Ragazzi, bisognava toccarne uno di loro, per sentire pronunciare certe espressioni ......
«E’ responsabilità del magistrato tutelare chi non è coinvolto nell’inchiesta».
Meglio tardi che mai, verrebbe da dire.
Già, perché se la memoria non ci inganna è la prima volta che un magistrato con pregresse responsabilità nell’Associazione delle toghe spende tempo e parole a difesa del diritto di un non-indagato a non vedersi sputtanato a mezzo stampa solo perché altre persone intercettate parlano con lui o di lui.
Ci voleva il vino di Massimo D’Alema, citato nella storiaccia delle tangenti ischitane, per fare ubriacare di sani principi garantisti anche chi, come Palamara, mai è stato indulgente con concetti quali privacy o diritto alla riservatezza in favore di uomini pubblici.
Ma sentiamo ancora Palamara: «Il magistrato – spiega l’ex-leader dell’Anm – dovrebbe fare un’opera di pulizia, prima di tutto di selezione».
Più che giusto, tanto più che come riconosce sempre Palamara «al telefono si parla del più e del meno».
E un articolo specifico del Codice già prevede «di espungere tutto ciò che è irrilevante». Giustissimo.
Resta solo da chiedere perché questi elementari principi di correttezza vengano ricordati e caldeggiati solo ora mentre fino a ieri, e di fronte ad intercettazioni ancor più “personali” di quelle riferite all’ex-leader dei Ds, si sosteneva esattamente la tesi opposta e cioè che l’opinione pubblica andasse informata su tutti gli aspetti della vita di un parlamentare perché per chi occupa un ruolo pubblico non esiste solo un problema di rilevanza penale ma soprattutto di opportunità politica.
E meno male che D’Alema c’è…