La frode delle energie rinnovabili:

JOACKIN

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15 febbraio 2011 |
“NO AL GAS DI PUTIN”:
“REPUBBLICA” DIFENDE I MILIONI DELL’INGEGNERE




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Dietro gli attacchi agli investimenti di Eni e Enel il timore che il governo riveda gli incentivi verdi alla Sorgenia di De Benedetti.

Scrive Repubblica che l’Italia ha un problema: “Tra gas russo e nucleare rischia di avere più energia del necessario”. Che è come dire che siete nei guai perché il prossimo anno “rischiate” di guadagnare più soldi di quanti ve ne serviranno: sai che disgrazia. Però siccome il quotidiano che ha lanciato l’allarme fa capo a Carlo De Benedetti, iperattivo – tramite il gruppo Sorgenia, controllato al 65% dalla Cir – nella produzione di energia, è il caso di non liquidarlo come una sparata politica, motivata solo dal fatto che il gas russo in Italia è voluto da Silvio Berlusconi (che pure si è mosso lungo la strada tracciata da Romano Prodi) e che il nucleare non piace ai repubblicones, eco-compatibili per definizione. C’è di più. Per capire la vicenda occorre parlare anche di soldi. Sedici milioni di euro, per iniziare: quanti ne ha incassati Sorgenia nel 2009 grazie a incentivi che non hanno uguali in Europa, erogati dallo Stato per premiare chi produce energia con le fonti rinnovabili. Quelle in cui De Benedetti si sta specializzando.

La situazione energetica italiana è tristemente nota e si può riassumere in un numero: 15%. E’ la quota di elettricità che ogni anno siamo costretti a comprare dai paesi confinanti, come Francia e Slovenia. Fosse davvero concreto il pericolo paventato da Repubblica, quello di trovarci con più energia a disposizione di quanta ce ne serve, vorrebbe dire che dopo decenni passati con i conti energetici in rosso, chiuderemmo il saldo in attivo. E siccome i consumi elettrici pro-capite aumentano ogni anno (vivaiddio, sono un indicatore del benessere), avremmo un po’ di margine da rosicchiare. E poi, in un mondo sempre più energivoro, l’elettricità si puo’ vendere a chi serve, come fanno i nostri vicini con noi. Infine l’abbecedario dell’economia insegna che un surplus di produzione è destinato a tradursi in un abbassamento dei costi del chilowattora, ovvero in bollette più leggere. Dove sta il problema, allora?
Forse nelle prospettive del gruppo Sorgenia. Che, come si legge nell’ultimo bilancio, durante il 2009 ha visto accordarsi dal Gestore dei servizi energetici 85.678 certificati verdi per la produzione da fonte idroelettrica ed eolica. I certificati verdi sono lo strumento attraverso il quale lo Stato finanzia, al di fuori dei normali meccanismi di mercato, la produzione di elettricità da fonti rinnovabili. Questi titoli, nel 2009, potevano essere scambiati ad un prezzo massimo di 112,82 euro, o dati indietro allo stesso Gse in cambio di 88,91 euro. In poche parole ognuno di essi valeva, secondo un calcolo prudenziale, 100 euro. Il che equivale a un ricavo per il gruppo De Benedetti pari a 8,6 milioni di euro.
Cifre alle quali bisogna aggiungere i soldi ottenuti vendendo l’elettricità generata dalle centrali fotovoltaiche di Sorgenia, che nel 2009 è stata pari a 17,1 gigawattora. In questo caso il Gse, tramite il Conto Energia, paga al produttore una “tariffa incentivante” che, in media, è di 0,44 al chilowattora. Grazie a questo meccanismo, anch’esso sottratto alle normali regole di mercato, lo scorso anno il gruppo dell’ingegnere ha fatturato 7,5 milioni di euro. E ancora di più conta di ricavare in futuro: Sorgenia, che già oggi nei documenti per gli investitori si definisce “number one private operator in the solar business”, nel giro di pochi anni intende portare la potenza dei propri impianti fotovoltaici dagli attuali 13 megawatt a 50 megawatt. L’obiettivo, dunque, è quadruplicare il giro d’affari.
Sommando quanto ricavato dall’energia eolica, dall’idroelettrico e dal solare si arriva a 16,1 milioni di euro. E siccome il margine operativo lordo apportato da queste tre aree di business al gruppo Sorgenia è stato pari a 16,6 milioni, si può dire che alla generosa normativa italiana sulle energie rinnovabili De Benedetti deve davvero tanto.
Rincari del 20%
Il problema (per l’Ingegnere) è che le sovvenzioni italiane sono nel mirino proprio per la loro eccessiva generosità. Nell’indagine conoscitiva presentata due mesi fa in Senato dall’Authority per l’Energia si legge che “l’incentivazione del fotovoltaico in Italia è oggi una delle più profittevoli al mondo”. Tanto che Alessandro Ortis, presidente dell’Authority, ha chiesto a Governo e Parlamento “una revisione della durata e del livello delle incentivazioni, con particolare attenzione al solare fotovoltaico, e una correzione dei malfunzionamenti del mercato dei certificati verdi”. Già oggi, ha denunciato Ortis, “il costo sopportato dai consumatori per il raggiungimento degli obiettivi è superiore a quello necessario”, anche perché “l’incentivo medio risulta pari a circa il doppio del valore dell’energia prodotta”. Senza interventi, ha avvisato, “c’è il forte rischio di un aumento delle bollette fino a oltre il 20%, da qui al 2020”.
In Spagna e Francia, davanti a una situazione analoga, i governi hanno congelato gli incentivi alle rinnovabili. Il primo ministro francese, François Fillon, ha spiegato (lo ricordava qualche giorno fa il blog economico del Foglio) che lo sviluppo del solare in Francia è stato “nettamente più rapido del previsto e ciò ha un costo per la collettività e per il consumatore finale di elettricità, dato che si basa su di una tariffa di acquisto molto favorevole per i produttori”. Va da sé che quello che per i consumatori è un ulteriore aggravio della bolletta, per De Benedetti e colleghi è un maggior profitto, da difendere con le unghie e con i denti.
Se un simile sistema è ritenuto insostenibile adesso, figuriamoci cosa accadrebbe se il gas russo portato da Eni e le centrali nucleari che intende costruire Enel girassero davvero a pieno regime, e se l’Italia dovesse raggiungere l’improbabile obiettivo dell’autosufficienza energetica: a rimetterci sarebbero soprattutto le fonti energetiche meno convenienti, tenute in piedi da prezzi artificiali. Le rinnovabili.
Chi ci guadagna
E allora, ma guarda il caso, da qualche settimana Repubblica ha messo l’allerta ai massimi. Prima dell’allarme lanciato ieri era stato strombazzato il “Manifesto degli imprenditori” contro il nucleare. Un’iniziativa voluta da Kyoto Club, l’associazione che raggruppa le imprese interessate allo sviluppo delle energie rinnovabili. Un documento con cui si chiede al Governo di rinunciare al ritorno all’atomo e varare “un nuovo quadro normativo che sostenga adeguatamente la green economy e le produzioni sostenibili”. Insomma, una richiesta esplicita di aumentare le sovvenzioni di cui gode il settore, che come visto è già tra i più assistiti al mondo.
Tra i firmatari dell’appello ci sono quasi tutti gli imprenditori italiani impegnati nel business del fotovoltaico e nelle altre rinnovabili. Gli unici, manco a dirlo, che avrebbero tutto da guadagnare dal persistere dell’andazzo attuale. Un andazzo disastroso per famiglie e imprese, che oggi pagano bollette elettriche più care del 25% rispetto alla media europea, ma molto profittevole per chi – come l’editore di Repubblica – ha capito che pannelli fotovoltaici e pale mosse dal vento possono essere galline dalle uova d’oro.
 

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