Padre Maes parla delle rivolte di piazza che, come in uno schema riprodotto già in Tunisia, in Libia e in Egitto,
nel 2011 avrebbero dato origine alla guerra civile:
“L’idea che una rivolta popolare abbia avuto luogo contro il presidente Assad è completamente falso.
Sono a Qara dal 2010 e ho visto con i miei occhi come agitatori provenienti dall’esterno della Siria hanno organizzato proteste contro il governo e reclutato i giovani;
e quello che loro giravano veniva trasmesso da Al Jazeera per dare l’impressione che una ribellione fosse in atto.
Ho visto gli omicidi commessi da terroristi stranieri contro le comunità sunnite e cristiane nel tentativo di seminare discordia religiosa ed etnica tra il popolo siriano”.
UN PAESE ARMONIOSO
Spiega che prima della guerra, la Siria era
“un paese armonioso: uno stato laico in cui le diverse comunità religiose vivevano fianco a fianco in pace”.
Uno Stato autoritario certo, repressivo spesso come tutti i regimi mediorentali, ma una nazione dove la libertà della minoranza cristiana era garantita.
E che la Siria di Assad fosse uno dei paesi più avanzati del Medio Oriente, uno dei pochi con una classe media intraprendente e benestante,
con servizi sociali all’avanguardia per gli standard della regione, è cosa risaputa.
Ora la guerra ha distrutto tutto. Come ha documentato
Razziye Akkoc sul Telegraph, il paese che aveva uno dei tassi di alfabetizzazione più alti
del Medio Oriente ora vede il sistema scolastico a pezzi con oltre il 45% dei bambini che non possono più frequentare le scuole
(a causa del conflitto o perché distrutte) con un impatto drammatico sulle future generazioni;
il paese che aveva uno dei sistemi sanitari più avanzati del mondo arabo oggi ha la metà degli ospedali distrutti e i medici costretti a fuggire, con l’aspettativa di vita scesa a 55 anni (era del 70 nel 2010).