conigli. Marrone cacca.
Perchè nel 1330 esistevano delle recinzioni di ferro a maglie saldate ......oh come no.
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