Cirio: liquidazione, verso amministrazione straord.
Cirio:Liquidazione, Verso Amministrazione Straordinaria
(ANSA) - ROMA, 31 LUG - La Cirio è in liquidazione. Dopo nove mesi di sforzi, un piano di ristrutturazione del debito bocciato dai creditori e due proposte di salvataggio in extremis, le speranze di una azienda portante del settore alimentare italiano e dei suoi dipendenti, creditori e azionisti si sono oggi scontrate con la realtà delle cifre: "la crisi finanziaria della società - per dirla con le parole di un partecipante all'assemblea degli azionisti - è veramente molto profonda".
Le speranze della Cirio, dopo la messa in liquidazione da parte dell'assemblea dei soci, sono ora appese al filo dell'eventuale amministrazione straordinaria in base alla legge Prodi, e a quello del segnale di apertura del sistema bancario: in una nota pubblicata in tarda serata, dopo la messa in liquidazione della Cirio, Banca Intesa, Capitalia, San Paolo-Imi e Unicredito hanno detto di essere sempre pronte "a prendere in considerazione forme di intervento, aperte anche ad altre banche, sul versante del recupero dell'impresa" ma soltanto "qualora nella vicenda Cirio emerga un valido progetto imprenditoriale meritevole di essere sostenuto".
A sancire il naufragio degli affannosi tentativi di recupero all'ultimo minuto - con la dichiarazione all'unanimità da parte dell'assemblea dei soci della liquidazione - è stata infatti la constatazione che anche il rilancio avanzato da Carlo Ronchi non aveva una sufficiente base finanziaria.
'Questa sera dobbiamo limitare l'ordine del giorno a quei punti che non avremmo mai voluto prendere in esame: la messa in liquidazione della società", ha detto il presidente della società Gianni Fontana, constatando che "i nostri tentativi e il nostro impegno per trovare iniziative innovative non hanno sortito un risultato positivo".
L'avvocato alla guida del gruppo, pur dicendosi ottimista ("Questa non è la fine. Le procedure daranno la possibilità al marchio Cirio di svolgere ancora un ruolo importantissimo", ha detto), non ha mancato di esprimere il proprio rammarico per "non essere riuscito a trovare nel mondo bancario e industriale quella disponibilità che avrebbe permesso di risolvere ora la vicenda".
Un messaggio agli istituti di credito che ha trovato eco nei commenti del ministro delle Attività produttive Antonio Marzano, secondo cui la decisione di salvare la Cirio "naturalmente non competeva al ministero in quanto tale, ma alle banche interessate" e ancor più nella proposta del Presidente della Commissione Attività Produttive della Camera Bruno Tabacci: il sistema bancario - ha detto - "si ricompri" i titoli obbligazionari Cirio ad un prezzo "comprensivo di perdite ragionevoli liberando parzialmente i risparmiatori", i quali sono stati "raggirati".
Gli istituti di credito, dal canto loro, nei giorni scorsi avevano chiesto di vedere gli affidavit bancari che dimostrassero la validità del piano Ronchi. E, in assenza di tutele precise, hanno chiuso il rubinetto dei soldi: non hanno creduto nella possibilità che Ronchi, un imprenditore alimentare, avesse la liquidità necessaria per offrire agli obbligazionisti un miglioramento delle condizioni di rimborso dei bond dichiarati in 'default' tali da convincere gli obbligazionisti a dire sì al piano di salvataggio firmato Livolsi e Rothschild.
Fin dal loro arrivo all'albergo "Villa Pamphili" - dove si sono svolti cda e assemblea - vertici, azionisti e advisor avevano facce scure e l'assemblea non ha potuto che prendere atto di un bilancio 2002 in rosso per 549.919.702 euro e un patrimonio netto negativo per 182.205.055 euro.
L'avvocato Fabrizio Arossa, rappresentante della Cirio holding, socio di maggioranza ancora in mano a Sergio Cragnotti, ha rinunciato a fare osservazioni su alcune svalutazioni operate dal management "in considerazione della particolare delicatezza del momento" e, in forza dell'oltre 60% della sua quota, ha scelto i liquidatori Emanuele D'Innella, Vittorio Silvestri e Stefano Saponaro, bocciando i nomi proposti dal management.
L'amarezza dei vertici traspira anche dal comunicato emesso dopo le riunioni, in cui si dice che "l'adesione manifestata dalla maggioranza dei creditori, pur se non sufficiente per l'approvazione in base alle disposizioni dei regolamenti dei bond, testimonia la sostanziale fondatezza della proposta" e che il consiglio "nella formulazione del Piano ha dovuto necessariamente tener conto dell'assenza di apporti di mezzi di terzi".
Dopo la liquidazione - che fra l'altro fa saltare gli accordi finanziari sui rimborsi dei debiti tra la Lazio e il gruppo Cirio - a meno di colpi di scena come un nuovo accordo con le banche la strada maestra rimane dunque quella dell'amministrazione straordinaria, visto che Sviluppo Italia, attraverso l'amministratore delegato Massimo Caputi, ha ribadito che un eventuale intervenuto non potrebbe che riguardare la situazione industriale e occupazionale, e non la parte finanziaria del gruppo. Una strada - quella dell'amministrazione straordinaria, che potrà essere battuta soltanto se la società attualmente presenta attualmente delle concrete prospettive di recupero e che tutela gli obbligazionisti solo in second'ordine.(ANSA).