Claire
ἰοίην
Scrivo questo treddo perché sono molto infastidita e anche piena di pensieri pesanti e forse condividerli mi alleggerisce un po'.
Non so se avete letto l'intervista al Corriere di Michela Murgia che da 10 anni quasi tribula con la malattia oncologica e che ora attende solo la morte.
L'intervista, davvero potente, ha colpito tutti e non solo con la pelosa ipocrisia di chi l'ha sempre insultata e che, oggi che non ha scampo, si dice dispiaciuto perché, in fondo, morire giovani, in quel modo è una cosa molto triste.
Tutti ne lodano la lucidità, la dignità e non lesinano espressioni come "insegnamento di vita".
Nel reparto in cui sono attualmente, la Morte sta seduta ad aspettare sul letto di un'altissima percentuale di pazienti
E la maggioranza di loro la vede.
Come Michela Murgia.
Però reagiscono in maniera diversa: chi la ignora, chi si circonda di rimedi più o meno "spirituali", chi si chiude in un fragoroso silenzio, chi piange, chi è incattivito...
E quello che infastidisce me è che non capisco come mai queste reazioni non siano "lezioni di vita" o di dignità.
Chi ama la vita tanto da arrabbiarsi o piangere alla prospettiva di perderla a breve, non è un "maestro di vita"?
È in grado di insegnare qualcosa solo chi ha già lavorato dentro di sé abbastanza da accettare la fine? E se Murgia accelerasse la Nera Signora, suicidandosi o andando in Svizzera per una eutanasia?
La gente parla troppo.
E si crede troppo.
E invece non è più in grado di vedere, cogliere, interrogare la realtà, di mettersi in ascolto, figuriamoci di mettersi nei panni altrui.
E la salute è davvero un dono.
Non so se avete letto l'intervista al Corriere di Michela Murgia che da 10 anni quasi tribula con la malattia oncologica e che ora attende solo la morte.
L'intervista, davvero potente, ha colpito tutti e non solo con la pelosa ipocrisia di chi l'ha sempre insultata e che, oggi che non ha scampo, si dice dispiaciuto perché, in fondo, morire giovani, in quel modo è una cosa molto triste.
Tutti ne lodano la lucidità, la dignità e non lesinano espressioni come "insegnamento di vita".
Nel reparto in cui sono attualmente, la Morte sta seduta ad aspettare sul letto di un'altissima percentuale di pazienti
E la maggioranza di loro la vede.
Come Michela Murgia.
Però reagiscono in maniera diversa: chi la ignora, chi si circonda di rimedi più o meno "spirituali", chi si chiude in un fragoroso silenzio, chi piange, chi è incattivito...
E quello che infastidisce me è che non capisco come mai queste reazioni non siano "lezioni di vita" o di dignità.
Chi ama la vita tanto da arrabbiarsi o piangere alla prospettiva di perderla a breve, non è un "maestro di vita"?
È in grado di insegnare qualcosa solo chi ha già lavorato dentro di sé abbastanza da accettare la fine? E se Murgia accelerasse la Nera Signora, suicidandosi o andando in Svizzera per una eutanasia?
La gente parla troppo.
E si crede troppo.
E invece non è più in grado di vedere, cogliere, interrogare la realtà, di mettersi in ascolto, figuriamoci di mettersi nei panni altrui.
E la salute è davvero un dono.