Anche il pc ha l'immunità
di Marco Travaglio L'incredibile storia di un computer trovato durante una perquisizione a casa di un imprenditore dell'azzardo e ripreso con la forza dall'onorevole Amedeo Laboccetta, che ha sostenuto che era suo, quindi non poteva essere sequestrato
(30 gennaio 2012)
Amedeo Laboccetta
Il 10 novembre la Procura di Milano manda la Guardia di Finanza a perquisire la
casa-ufficio romana di Francesco Corallo, titolare della Atlantis specializzata in gioco d'azzardo. La società, secondo l'accusa,
avrebbe ricevuto un finanziamento irregolare di 150 milioni da Bpm grazie alla sponsorizzazione dell'ex presidente Massimo Ponzellini, indagato per associazione a delinquere. Francesco Corallo è il figlio di "don" Gaetano condannato negli anni Ottanta per l'assalto della
mafia catanese di Nitto Santapaola al casinò di Sanremo. Ma dice di aver interrotto da tempo i rapporti col padre. E così, nonostante l'ingombrante cognome, Atlantis ha vinto l'appalto dei Monopoli di Stato per il controllo telematico delle new slot, le macchinette mangiasoldi legalizzate da una legge del governo Berlusconi, che ogni anno incassano 10 miliardi.
Nel 2010 la Corte dei Conti le ha chiesto indietro 31,3 miliardi, fra sanzioni e multe per l'omesso collegamento delle slot machine alla rete telematica di controllo e il mancato prelievo dei contributi dovuti ai Monopoli per ogni giocata: il valore della finanziaria Monti. Somma che naturalmente Atlantis nega di dover pagare. All'arrivo della Finanza,
Corallo jr. chiama subito l'on. avv. Giulia Bongiorno, s
i dichiara ambasciatore della Repubblica Dominicana presso la Fao e invoca l'immunità diplomatica. Ma alla Farnesina non risulta, e nemmeno alla Fao. Niente immunità.
Lui insiste di essere ambasciatore ma, bontà sua, rinuncia all'immunità e fa entrare i militari. Questi trovano
un computer portatile e lo impacchettano per sequestrarlo, mentre Corallo tenta di convincerli che non è suo, ma di una sua collaboratrice sudamericana presente nell'appartamento: Olga Lucia Mejia Aguirre. A quel punto sopraggiunge trafelato
l'amico Amedeo Laboccetta, deputato Pdl, già rappresentante di Atlantis in Italia, che smentisce Corallo e assicura che il pc è suo, dunque coperto come lui da un'altra immunità: quella parlamentare.
E, con agile mossa, se lo porta via. L'onorevole, ovviamente membro della commissione Antimafia, dichiara all'Ansa che "quel pc è mio e, se qualcuno afferma il contrario, se ne assumerà la responsabilità. Le pare che durante una perquisizione qualcuno va a prendere il computer di un altro?".
La Procura avvia accertamenti sul reale proprietario, mentre Laboccetta continua a strepitare a mezzo Ansa: "E' sbalorditivo che qualcuno ipotizzi addirittura un favoreggiamento, di cui manca ogni presupposto giuridico oltre che di fatto. L'indagine, per quanto si legge sui giornali, si fonda su illazioni e congetture senza fondamento". Infatti la Procura lo indaga per favoreggiamento (e Corallo per falso). E chiede alla Camera l'autorizzazione a sequestrargli il pc.
La pratica passa alla giunta di Montecitorio, dove il Pdl si schiera subito per il no, mentre Laboccetta magnanimo è per il sì: "nulla da nascondere, il pc contiene le mie attività istituzionali". Invece, per i pm, "vi è fondato motivo di ritenere che contenga dati e informazioni relativi ai rapporti di affari" fra Atlantis e Bpm. Che ci faceva il pc in casa Corallo? "L'avevo lasciato su una sedia a caricare", spiega Laboccetta alla giunta. E Olga Lucia? "E' la mia ex colf", anch'essa dimenticata a casa Corallo e non è proprietaria del pc, ma "solo del giochino Blackberry" (testuale). Il 18 gennaio la giunta dice sì alla perquisizione, coi voti di Lega, Idv, Pd e Udc. E gira la pratica all'aula.
Ma Laboccetta, con la consueta agilità, previene il voto e il 20 annuncia: "Ho consegnato spontaneamente il pc agli organi inquirenti poiché il Paese ha questioni ben più importanti da affrontare" e per "mettere fine a una querelle sterile, artatamente alimentata da alcuni. Da parte mia non è mai mancato lo spirito di leale collaborazione".
infatti
ha lealmente collaborato a sottrarre una possibile prova. E chissà - domanda Federico Palomba dell'Idv - "se il pc è ancora nelle stesse condizioni in cui è stato prelevato". Già, chissà. Ma il gesto di Amedeo Manolesta non è stato vano: ha dimostrato ancora una volta che
i privilegi più odiosi della casta non sono i superstipendi: sono le immunità extralarge, che ormai si estendono financo agli amici degli amici, alle colf e ai loro pc. Per contagio.