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WALL STREET I manager scaricano: boom di vendite di azioni
Websim - 22/06/2009 17:04:59
Vendere, vendere, vendere. Nell'ultima settimana a Wall Street è stata la parola d'ordine non tanto dei piccoli risparmiatori o dei fondi istituzionali, bensì dai manager: amministratori delegati, direttori generali e prime linee delle aziende, uomini che si suppone conoscano bene la realtà societaria. Un campanello d'allarme è scattato: l'ultima volta che si è verificato una vendita di azioni così serrata da parte dei manager è stato nel giugno 2007, un mese prima del fallimento di Bear Stearns.
I manager di 252 società quotate in America e inserite nell'indice S&P500 ? secondo una ricerca di InsiderScore ? hanno venduto azioni per 14 settimane consecutive sfruttando il più forte balzo del mercato da 71 anni a questa parte, per un controvalore di 1,2 miliardi di dollari.
Con sede a Princeton, nel New Jersey, InsiderScore è una società che dal 2004 elabora e vende dati sull'attività di trading dei manager delle società quotate, attività che in America (e anche in Italia) deve obbligatoriamente essere resa pubblica.
L'agenzia Bloomberg, che riporta la ricerca di InsiderScore, sottolinea che nella prima settimana del rally, a marzo, il rapporto tra venditori e compratori era di 1 a 1, salito progressivamente fino a settimana scorsa, quando per un manager che comprava azioni, ce n'erano nove che vendevano.
I dirigenti delle società quotate hanno accelerato drammaticamente le vendite a partire dal 2 giugno, quando il mercato, grazie al rimbalzo, è arrivato a trattare 15,5 volte gli utili, un multiplo che a Wall Street non si vedeva da otto mesi. Un segno negativo, sostengono gli analisti, perché se i manager si disfano delle azioni delle società che guidano, vuole dire che reputano le quotazioni non sostenibili.
Tornando indietro nel tempo, con numeri un po' differenti, anche lo scoppio della bolla Internet era stato anticipato da forti vendite azionarie dei manager. Nel primo trimestre del 2000, ricorda Bloomberg, i manager di società quotate avevano venduto azioni per la cifra record di 41,7 miliardi di dollari. Vendite che coincisero perfettamente con la fine del rally di Wall Street, a cui fece seguito una lunga fase di discesa (due anni e mezzo) dei mercati azionari.
Ma non tutti sono d'accordo in questa interpretazione pessimistica: ad esempio Bill Latimer, capo reasearch di O'Shaghnessy Asset Management, sostiene che le vendite da parte dei manager non sono un accurato barometro di come si muoverà un titolo, in quanto spesso le vendite sono slegate dalle prospettive societarie.
Dopo questi dati, i portavoce di alcune società si sono affrettati a calmare gli animi: alcuni hanno spiegato che le vendite sono legate a stock option in scadenza che poi non sarebbe più stato possibile esercitare. Ma la maggior parte si è trincerato dietro un "no comment". Con gli utili a picco negli ultimi mesi, dividendi azzerati, bonus falcidiati, oltre ai massicci licenziamenti, si potrebbe pensare che i manager, soprattutto non quelli da stipendi milionari, abbiano cercato di compensare le mancate entrate con qualche vendita sul mercato. Forse è così, ma il dubbio di essere arrivati al capolinea rimane.
www.websim.it
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Con sede a Princeton, nel New Jersey, InsiderScore è una società che dal 2004 elabora e vende dati sull'attività di trading dei manager delle società quotate, attività che in America (e anche in Italia) deve obbligatoriamente essere resa pubblica.
L'agenzia Bloomberg, che riporta la ricerca di InsiderScore, sottolinea che nella prima settimana del rally, a marzo, il rapporto tra venditori e compratori era di 1 a 1, salito progressivamente fino a settimana scorsa, quando per un manager che comprava azioni, ce n'erano nove che vendevano.
I dirigenti delle società quotate hanno accelerato drammaticamente le vendite a partire dal 2 giugno, quando il mercato, grazie al rimbalzo, è arrivato a trattare 15,5 volte gli utili, un multiplo che a Wall Street non si vedeva da otto mesi. Un segno negativo, sostengono gli analisti, perché se i manager si disfano delle azioni delle società che guidano, vuole dire che reputano le quotazioni non sostenibili.
Tornando indietro nel tempo, con numeri un po' differenti, anche lo scoppio della bolla Internet era stato anticipato da forti vendite azionarie dei manager. Nel primo trimestre del 2000, ricorda Bloomberg, i manager di società quotate avevano venduto azioni per la cifra record di 41,7 miliardi di dollari. Vendite che coincisero perfettamente con la fine del rally di Wall Street, a cui fece seguito una lunga fase di discesa (due anni e mezzo) dei mercati azionari.
Ma non tutti sono d'accordo in questa interpretazione pessimistica: ad esempio Bill Latimer, capo reasearch di O'Shaghnessy Asset Management, sostiene che le vendite da parte dei manager non sono un accurato barometro di come si muoverà un titolo, in quanto spesso le vendite sono slegate dalle prospettive societarie.
Dopo questi dati, i portavoce di alcune società si sono affrettati a calmare gli animi: alcuni hanno spiegato che le vendite sono legate a stock option in scadenza che poi non sarebbe più stato possibile esercitare. Ma la maggior parte si è trincerato dietro un "no comment". Con gli utili a picco negli ultimi mesi, dividendi azzerati, bonus falcidiati, oltre ai massicci licenziamenti, si potrebbe pensare che i manager, soprattutto non quelli da stipendi milionari, abbiano cercato di compensare le mancate entrate con qualche vendita sul mercato. Forse è così, ma il dubbio di essere arrivati al capolinea rimane.
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