TOO BIG TO FAIL - Oggi la
Grecia, scrive il giornale, è “too big to fail”, ovvero un suo default avrebbe conseguenze troppo grandi per il pianeta per permetterlo, visto che i debiti nei confronti del sistema bancario ammontano a 300 miliardi di euro. Un portavoce del ministero delle finanze ellenico ha detto che la
Grecia ha rifiutato le proposte portate ultimamente da
Goldman e
JP, proprio per favorire la trasparenza come richiesto dall’Ue, mentre le due banche hanno preferito non commentare. “
I politici non vedono l’ora di poter procastinare i problemi di finanza pubblica, gettandoli sulle spalle delle generazioni future“, ha commentato l”economista
Gikas A. Hardouvelis: Wall Street non ha creato il debito europeo, ma ha aiutato i governi a nasconderlo con metodi perfettamente legali ma che poi hanno finito per ritorcersi contro a chi, come la
Grecia, li ha utilizzati. “
Se un governo vuole imbrogliare, imbroglierà“, dice
Garry Schinasi del Fondo Monetario Internazionale,
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anche se i metodi costicchiano: il paese ellenico ha pagato 300 milioni di euro di parcelle ai ragazzuoli di GS, secondo fonti interpellate dal giornale.
UN BUCO SENZA FONDO? - I derivati, di cui non si trova traccia nei documenti ufficiali, non consentono quindi di dire con certezza quanto siano grandi i guai in cui si trova la
Grecia, e quali altri governi potrebbero aver usato gli stessi metodi. Quindi, il pericolo non sarebbe soltanto appannaggio del paese ellenico, ma anche di
Portogallo, Spagna e Italia. Per questo, la nascita dell’euro sarebbe avvenuta con un “peccato originale”: alcune nazioni, tra cui la nostra, avrebbero nascosto sotto il tappeto parte del loro deficit negli anni tra il
1996 e il
1998 (durante i governi
Prodi e
D’Alema), riducendo parte dei loro debiti attraverso i derivati. Uno strumento utilizzato è stato l’
interest rate swap, il contratto swap più diffuso, quello con cui due parti si accordano per scambiarsi reciprocamente, per un periodo di tempo predefinito al momento della stipula, pagamenti calcolati sulla base di tassi di interesse differenti e predefiniti (un fisso al posto di un variabile o viceversa), applicati ad un capitale nozionale. Un altro, il currency swap, serve a minimizzare gli effetti della volatilità dei tassi di cambio delle monete. Con l’aiuto di
JP Morgan, scrive il
NYT, il governo italiano nel 1996 ha usato il derivato per portare il proprio budget in linea, con uno
swap con
JP a un tasso di cambio favorevole; in cambio, l’
Italia si è impegnata a futuri pagamenti che non sono finiti nel bilancio come passività. La vicenda italiana aveva provocato code polemiche fino al
2001. L’operazione, come dichiararono ufficialmente sia il
Tesoro italiano sia le autorità di
Bruxelles, aveva superato l’esame di
Eurostat, alla quale spetta la valutazione dei criteri per il calcolo del debito pubblico dei paesi europei e che ne aveva certificato la regolarità.