tontolina
Forumer storico
notizia tratta dal sito di http://www.migliorino.it/venerdi.htm
Fatemi ritornare sulla e-mail di ieri (Le banche d'affari emettono i loro giudizi, i vari rating. Secondo lei quanto di tutte le notizie sono frutto di strumentalizzazione e/o di subdola speculazione contrarian e quante invece sono da attribuire comunque alla buona fede?) per pubblicare una notizia di oggi:
Gli analisti che si interessavano del titolo Parmalat avevano una fede: il “buy” ad oltranza e “per tutta la vita”. Nella deposizione di oggi davanti al tribunale competente la consulente della procura Stefania Chiaruttini non ha usato mezze parole, e anzi questo passaggio è stato letto con una certa enfasi. Almeno fino a novembre 2003 gli analisti che “coprivano” la società hanno continuato ad affibbiare al titolo rating “buy” “nonostante tutte le richieste di chiarimento giunte all’investor relator della società Irene Cervellarara sulla situazione patrimoniale della società non trovassero risposta” ha specificato la Chiaruttini. E ricostruendo la storia dei rating dal 1999 in poi si è notato che l’80% dei reiterati giudizi “buy” veniva da case di analisi in conflitto d’interessi, in quanto di proprietà di istituti che nel frattempo vendevano alla clientela retail bond di Collecchio. Dopo novembre, con l’emergere dello scandalo Epicurum (il fondo nel quale aveva investito Parmalat rivelatosi in seguito insolvente), i giudizi sono diventati immediatamente “sell” (vendere). Tutti tranne uno: Citigroup, ricostruisce la Chiaruttini, ancora l’8 dicembre 2003 aveva confermato il rating “buy-medium risk”, quando anche Standard & Poor’s aveva sospeso il rating della società per l’emergere di forti incongruenze sulla reale entità del debito. Non solo: mentre Citigroup confermava il buy, incalza la Chiaruttini, “dai tabulati di Borsa italiana è emerso che era venditrice netta di titoli Parmalat”.
Mi sembra che, più chiari di così non si potrebbe essere: la consulente della procura Stefania Chiaruttini ha espresso, senza giri di parole, i termini della questione. In particolare: Citigroup, mentre confermava il rating Buy sul titolo, lo vendeva a piene mani.
Ditemi voi, adesso, che credibilità si può dare ai rating di questa "prestigiosa" banca d'affari?
Fatemi ritornare sulla e-mail di ieri (Le banche d'affari emettono i loro giudizi, i vari rating. Secondo lei quanto di tutte le notizie sono frutto di strumentalizzazione e/o di subdola speculazione contrarian e quante invece sono da attribuire comunque alla buona fede?) per pubblicare una notizia di oggi:
Gli analisti che si interessavano del titolo Parmalat avevano una fede: il “buy” ad oltranza e “per tutta la vita”. Nella deposizione di oggi davanti al tribunale competente la consulente della procura Stefania Chiaruttini non ha usato mezze parole, e anzi questo passaggio è stato letto con una certa enfasi. Almeno fino a novembre 2003 gli analisti che “coprivano” la società hanno continuato ad affibbiare al titolo rating “buy” “nonostante tutte le richieste di chiarimento giunte all’investor relator della società Irene Cervellarara sulla situazione patrimoniale della società non trovassero risposta” ha specificato la Chiaruttini. E ricostruendo la storia dei rating dal 1999 in poi si è notato che l’80% dei reiterati giudizi “buy” veniva da case di analisi in conflitto d’interessi, in quanto di proprietà di istituti che nel frattempo vendevano alla clientela retail bond di Collecchio. Dopo novembre, con l’emergere dello scandalo Epicurum (il fondo nel quale aveva investito Parmalat rivelatosi in seguito insolvente), i giudizi sono diventati immediatamente “sell” (vendere). Tutti tranne uno: Citigroup, ricostruisce la Chiaruttini, ancora l’8 dicembre 2003 aveva confermato il rating “buy-medium risk”, quando anche Standard & Poor’s aveva sospeso il rating della società per l’emergere di forti incongruenze sulla reale entità del debito. Non solo: mentre Citigroup confermava il buy, incalza la Chiaruttini, “dai tabulati di Borsa italiana è emerso che era venditrice netta di titoli Parmalat”.
Mi sembra che, più chiari di così non si potrebbe essere: la consulente della procura Stefania Chiaruttini ha espresso, senza giri di parole, i termini della questione. In particolare: Citigroup, mentre confermava il rating Buy sul titolo, lo vendeva a piene mani.
Ditemi voi, adesso, che credibilità si può dare ai rating di questa "prestigiosa" banca d'affari?