Verifiche sul "potere delle piramidi"
L'unico modo per capire se le affermazioni propagandate dai venditori di piramidi sono affidabili è quello di mettere a confronto una di queste piramidi con un semplice modellino di cartone. E' quanto ha fatto Sergio Facchini, biologo ambientale al Centro Ricerche Biotecnologiche di Cremona, il quale ha poi comunicato i suoi risultati su Scienza & Paranormale, la pubblicazione del CICAP . Il dr. Facchini si è servito di due diverse piramidi, la prima di metallo placcata in oro con lato della base di 13 centimetri, acquistata in un negozio specializzato, mentre la seconda è stata realizzata in cartone omogeneo con lato della base di 45 centimetri. Il biologo è stato particolarmente attento rispettare scrupolosamente le proporzioni della Grande Piramide. Per quanto riguarda il materiale per la realizzazione dei modelli è consigliato da alcuni l'uso di sostanze omogenee come legno, vetro, cartone non ondulato, tessuto e plastica mentre da altri sono indicati vari metalli ed escluso l'impiego di plastica, legno e isolanti in genere; per questo motivo, il dr. Facchini ha deciso di procedere con due piramidi, una metallica e l'altra di materiale isolante. Le raccomandazioni per l'uso fornite dagli "esperti" sono le seguenti: l'attrezzatura deve essere protetta da correnti d'aria e posta lontano da televisori, computer e oggetti metallici che ne perturberebbero il campo magnetico; inoltre, va posizionata con una faccia rivolta a nord. L'ultima indicazione prevede che le sostanze collocate all'interno della piramide siano poste a un terzo dell'altezza (in corrispondenza della Camera del Re della Grande Piramide, dove "l'energia positiva" sarebbe massima) e che i contenitori utilizzati all'interno non siano di metallo ma, piuttosto, di vetro o cartone. La piramide in metallo utilizzata per l'esperimento disponeva anche di un "concentratore di energia", talvolta indicato come "acceleratore". Si tratta di un disco in "lega speciale" da porre sotto al campione in sperimentazione per attirare più facilmente le "onde magnetiche piramidali" e potenziarne gli effetti. Lasciamo dunque parlare direttamente il dr. Facchini perché ci illustri i risultati ottenuti con le sue prove.
Conservazione del latte
"Si dice che il latte conservato in piramide si mantenga fresco più a lungo, anche per diversi giorni, mentre un campione di controllo esterno inizia rapidamente a fermentare e quando questo si è ormai alterato quello trattato in piramide sarebbe ancora perfettamente bevibile. Si è quindi semplicemente controllato nel tempo il valore del pH (cioè l'indicatore di acidità) di un latte fresco parzialmente scremato versato in tre piccoli contenitori in vetro, con l'aggiunta di 0,3 percento di latte precedentemente fermentato per avere un inoculo batterico omogeneo per tutti i campioni esaminati. "Un primo recipiente è stato posto sotto la piramide più piccola in metallo, da ora indicata semplicemente con PP, un secondo in quella grande in cartone, da ora indicata PG, mentre un terzo campione rappresentava il controllo esterno, chiamato da ora C. Ci si è preoccupati di controllare attentamente l'orientamento dei modelli e la disposizione del contenitore, con la sua parte mediana a un terzo dell'altezza della piramide. Il pH iniziale era 6,78 per tutti i campioni e la temperatura è sempre stata 27°C; dopo 6 ore si aveva un pH di 6,65-6,64-6,65 (rispettivamente riferiti a C-PP-PG), a 10 ore 6,58-6,55-6,56; a 24 ore 5,13-5,10-5,11; a 31 ore 4,76-4,75-4,75; a 48 ore 4,46-4,48-4,47.
"Le prove sono state ripetute, questa volta con latte a lunga conservazione parzialmente scremato e senza inoculo; a parte il tempo più lungo per iniziare il processo fermentativo, dovuto alla bassa carica batterica iniziale che derivava solo in questo caso dal contatto con i recipienti e con l'aria, i risultati hanno fornito la stessa risposta e cioè l'assenza di qualunque differenza tra il comportamento del latte nelle piramidi e il controllo esterno".
Affilare le lamette
"Collocando per qualche settimana le lamette usate in piramide con il lato più lungo orientato lungo l'asse nord-sud", continua il dr. Facchini nella descrizione dei suoi esperimenti, "l'energia emessa dalla costruzione agirebbe riparando le alterazioni e le deformazioni del bordo. La prova è stata effettuata per dieci settimane con una lametta le cui alterazioni del bordo sono state inizialmente osservate con microscopio stereoscopico e accuratamente evidenziate; i controlli successivi, fino alla decima settimana, indicano l'assenza di ogni variazione, anche minima, nelle alterazioni dei suoi bordi". Su questa presunta proprietà delle piramidi sono state condotte anche altre verifiche. Al laboratorio metallurgico dell'Istituto politecnico Ryerson di Toronto, in Canada, per esempio, il dr. Dale Simmons condusse un esperimento su tre lamette nuove. Una posta sotto una piramide prodotta dalla Toth Pyramid Company di New York, una sotto una piramide di cartone prodotta artigianalmente dai ricercatori e una lasciata all'aria aperta . Prima dell'esperimento, ogni lama fu strofinata per dieci volte con le setole di uno spazzolino da denti, in modo da ridurre il filo a tutte in maniera omogenea. Fotografie al microscopio furono quindi scattate a ogni lametta. Dopo sette giorni le lamette furono recuperate e fotografate nuovamente. Risultato: il filo di tutte le lamette, compresa quella di controllo lasciata all'aria aperta, si era leggermente arrotondato. Le piramidi, dunque, non avevano avuto alcun effetto peculiare sui campioni. Secondo Simmons, sarebbero due i motivi per cui si sarebbe portati a credere che le piramidi rifanno il filo alle lamette consumate. Innanzitutto, c'è il fattore psicologico da tenere presente: "Quando si può dire esattamente che una lametta è consumata? E come fa una persona a dire se una lametta lasciata sotto una piramide è più affilata di com'era prima? Il giudizio non può che essere estremamente soggettivo e, quindi, facilmente manipolabile dai propri desideri e dalle proprie aspettative. Inoltre, questi test soggettivi sull'affilatura sono resi ancora più imprecisi da un fattore non quantificabile come la precisione dei ricordi, visto che tra il "prima" e il "dopo" esperimento passa comunque del tempo". C'è poi da tenere presente un secondo fattore, che potremmo definire di "equilibrio naturale". In natura, infatti, c'è una tendenza diffusa, anche se non universale, che fa ritornare a un precedente stato di equilibrio le cose disturbate. In fisica ciò è esemplificato dal Principio di Le Chatelier, che descrive il comportamento dei sistemi chimici che si trovano in equilibrio al termine di una reazione. Ogni tentativo di cambiamento da questa condizione, dovuto per esempio a un innalzamento della temperatura o della pressione, causa una reazione chimica che tende a minimizzare questo cambiamento. In biologia, lo stesso fenomeno è esemplificato dall'omeostasi, ovvero la tendenza generale nei sistemi biologici, dai più semplici a più complessi, di mantenere uno stato di equilibrio dinamico, ottenuto attraverso un processo di autoregolazione che permette di raggiungere le condizioni ideali alla sopravvivenza. Tutto ciò vale anche per il fatto che le lamette sembrano più affilate se le si lascia a riposo per qualche tempo. "Questo fenomeno", continua Simmons, "si può attribuire al movimento delle molecole d'aria intorno e contro la lama: movimento che aiuta ad arrotondare le parti più fragili (cioè le punte)".
Germinazione dei semi
Torniamo ora agli esperimenti del dr. Facchini. Una delle credenze più diffuse è quella secondo cui sementi poste sotto una piramide germinerebbero più in fretta. Ecco come il biologo ha verificato quest'affermazione. "Si è proceduto con una semplice prova di germinazione in piastre Petri utilizzando cento semi di lattuga per ogni piastra e ripetendo il tutto quattro volte. La percentuale di semi germinati (valori medi) dopo un giorno era 40,5% per C, 39% per PP e 40% per PG, dopo due giorni 63% per C, 60,8% per PP e 64 % per PG, dopo tre giorni 73% per C, 69,5% per PP e 71,8% per PG, dopo quattro giorni 77% per C, 75% per PP e 75% per PG". Come è possibile osservare, a parte piccole oscillazioni statistiche, non si ha evidenza di fenomeni di alcun tipo. Inoltre, va segnalato che il dipartimento di orticoltura dell'Università di Guelph in Canada ha dimostrato che le piramidi non hanno alcun effetto sulla crescita delle piante .
Purificazione dell'acqua
Sempre a detta dei sostenitori del "potere delle piramidi", la forma piramidale "influenzerebbe la struttura molecolare dell'acqua e, di conseguenza, impedirebbe la putrefazione dell'acqua inquinata". Il dr. Facchini ha quindi proceduto così: "Si è preparata una soluzione con 100 milligrammi di glucosio per litro, oltre a sali minerali secondo i rapporti previsti per l'analisi del B.O.D. (Domanda Biochimica di Ossigeno, un'analisi che si effettua per valutare il consumo di ossigeno delle acque inquinate) , riempiendo successivamente tre piccole beute in vetro e aggiungendo una certa quantità di blu di metilene, sostanza che si decolora quando l'ambiente da ossidante diventa riducente, indicando visivamente l'inizio dei processi putrefattivi. Per questa prova, chiamata test di stabilità relativa , si deve misurare il tempo necessario per la decolorazione del campione. I risultati hanno indicato un tempo di decolorazione di 18 ore sia per C che per PP e PG e quindi non si nota nessuna differenza nel comportamento dell'acqua nei tre casi considerati".
Il caso della mummificazione
Tra i prodigi attribuiti alla piramide non poteva mancare, naturalmente, anche quello di riuscire a mummificare frutta, carne e altri materiali organici posti al suo interno. Secondo alcuni, anche i corpi degli antichi Egizi si sarebbero conservati fino ai nostri giorni solo perché posti all'interno delle piramidi.
In realtà, l'eccellente stato di conservazione delle mummie egiziane non ha nulla a che vedere con il presunto "potere delle piramidi" né, tantomeno, con fantomatiche tecniche segrete di imbalsamazione. In parte è dovuto alle tecniche di imbalsamazione in uso all'epoca, che gli archeologi sono riusciti a ricostruire nei minimi dettagli, e in parte al clima dell'Egitto. Come riporta William H. Stiebing Jr. nell'ottimo Antichi Astronauti (Avverbi edizioni) "L'imbalsamazione non veniva praticata dai primi Egizi. Le sepolture preistoriche furono effettuate in tombe poco profonde scavate nel deserto sabbioso vicino al Nilo, senza alcun tentativo di preservare i corpi; ma in questi cimiteri predinastici, alcuni cadaveri sono conservati persino meglio di mummie più recenti. La sabbia calda e secca del deserto ha infatti prosciugato i corpi, estraendone l'umidità prima che potessero andare in putrefazione e la pelle ha assunto l'aspetto di cuoio conciato. Forse, alcuni di questi corpi naturalmente mummificati vennero portati alla luce mentre si scavavano nuove tombe. Questo potrebbe aver indotto gli Egizi a cercare mezzi artificiali di conservazione, in base all'idea che, se si poteva conservare il corpo, anche l'anima avrebbe continuato a vivere". Le tecniche di imbalsamazione furono sviluppate verso la fine della III o l'inizio della IV Dinastia, nel 2600 a.C. circa. "Gli Egizi", continua Stiebing, "scoprirono che il natron, un sale naturale che si trova nei pressi del Cairo, assorbiva l'umidità e poteva quindi prosciugare i corpi come le sabbie del deserto. Il natron era anche leggermente antisettico, qualità che aiutava a prevenire la putrefazione. Dopo molte prove gli imbalsamatori perfezionarono le loro tecniche e misero a punto il metodo che sarebbe poi stato adoperato, con poche modifiche, per tutti i venticinque secoli di storia egizia" . E i nostri modellini di piramide? Secondo chi le vende, "la carne, in fette sottili, si disidrata molto più velocemente se posta in piramide su un vassoio di vetro o cartone con il lato lungo orientato secondo l'asse nord-sud". Per testare questa ipotesi, il dr. Facchini ha preparato su tre supporti di vetro rettangolari alcune fettine di carne suina. "La carne", spiega Facchini, "è stata tagliata con uno spessore di circa mezzo centimetro e si è controllata ogni giorno la perdita di peso del prodotto mediante bilancia analitica e curando attentamente l'allineamento nord-sud per i supporti e le piramidi. I risultati indicano dopo un giorno una perdita di peso del 60,4% per C, 63,1% per PP e 62% per PG mentre dopo due giorni si ha 67,2% per C, 66,8% per PP e 66,9% per PG ed infine il terzo giorno si ha il 68% per C, il 67,2% per PP e 67,3% per PG. La prova è stata ripetuta confermando quanto già visto e cioè solo piccole variazioni dovute alla difficoltà di avere campioni perfettamente omogenei". Del resto, che pezzi di carne, frutta e altri alimenti deperibili si possano essiccare naturalmente, senza interventi chimici né tantomeno paranormali, il CICAP ha avuto modo di verificarlo molte volte.
Incontro con una "mummificatrice paranormale"
Un caso tipico è quello di una signora di Bologna che qualche anno fa si presentò al CICAP affermando di possedere la capacità di mummificare delle uova. Ci raccontò il suo modo di procedere: dopo aver rotto l'uovo su un piattino, vi imponeva le mani, a circa dieci centimetri di distanza, per una decina di minuti, e ripeteva l'operazione ogni giorno per una settimana. Il risultato era sorprendente: l'albume diventava secco e trasparente come celluloide, il tuorlo duro come gomma. Non vi era traccia di muffa, né cattivo odore o segni di decomposizione. Siccome eravamo molto colpiti proponemmo alla signora un semplice test: rompere una dozzina di uova in altrettanti piattini, "trattarne" soltanto un paio per poi confrontarle con le altre. La signora accettò, ma affermò che la stanza in cui ci trovavamo era ormai "satura delle sue vibrazioni" e che questo avrebbe causato la mummificazione di qualunque cosa. Ci servimmo dunque di un'altra stanza, in cui la signora non era mai entrata e dove fu eseguito il "trattamento" su due uova scelte a caso tra le dodici che avevamo portato, numerandole tutte e lasciandole poi a riposo per cinque giorni nelle stesse condizioni di umidità e temperatura. Al termine del periodo di riposo, alcuni giudici indipendenti furono chiamati per valutare se vi fossero differenze tra le uova. Nessuna: sorprendentemente, tutte si erano seccate nello stesso modo. Nessuna emanava cattivi odori, nessuna era marcita oppure ammuffita. La signora, informata del risultato, si dichiarò sorpresa ma felice: "Ma allora è una meravigliosa capacità che abbiamo tutti noi! Potremmo farci molto bene gli uni con gli altri!". Quando le spiegammo che secondo noi si trattava invece di un processo di disidratazione del tutto naturale, non sembrò affatto convinta: "Eppure un professore mi ha assicurato che ho dei poteri; il mio elettroencefalogramma è ricco di onde "similalfa"!" Effettivamente, siamo abituati a pensare che il materiale organico si deteriori facilmente e a ritenere che la carne e le verdure si debbano conservare necessariamente in frigorifero o in un congelatore. Ma la mummificazione non è altro che una disidratazione, la perdita di acqua dai tessuti, in altre parole un rinsecchimento. In particolari condizioni di temperatura elevata, bassa umidità e ventilazione, organismi morti, anche di notevoli dimensioni, possono disidratarsi abbastanza velocemente e mummificarsi spontaneamente senza che avvenga alcuna decomposizione. Il fenomeno si verifica spesso in animali che muoiono in zone desertiche, ma talvolta anche in corpi sepolti in cimiteri con particolari qualità di terra, oppure defunti posti in sarcofaghi o cripte dotate di determinati microclimi. In Italia ne sono esempi famosi, tra gli altri, le catacombe del convento dei Cappuccini a Palermo, il cimitero delle mummie a Urbania (Pesaro), la cappella di San Michele a Venzone (Udine). Per tornare a esperienze più comuni, come quelle che si possono verificare con i modellini di piramide, è chiaro che oltre ai fattori già citati di temperatura e umidità dell'ambiente, ne vanno considerati altri come il rapporto peso-superficie, la percentuale di acqua e altre caratteristiche merceologiche del campione, per cui alcuni prodotti si mummificano più facilmente di altri. Capita a volte di trovare per esempio, in qualche angolo dimenticato della casa, vecchi limoni completamente secchi, leggeri come cartone; non è difficile ottenerli anche intenzionalmente, se si dispone di un posto caldo e secco. E naturalmente si dovrebbe ricordare l'antica arte di conservare alimenti secchi come frutta, funghi, carne, e così via.
I raggi cosmici del Premio Nobel
Cosa dire allora delle rilevazioni fatte dal Premio Nobel Luìs Alvarez? Vediamo prima di tutto di capire cosa successe esattamente in quell'occasione. Nel 1968, Alvarez guida una spedizione di scienziati egiziani e statunitensi nella piramide di Khafre (Chefren). Scopo della missione quello di collocare un rivelatore di raggi cosmici nella camera della piramide: basandosi sulla considerazione che i raggi viaggiano a velocità diverse attraverso la pietra e l'aria, si sperava che la lettura del rivelatore indicasse l'esistenza di altre stanze o passaggi non ancora scoperti. Una volta inseriti i dati forniti dallo strumento in un elaboratore elettronico per procedere alla loro analisi non si riuscì a dare loro un senso. Uno dei ricercatori egiziani fu intervistato da alcuni giornalisti presenti sul luogo e rilasciò alcune dichiarazioni, prive di fondamento scientifico ma che furono prontamente riprese da tutti i giornali e sono tuttora riprodotte nelle pubblicazioni che si occupano dei "misteri" delle piramidi. Ecco come Alan Landsburg riporta la faccenda, in maniera distorta e superficiale, in un popolare libro degli anni Settanta: "Il dottor Alvarez non scoprì mai quale fosse esattamente il problema. Alla fine si arrese, perché il contatore di raggi cosmici continuava a impazzire ogni volta che si cercava di utilizzarlo all'interno della piramide. E' da allora che ci si chiede se non ci sia qualcosa sigillato dentro quella montagna di pietra, che ancora emana (o attira?) un certo tipo di raggi o di onde" . Le cose, nella realtà, sono diametralmente diverse: la causa delle rilevazioni confuse del rivelatore, infatti, fu scoperta. A causa delle piccole dimensioni del passaggio che conduce alla camera della piramide, si era deciso di usare per la rilevazione dei raggi cosmici due piccole "camere a scintilla", anziché una sola grande. Il problema, che allora non si era previsto, era che una volta collegate tra loro le due camere non fornivano alcuna lettura; inoltre, il neon all'interno delle camere a scintilla era stato contaminato. Una volta che le camere furono riempite con neon fresco, le macchine ripresero a funzionare fornendo le letture previste . Alvarez, dunque, non aveva scoperto alcuna forza misteriosa all'interno delle piramidi: c'era semplicemente stato un guasto alle macchine e, dopo averle riparate, il lavoro poté continuare come preventivato. Tuttavia, del lavoro di Alvarez nella piramide di Chefren oggi si parla unicamente per ripetere i primi resoconti giornalisti sbagliati.
Un esperimento da fare in casa
Quello del "potere delle piramidi" è uno di quei rari casi in cui chiunque sia interessato può facilmente verificare da sé se le cose stanno realmente come promettono i venditori di piramidi o se, più probabilmente, hanno spiegazioni più razionali. In questo spirito, ecco di seguito alcune semplici istruzioni per realizzare a casa vostra un esperimento sui poteri delle piramidi. Con un paio di fogli di cartoncino costruite una piccola piramide a quattro lati senza fondo e un cubo, anch'esso senza fondo, più o meno delle stesse dimensioni. Prendete tre piattini e su ciascuno di essi ponete un pezzetto di carne. I primi due piattini andranno uno sotto la piramide e l'altro sotto il cubo; il terzo resterà vicino agli altri due ma senza nulla che lo copra. Prima di metterli in posizione, sotto ogni piattino, per riconoscerli in seguito, scriverete con una matita o un pennarello lavabile P, per piramide, C, per cubo, e N, per nulla. Sistemate quindi un lato della piramide verso nord e tenetela lontana da radio o televisori, come richiedono i cultori della teoria. Lasciate riposare il tutto per alcuni giorni. A questo punto, togliete piramide e cubo e chiamate un giudice all'oscuro di tutto; presentategli i tre piattini in modo tale che non si capisca quale proviene dalla piramide, quale dal cubo e quale è stato lasciato all'aria aperta e chiedetegli di dirvi se nota delle differenze tra i campioni e quali. E' importante che il giudice non conosca l'origine dei singoli campioni per evitare che il suo giudizio sia influenzato. Quello che si troverà, come dimostra l'esperienza, è che i pezzetti di carne sotto la piramide e sotto il cubo si sono conservati in modo diverso da quello lasciato semplicemente all'aria aperta: ciò però dimostra che non è tanto la forma dell'oggetto sotto cui si trova la carne ad avere un effetto quanto, piuttosto, il fatto di coprire la carne con qualcosa che la protegga dall'aria e dalla luce.