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KALI
Testo e ricerca di AnnaPirera per Il Cerchio della Luna



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Vieni, Madre, vieni!
Perché terrore è il Tuo nome,
La morte è nel Tuo respiro,
E la vibrazione di ogni Tuo passo
Distrugge un mondo per sempre.Vieni, Madre, vieni!
La Madre appare
A chi ha il coraggio d'amare il dolore
E abbracciare la forma della morte,
Danzando nella danza della Distruzione.

Vivekananada


Kali è forse la Dea più nota del pantheon induista, è la Dea dell'energia femminile attiva e dirompente, dalla potenza inarrestabile, erede dell'antica Dea della morte e della trasformazione.
Fra i suoi nomi abbiamo: Bhairavi – la spaventosa – Chamunda – il killer – Chandi – l’aggressiva – Jari-Mari – La calda-fredda

Kali è innanzitutto una Dea attiva, un femminile che è forza, uno degli aspetti di Shakti, la Dea dell'energia e del mutamento.
E' importatnte sottolineare che nel pensiero religioso e filosofico induista gli archetipi del maschile e del femminile si presentano in modo per molti versi opposto rispetto alla nostra cultura: al maschile e agli Dei maschi appartiene la passività, mentre la funzione attiva, espressiva, appartiene al femminile e alle Dee.

L'India è uno di quei rari luoghi in cui nella nostra epoca la Dea è ancora presente e oggetto di culto: Ella si mostra nell'induismo con volti e figure diverse, pur essendo in qualche modo sempre una, l'antica Dea, Devi(1).
Volti e figure che si intrecciano fra loro, mai statici, spesso mescolati, tanto che chi li studia fatica a trovare, guardando da vicino, i confini tra l'una e l'altra Dea, tanto spesso le forme di una comprendono gli attributi di un'altra e variando da regione a regione si confondono.
Ma non è così che accade, da sempre, per la Dea, cangiante e molteplice, una e inesauribile?

Con il nome Shakti, governa l'energia materiale, attiva, creativa, perennemente in mutamento.
Come Parvati, rappresenta il principio primo che si manifesta nel mondo.
Come Durga, Dea guerriera, ci viene incontro con impeto e potenza.
Con il nome di Lakshmi, porta con sé dolcezza e infinita abbondanza.
Come Radha, è l'amore divino, essenza di ogni relazione, potenza di piacere.
Saraswati, Ella canta il suono creativo della vibrazione eterna.

E ancora si manifesta con mille altri nomi e forme: Sita, Tara, Gayatri, Sati, Uma, Aditi....

E infine Kali, la più nota, come abbiamo detto, la più misteriosa, la più intensa, la più adorata.



Volti di Kali

Kali dall'impatto indiscutibile, di fronte a cui anche la più razionale, la più fredda delle persone si trova coinvolta, ingaggiata nel profondo.
Basta essere entrate anche una sola volta in un tempio di Kali, magari a Khaligat di Calcutta, o a Katmandu, da cui proviene l'immagine qui accanto, uno di quelli che ospita una Kali in forma irata - come vedremo ve ne sono anche forme pacificate - per non scordarsene mai più.

Se il tempio è affollato, è tutto un pigia-pigia di gente, donne, uomini, bambini; come spesso accade, lì; bisogna farsi largo, trovare uno spazio, aspettare e lasciarsi portare dal flusso lungo i corridoi, così che, quando ci si trova improvvisamente di fronte Lei, la sorpresa si mescola all'impatto. Altrimenti, se è un tempio minore, o un momento più tranquillo, ci si arriva subito, anche troppo presto, di fronte alla Murti(2), alla Dea che è davvero lì, non solo nella sua immagine, bensì nella sua Presenza.

In entrambi i casi ti assale un mondo di odori e spezie e fiori e sopra tutti, intenso, il sentore acre della cuccuma rossa e quello nauseante del sangue animale. Fiumi di rosso versati sulla Dea Nera, ai suoi piedi, che scorrono sui basamenti, sulle sue membra, sulla sua lingua. La potenza delle Sue braccia, il profilo dei teschi in collana, la bocca spalancata. Ella è nera, imponente, impressionante.

Per chi le sta di fronte, nessuno scampo. Un incontro senza sconti, senza mediazioni. Con se stesse e con Lei, come fosse una cosa sola.
E, insieme, l'incontro con quanto vi è di più alieno e oscuro. Con l'orrore e con la paura senza nome.

Kali ti costringe ad una nudità assoluta, ad un incontro allo specchio, e anche per questa sua caratteristica è al centro della via spirituale tantrica. Ella è la rottura di ogni schema, di ogni forma precostutuita; non a caso nel culto tantrico il devoto è invitato a rompere ad uno ad uno tutti i divieti e i tabù sociali in vigore, fino a cibarsi di cadaveri.

A differenza della più parte delle Murti, infatti, Kali, quando appare nella sua in forma irata, ugra, non ti guarda, non entra in relazione con te; non ha infatti la possibilità di vedere l’individuo, è energia pura, almeno fino a che non arriva al suo punto di rottura, finché non entra nella forma ‘pacificata’.
 
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Alcuni aspetti di Kali


Una caratteristica importante delle dee del mondo induista è il loro avere sempre una duplice valenza: rappresentano sia il mondo spirituale che quello materiale nella forma femminile.



Così Kali, come le altre, è al contempo la Dea e una dea, La Grande Dea e il suo volto di guerriera distruttrice e l'energia del tamo guna, il principio materiale che sottende ogni trasformazione.

In riferimento alle enegie della materia, Kali fa parte di una trinità di dee che ricorda molto la triplice dea in alcune sue forme dell’area europea e mediterranea.


Ci sono numerosi templi dedicati a tale triplice dea: Lakshmi, Saraswati, Kali, corrispondenti alle tre energie (guna) primarie: l'energia della creazione, rajas (Saraswati, la luna crescente), quella della conservazione, sattva, (Lakshmi, la luna piena) e quella della dissoluzione, tamas, (Kali, la luna nera)(3).



Kali è dunque il volto ‘oscuro’ della triplice, corrispondente alla luna nera, all’energia della morte, del sonno, dell’illusione e della coppia ignoranza-conoscenza misterica.


Kali è la figura che rappresenta anche il potere della trasformazione, che è sempre potere di morte, per cui è associata a serpenti.


Sempre quale 'volto oscuro'; Kali appartiene al mondo della Dea doppia: quella adorata in moltissimi villaggi nella semplice forma di una pietra rotondeggiante dipinta di rosso-ocra, come la coppia Parvati-Durga/Kali: Esse ci mostrano il volto luminoso, chiaro, attraente della dea con Parvati e in quello oscuro, nero e inquietante della stessa con Durga-Kali.

In India, le divinità si possono dividere in ‘calde’ e ‘fredde’.


Le prime esprimono i caratteri della fierezza, della rabbia, della guerra: sono divinità furiose e terrificanti che richiedono sacrifici – di sangue – per essere placate. Le altre sono dee familiari e gentili, che nutrono le comunità con amore e tenerezza.


Il femminismo radicale ha interpretato Kali come la manifestazione dell’inconscio collettivo femminile nella sua rabbia contro i regimi dominati dagli uomini.


E’ una spiegazione coerente e consistente, ma ha il difetto di ‘depotenziare’ Kali rendendola un transitorio momento storico, come a dire che essa scomparirà – guarirà – quando le parti saranno equilibrate e le donne torneranno brave e buone come nelle leggende gilaniche. Come dire che, alla fine, rimarrà solo la dolce Parvati.
E dell'energia primordiale dell'antica Dea della Morte, che ne sarà stato? No, mi sembra che impoverire la sua natura ci allontani dalla comprensione di cosa è, nella sua totalità, il divino femminile.

Un aspetto che rende Kali particolarmente interessante è il suo essere una Dea ‘vivente’ adorata ancora oggi, con la quale abbiamo la possibilità di un incontro ‘vivo’ nella dinamica dei suoi miti, dei suoi templi, delle sue feste, dei riti e della relazione con noi (per l’induismo, in tutte le sue varianti, la relazione è un aspetto essenziale – se non l’essenziale – del e nel divino).
 
Kali appare per la prima volta nel Rig Veda non in qualità di divinità ma come lingua nera delle sette lingue fiammeggianti di Agni, il dio del fuoco. Tuttavia, un prototipo della dea, intesa come divinità femminile, appare con il nome di Raatri che è considerata anche il prototipo della dea Durga.




Inviata sulla Terra per sgominare un gruppo di demoni, iniziò ad uccidere anche gli esseri umani
.


Per fermarla, Śiva si distese fra i cadaveri; quando la dea si accorse che stava per calpestare il proprio marito, interruppe la sua furia. Kali era il terzo elemento della triade indù,insieme a Brahma il creatore e Vishnu il preservatore .


Per completare il sistema mancava un distruttore, caratteristica che è considerata praticamente la funzione di kali.

Secondo gli insegnamenti dell'induismo,la morte non implica il passaggio alla non esistenza, ma semplicemente una trasformazione e un passaggio a una nuova forma di vita. Pertanto ciò che viene distrutto fa sì che gli esseri attraversino nuove fasi di esistenza : il distruttore è colui che crea nuovamente, ruolo che gli valse il nome di regina della Morte.
 
Ogni tanto li frequento e mi abbandono al Nam-myoho-renge-kyo.

Sono i buddisti di Nichiren Daishonin...in passato mi hanno molto confortato.

[ame]http://www.youtube.com/watch?v=NY5X6-pjpzs[/ame]
 
Nam Myoho Renge Kyo è il ritmo che regola e comprende la vita dell'universo.
In questa semplice frase sono racchiusi tutti gli insegnamenti del Buddha e la saggezza che ne deriva.
La traduzione letterale suona all'incirca in questo modo: "Dedico la mia vita alla mistica Legge del Sutra del Loto".
Myoho Renge Kyo è la traduzione in cinese antico del titolo del Sutra del Loto, il più alto insegnamento del Buddha Sakyamuni.
 
iCONOGRAFIA

La Sua immagine


Immagini e Murti di Kali da templi e luoghi diversi
Kali è descritta e raffigurata come:

Nera (kali, con la a breve significa “nera”, in sanscrito, e viene spesso confusa con la parola kala, con la a lunga, che significa “tempo”) Sia la pelle che i capelli sono neri, i suoi sacerdoti sono vestiti di nero, talvolta viene raffigurata insieme a gatti neri e viene adorata particolarmente durante le notti di luna nera.
Ci sono delle forma di Kali blu e porpora, forme ‘gentili’ o ‘pacificate’ della Dea con due delle mani in posizione benedicente che vengono adorate nelle case – anche se comunque all’esterno della casa vera e propria, forme che ricordano quelle di Narasimha (incarnazione di Krishna-Vishnu) pacificato.

Nuda: la nudità di Kali è stata a tal punto ‘difficile’ da creare un’iconografia in cui ella porta una cintura di braccia mozzate e nei templi spesso è ‘vestita’ con un sari rosso. All’origine, comunque, era nuda, con la vulva visibile, seni cadenti e il ventre gonfio, selvaggia, brutta.

Con i Capelli sciolti e scompigliati. I capelli sono simbolo della sessualità sia da un punto di vista archetipico che dal punto di vista concreto dell’organizzazione sociale in India, dove è possibile sapere se una donna è vergine, sposata o vedova a seconda di come tiene i capelli. La sua è una sessualità libera, sfrenata e selvaggia. Nella letteratura la Grande Dea, Devi, si scioglie i capelli ogni volta che è adirata o chiamata alla battaglia. Nel Mahabaratha, il venire sciolto dei capelli di Draupadi, la moglie dei Pandava – uno dei volti di Draupadi è infatti Kali, in cui ella si trasforma nel periodo trascorso in esilio nella foresta - fu la causa del collasso della civiltà e l’origine del caos e della guerra, che ebbe fine solo quando Draupadi potè lavare i suoi capelli nel sangue dei Kaurava e tornò a legarli nella tradizionale treccia.

Con indosso una ghirlanda di teste tagliate, maschili, con i baffi e un’aria virile. Sull’identità delle teste i miti raccontano storie diverse: demoni, uomini che si sono sacrificati a lei, simboli del falso io che la vita spirituale chiede di abbandonare, lettere dell’alfabeto sanscrito, perché Kali ‘taglia la testa alla parola’, riportandoci a quanto la precede, liberandoci dal suo legarci. Ha corpi di neonati come orecchini.

La lingua fuori, grondante sangue (nella maggior parte dei templi, il sangue degli animali sacrificati viene fatto scorrere sulla Sua lingua. Dove i sacrifici animali sono vietati, viene fatta scorrere una miscela a base di kukkuma rossa). Kali è, essenzialmente, assetata di sangue.
Sul significato della lingua sporgente è da notare che essa accomuna molte raffigurazioni di dee 'oscure', fra cui le greche Gorgoni, e Medusa in particolare, e ha una provenienza iconografica molto antica: essa può anche evocare il flusso del sangue mestruale nell’associazione bocca-vulva (e più sotto trovate la raffigurazione di una Kali mestruata). La lingua di Kali è centrale nella sua iconografia, tanto che il più antico cenno a lei nei Veda la nomina come una delle lingue di Agni, Dio del fuoco.

Con nelle mani (in genere 4, ma in alcune raffigurazioni sono più numerose):
un’ascia insanguinata e altre armi
una testa – maschile – tagliata da cui gocciola sangue
un piatto per raccogliere il sangue


Raffigurazioni antiche e più recenti di Kali nella forma irata, in battaglia sul corpo di Shiva

Kali inoltre sta sul corpo di Shiva (nel tantrismo raffigurata in attività sessuale - sopra, come avrebbe voluto la prima moglie di Adamo, Lilith)
E’ generalmente in posa ‘danzante’ o in movimento, una gamba alzata e l’altra a terra. Energia mobilizzata, interamente.
E’ attorniata da cani e sciacalli, abita nei campi di battaglia e nei crematori (dove si trovano per lo più i templi di Kali), i luoghi tradizionalmente considerati ‘impuri’.
Talvolta cavalca una tigre come Durga ed è accompagnata da gatte, notoriamente battagliere.
Il suo impatto è sempre forte, senza dubbio, e la componente olfattiva si associa a quella visiva: nero, rosso, sangue . Come ho detto, entrare in un tempio di Kali, incontrare la sua murti, non è un’esperienza che si dimentica.
 

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