L'angolo della poesia (4 lettori)

Fernando'S

Forumer storico
carrodano, la tua poesia non è all'altezza di questo post, non c'è metrica e sembra piuttosto la declinazione di un verbo
.....sorry
:)


LA TESSITRICE

Mi son seduto su la panchetta
come una volta... quanti anni fa?
Ella, come una volta, s'è stretta
su la panchetta.

E non il suono d'una parola;
solo un sorriso tutto pietà.
La bianca mano lascia la spola.

Piango, e le dico: Come ho potuto,
dolce mio bene, partir da te?
Piange, e mi dice d'un cenno muto:
Come hai potuto?

Con un sospiro quindi la cassa
tira del muto pettine a sé.
Muta la spola passa e ripassa.

Piango, e le chiedo: Perché non suona
dunque l'arguto pettine più?
Ella mi fissa timida e buona:
Perché non suona?

E piange, e piange - Mio dolce amore,
non t'hanno detto? non lo sai tu?
Io non son viva che nel tuo cuore.

Morta! Si, morta! Se tesso, tesso
per te soltanto; come, non so;
in questa tela, sotto il cipresso,
accanto alfine ti dormirò. -

Giovanni Pascoli
 

carrodano

Forumer storico
Fernando'S ha scritto:
carrodano, la tua poesia non è all'altezza di questo post, non c'è metrica e sembra piuttosto la declinazione di un verbo
.....sorry
:)

chiedo perdono
è veramente poeticamente scorretto
inserire in questo 3D la declinazione di uno
stato d'animo percepito
in modo assoluto e direi
caldissimo ed agghiacciante
nello stesso istante.

non c'è metrica e non c'è rima
non è per nulla una poesia
però
caro gabriele
l'illusione non era la vostra
l'illusione era il resto del mondo.
senza offesa per nessuno.

Arretro quindi dalle mie posizioni
attuali, rientrando nel castello fortificato,
chiedendo venia agli illustri poeti.

Me se poi mi parlate dei baci degli illustri personaggi...(poesia postata nei giorni scorsi)
allora sorrido...sì sorrido...... :)

Senza voler minimamente sminuire
l'esperienza altrui....... :)

Mi ritiro nel castello...con l'onore delle armi...però..... :)
 

carrodano

Forumer storico
Fernando'S ha scritto:
carrodano, la tua poesia non è all'altezza di questo post, non c'è metrica e sembra piuttosto la declinazione di un verbo
.....sorry
:)


LA TESSITRICE

Piango, e le dico: Come ho potuto,
dolce mio bene, partir da te?
Piange, e mi dice d'un cenno muto:
Come hai potuto?

Con un sospiro quindi la cassa
tira del muto pettine a sé.
Muta la spola passa e ripassa.

Piango, e le chiedo: Perché non suona
dunque l'arguto pettine più?
Ella mi fissa timida e buona:
Perché non suona?

E piange, e piange - Mio dolce amore,
non t'hanno detto? non lo sai tu?
Io non son viva che nel tuo cuore.

Giovanni Pascoli

No...questo no....
il mio cuore non esiste senza te....
Esigo quindi dal destino e dal fato....
Esigo di esser io a dipartirmi.....
pria ch'ella possa non esser più..

P.S.
Mi ritiro nel castello. :)
 

Ciccioargio

Nuovo forumer
Odi

La piccozza

Da me!… Non quando m’avviai trepido
c’era una madre che nel mio zaino
ponesse due pani
per il solitario domani.

Per me non c’era bacio né lagrima,
né caro capo chino su l’omero
a lungo, né voce
pregnante, né segno di croce.

Non c’eri! E niuno vide che lacero
fuggivo gli occhi prossimi, subito,
o madre, accorato
che niuno m’avesse guardato.

Da me, da solo, solo e famelico,
per l’erta mossi rompendo ai triboli
i piedi e la mano,
piangendo, sì forse, ma piano:

piangendo quando copriva il turbine
con il suo pianto grande il mio piccolo,
e quando il mio lutto
spariva nell’ombra del Tutto.

Ascesi senza mano che valida
mi sorreggesse, né orme ch’abili
io nuovo seguissi
su l’orlo d’esanimi abissi.

Ascesi il monte senza lo strepito
delle compagne grida. Silenzio.
Ne’ cupi sconforti
non voce, che voci di morti.

Da me, da solo, solo con l’anima,
con la piccozza d’acciar ceruleo,
su lento, su anelo,
su sempre; spezzandoti, o gelo!

E salgo ancora, da me, facendomi
da me la scala, tacito, assiduo;
nel gelo che spezzo,
scavandomi il fine ed il mezzo.

Salgo; e non salgo, no, per discendere,
per udir crosci di mani, simili
a ghiaia che frangano,
io, io, che sentii la valanga;

ma per restare là dov’è ottimo
restar, sul puro limpido culmine,
o uomini; in alto,
pur umile: è il monte ch’è alto;

ma per restare solo con l’aquile,
ma per morire dove me placido
immerso nell’alga
vermiglia ritrovi chi salga:

e a me lo guidi, con baglior subito,
la mia piccozza d’acciar ceruleo,
che, al suolo a me scorsa,
riflette le stelle dell’Orsa.


Pascoli


NOTE


LA PICCOZZA
Fu pubblicata il settembre del 1900, nelle nozze di Margherita figlia del conte G. Codronchi Argeli. Niente di meno adatto, che questa ode, io potevo offrire a quel personaggio, che in vero, ministro per breve tempo dell'istruzione, mi aveva nominato professore di lettere latine nell'università di Messina. Egli, se mai altri, mi aveva pôrta la valida mano per salire: quella volta io non aveva fatto da me!
Però, anche in un altro senso io non aveva fatto da me: non avevo chiesto. Qualche giorno prima della nomina il nuovo ministro mi aveva detto battendo su qualche mio volume che teneva sul banco: Io la conosco. Era un ministro che leggeva e sapeva, il buono e fiero gentiluomo di Romagna, nella cui casa ogni studio liberale ha degno luogo.
Io dunque devo quel mio decisivo promovimento a questa nobile consuetudine che non è ancora cessata nei nostri uomini di Stato, e che fu ed è di molti d'ogni regione, ma forse più particolarmente di romagnoli, marchigiani e toscani. Ricordo, per citare un esempio di viventi e uno per ognuna di queste regioni, Gaspare Finali, Filippo Mariotti e... (affronto la taccia di adulazione per ricordare a colui che dirò, che anche la scuola italiana da lui aspetta non poco) Sidney Sonnino. Ma la consuetudine dei buoni studi non sarebbe bastata a richiamare su me l'attenzione del ministro, se non ci fossero state in quella casa voci alte e gentili di bellissime fanciulle a parlare al loro padre del poeta romagnolo. Così allora intravidi, così presentii. Dovevo e debbo provarne quasi vergogna? Di quelle gentildonne una è SFINGE, vale a dire una delle più colte, più ingegnose, più ardenti scrittrici italiane. Un'altra era – era! – Margherita.
Dal XII decembre del 1903 Margherita non è più. E io nel ristampare l'ode che avevo pubblicata nelle sue nozze, poco più di tre anni avanti la sua morte, chiedo perdono all'anima gentile di non aver cinto la sua fronte di più vive fronde, di più immarcescibili fiori. Ornerebbero adesso il suo sepolcro, e sarebbero bagnati dalle lagrime di suo padre!
Oh! il padre ora non piange più! Il suo dolore s'è addormentato con lui, per sempre. (Aggiunto nella 2a edizione).
 

Ciccioargio

Nuovo forumer
San Martino

La nebbia agli irti colli
Piovigginando sale,
E sotto il maestrale
Urla e biancheggia il mar;

Ma per le vie del borgo
Dal ribollir de’ tini
Va l’aspro odor de i vini
L’anime a rallegrar.

Gira su’ ceppi accesi
Lo spiedo scoppiettando:
Sta il cacciator fischiando
Su l’uscio a rimirar

Tra le rossastre nubi
Stormi d’uccelli neri,
Com’ esuli pensieri,
Nel vespero migrar.

Carducci

:ciao:
 

aino-kaarina

Forumer attivo
Isolotte 'e San Martine,
me faje sempe vveni' a mmente 'o primme ammore
e chella notte ca me 'mbriacaje
e 'e mare e stelle se inghette 'o core;

che notte !

nun me pozze scurda' maje
chill'uocchie belle e chillu fine addore
ca 'nzieme a chille 'e mare s'ammiscaje
pe veni' a mette 'o piette mije a rrummore;

a musiche sunave dint'a sale....
nu venticielle accarezzave ll'onne
e 'nce metteve e' piere quatte scelle
pe farce avventura' 'ncoppe a ssti scale
addo' 'nce stanne rose viole e fronne.....
......e chianu chiane portene dint'e stelle....


ANONIMO NAPOLETANO
 

genesta

Forumer attivo
Identità


Identità che permani, non muti nel tempo.
Identità senza mani, né occhi, né stampo.
Identità limitata da’ nuovi attributi,
che fosti esaltata da’ sogni beati.

In questo momento riveli stanchezza
E stanco divento a seguir la tua brezza.

Identità che dirompi ora a destra ora a manca,
coi tuoi fini corrompi quest’anima stanca;
e nel corpo che invecchia e che tende a morire,
una “voce” rispecchia profondo sentire …

Senza timore né remora alcuna,
ricolmo d’amore che fede mi dona,
ti lascio, pertanto, alla tua verità
che il vento nel cuore di ognun porterà..
 

Fernando'S

Forumer storico
oggi mi sento ottimista :)

Il più bello dei mari
è quello che non navigammo.

Il più bello dei nostri figli
non è ancora cresciuto.

I più belli dei nostri giorni
non li abbiamo ancora vissuti.

E quello
che vorrei dirti di più bello
non te l'ho ancora detto.

Nazim Hikmet
 

Ciccioargio

Nuovo forumer
Il sabato del villaggio

La donzelletta vien dalla campagna
in sul calar del sole,
col suo fascio dell'erba; e reca in mano
un mazzolin di rose e viole,
onde, siccome suole, ornare ella si appresta
dimani, al dí di festa, il petto e il crine.
Siede con le vicine
su la scala a filar la vecchierella,
incontro là dove si perde il giorno;
e novellando vien del suo buon tempo,
quando ai dí della festa ella si ornava,
ed ancor sana e snella
solea danzar la sera intra di quei
ch'ebbe compagni nell'età piú bella.
Già tutta l'aria imbruna,
torna azzurro il sereno, e tornan l'ombre
giú da' colli e da' tetti,
al biancheggiar della recente luna.
Or la squilla dà segno
della festa che viene;
ed a quel suon diresti
che il cor si riconforta.
I fanciulli gridando
su la piazzuola in frotta,
e qua e là saltando,
fanno un lieto romore;
e intanto riede alla sua parca mensa,
fischiando, il zappatore,
e seco pensa al dí del suo riposo.

Poi quando intorno è spenta ogni altra face,
e tutto l'altro tace,
odi il martel picchiare, odi la sega
del legnaiuol, che veglia
nella chiusa bottega alla lucerna,
e s'affretta, e s'adopra
di fornir l'opra anzi al chiarir dell'alba.

Questo di sette è il più gradito giorno,
pien di speme e di gioia:
diman tristezza e noia
recheran l'ore, ed al travaglio usato
ciascuno in suo pensier farà ritorno.

Garzoncello scherzoso,
cotesta età fiorita
è come un giorno d'allegrezza pieno,
giorno chiaro, sereno,
che precorre alla festa di tua vita.
Godi, fanciullo mio; stato soave,
stagion lieta è cotesta.
Altro dirti non vo'; ma la tua festa
ch'anco tardi a venir non ti sia grave.


Leopardi

:ciao:
 

Fernando'S

Forumer storico
Il mio funerale partirà dal nostro cortile?
Come mi farete scendere giù dal terzo piano?
La bara nell'ascensore non c'entra
e la scala è tanto stretta.

Il cortile sarà, forse, pieno di sole, di piccioni
forse nevicherà, i bambini giocheranno strillando
forse sull'asfalto bagnato cadrà la pioggia
e al solito ci saranno i bidoni per l'immondezza.

Se mi tiran su nel furgone col viso scoperto, come usa qui,
forse mi cadrà in fronte qualcosa di un piccione, porta fortuna,
che ci sia o no la fanfara, i bambini accorreranno
i bambini sono sempre curiosi dei morti.

La finestra della nostra cucina mi seguirà con lo sguardo
il nostro balcone mi accompagnerà col bucato steso.

Sono stato felice in questo cortile, pienamente felice.
Vicini miei del cortile, vi auguro lunga vita, a tutti.

Nazim Hikmet – "Il mio funerale"
 

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