Azioni Italia Il trading secondo noi

i miei illustri amici traders hanno incrementato il levgas...

io non ci sono riuscito... in quanto il boss mi ha terrorizzato a morte... e mi ha accusato di essere homo di poca fede... :(
 
aggiornamento:



dax in area di rimbalzo........6820 prima di capitolare in area 6100 in pochissime sedute......, cmq okki aperti......, potrebbe regalare un gap down di fuga spiazzando chi crede nella spalla dx......, raggiugengo il suddeto tg ......., in kiusura weekly......,

idem es.... ......., il copper......., è arrivato al punto di non ritorno......., discesa della 3 ribassista o la C ......., cmq un -20% dovrebbe regalarlo nei prossimi mesi......

baltic dry index chiama bufera......, il dj si inclina....russelll segue...........,

yankee in sofferenza....., lo zio ben nn ha + carte......... l'era del grande bluff è finita.......

la grecia........, nn estiste + nel contesto economico mondiale....., tutti i soldi elargiti ...., non saranno mai restituiti.....


amen[/FONT]

ricominciamo da qui:
vediamo se rimbalza o se nega la spalla dx dell'hs ribassista

sempre sh di dax con mezza posizione...
 
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vediamo se rimbalza o se nega la spalla dx dell'hs ribassista

sempre sh di dax con mezza posizione...

se andasse male a destra e a manca... mi sparo... ma non con un normale revolver... vado in una caserma militare e mi faccio disintegrare con un carro armato...
 
se qualcuno ha trovato un qualsiasi strumento per shortare a morte AAPL lo comunichi in pvt. Grazie.
Va bene tutto eccetto le otp... anche i CW vanno bene...
 
se qualcuno ha trovato un qualsiasi strumento per shortare a morte AAPL lo comunichi in pvt. Grazie.
Va bene tutto eccetto le otp... anche i CW vanno bene...


Ciao a tutti,
Io non ho ancora trovato granchè...solo cw per shortare nasdaq...
anch'io non sono ancora rientrato sul levgas a questo punto il gas voglio vederlo sui 2eur per un'entrata più sostanziosa!
 
buon giorno a tutti,

l'olanda vuole uscire dall'euro? :-?
gli stati che vogliono abbandonare la moneta unica iniziano ad essere troppi...


è ufficiale: dal 01/10/12 IVA al 23%



hatiro:
non avevi il pmc a 26,16?
perchè solo 3% gain?

ciao MATLEY, il pmc era 26,26 siccome i pezzi erano 50 le commissioni hanno inciso maggiormante, altrimenti il gain tra il pmc e il prezzo di vendita era del 5%...
 
In Germania nel mese di gennaio 2012 gli ordini all’industria sono scesi del 2,7%. Il dato è nettamente peggiore delle attese degli analisti che avevano indicato per il primo mese dell’anno un aumento degli ordini all’industria dello 0,7%. Rivisto al ribasso anche il dato di dicembre che passa da +1,7% a +1,6%. A determinare il crollo degli ordini è stato il dato sugli ordini provenienti dall’estero, calati del 5,5%.


:eek::eek::eek:
azz -2,7% in krukklandia :help:
 
GEOFINANZA/ Una nuova "guerra" in arrivo dalla Cina
Mauro Bottarelli :bow:


«Non esistono rimedi rapidi ai problemi dell’Europa ed è irrealistico sperare che la Cina corra in nostro soccorso. Finora non ho visto nessun coinvolgimento ufficiale di Pechino nei mercati finanziari europei». Intervistato dal Wall Street Journal, il presidente della Bce, Mario Draghi, metteva la parola fine sulla querelle riguardo il ruolo da “cavaliere bianco” che la Repubblica popolare avrebbe nei confronti della crisi dell’eurozona, con cinque promesse di intervento in un anno, tutte disattese dai fatti.
In compenso, in perfetta contemporanea con le parole di Draghi, proprio il ministro del Commercio cinese faceva sapere che se l’Europa vuole gli aiuti della Cina per la sua crisi sui debiti pubblici, allora deve rinunciare a perseguire le pratiche commerciali del gigante asiatico ritenute anti-concorrenziali, chiaro riferimento all’indagine antidumping su diverse tipologie di prodotti cinesi importanti aperta dalla Commissione Ue lo scorso dicembre. Stando alla denuncia, i produttori cinesi godono di fatto di sovvenzioni pubbliche tramite agevolazioni fiscali e acquisti di materie prime da parte dello Stato che rifornisce le aziende a prezzi sotto costo.
E, tra breve, per far fronte al calo delle esportazioni, vero motore dell’economia cinese, il governo di Pechino pare intenzionato a unire alla guerra valutaria dello yuan anche quella commerciale, con un aumento delle tasse sull’export, il primo dal 2009 a oggi. Lo conferma il quotidiano China Daily, secondo cui la mossa sarebbe una risposta «che il ministero del Commercio è intenzionato a prendere, quando i tempi saranno appropriati, in risposta al calo dell’export dovuto alla crisi del debito europea». Ammettendo per la prima volta anche «fattori interni» per spiegare il momento di relativo rallentamento economico del Paese, il vice-ministro al Commercio, Zhong Shan, ha ricordato come l’export cinese abbia subito una contrazione dello 0,5% da inizio anno, il primo calo in due anni. La risposta, quindi, è aumentare le tasse sulle esportazioni, facendo pagare di più le proprie merci che, comunque, rimangono praticamente senza concorrenza proprio per le pratiche di dumping dei produttori cinesi.
Nel 2009, l’aumento fu dal 9,8% al 13,5%, mentre a oggi Pechino non intende sbilanciarsi con le cifre, ma si parla di un possibile ritocco fino al 15%. In contemporanea, la Banca centrale cinese ha tagliato di mezzo punto la ratio di riserva per le grandi banche, portandola al 20,5% e aumentando così la capacità di prestito di 400 miliardi di yuan, circa 50 miliardi di euro, in risposta al continuo crollo dei prezzi immobiliari, scesi ulteriormente a gennaio per il quarto mese di fila. Di più, l’indice che misura la costruzione di nuove case è sceso del 25%, mentre quelle invendute sono salite al 30%.


Tutti indicatori destinati a spedire shocks nel settore e che Zhiwei Zhang di Nomura ha definito senza giri di parole «allarmanti», visto che il comparto pesa per il 13% del Pil cinese, una percentuale simile a quella spagnola nel picco della bolla immobiliare iberica, mentre il credito, negli ultimi cinque anni, è cresciuto del 100%, a causa proprio delle politiche di blitz come quella appena annunciata dalla Banca centrale. Una scelta che ha sì inondato il paese di liquidità, ma in conseguenza di un contesto di rallentamento, ha aumentato il divario tra ricchi e poveri e innescato una pericolosa spirale inflattiva, salita al 4,5% in gennaio e destinata a crescere ancora restringendo di molto le possibili opzioni espansive del governo.
A livello macro, l’economia cinese ha raggiunto un punto nel quadro del ciclo dove il trade-off tra crescita e prezzi in salita comincia a diventare molto meno benigno. Ne è convinto anche Martin Wolf, editorialista del Financial Times che nell’articolo «Dopo l’Europa, la Cina?», mercoledì preconizzava che la prossima crisi finanziaria globale rischia di esplodere proprio a Pechino, se il gigante asiatico dovesse aprire troppo velocemente o in maniera sbagliata il suo mercato finanziario al resto del mondo. Secondo Wolf, «la Cina fa bene ad aprirsi lentamente», perché se non è certo che sarà lei il prossimo epicentro di crisi va rilevato che «pochi paesi hanno evitato di incapparvi dopo liberalizzazioni e integrazione nell’economia mondiale». L’editorialista cita innanzitutto gli Usa degli anni ‘30 del secolo scorso, ma anche Giappone e Svezia degli anni ‘90, e poi Messico, Corea del Sud e di nuovo Usa, Gb e ora l’Europa.
Se il processo di apertura della Cina dovesse essere «gestito male, gli stessi cinesi potrebbero perderne il controllo, con conseguenze devastanti». La Banca centrale della Cina ha suggerito un piano progressivo fatto di tappe che si adatterebbero sia alle esigenze della Cina che a quelle del resto del mondo. «Se così deve essere, allora è adesso che bisogna ampiamente discuterne - conclude Wolf - perché le questioni cinesi non riguardano solo i cinesi. Questo è quel che significa essere una superpotenza, come dovrebbero sapere gli americani».
Insomma, l’argomento comincia a prendere piede. Lo conferma anche un report congiunto di Banca Mondiale e Development Research Centre cinese, secondo cui «quella dell’industrializzazione selvaggia a trazione statale è una ricetta largamente esaurita. L’attuale modello di crescita è totalmente insostenibile, poiché ha colpito i suoi parabordi a ogni fronte e rischia un’ingestibile frizione con i partner commerciali se il surplus non sarà portato sotto il livello di controllo. Inoltre, l’economia cinese sta vedendo venire a mancare la manodopera a basso costo dalla campagne e sta conoscendo un cambiamento demografico molto serio, che porterà il livello della ratio di dipendenza degli anziani dal sistema al raddoppio entro venti anni». Insomma, mosse e contromosse, come quella del ministero del Commercio cinese.


Queste contromosse, però, potrebbero anche innescare una reazione molto dura da parte di Usa e Ue: i primi pronti a far sentire il soft-power, magari utilizzando la Siria come pretesto, la seconda obbligata a trovare soluzioni per disarmare la crisi che non contemplino Pechino tra le opzioni in gioco. Tanto più che, lungi dal voler comprare il suo debito, la Cina punta a mettere radici nell’Ue, come conferma l’annuncio della scorsa settimana dell’apertura della prima fabbrica automobilistica cinese, la Great Wall, in territorio europeo, per l’esattezza in quella Bulgaria dal basso costo del lavoro e bassa imposizione fiscale per le aziende. Insomma, in certe aree per la Cina comincia a diventare più economico produrre nell’Ue, rovesciando il tavolo che vedeva i grandi marchi europei delocalizzare in Oriente: «Entrare nel mercato europeo è la nostra strategia dichiarata», ha confermato l’ad di Great Wall, Wang Fengying. Bruxelles è avvertita.

P.S. A proposito di Europa, ecco una chicca. Il grafico qui in basso mette a confronto gli asset totali della Bce al netto dell’asta Ltro di mercoledì (colonna rossa) e capitale e riserve (colonna verde): 3000 miliardi contro 82, ovvero un’esposizione alla leva pari a 36,6 a 1. Ecco cos’è la Bce, l’hedge fund peggio capitalizzato del mondo. Peccato che le abbiamo delegato la salvezza dell’eurozona...
 

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Il premier spagnolo Mariano Rajoy ha annunciato a Bruxelles che ha deciso di infischiarsene delle austerità che la UE (alias, la Merkel) vuole imporre alla Spagna. L’eurocrazia voleva che il governo ispanico abbassasse limite del deficit al 4,4 per cento del Pil di quest’anno (era stato dell’8,5 % l’anno scorso); Rajoy ha fatto sapere che, invece, il suo governo si è posto un limite del 5,8 per cento. “Decisione sovrana”, ha detto. Punto e basta.

A questo punto, il “Fiscal Compact” – ossia il trattato con cui 27 paesi, sotto dettatura germanica, si sono impegnati a inserire l’obbligo di pareggio nella Costituzione e a far controllare i loro conti, preventivamente, dai Commissari – è lettera morta. Monti se ne accorgerà? L’economia spagnola è in recessione da tre anni e si contrarrà quest’anno dell’1,7%: il primo ministro Rajoy ritiene che il suo Paese abbia già dato, e non abbia bisogno di ulteriori strette di bilancio che hanno il solo effetto di aggravare la depressione. L’opinione pubblica è tutta con lui, a giudicare dai commenti sui giornali: “Il Paese non è in vena di subire umiliazioni da un Cancelliere che si appropria di tutti i risparmi d’Europa e non ascolta nessuno, come fosse il padrone assoluto dell’Unione”.

Frattanto in Olanda, nel Nord ricco, Geert Wilder, leader del Partito della Libertà (destra populista) ha proposto l’uscita dall’euro: “L’euro non è nell’interesse dell’Olanda. Vogliamo essere padroni in casa nostra, torniamo al fiorino”. Wilder ha citato uno studio inglese, secondo cui per tenere insieme l’unione monetaria costerà ai nordeuropei 2400 miliardi di euro, se Italia e Spagna entrano nella situazione di Grecia o Portogallo. Geert ha detto inoltre: prima dell’euro, l’Olanda è cresciuta al ritmo del 3% annuo per tre anni; dopo l’introduzione dell’euro, è all’1,25%, meno di Svezia e Svizzera che si sono tenute la divisa nazionale. L’attuale governo olandese, di minoranza, ha bisogno dell’appoggio esterno del partito di Wilders per durare.
 

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