Fleursdumal
फूल की बुराई
Market Wizard: Intervista a William Eckhardt (parte I) , preso da Cobraf.com
William Eckhardt è una delle figure chiave nella fantasmagorica saga della finanza, pur essendo praticamente ignoto
al grande pubblico. Se gli operatori di elite ci fossero tanto familiari quanto lo sono le personalità leader in
altri campi, uno se lo potrebbe immaginare su una di quelle vecchie pubblicità della American Express (che
reclamizzano nomi importanti ma sconosciuti come quello dell’ assistente di direzione alla vice presidenza di Garry
Goldwater): “Mi riconosce? Ero il socio di quello che è forse il miglior speculatore sui future dei nostri tempi,
Richard Dennis.
Ero io che ho scommesso con Dennis che l’ abilità nel trading non si può insegnare. Il gruppo di operatori
conosciuti nel settore come i Turtles, le Tartarughe, è stata la conseguenza di un esperimento per risolvere questa
scommessa”. A questo punto, il nome WILLIAM ECKHARDT può anche comparire sullo schermo a grandi lettere.
Dunque, chi è William Eckhardt?
E’ un matematico che allorquando gli sarebbe mancato poco a prendere un Ph.D., ha fatto un giretto nel mondo del e
non è più (almeno ufficialmente) tornato al mondo accademico. Eckhart trascorse sul floor i primi anni da operatore.
Come ci si poteva attendere, alla fine abbandonò questa arena di trading spontaneo per il metodo più analitico delle
operazioni a sistema.
Per dieci anni, Eckhart fece fruttare egregiamente il proprio conto, che lui gestiva a partire dai segnali generati
dai sistemi che aveva elaborato, ma integrandoli con le sue valutazioni personali sull’andamento dei mercati. Negli
ultimi cinque anni, ha anche gestito un pugno di conti altrui, la media dei profitti in questo periodo essendo stata
pari al 62 percento, da una perdita del 7 percento nel 1989 ad un guadagno del 234 percento nel 1987. Dal 1978, la
media dei profitti per il proprio conto personale è assommata a più del 60 percento, con un unico anno negativo, il
1989.
Al momento della nostra intervista, dopo una carriera nell’anonimato, Eckhardt era pronto a divulgare ad un pubblico
più vasto la sua passione per la gestione del denaro. Dal 1978, aveva guadagnato in media più del 60 per cento per
anno nel suo trading personale, con il 1989 come unico anno di perdita. Perché ora Eckhardt era intenzionato a
venire alla ribalta cercando attivamente fondi altrui da gestire? Perché non continuava semplicemente ad operare sul
suo conto e su quelli di pochi amici ed associati, come aveva fatto da sempre? Facendo chiaramente accenno alle
Tartarughe [vedi il prossimo capitolo], Eckhart ammise candidamente: “Mi ero stufato di vedere i miei allievi che
amministrano centinaia di milioni mentre io gestivo delle somme in paragone irrisorie”. E chiaro che Eckhardt
sentiva che era arrivato il momento di incassare quello che gli era dovuto.
Ovviamente, la ricerca di sistemi di trading è un qualcosa che piace a Eckhardt e, come è naturale, è questo il modo
in cui si guadagna da vivere, ma si può proprio dire che la sua vera passione probabilmente è la investigazione
scientifica. Anzi, in un certo senso proprio la ricerca di borsa o relativa ad essa è lo strumento con cui Eckhardt
si procura i soldi per quei progetti scientifici che lo affascinano. E’ attratto dall’ esplorazione di alcuni dei
grandi paradossi che continuano a sconcertare gli scienziati.
La meccanica quantistica ha catturato il suo interesse per la sfida che il buon senso pone al teorema di Bell, che
dimostra che misure su sistemi di particelle separati e distanti si possono determinare a vicenda, in situazioni in
cui fra un sistema e l’altro non vi può essere nessun tipo di influenza. L’evoluzione è un altro campo di cui si
occupa, nel tentativo di trovare una risposta all’enigma della riproduzione sessuata: Perché la natura porta avanti
la riproduzione sessuata, laddove un organismo trasmette solo la metà dei suoi geni, mentre nella riproduzione
asessuata vengono trasmessi il 100 per cento dei geni? Ma forse il suo studio più intenso è mirato alla comprensione
del concetto di tempo. Quando intervistai Eckhart, lui stava lavorando su di un libro sulla natura del tempo (la sua
premessa fondamentale era che il trascorrere del tempo fosse un’illusione).
Eckhardt aggiunge molti punti di forza all’arte della progettazione di sistemi di trading: anni di esperienza sia
come operatore sia dentro che fuori sala, una mente chiaramente analitica, una rigorosa formazione matematica. E’
questa la combinazione di fattori che assegna ad Eckhardt un margine di vantaggio sulla maggioranza degli altri
allestitori di sistemi di trading.
Come diventasti partner di Richard Dennis?
Rich [Dennis] ed io eravamo amici di scuola. Probabilmente ci siamo incontrati perché condividevamo l’interesse per
i mercati, ma la nostra amicizia non riguardò mai il trading. Rich cominciò con la borsa ai tempi del college. Io
proseguii gli studi, lavorando in vista di una dissertazione per il dottorato in logica matematica. Nel 1974, rimasi
impantanato per motivi politici.
Cosa intendi dire con “impantanato”?
Stavo scrivendo una dissertazione per un dottorato in logica matematica alla Università di Chicago, per un
matematico di fama mondiale. Tutto stava andando avanti per il meglio fino a che un nuovo membro di facoltà,
specializzato, guarda caso, in logica matematica, non si aggregò allo staff. In teoria, io ero il suo unico
studente. Di conseguenza, il ruolo di supervisore della mia tesi passò dal mio consulente di allora a questo nuovo
membro di facoltà, che a quel punto decise che voleva proprio farmi fare una tesi diversa. Come risultato, dopo che
avevo svolto tutto il programma del corso, che avevo superato i miei esami e finito tre quarti della mia
dissertazione, mi venne messo il bastone fra le ruote. In quel periodo, Rich mi suggerì di prendermi un anno
sabbatico per provare ad operare sul floor. Lo feci, e non tornai mai più all’Università.
Il cambiamento da universitario, studente di matematica ad operatore di borsa parrebbe un cambiamento radicale. Sì,
lo fu. Anche se avevo conservato un certo interesse per la natura dei prezzi speculativi, devo ammettere che la
logica matematica ha a che fare molto alla lontana con il trading sul floor. Se non altro, arrivai sul pit con
troppi preconcetti su come funzionavano i mercati.
Che genere di preconcetti?
Andai lì con l’idea che potevo applicare direttamente ai mercati le tecniche che avevo assorbito come matematico. Mi
sbagliavo a riguardo.
Hai tentato di metterle in pratica?
I trader che operano nella tranquillità del loro ufficio vivono o muoiono in virtù delle loro idee riguardo il
mercato oppure in virtù dei loro sistemi. Questo non vale per i trader sul floor. Come pit trader, devi essere solo
in grado di misurare esattamente quando un mercato poteva fluttuare di uno o di pochi tick. A prescindere dal fatto
se la sottostante teoria sia più o meno accurata, una volta che acquisita questa capacità tecnica, si tende a tirar
avanti con quella. Nei fatti, io conosco un sacco di presunti operatori che si attengono a presunti sistemi: medie
in mutamento continuo, cicli lunari e Dio solo sa quali. Quando ricevono dei segnali da questi sistemi, in sostanza,
servono sulla domanda o comprano impattando l’offerta. Alla fine del mese si ritrovano con un profitto, che
attribuiscono immancabilmente alla bontà dei loro sistemi. E invece alcuni di questi sistemi sono completamente
vacui. Io, forse, facevo delle variazioni sul tema. Avevo le mie idee in fatto di speculazione e di trading, e nell’
arena andavo bene. Ma non credo di aver fatto molti soldi con le mie idee sul comportamento dei mercati.
Su cosa si basavano le tue decisioni di vendere o di comprare sul floor?
Fondamentalmente, compravo quando le mani deboli vendevano e vendevo quando loro compravano. Ripensandoci adesso,
non sono sicuro che la mia strategia avesse qualcosa a che fare con il mio successo. Supponendo che l’autentico
prezzo teorico si debba trovare da qualche parte fra la lettera ed il denaro, allora se si compra alla migliore
domanda , si sta comprando quel mercato ad un po’ meno di quello che vale. Ugualmente, se si vende alla migliore
offerta, si sta vendendo per un poco di più di quello che vale. Di conseguenza, tutto sommato, le mie operazioni
avevano l’esito positivo che mi aspettavo, a prescindere dalla strategia. Il mio successo potrebbe esser dipeso
unicamente da quello.
E’ ciò che pensi veramente?
Penso che il vantaggio operativo probabilmente fu la ragione primaria del mio successo come floor trader. Il fattore
principale che riduce i conti dei piccoli clienti non è che i piccoli operatori abbiano inevitabilmente torto, ma
semplicemente che non sono in grado di abbattere i loro costi personali per le transazioni. Per costi di transazione
non intendo dire solo le commissioni ma anche le oscillazioni al momento di chiudere uno scambio. Come floor trader,
io ero sull’altro versante dell’ oscillazione.
Dato che eri stato un candidato al dottorato in matematica, in quello che facevi ti mancava qualche stimolo
intellettuale?
All’inizio si ma alla fine mi impegnai in serie ricerche sui prezzi e trovai tale compito il problema più tosto in
cui mi fossi imbattuto nella mia carriera accademica
Vi era una qualche area dei tuoi studi matematici che si poteva applicare ai sistemi di borsa?
Certamente – la statistica. L’analisi dei mercati sulle materie prime tendenzialmente presenta delle trappole per il
ragionamento statistico classico, e se si usano quegli strumenti senza avere delle buone basi, è facile finire nei
guai. La maggior parte delle applicazioni classiche della statistica si basa sul presupposto che la distribuzione
dei dati sia normale, o segua qualche altra forma conosciuta. La statistica classica funziona bene e permette di
trarre delle conclusioni precise se gli assunti sulla distribuzione dei dati sono corretti. Tuttavia, se i vostri
assunti sulla distribuzione sforano anche di un minimo, l’errore è abbastanza grande per far deragliare i delicati
indicatori statistici e, in parole povere, degli indicatori statistici robusti daranno dei risultati più affidabili.
In generale, i delicati test che gli statistici usano per estrapolare un significato dai dati marginali, non trovano
posto nella borsa. Noi abbiamo bisogno di armi statistiche smussate, di tecniche robuste.
Potresti chiarire cosa intendi per “robusti”?
Un robusto indicatore statistico è un indicatore che non si lascia perturbare in misura significativa da assunti
sbagliati sulla distribuzione dei dati.
Perché credi che queste tecniche siano più adatte per l’analisi di sistemi di borsa?
Perché credo che le distribuzioni dei prezzi siano un fattore patologico.
In che senso?
Per fare un esempio, le distribuzioni dei prezzi presentano una varianza [un parametro statistico sulla variabilità
dei dati] maggiore di quanto ci si aspetterebbe in base alla teoria della distribuzione. Benoit Mandelbrot, il
capostipite del concetto dei frattali, ha ipotizzato che la distribuzione della variazione di prezzo dei prezzi in
realtà abia una varianza infinita. Il campione di varianza [cioè la variazione implicita nei prezzi] non fa altro
che diventare sempre più grande mano a mano che gli si aggiungono dei dati. Se ciò è vero, allora la maggior parte
delle tecniche statistiche standard non sono valide per applicazioni su dati di prezzo.
Non capisco. Come fa la varianza ad essere infinita?
Un semplice esempio può dimostrare come una distribuzione possa assumere un valore medio infinito. (A proposito, la
varianza è una media – è la media dei quadrati dello scostamento da un'altra media). Consideriamo un semplice
percorso ad una dimensione, generato, diciamo, dai lanci di una monetina. Siamo interessati al tempo medio di attesa
fra successive perequazioni di teste e croci – cioè, il numero medio di lanci fra due croci consecutive nell’arco
dei lanci totali di testa o croce. Normalmente, se analizziamo questo processo, riscontriamo che il tempo di attesa
fra croci tende ad essere breve. Non vi è troppo da stupirsi. Dato che cominciamo sempre da una croce per misurare
il tempo di attesa, un’altra croce di solito non è molto lontana.
Tuttavia, a volte, o le croci o le teste si ripetono in continuazione, anche se è raro, e quindi può darsi che
dobbiamo aspettare un enorme lasso di tempo per un'altra croce, specialmente dal momento che è più probabile che i
lanci aggiuntivi aumentino, piuttosto che ridurre, questa discrepanza. Quindi, il nostro campione tendenzialmente
consisterà in molti tempi di attesa relativamente brevi e in alcuni valori erratici inquietantemente grandi.
Quale è la media? Straordinariamente, questa distribuzione non ha una media, ovvero si può dire che la media sia
infinita. Ad ogni stadio preso in esame, la vostra media campione sarà finita, naturalmente, ma mano a mano che
raccogliete più dati campione, la media slitterà in su inesorabilmente. Se raccogliete abbastanza dati campione, nel
vostro campione potete ottenere una media grande quanto volete.
Nell’esempio del lancio della monetina che hai appena fornito, la simulazione del computer consente di generare un
immenso campione di dati che permette di concludere che la media non ha un limite. Ma come fai ad affermare
definitivamente che le varianze delle distribuzioni dei prezzi delle merci non siano finite? I dati a disposizione
non sono assolutamente troppo limitati per trarre una conclusione del genere?
Vi sono dei problemi statistici nel determinare se la varianza del mutamento del prezzo sia infinita. Sotto alcuni
aspetti, queste difficoltà sono simili ai problemi che si hanno nell’accertare se siamo soggetti ad un riscaldamento
del pianeta. Ci sono delle indicazioni che vanno in quel senso, ma è difficile distinguere il recente aumento della
temperatura dalle variazioni casuali. Ottenere dei dati sufficienti per essere sicuri che la varianza del mutamento
del prezzo sia infinita, potrebbe richiedere secoli.
Se la varianza non è finita, significa che da qualche parte là fuori ci sono in agguato degli scenari più estremi di
quello che si potrebbe immaginare, sicuramente più estremi di quanto comporterebbe l’assunto che i prezzi si
conformano da una normale distribuzione – un assunto che sta alla base di molte applicazioni statistiche. Siamo in
presenza di un esempio di fronte alla caduta in un giorno di 8,000 punti della S&P, il 19 Ottobre del 1987. La
teoria della stima normale direbbe che un movimento giornaliero così vasto si potrebbe verificare poche volte in un
millennio. Qui abbiamo visto che si verificò entro dieci anni dalla inaugurazione del contratto S&P. Questo esempio
illustra perfettamente il fatto che dato che i prezzi del mercato non hanno una varianza finita, qualsiasi
valutazione del rischio calcolata in modo classico sarà nettamente sottostimata.
Otre alla conseguenza che gli operatori devono essere molto più cauti nel controllo del rischio di quanto potrebbe
far pensare la diretta interpretazione dei dati statistici, ci sono altre applicazioni pratiche nell’utilizzo di
quello che tu, in contrasto con i metodi che presuppongono una distribuzione delle probabilità normale, definisci un
“approccio robusto”? Una applicazione importante riguarda una situazione in cui si hanno indicatori molteplici per
un dato mercato. La domanda è: come si possono combinare efficacemente degli indicatori multipli? In base a certe
delicate misurazioni statistiche, uno potrebbe assegnare un determinato peso ai diversi indicatori. Ma questo metodo
tende a dipendere fortemente dalle ipotesi di partenza per quanto riguarda la relazione fra i diversi indicatori.
Nella pubblicazioni sulle statistiche robuste si scopre che, nella maggioranza delle circostanze, la miglior
strategia non consiste in una qualche ottimizzazione dello schema del peso, ma piuttosto nell’assegnare a ciascun
indicatore un peso pari a uno o a zero. In altre parole, accettare o rifiutare. Se l’indicatore è abbastanza buono
per essere usato, allora è abbastanza buono per avere lo stesso peso degli altri. Se non è in grado di soddisfare
questi parametri, allora è da lasciar perdere.
Alla scelta del mercato si applica lo stesso principio. Come si dovrebbero ripartire i propri capitali di rischio
fra i diversi mercati? Ancora, direi che la divisone dovrebbe essere uguale. O un mercato è abbastanza buono per
essere accettato, nel qual caso bisogna sostenerlo fino in fondo, oppure non vale affatto la pena di occuparsene.
Hai poco fa parlato di buchi neri nell’analisi di mercato. Ci puoi dare qualche esempio?
Qualsiasi metodo sensato deve rimanere invariante alla scelta di unità. Una violazione eclatante di questa regola si
ha con l’utilizzo di una certa categoria di tecniche con grafico a barre. Alcuni di queste sono semplici (angoli di
45 gradi) e alcune sono cervellotiche (disegnare sulla carta dei pentagoni regolari), ma hanno tutte in comune
l’utilizzo di angoli su di un grafico a barre. Molti dei compendi di tecniche di trading, compresi alcuni che
pretendono di essere sofisticati, contengono delle teorie del genere.
Ma basta una semplice considerazione per invalidare in un colpo solo e senza riserve tutti questi metodi di angoli
di varie misure: L’ampiezza di un angolo su di un grafico a barre non è invariante ai cambiamenti di scala. Ad
esempio, prendiamo in considerazione il metodo di tracciare una linea a 45 gradi a partire punto più in basso di un
movimento. Se lo si fa su due grafici dello stesso contratto ma con diverse scale di tempo e di prezzo, poniamo che
provengano da due agenzie diverse, le due linee di 45 gradi saranno differenti. Di conseguenza intersecheranno le
serie di prezzi in zone diverse.
Di fatto, l’angolo di una linea che congiunge due prezzi su di un grafico a barre non è affatto una proprietà della
serie dei prezzi in punti diversi. Dipende tutto da quali unità vengono utilizzate per il prezzo ed il tempo e da
come vengono dislocate sul grafico, tutte cose peraltro molto arbitrarie. Ci sono buoni metodi e cattivi metodi, ma
queste tecniche con angoli non rappresentano nessun metodo.
Per inciso, si noti che le linee di tendenza che comportano la connessione di due o più punti sulle serie dei
prezzi, sono invarianti ai cambiamenti di scala e, perciò, hanno un certo significato che le linee determinate da
inclinazioni invece non hanno. Su grafici di scala diversa, una stessa linea di tendenza si presenta con una
inclinazione diversa, ma interseca le serie di prezzi esattamente negli stessi punti. La mancanza di un significato
intrinseco degli angoli su di un grafico a barre ha importanza anche per gli operatori inclini all’uso di grafici
che non ricorrono agli angoli.
Il grado di inclinazione di una linea di tendenza su di un grafico spesso gioca un ruolo psicologico nell’effettuare
la operazione. Se si diventa preda di questa influenza, si sta lasciando che le scelte estetiche e pratiche del
disegnatore del grafico abbiano delle ripercussioni sulla nostra operazione. Regolando la scala dei prezzi, si può
far sembrare qualsiasi operazione lieve o vertiginosa.
Questo esempio mette anche in risalto uno dei vantaggi del trading computerizzato. Un computer ignora tutto tranne
quello è stato istruito a non ignorare. Se si volesse che un computer si rendesse conto della inclinazione, lo si
dovrebbe programmare con questa caratteristica. E a quel punto sarebbe del tutto chiaro che il valore della
inclinazione dipende direttamente dalla scelta delle unità e delle scale di prezzo e di tempo.
Sono sempre rimasto stupito da quanta gente o sia all’oscuro della sostanziale dipendenza dalle scale dei grafici ad
angolo o non si preoccupi dei suoi risvolti. La mia presa di coscienza della intrinseca arbitrarietà dei metodi di
angolazione della linea è proprio il motivo per cui non ho mai voluto impiegare nemmeno cinque minuti sugli angoli
di Gann o sugli studi di quelli che propongono questa metodologia.
William Eckhardt è una delle figure chiave nella fantasmagorica saga della finanza, pur essendo praticamente ignoto
al grande pubblico. Se gli operatori di elite ci fossero tanto familiari quanto lo sono le personalità leader in
altri campi, uno se lo potrebbe immaginare su una di quelle vecchie pubblicità della American Express (che
reclamizzano nomi importanti ma sconosciuti come quello dell’ assistente di direzione alla vice presidenza di Garry
Goldwater): “Mi riconosce? Ero il socio di quello che è forse il miglior speculatore sui future dei nostri tempi,
Richard Dennis.
Ero io che ho scommesso con Dennis che l’ abilità nel trading non si può insegnare. Il gruppo di operatori
conosciuti nel settore come i Turtles, le Tartarughe, è stata la conseguenza di un esperimento per risolvere questa
scommessa”. A questo punto, il nome WILLIAM ECKHARDT può anche comparire sullo schermo a grandi lettere.
Dunque, chi è William Eckhardt?
E’ un matematico che allorquando gli sarebbe mancato poco a prendere un Ph.D., ha fatto un giretto nel mondo del e
non è più (almeno ufficialmente) tornato al mondo accademico. Eckhart trascorse sul floor i primi anni da operatore.
Come ci si poteva attendere, alla fine abbandonò questa arena di trading spontaneo per il metodo più analitico delle
operazioni a sistema.
Per dieci anni, Eckhart fece fruttare egregiamente il proprio conto, che lui gestiva a partire dai segnali generati
dai sistemi che aveva elaborato, ma integrandoli con le sue valutazioni personali sull’andamento dei mercati. Negli
ultimi cinque anni, ha anche gestito un pugno di conti altrui, la media dei profitti in questo periodo essendo stata
pari al 62 percento, da una perdita del 7 percento nel 1989 ad un guadagno del 234 percento nel 1987. Dal 1978, la
media dei profitti per il proprio conto personale è assommata a più del 60 percento, con un unico anno negativo, il
1989.
Al momento della nostra intervista, dopo una carriera nell’anonimato, Eckhardt era pronto a divulgare ad un pubblico
più vasto la sua passione per la gestione del denaro. Dal 1978, aveva guadagnato in media più del 60 per cento per
anno nel suo trading personale, con il 1989 come unico anno di perdita. Perché ora Eckhardt era intenzionato a
venire alla ribalta cercando attivamente fondi altrui da gestire? Perché non continuava semplicemente ad operare sul
suo conto e su quelli di pochi amici ed associati, come aveva fatto da sempre? Facendo chiaramente accenno alle
Tartarughe [vedi il prossimo capitolo], Eckhart ammise candidamente: “Mi ero stufato di vedere i miei allievi che
amministrano centinaia di milioni mentre io gestivo delle somme in paragone irrisorie”. E chiaro che Eckhardt
sentiva che era arrivato il momento di incassare quello che gli era dovuto.
Ovviamente, la ricerca di sistemi di trading è un qualcosa che piace a Eckhardt e, come è naturale, è questo il modo
in cui si guadagna da vivere, ma si può proprio dire che la sua vera passione probabilmente è la investigazione
scientifica. Anzi, in un certo senso proprio la ricerca di borsa o relativa ad essa è lo strumento con cui Eckhardt
si procura i soldi per quei progetti scientifici che lo affascinano. E’ attratto dall’ esplorazione di alcuni dei
grandi paradossi che continuano a sconcertare gli scienziati.
La meccanica quantistica ha catturato il suo interesse per la sfida che il buon senso pone al teorema di Bell, che
dimostra che misure su sistemi di particelle separati e distanti si possono determinare a vicenda, in situazioni in
cui fra un sistema e l’altro non vi può essere nessun tipo di influenza. L’evoluzione è un altro campo di cui si
occupa, nel tentativo di trovare una risposta all’enigma della riproduzione sessuata: Perché la natura porta avanti
la riproduzione sessuata, laddove un organismo trasmette solo la metà dei suoi geni, mentre nella riproduzione
asessuata vengono trasmessi il 100 per cento dei geni? Ma forse il suo studio più intenso è mirato alla comprensione
del concetto di tempo. Quando intervistai Eckhart, lui stava lavorando su di un libro sulla natura del tempo (la sua
premessa fondamentale era che il trascorrere del tempo fosse un’illusione).
Eckhardt aggiunge molti punti di forza all’arte della progettazione di sistemi di trading: anni di esperienza sia
come operatore sia dentro che fuori sala, una mente chiaramente analitica, una rigorosa formazione matematica. E’
questa la combinazione di fattori che assegna ad Eckhardt un margine di vantaggio sulla maggioranza degli altri
allestitori di sistemi di trading.
Come diventasti partner di Richard Dennis?
Rich [Dennis] ed io eravamo amici di scuola. Probabilmente ci siamo incontrati perché condividevamo l’interesse per
i mercati, ma la nostra amicizia non riguardò mai il trading. Rich cominciò con la borsa ai tempi del college. Io
proseguii gli studi, lavorando in vista di una dissertazione per il dottorato in logica matematica. Nel 1974, rimasi
impantanato per motivi politici.
Cosa intendi dire con “impantanato”?
Stavo scrivendo una dissertazione per un dottorato in logica matematica alla Università di Chicago, per un
matematico di fama mondiale. Tutto stava andando avanti per il meglio fino a che un nuovo membro di facoltà,
specializzato, guarda caso, in logica matematica, non si aggregò allo staff. In teoria, io ero il suo unico
studente. Di conseguenza, il ruolo di supervisore della mia tesi passò dal mio consulente di allora a questo nuovo
membro di facoltà, che a quel punto decise che voleva proprio farmi fare una tesi diversa. Come risultato, dopo che
avevo svolto tutto il programma del corso, che avevo superato i miei esami e finito tre quarti della mia
dissertazione, mi venne messo il bastone fra le ruote. In quel periodo, Rich mi suggerì di prendermi un anno
sabbatico per provare ad operare sul floor. Lo feci, e non tornai mai più all’Università.
Il cambiamento da universitario, studente di matematica ad operatore di borsa parrebbe un cambiamento radicale. Sì,
lo fu. Anche se avevo conservato un certo interesse per la natura dei prezzi speculativi, devo ammettere che la
logica matematica ha a che fare molto alla lontana con il trading sul floor. Se non altro, arrivai sul pit con
troppi preconcetti su come funzionavano i mercati.
Che genere di preconcetti?
Andai lì con l’idea che potevo applicare direttamente ai mercati le tecniche che avevo assorbito come matematico. Mi
sbagliavo a riguardo.
Hai tentato di metterle in pratica?
I trader che operano nella tranquillità del loro ufficio vivono o muoiono in virtù delle loro idee riguardo il
mercato oppure in virtù dei loro sistemi. Questo non vale per i trader sul floor. Come pit trader, devi essere solo
in grado di misurare esattamente quando un mercato poteva fluttuare di uno o di pochi tick. A prescindere dal fatto
se la sottostante teoria sia più o meno accurata, una volta che acquisita questa capacità tecnica, si tende a tirar
avanti con quella. Nei fatti, io conosco un sacco di presunti operatori che si attengono a presunti sistemi: medie
in mutamento continuo, cicli lunari e Dio solo sa quali. Quando ricevono dei segnali da questi sistemi, in sostanza,
servono sulla domanda o comprano impattando l’offerta. Alla fine del mese si ritrovano con un profitto, che
attribuiscono immancabilmente alla bontà dei loro sistemi. E invece alcuni di questi sistemi sono completamente
vacui. Io, forse, facevo delle variazioni sul tema. Avevo le mie idee in fatto di speculazione e di trading, e nell’
arena andavo bene. Ma non credo di aver fatto molti soldi con le mie idee sul comportamento dei mercati.
Su cosa si basavano le tue decisioni di vendere o di comprare sul floor?
Fondamentalmente, compravo quando le mani deboli vendevano e vendevo quando loro compravano. Ripensandoci adesso,
non sono sicuro che la mia strategia avesse qualcosa a che fare con il mio successo. Supponendo che l’autentico
prezzo teorico si debba trovare da qualche parte fra la lettera ed il denaro, allora se si compra alla migliore
domanda , si sta comprando quel mercato ad un po’ meno di quello che vale. Ugualmente, se si vende alla migliore
offerta, si sta vendendo per un poco di più di quello che vale. Di conseguenza, tutto sommato, le mie operazioni
avevano l’esito positivo che mi aspettavo, a prescindere dalla strategia. Il mio successo potrebbe esser dipeso
unicamente da quello.
E’ ciò che pensi veramente?
Penso che il vantaggio operativo probabilmente fu la ragione primaria del mio successo come floor trader. Il fattore
principale che riduce i conti dei piccoli clienti non è che i piccoli operatori abbiano inevitabilmente torto, ma
semplicemente che non sono in grado di abbattere i loro costi personali per le transazioni. Per costi di transazione
non intendo dire solo le commissioni ma anche le oscillazioni al momento di chiudere uno scambio. Come floor trader,
io ero sull’altro versante dell’ oscillazione.
Dato che eri stato un candidato al dottorato in matematica, in quello che facevi ti mancava qualche stimolo
intellettuale?
All’inizio si ma alla fine mi impegnai in serie ricerche sui prezzi e trovai tale compito il problema più tosto in
cui mi fossi imbattuto nella mia carriera accademica
Vi era una qualche area dei tuoi studi matematici che si poteva applicare ai sistemi di borsa?
Certamente – la statistica. L’analisi dei mercati sulle materie prime tendenzialmente presenta delle trappole per il
ragionamento statistico classico, e se si usano quegli strumenti senza avere delle buone basi, è facile finire nei
guai. La maggior parte delle applicazioni classiche della statistica si basa sul presupposto che la distribuzione
dei dati sia normale, o segua qualche altra forma conosciuta. La statistica classica funziona bene e permette di
trarre delle conclusioni precise se gli assunti sulla distribuzione dei dati sono corretti. Tuttavia, se i vostri
assunti sulla distribuzione sforano anche di un minimo, l’errore è abbastanza grande per far deragliare i delicati
indicatori statistici e, in parole povere, degli indicatori statistici robusti daranno dei risultati più affidabili.
In generale, i delicati test che gli statistici usano per estrapolare un significato dai dati marginali, non trovano
posto nella borsa. Noi abbiamo bisogno di armi statistiche smussate, di tecniche robuste.
Potresti chiarire cosa intendi per “robusti”?
Un robusto indicatore statistico è un indicatore che non si lascia perturbare in misura significativa da assunti
sbagliati sulla distribuzione dei dati.
Perché credi che queste tecniche siano più adatte per l’analisi di sistemi di borsa?
Perché credo che le distribuzioni dei prezzi siano un fattore patologico.
In che senso?
Per fare un esempio, le distribuzioni dei prezzi presentano una varianza [un parametro statistico sulla variabilità
dei dati] maggiore di quanto ci si aspetterebbe in base alla teoria della distribuzione. Benoit Mandelbrot, il
capostipite del concetto dei frattali, ha ipotizzato che la distribuzione della variazione di prezzo dei prezzi in
realtà abia una varianza infinita. Il campione di varianza [cioè la variazione implicita nei prezzi] non fa altro
che diventare sempre più grande mano a mano che gli si aggiungono dei dati. Se ciò è vero, allora la maggior parte
delle tecniche statistiche standard non sono valide per applicazioni su dati di prezzo.
Non capisco. Come fa la varianza ad essere infinita?
Un semplice esempio può dimostrare come una distribuzione possa assumere un valore medio infinito. (A proposito, la
varianza è una media – è la media dei quadrati dello scostamento da un'altra media). Consideriamo un semplice
percorso ad una dimensione, generato, diciamo, dai lanci di una monetina. Siamo interessati al tempo medio di attesa
fra successive perequazioni di teste e croci – cioè, il numero medio di lanci fra due croci consecutive nell’arco
dei lanci totali di testa o croce. Normalmente, se analizziamo questo processo, riscontriamo che il tempo di attesa
fra croci tende ad essere breve. Non vi è troppo da stupirsi. Dato che cominciamo sempre da una croce per misurare
il tempo di attesa, un’altra croce di solito non è molto lontana.
Tuttavia, a volte, o le croci o le teste si ripetono in continuazione, anche se è raro, e quindi può darsi che
dobbiamo aspettare un enorme lasso di tempo per un'altra croce, specialmente dal momento che è più probabile che i
lanci aggiuntivi aumentino, piuttosto che ridurre, questa discrepanza. Quindi, il nostro campione tendenzialmente
consisterà in molti tempi di attesa relativamente brevi e in alcuni valori erratici inquietantemente grandi.
Quale è la media? Straordinariamente, questa distribuzione non ha una media, ovvero si può dire che la media sia
infinita. Ad ogni stadio preso in esame, la vostra media campione sarà finita, naturalmente, ma mano a mano che
raccogliete più dati campione, la media slitterà in su inesorabilmente. Se raccogliete abbastanza dati campione, nel
vostro campione potete ottenere una media grande quanto volete.
Nell’esempio del lancio della monetina che hai appena fornito, la simulazione del computer consente di generare un
immenso campione di dati che permette di concludere che la media non ha un limite. Ma come fai ad affermare
definitivamente che le varianze delle distribuzioni dei prezzi delle merci non siano finite? I dati a disposizione
non sono assolutamente troppo limitati per trarre una conclusione del genere?
Vi sono dei problemi statistici nel determinare se la varianza del mutamento del prezzo sia infinita. Sotto alcuni
aspetti, queste difficoltà sono simili ai problemi che si hanno nell’accertare se siamo soggetti ad un riscaldamento
del pianeta. Ci sono delle indicazioni che vanno in quel senso, ma è difficile distinguere il recente aumento della
temperatura dalle variazioni casuali. Ottenere dei dati sufficienti per essere sicuri che la varianza del mutamento
del prezzo sia infinita, potrebbe richiedere secoli.
Se la varianza non è finita, significa che da qualche parte là fuori ci sono in agguato degli scenari più estremi di
quello che si potrebbe immaginare, sicuramente più estremi di quanto comporterebbe l’assunto che i prezzi si
conformano da una normale distribuzione – un assunto che sta alla base di molte applicazioni statistiche. Siamo in
presenza di un esempio di fronte alla caduta in un giorno di 8,000 punti della S&P, il 19 Ottobre del 1987. La
teoria della stima normale direbbe che un movimento giornaliero così vasto si potrebbe verificare poche volte in un
millennio. Qui abbiamo visto che si verificò entro dieci anni dalla inaugurazione del contratto S&P. Questo esempio
illustra perfettamente il fatto che dato che i prezzi del mercato non hanno una varianza finita, qualsiasi
valutazione del rischio calcolata in modo classico sarà nettamente sottostimata.
Otre alla conseguenza che gli operatori devono essere molto più cauti nel controllo del rischio di quanto potrebbe
far pensare la diretta interpretazione dei dati statistici, ci sono altre applicazioni pratiche nell’utilizzo di
quello che tu, in contrasto con i metodi che presuppongono una distribuzione delle probabilità normale, definisci un
“approccio robusto”? Una applicazione importante riguarda una situazione in cui si hanno indicatori molteplici per
un dato mercato. La domanda è: come si possono combinare efficacemente degli indicatori multipli? In base a certe
delicate misurazioni statistiche, uno potrebbe assegnare un determinato peso ai diversi indicatori. Ma questo metodo
tende a dipendere fortemente dalle ipotesi di partenza per quanto riguarda la relazione fra i diversi indicatori.
Nella pubblicazioni sulle statistiche robuste si scopre che, nella maggioranza delle circostanze, la miglior
strategia non consiste in una qualche ottimizzazione dello schema del peso, ma piuttosto nell’assegnare a ciascun
indicatore un peso pari a uno o a zero. In altre parole, accettare o rifiutare. Se l’indicatore è abbastanza buono
per essere usato, allora è abbastanza buono per avere lo stesso peso degli altri. Se non è in grado di soddisfare
questi parametri, allora è da lasciar perdere.
Alla scelta del mercato si applica lo stesso principio. Come si dovrebbero ripartire i propri capitali di rischio
fra i diversi mercati? Ancora, direi che la divisone dovrebbe essere uguale. O un mercato è abbastanza buono per
essere accettato, nel qual caso bisogna sostenerlo fino in fondo, oppure non vale affatto la pena di occuparsene.
Hai poco fa parlato di buchi neri nell’analisi di mercato. Ci puoi dare qualche esempio?
Qualsiasi metodo sensato deve rimanere invariante alla scelta di unità. Una violazione eclatante di questa regola si
ha con l’utilizzo di una certa categoria di tecniche con grafico a barre. Alcuni di queste sono semplici (angoli di
45 gradi) e alcune sono cervellotiche (disegnare sulla carta dei pentagoni regolari), ma hanno tutte in comune
l’utilizzo di angoli su di un grafico a barre. Molti dei compendi di tecniche di trading, compresi alcuni che
pretendono di essere sofisticati, contengono delle teorie del genere.
Ma basta una semplice considerazione per invalidare in un colpo solo e senza riserve tutti questi metodi di angoli
di varie misure: L’ampiezza di un angolo su di un grafico a barre non è invariante ai cambiamenti di scala. Ad
esempio, prendiamo in considerazione il metodo di tracciare una linea a 45 gradi a partire punto più in basso di un
movimento. Se lo si fa su due grafici dello stesso contratto ma con diverse scale di tempo e di prezzo, poniamo che
provengano da due agenzie diverse, le due linee di 45 gradi saranno differenti. Di conseguenza intersecheranno le
serie di prezzi in zone diverse.
Di fatto, l’angolo di una linea che congiunge due prezzi su di un grafico a barre non è affatto una proprietà della
serie dei prezzi in punti diversi. Dipende tutto da quali unità vengono utilizzate per il prezzo ed il tempo e da
come vengono dislocate sul grafico, tutte cose peraltro molto arbitrarie. Ci sono buoni metodi e cattivi metodi, ma
queste tecniche con angoli non rappresentano nessun metodo.
Per inciso, si noti che le linee di tendenza che comportano la connessione di due o più punti sulle serie dei
prezzi, sono invarianti ai cambiamenti di scala e, perciò, hanno un certo significato che le linee determinate da
inclinazioni invece non hanno. Su grafici di scala diversa, una stessa linea di tendenza si presenta con una
inclinazione diversa, ma interseca le serie di prezzi esattamente negli stessi punti. La mancanza di un significato
intrinseco degli angoli su di un grafico a barre ha importanza anche per gli operatori inclini all’uso di grafici
che non ricorrono agli angoli.
Il grado di inclinazione di una linea di tendenza su di un grafico spesso gioca un ruolo psicologico nell’effettuare
la operazione. Se si diventa preda di questa influenza, si sta lasciando che le scelte estetiche e pratiche del
disegnatore del grafico abbiano delle ripercussioni sulla nostra operazione. Regolando la scala dei prezzi, si può
far sembrare qualsiasi operazione lieve o vertiginosa.
Questo esempio mette anche in risalto uno dei vantaggi del trading computerizzato. Un computer ignora tutto tranne
quello è stato istruito a non ignorare. Se si volesse che un computer si rendesse conto della inclinazione, lo si
dovrebbe programmare con questa caratteristica. E a quel punto sarebbe del tutto chiaro che il valore della
inclinazione dipende direttamente dalla scelta delle unità e delle scale di prezzo e di tempo.
Sono sempre rimasto stupito da quanta gente o sia all’oscuro della sostanziale dipendenza dalle scale dei grafici ad
angolo o non si preoccupi dei suoi risvolti. La mia presa di coscienza della intrinseca arbitrarietà dei metodi di
angolazione della linea è proprio il motivo per cui non ho mai voluto impiegare nemmeno cinque minuti sugli angoli
di Gann o sugli studi di quelli che propongono questa metodologia.