I tedeschi si riconoscono molto di più nella Weltanschauung del Presidente Putin che

tontolina

Forumer storico
Attenzione alla Germania che sta per esplodere!




Giuseppe Sandro Mela.
2015-05-13.
http://www.senzanubi.it/home/attenzione-alla-germania-che-sta-per-esplodere/



Le elezioni di Brema hanno messo in evidenza molti problemi.


(1). La SPD è in declino. Al punto tale che Jens Boehrnsen, leader socialista in Brema, si è dimesso a causa del disastro elettorale. Questo a dispetto di quanto riportato dalla stampa di regime che decantava una “vittoria” dei socialdemocratici.
(2). Anche i Grüne sembrerebbero avviarsi sul viale del tramonto.
(3). L’elettorato di sinistra preferisce allora i Linke.
(4). Biw, Fdp ed AfD continuano a crescere bene.
Ma questi non sono
i veri problemi.
(a). È andato a votare solo il 41% degli aventi diritto.
(b). È andato a votare quasi il 70% dell’elettorato dei quartieri ricchi.
(c). È andato a votare solo il 21% dell’elettorato dei quartieri poveri.
* * * * *
È evidente quanto sia anomala questa situazione, che peraltro rispecchia molto da vicino quanto i sondaggi indicherebbero per tutta la Germania.
- Né Spd né Cdu sembrano più in grado di richiamare le masse alle urne.
- In modo particolare, né Spd né Cdu sembrano più in grado di esprimere le esigenze delle classi meno abbienti.
Conseguenza.
Esattamente come avvenne nel 1931 – 1932, il primo politico che riuscisse a rappresentare i non votanti, ossia ben il 60% dell’elettorato, conquisterebbe il potere assoluto in Germania.
* * * * *
Signori miei.
Pensateci sopra con grande cura ed attenzione.
Il futuro della Germania non è nell’Unione Europea.
Il futuro della Germania non è nel welfare state.
Il futuro della Germania non è in questo sedicente “stato di diritto“.
I tedeschi si riconoscono molto di più nella Weltanschauung del Presidente Putin che non negli attuali disvalori occidentali.
AP. 2015-05-10. Center-left party seen winning German state vote.
BERLIN (AP) — Germany’s main center-left party won an election Sunday in the country’s smallest state, Bremen, and is expected to prolong its decades-long dominance there despite losing significant support, exit polls indicated.
Bremen has been led by the center-left Social Democrats since the 1940s. Exit polls for ARD and ZDF television showed them winning around 33 percent of the vote, down from more than 38 percent four years ago.
The polls also pointed to a thin majority at best in the state legislature for Mayor Jens Boehrnsen’s current coalition with the Greens, who also lost ground.
Still, his party was well ahead of Chancellor Angela Merkel’s conservative Christian Democrats, who are traditionally weak in Bremen but improved their tally modestly to about 23 percent. The conservatives have previously served as a junior governing party in Bremen.
About 500,000 people were eligible to vote in Bremen, which is financially weak and has an unemployment rate of 11.1 percent — the highest of any German state.
The pro-business Free Democrats, former partners in Merkel’s national government who are still trying to claw their way back after being ejected from the federal parliament two years ago, were set to re-enter Bremen’s legislature with 6.5 percent of the vote, the exit polls showed.
The polls put support for the two-year-old Alternative for Germany party, which advocates an end to the euro currency in its current form and talks tough on immigration, at about 5 percent — the minimum the party needs to enter the state legislature.
At national level, polls show a strong lead for Merkel’s party over the Social Democrats, who are her junior partners in the federal government.
AP. 2015-05-11. Smallest German state’s mayor quits after election.
BERLIN (AP) — The mayor of Bremen, Germany’s smallest state, is stepping down after his center-left party lost significant support in an election.
The departure of Jens Boehrnsen, Bremen’s mayor since 2005, is a blow to Germany’s main center-left Social Democrats amid persistently poor national poll ratings.
The party has led Bremen since the 1940s. It won Sunday’s state election with a disappointing 32.9 percent, down from 38.6 percent in 2011. Its coalition with the Greens, who also lost ground, emerged with only a slim majority in the state legislature.
Boehrnsen said Monday he will stand aside so his party “can set the political course for a better result” in four years’ time. It wasn’t clear who will replace him.
The Social Democrats are the junior partners in Chancellor Angela Merkel’s national government.
DPA International. 2015-05-11. Bremen mayor quits as Germany’s Social Democrats mull drop in support.
Berlin (dpa) – The head of government of Germany’s smallest state announced Monday that he would step down after a drastic slump in voter support for his Social Democratic Party (SPD) in Bremen’s state-assembly election the previous day.
In a written statement, Jens Boehrnsen, 65, who has run the state for the past decade and will remain as caretaker until a new government chief is chosen, said, “I am taking responsibility for the disappointing electoral result for my party.”
His party, which is Germany’s number two nationally and part of Chancellor Angela Merkel’s federal coalition, was licking its wounds after losing nearly 6 percentage points of support compared to a 2011 poll.
With a final count not due until Wednesday, the state electoral commission said data so far showed the SPD winning just 32.9 per cent of votes. It is the worst poll result ever in the 70 years that the SPD has headed the city-state’s government.
The Greens, the other party in Boehrnsen’s coalition, also took a bad hit at the hustings.
The coalition won 44 of 83 seats in the state assembly, only just enough to retain power.
The vote in Bremen, an industrial centre and port with 655,000 inhabitants, was the second and last of two regional polls this year. A similar SPD-Green line-up scraped back to power in the Hamburg election in February.
Boehrnsen holds the title of both city mayor and president of the Senate, equivalent in rank to premier in Germany’s other states.
With 5.7 per cent of votes, the eurosceptic party Alternative for Germany (AfD), founded in 2013, was expected to win seats in Bremen for the first time. Electoral law denies seats to parties unless they win at least 5 per cent of votes in one of Bremen’s two precincts.
The commission’s projections showed Merkel’s Christian Democrats won 22.6 per cent, the hard-left Die Linke 9.2 per cent and the pro-business Free Democrats 6.5 per cent, making a comeback after a total loss in 2011.
Merkel’s CDU, which regularly scores about 40 per cent in nationwide opinion polls, has never made much headway in the northern cities, but took comfort from a 2-point gain in the vote share.
Merkel said the SPD and Greens had themselves to blame for the turnout of only 50 per cent.
“It might have been better to put a bit more effort into mobilizing (voters). That seems to me to have been the problem on the Social Democratic side,” she told reporters in Berlin.
Voto Finish. 2015-05-11. SPD e Verdi in netto calo a Brema, maggioranza ridotta al minimo.
Ieri si è votato a Brema per le elezioni metropolitane: come Amburgo, la città rappresenta, insieme alla più piccola Bremerhaven, anche uno Stato federale (in questo caso, il più piccolo dei sedici Lander tedeschi) di cui il sindaco è presidente. Brema è tradizionalmente un feudo socialdemocratico: l’SPD ha infatti guidato ininterrottamente la città dal secondo dopoguerra. Ma le elezioni di ieri rappresentano una grande novità per gli equilibri territoriali, che potrebbero avere ricadute anche a livello nazionale. Fa rumore, infatti, il forte calo del partito socialdemocratico, che si somma a quello ancora più marcato subito dai Verdi. Sindaco-presidente resterà comunque Jens Böhrnsen, già alla guida di Brema dal 2005. Eppure ha poco da festeggiare: con il 32,9%, l’SPD perde quasi 6 punti percentuali e passa da 36 a 30 seggi: un calo imprevedibile, che nessun sondaggio della vigilia aveva rilevato. I Verdi, partner di minoranza dell’SPD, soffrono ancora di più, pagando il grande exploit del 2011 (si era votato poche settimane dopo l’incidente di Fukushima) e tornando al ruolo di terzo partito, con il 15,3% e 14 seggi. La somma dei due partiti è di appena due voti superiore a quella necessaria per la maggioranza assoluta: l’assemblea metropolitana (Senato) conta infatti 83 membri, e SPD e Verdi ne totalizzano 44.
Conquista consenso invece la CDU, con il 22,6% (+2,2% rispetto al 2011) e 20 seggi: di fronte a una maggioranza troppo risicata e quindi a rischio, non è escluso che i socialdemocratici possano decidere di avviare una grande coalizione (già sperimentata a Brema fino al 2007). La situazione è resa complessa anche dal numero di partiti che saranno rappresentati nella nuova assemblea regionale: erano cinque nella precedente legislatura, saranno ben sette in quella nuova. Va molto bene la Linke: la sinistra radicale è la destinazione principale dei consensi in libera uscita dai Verdi, guadagna 3,5 punti percentuali e arriva a toccare il 9,2% e 8 seggi. Restano rappresentati, con un solo seggio, anche i Cittadini arrabbiati (BIW), una piccola formazione di estrema destra, grazie al buon risultato ottenuto a Bremerhaven. Entrambi questi partiti sono comunque destinati a rimanere all’opposizione.
Il Senato di Brema si affolla invece nel centro-destra, con l’ingresso sia dei liberali dell’FDP sia degli euroscettici di Alternativa per la Germania (AfD). Per l’FDP il risultato di Brema sembra essere l’uscita dal tunnel degli ultimi due anni, nei quali lo storico partito liberale è stato estromesso sia dal parlamento federale sia da molte assemblee regionali. Il cambio di leadership a livello nazionale con Christian Lindner e una campagna elettorale efficace della giovane Lencke Steiner, appena trentenne, ha portato l’FDP al 6,5% e a 6 seggi: una buona notizia anche per Angela Merkel, che ha tutto da guadagnare dalla ripresa dei liberali per le alleanze su base locale e, nel 2017, anche al Bundestag. Molto più incerto, fino all’ultimo, è stato l’ingresso al Senato di Brema di AfD, che nelle ultime settimane ha pagato lo scotto di molte importanti defezioni causate dalla sua deriva xenofoba (secondo indiscrezioni, lo stesso leader Bernd Lucke potrebbe uscirne per fondare un nuovo partito). Alla fine, il partito riesce a entrare per la quinta volta consecutiva nel parlamento di uno Stato federale, pur fermandosi al 5,5%, poco sopra la soglia minima necessaria per ottenere seggi (4 in tutto).
Forschungsgruppe Wahlen. 2015-05-11. Rot-Grün nur noch mit knapper Mehrheit.
annheim, 11.05.2015) Bei der 18. Bürgerschaftswahl wird die SPD zum 18. Mal stärkste Partei, verliert aber 5,7 Prozentpunkte und kommt nach der Hochrechnung des statistischen Landesamtes (Stand 11. Mai 2015, 01:55 Uhr) auf 32,9 Prozent, was das schwächste Bremen-Ergebnis in der Nachkriegsgeschichte bedeutet. Die Grünen haben nach ihrem Ausnahmeresultat 2011 erhebliche Einbußen und kommen auf 15,3 Prozent (minus 7,2), womit das rot-grüne Bündnis insgesamt deutliche zweistellige Verluste einfährt. Dennoch kann sich die CDU von ihrem Fiasko vor vier Jahren kaum erholen und erreicht nur 22,6 Prozent (plus 2,2), die Linke legt klar auf 9,2 Prozent (plus 3,6) zu. Die FDP schafft nach ihrem Absturz vor vier Jahren mit jetzt 6,5 Prozent (plus 4,1) die Rückkehr in die Bürgerschaft. Dort sind erneut auch die „Bürger in Wut“ (BIW) vertreten, die landesweit 3,3 Prozent (minus 0,4) erzielen, aber dank 6,5 Prozent im Wahlgebiet Bremerhaven mit einer dort eigenständigen Sperrklausel ein Mandat erzielen. Schließlich wird mit 5,5 Prozent erstmals auch die AfD im Bremer Landtag vertreten sein. Alle sonstigen Parteien erreichen 4,7 Prozent (minus 2,1) Die Wahlbeteiligung fällt mit 48,9 Prozent (minus 6,6) auf das schwächste Niveau in einem westdeutschen Bundesland überhaupt.
Dass die SPD dennoch klar stärkste Partei bleibt, basiert nach den Mustern früherer Bremen-Wahlen auch jetzt auf Spitzenkandidat, Strukturvorteil, Parteiansehen sowie Sachkompetenzen, mit denen die Sozialdemokraten auch über die Mitte hinaus bürgerlich-wirtschaftsnahe Wählermärkte erreichen. Begünstigt wird die relative SPD-Stärke von einer schwachen CDU, die aufgrund inhaltlicher und vor allem personeller Defizite nicht als überzeugende Alternative zu Rot-Grün wahrgenommen wird.
Zunächst war die Bürgerschaftswahl, bei der für 77 Prozent die Lokalpolitik und nur für 19 Prozent der Bund wichtiger war, einmal mehr auch Bürgermeisterwahl, bei der der SPD-Spitzenkandidat abermals zur geschätzten Integrations- und Identifikationsfigur avanciert: 65 Prozent aller Befragten wollten Jens Böhrnsen und lediglich 18 Prozent die CDU-Herausforderin Elisabeth Motschmann als Regierungschef/in.
Neben parteiübergreifend hoher Anerkennung für Böhrnsens Bürgermeister-Arbeit – für 70 Prozent macht er hier einen guten Job und nur für 21 Prozent einen schlechten – ist ein Grund für diesen selten großen Vorsprung ein markanter Reputationsunterschied: Auf der +5/-5-Skala (sehr viel bis sehr wenig Ansehen) erreicht Böhrnsen sehr gute 2,1, wogegen Motschmann mit minus 0,3 im Negativbereich verortet wird.
Neben dem politischen Spitzenpersonal hat die Bremer CDU mit 0,0 (2011: minus 0,2) auf der +5/-5-Skala ein ungewöhnlich geringes Parteiansehen, das weit unter dem Niveau der Bundes-CDU liegt. Die SPD (1,6; 2011: 2,0) spielt beim Image in einer anderen Liga, wird aber genau wie die Grünen (0,5; 2011: 1,3) nun weniger gut beurteilt, was sich unter anderem leistungsbezogen erklärt: Zwar besser als CDU oder Linke in der Opposition, kann der Senat – und im Detail vor allem die Grünen – jetzt weit weniger überzeugen als noch 2011.
Beim für die Wähler wichtigsten Thema, Bildung und Schule, macht für 27 Prozent die SPD die beste Politik, den Grünen (11 Prozent) wird weniger und der CDU (23 Prozent) wieder etwas mehr zugetraut als 2011. Bei der Finanzkompetenz rutscht die SPD im hochverschuldeten Bremen jetzt hinter die CDU, die aber bei Jobs und Wirtschaft atypisch schwach ist.
Signifikant ist die CDU-Großstadtschwäche vor allem in Sozial- und Ausländerfragen, wo neben den Grünen jetzt die Linke relativ stark ist. Deren Gesamtplus beruht aber auch auf einer Imagekorrektur. Mit minus 0,9 (2011: minus 1,9) auf der +5/-5-Skala wird die Linke sogar weniger kritisch als die FDP gesehen, die – seit zwei Jahrzehnten in Bremen negativ – nur minus 1,4 (2011: minus 1,5) erreicht. Bei den Sachkompetenzen praktisch unsichtbar, ist ein Faktor für den FDP-Erfolg die Spitzenkandidatin: Soweit Lencke Steiner in der Gesamtheit überhaupt bekannt ist, wird sie zwar negativ bewertet, unter FDP-Anhängern entfaltet sie aber Zugkraft.
Gewählt wird die FDP von fünf Prozent der Frauen, aber von sieben Prozent der Männer. SPD und CDU schneiden bei Wählern und Wählerinnen ähnlich ab, die Grünen dagegen bei Frauen mit 19 Prozent überproportional. Während die SPD bei den 60- bis 69-Jährigen sowie den ab 70-Jährigen (40 bzw. 42 Prozent) relativ stark ist, sorgen bei der CDU primär die ab 70-Jährigen für den Gesamtvorsprung vor den Grünen: Hier kommt die CDU auf 33 Prozent, bei den 60- bis 69-Jährigen sind es nur 21 Prozent und bei allen unter 60-Jährigen, wo die Beteiligung schwächer ist als in der älteren Generation, liegen die Grünen (19 Prozent) mit der CDU (19 Prozent) auf Augenhöhe.
Die Linke kommt bei den 16- bis 29-Jährigen auf zwölf Prozent, ist bei den 30- bis 59-Jährigen ebenfalls zweistellig und bei den ab 60-Jährigen (sechs Prozent) eher schwach. Die AfD bekommt in allen Altersgruppen ähnlich viel Zuspruch, ist aber wie die FDP bei Männern relativ stark.
Am Ende war die Bürgerschaftswahl eher ein Votum für Jens Böhrnsen und weniger deutlich als 2011 ein Regierungsauftrag für einen Senat mit sichtbaren Verschleißerscheinungen. Während Rot-Grün klar als Koalitionsmodell an Attraktivität verloren hat, bleibt die Bremer CDU weiterhin keine überzeugende Alternative. Profitieren können im Stadtstaat mit seiner spezifischen Politkultur und vielen urban-sozialen Problemen einmal mehr die kleineren Parteien, die in Bremen traditionell großes Potenzial besitzen.
Panteres. 2015-05-11. Election 2015: Why counting in Bremen takes so long.
Bremen has the least number of electors and a shockingly low turnout. Nevertheless, the counting of votes takes the longest here. Why?
In the state elections in Bremen, there will be no election night preliminary official final result. The right to vote in Germany’s smallest federal state is complicated, count the votes of almost 500,000 voters, therefore takes longer than any other state and federal elections. And although the turnout was well below 50 percent.
The Land Returning Officer has provided a first projection in views for 21.30 clock. The projections are then updated until around midnight a sample of 53 of 352 polling stations and 17 111 letter constituencies is determined in the city of Bremen. Until then, should be counted in the city of Bremerhaven all 74 urn and 20 absentee voting districts.
The end result will be published on Wednesday
426 urn and 131 absentee ballots districts must be counted in Bremen – that will last until Wednesday. Then, the State Statistical Office will publish the preliminary results.
But why does it take so long in Bremen, until a result is obtained? The Electoral Office gives two reasons: Firstly, each of approximately 500 000. electorate can forgive five votes. Secondly, will centrally tallied the Electoral Office. Because of the limited number of available staff it was not possible to evaluate the ballots decentralized.
Radio Bremen broadcast live, as the votes are counted.
 
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riassunto del video sopra:

– L’Europa non esiste.
– Soltanto l’integrazione Germania-Russia può minacciarci, non lo permetteremo.
– Per questo sosteniamo Kiev.
– L’esercito di Kiev è il nostro esercito, tant'è vero che diamo medaglie ai loro soldati.
– Noi stiamo posizionando armi in tutti i paesi dell’Est europeo, approfittando della loro russofobia.
– Ovviamente agiamo al di fuori del quadro della NATO.
– Il nostro scopo: stabilire un cordone sanitario attorno alla Russia.
– Noi possiamo invadere ogni paese del mondo, mentre nessun paese può invaderci.
– Tuttavia, non possiamo occupare l’Eurasia; la tattica è fare in modo che i paesi si dilanino tra loro.
– Per la Russia, lo status dell’Ucraina è una minaccia esistenziale.
– «È cinico, è amorale, ma funziona».
– L’obiettivo non è vincere il nemico, ma destabilizzarlo.
– La destabilizzazione è il solo scopo delle nostre azioni estere. Non instaurare la democrazia; quando abbiamo destabilizzato un Paese, dobbiamo dirci: «Missione compiuta», e tornare a casa.
– La nostra incognita è la Germania. Che cosa farà? Non lo sa nemmeno lei. Gigante economico e nano politico, come sempre nella storia.
– «L’Europa subirà la stessa sorte di tutti gli altri Paesi: avranno le loro guerre. Non ci saranno centinaia di milioni di morti, ma l’idea di una esclusività europea, a mio avviso, la porterà a delle guerre. Ci saranno dei conflitti in Europa. Ce ne sono già stati, in Iugoslavia ed ora in Ucraina. (sintesi di Maurizio Blondet)
 
Se Scalfari dà ragione a Berlusconi
:eek:
http://blog.ilgiornale.it/rossi/2015/05/12/se-scalfari-da-ragione-a-berlusconi/



.....

LA LETTERA DEL CAVALIERE
Scalfari si riferiva alla lettera che Silvio Berlusconi aveva scritto il giorno prima al Corriere della Sera, in relazione alla mancata partecipazione dei leader occidentali al 70emo anniversario della vittoria russa sul nazismo.
La lettera (che potete leggere qui) è stata per il Cavaliere l’occasione per ribadire le posizioni in politica estera e mostrare una visione geopolitica ed una lucidità di analisi raramente riscontrabili nel dibattito italiano e nella mediocrità che accompagna i servizievoli maggiordomi dell’occidentalismo dominante.
Berlusconi ha sostanzialmente spiegato, in linea con il realismo conservatore e liberale che in America appartiene a figure come Henry Kissinger e lontano dal fanatismo ideologico delle cricche affaristiche neo-con, il perché isolare Putin è un errore e perché l’Occidente dovrebbe aiutare la Russia ed il suo leader nello sforzo di evoluzione democratica e di integrazione con l’Europa.
La lettera di Berlusconi ha avuto un tale successo che persino al Corriere della Sera sono rimasti sbalorditi: il suo intervento è stato uno degli articoli di politica più letti di sempre, ripreso da analisti e rilanciato sui social da personaggi del tutto inaspettati.
La dimostrazione che quando Berlusconi sveste i panni del capo-branco di un partito alla deriva e veste quelli dello statista, la sua credibilità torna al di sopra delle miserie della politica italiana.



.....
.....
In questi giorni Angela Merkel è a Mosca a fare proprio quello che Berlusconi auspicava nel suo intervento. È improbabile che la Cancelliera tedesca abbia letto l’editoriale di Scalfari (anche se lui sarebbe convinto di si). Più probabile che la sua azione diplomatica sia semplicemente dettata da quel buon senso realista che dovrebbe guidare ogni leader di nazione libera e indipendente.
 
Malachia Paperoga 19 ore fa Nessun commento
Gli scioperi che paralizzano la Germania non finiranno facilmente

Un articolo del Guardian analizza dettagliatamente la situazione del mercato del lavoro tedesco. La resa dei sindacati iniziata negli anni ’90 ha smantellato la struttura del mercato del lavoro tedesco, peggiorando le condizioni di vaste fasce di lavoratori e migliorando quelle di altri, in particolare quelle dei top manager. Come qualcuno spiega già da anni, questa evoluzione ha avuto pesanti ripercussioni su tutta la UE, aggravando gli squilibri interni all’eurozona. Il governo tedesco è ancora oggi impegnato a difendere questa sciagurata “riforma strutturale”, ma è destinato a fallire per il semplice fatto che essa è, a lungo andare, insostenibile.


Di Wolfgang Streeck, 22 maggio 2015

Gli scioperi tedeschi una volta erano come gli scherzi tedeschi: una contraddizione in termini. Ma le cose sono cambiate: quest’anno la più grande economia europea sta stabilendo un nuovo record di azioni sindacali, e tutti, dai macchinisti agli insegnanti degli asili nido e delle scuole materne fino ai lavoratori delle poste, hanno recentemente incrociato le braccia.



L’ondata di scioperi non è soltanto un fatto congiunturale: è un altro aspetto dell’inesorabile disintegrazione di quello che era “il modello tedesco”.


Le buone condizioni economiche sono un fattore, ma i sindacati delle fiorenti industrie dell’export non sono quelli che stanno scioperando in questi giorni. Gli scioperi avvengono nei servizi interni, soprattutto nel settore pubblico, e ci sono elementi per dire che non finiranno in breve.


Ai vecchi tempi, i potenti sindacati dei metalmeccanici dettavano la linea degli aumenti salariali di tutta l’economia. Ma l’ultima volta che la IG Metall ha dichiarato uno sciopero generale è stato nel 1984 (una data simbolica, non è vero? NdVdE). Negli anni ’90 i membri del sindacato, in particolare nelle grandi industrie automobilistiche, hanno imparato a loro spese che i posti di lavoro in questo settore possono essere delocalizzati all’estero più facilmente che in passato, in Cina o negli ex paesi comunisti dell’est Europa.
La competizione internazionale non riguarda più solo le quote di mercato, ma anche l’occupazione. Non ci volle molto perché i leader dei sindacati lo notassero. La paura della disoccupazione, guarda un po’, è anche responsabile della mancata volontà dei lavoratori manifatturieri tedeschi di contribuire al riequilibrio macroeconomico dell’Unione Europea, che trarrebbe giovamento dall’aumento dei loro salari in modo da limitare il surplus commerciale tedesco.


Oggi, le agitazioni si sono spostate sui servizi, dove la delocalizzazione dei lavoratori è più difficile. Ma ci sono altri fattori che contribuiscono all’aumento del disordine nel settore industriale. Fin dall’unificazione tedesca, i datori di lavoro pubblici, per conseguire il consolidamento fiscale, hanno frammentato il particolare regime di contrattazione collettiva del settore pubblico, che comprendeva tutti, dai netturbini ai professori e generava, essenzialmente, gli stessi aumenti annuali di salario per tutti. Inoltre, molti lavori – inclusi i macchinisti, gli insegnanti e gli impiegati postali – hanno perso il peculiare status tedesco di Beamter, ossia di servitori pubblici senza il diritto allo sciopero ma con un lavoro a vita e la garanzia di un aumento della retribuzione in linea con il tasso di crescita economica.
Inoltre, la progressiva privatizzazione dei servizi pubblici, combinata con la disoccupazione e la de-sindacalizzazione che l’ha accompagnata, ha messo sempre più in competizione i salari del settore pubblico, portando problemi fino a quel momento sconosciuti per i sindacati, causati da quello che stava rapidamente diventando un sistema duale dei salari.


Un altro sviluppo che ha contribuito a aumentare il conflitto industriale è stata la comparsa di nuovi impieghi, specialmente nella cura dei bambini e degli anziani. Nonostante la retorica governativa della loro indispensabilità e della virtù morale del loro lavoro, questi tendono ad essere pagati poco e il loro lavoro è spesso precario. I lavoratori di questo settore devono cercare il loro posto in una struttura salariale che è in profondo cambiamento. A meno che non si organizzino – per la qual cosa possono rivolgersi a Verdi, il grande sindacato dei servizi pubblici e privati – devono accontentarsi delle pacche sulle spalle dei politici, i quali, pressati dall’esigenza di tenere a posto i bilanci, non necessariamente fanno seguire alle loro parole i fatti di stipendi e condizioni di lavoro in linea con le abilità richieste per un servizio di qualità.
Aggiungiamo a tutto questo il fatto che il progresso tecnologico offre ai datori di lavoro opportunità per mettere pressione sulle occupazioni un tempo privilegiate, come i piloti di volo, i controllori di volo e i macchinisti. Generalmente, a costoro viene chiesto di accettare un salario più basso, delle condizioni di lavoro peggiorative e un lavoro meno sicuro, sulla base del fatto che il loro lavoro non richiede più le stesse abilità di prima a causa degli avanzamenti dei processi tecnologici e informatici. Nel lungo periodo, essi possono addirittura diventare degli esuberi – una prospettiva che paradossalmente contribuisce alla guerra sul salario dal momento che il TFR e le indennità di disoccupazione vengono calcolate sulla base dell’ultima retribuzione del lavoratore.
Tutto questo concorre a una generale erosione formale e informale delle norme salariali che per molti decenni hanno garantito la pace all’interno del capitalismo tedesco. L’aumento delle differenze tra i salari dei lavoratori e una struttura occupazionale in transizione può potenzialmente causare conflitti esplosivi. Dove in passato c’erano aumenti salariali equi per tutti, che seguivano la linea dettata dall’industria metallurgica, oggi c’è la stagnazione nei settori più esposti e salari in caduta in molti segmenti del settore dei servizi.
Un’altra parte del quadro complessivo sono gli enormi aumenti – in stile anglo-americano – degli stipendi dei top manager, specialmente, ma di certo non esclusivamente, nel campo della finanza. Questo avviene in un paese dove le differenze di reddito tra i lavoratori e i manager sono sempre state storicamente basse. I salari in vertiginoso aumento per i manager sono disconnessi dalla realtà della grande maggioranza delle famiglie, che soffrono non solo a causa di salari stagnanti o in caduta e per le condizioni di lavoro in via di peggioramento, ma anche per i tagli ai servizi e ai benefit pubblici. Questo fa sì che gli appelli ai lavoratori di accettare strette sui salari a beneficio dell’intera nazione e dell’economia, suonino ipocriti a molti.
Il sistema di contrattazione salariale tedesco si sta avvicinando a una condizione di far west privo di qualsiasi norma, come avvenuto in Inghilterra negli anni ’70. A quel tempo, il sociologo di Oxford John Goldthorpe diagnosticò una condizione di anomia industriale: una fondamentale assenza di consenso sui legittimi principi distributivi tra capitale e lavoro, così come tra diversi gruppi di lavoratori.
Il governo tedesco, con il suo ministro socialdemocratico del lavoro, sta cercando di sopprimere il crescente conflitto industriale limitando il diritto ad organizzare scioperi e rendendo gli scioperi di parte dei sindacati – ad esempio i macchinisti – illegali. Ma questo tentativo fallirà, molto probabilmente davanti alla corte costituzionale (che anche in Germania non terrà conto delle conseguenze economiche delle sue decisioni… #DAR! NdVdE) e certamente nella pratica, in un mondo in cui la struttura delle imprese e dei settori non è più favorevole all’aggregazione sindacale industriale e alla sua dottrina di “un posto di lavoro, un sindacato”, e dove i macchinisti, i piloti di aereo e altri lavoratori si sentiranno autorizzati a difendersi organizzando scioperi ove necessario, indipendentemente da quello che può dire la legge.
 

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