Saipem ieri è finita sotto osservazione anche per un giallo, ancora irrisolto, legato alla vendita di azioni ventiquattr'ore prima dell'annuncio del «profit warning»: la Consob ha avviato accertamenti sul collocamento del 2,3% di Saipem, un pacchetto di quasi 10 milioni di titoli a 30,65 euro per azione (ieri in chiusura era a 20,01 euro) da parte, come ha scritto Bloomberg , di Bank of America Merrill Lynch. Bofa ha venduto le azioni con una procedura di accelerated book building a controparti non note proprio alla vigilia del crollo del titolo. Gli accertamenti, però, richiederanno tempo. Sul mercato sono girati rumors sul nome dell'investitore che si è liberato di un così ingente pacchetto di azioni. Fidelity, il fondo che ha in portafoglio il 2,6% di Saipem si è subito chiamato fuori: «Normalmente non discutiamo la nostra attività di trading - ha dichiarato Tom Stevenson, investment director e capo della comunicazione corporate di Fidelity in Regno Unito - ma poiché sul mercato c'è stata disinformazione, ci preme chiarire che non abbiamo collocato il 2,3% di Saipem». Allora chi è stato? Tra le ipotesi circolate c'è anche quella secondo la quale qualche operatore o investitore a conoscenza dell'imminente «allarme utili» abbia chiesto e trovato i titoli Saipem a prestito per venderli prima del crollo e poi ricomprarli e restituirli quando il valore era ormai crollato del 30%. La classica operazione allo scoperto, da oggi vietata sui titoli Saipem per decisione della stessa Autorità di mercato. Sull'operazione potrebbe indagare anche la Sec perché la controllante Eni ha i suoi certificati azionari quotati alla Borsa di New York.
trovare a prestito il 2.3% del capitale per poi ricoprirsi ma quante panzane scrivono