LE PALLINE ANTISTRESS SONO EFFICACI SE LE LANCI CONTRO LE PERSONE CHE TE LO CAUSANO

DANY1969

Forumer storico
:d::d:
... soprattutto se sono quelle d'acciaio :rolleyes:
Buona settimana a tutti :)
Vediamo se questa settimana Trump riesce a far inkaz:censored:... ehm... manifestare il proprio dissenso alle sue volontà anche tra i marziani :confused::wall:

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Buongiorno. Come esiste la "finanza creativa" esiste "L'applicazione della Legge creativa".
Ma noi andiamo oltre. Creiamo anche ciò che non esiste. Che non è legiferato....come sono "avanti" i nostri giudici.

Negli ultimi giorni si è tornati a parlare del “concorso esterno in associazione mafiosa”, un reato che non esiste sul codice penale,
frutto della combinazione di due distinti articoli del codice penale e per questo negli anni molto discusso e criticato dai giuristi.

Il concorso esterno è tornato di attualità dopo la sentenza della Corte di Cassazione sul caso di Bruno Contrada,
un ex dirigente della polizia e dei servizi segreti, condannato nel 2007 a 10 anni per concorso esterno in associazione mafiosa.
Venerdì scorso, in seguito a un ricorso presentato dai legali di Contrada, la Corte di Cassazione ha stabilito che la pena,
già scontata da Contrada parte in carcere e parte ai domiciliari, è da considerarsi «ineseguibile e improduttiva di effetti»
poiché all’epoca dei fatti di cui è accusato il concorso esterno non era un reato sufficiente “tipizzato”, cioè era ancora troppo generico e poco preciso.


Il reato è stato precisato nei suoi confini da una serie di sentenze della Cassazione a partire dal 1994.
Anche il co-fondatore di Forza Italia, Marcello dell’Utri, è stato condannato – e si trova ancora in carcere – per concorso esterno in associazione mafiosa.
Secondo i magistrati ha compiuto il reato fino al 1992, quindi anche lui potrebbe rientrare nella stessa categoria di Contrada a vedersi la condanna annullata in caso di ricorso.

Il problema principale è che il cosiddetto “concorso esterno in associazione mafiosa” non è un reato codificato nel codice penale.

Deriva appunto dall’applicazione dell’articolo 110 del codice penale, che prevede il “concorso”, cioè la partecipazione di qualcuno a un reato
, all’articolo 416 bis, che prevede il reato di associazione mafiosa.

L’articolo 110 serve a punire chi partecipa a un reato senza prendevi parte direttamente: per esempio il complice che fa il palo durante una rapina.

Il problema, per i giuristi, si presenta quando si prova ad applicare il principio del concorso ai reati associativi, come banda armata o associazione mafiosa.
Questi reati servono già di per sé a punire un “concorso” di persone, a vario titolo.
Un condannato per associazione mafiosa è una persona che fa parte di un’organizzazione criminale mafiosa:
non ha commesso altri reati oltre a quello di far parte del sodalizio criminale, così come il palo non ha commesso altri reati oltre a rimanere in un certo punto nel corso di una rapina.

Applicando ai reati associativi il concetto di “concorso esterno”, temono molti giuristi, si rischia di ampliare all’estremo le tipologie di questo reato, creando confusione e incertezza.

Con il concorso esterno, infatti, ci si trova di fronte a tre livelli diversi di coinvolgimento.

C’è chi ha commesso il reato;
chi è associato a chi ha commesso reati;
chi concorre in maniera esterna con gli associati che hanno commesso i reati.

Come ha scritto l’avvocato Carlo Blengino sul Post, distinguere chi mettere in ciascuna di queste categorie rischia di diventare un arbitrio da parte del giudice,
che si trova davanti un’amplissima discrezionalità per decidere.
Non solo: diventa difficilissimo decidere quali rapporti con gli associati siano reato, cioè un concorso esterno,
e quali invece possano essere considerati leciti (visto che esiste già una tipologia per quelli illeciti, e cioè far parte a vario titolo di un’associazione a delinquere).

Può accadere quindi che venga accusato di concorso esterno un medico che curi un mafioso fuori da un ospedale,
un sacerdote a cui il mafioso confida i suoi crimini fuori dalla confessione
e un avvocato che non si limiti solo a offrirgli consulenze giuridiche, ma lo aiuti ad “aggirare” la legge.

Fino al 1994 la Corte di Cassazione ha avuto molti dubbi sull’applicabilità di questo procedimento e ha sostanzialmente dato la precedenza al principio del “nulla poena sine lege”,
l’idea che non si può punire qualcuno se non c’è una legge che stabilisce che quello che ha commesso è un reato.

In altre parole, non essendo previsto un reato di “concorso esterno in associazione mafiosa”, non potevano essere accettate costruzioni accusatorie che si basassero su questo principio.
Se non c’è una legge che definisce il reato non si può essere condannati: un magistrato non può creare una legge, e le sue sentenze non possono portare alla creazione di reati che non esistono.

Dal 1994 le cose sono cambiate e la Cassazione ha stabilito che è corretta l’interpretazione dei magistrati,
secondo cui il “concorso esterno” non è un nuovo reato ma soltanto l’applicazione del principio del concorso a un reato previsto da una legge dello Stato:
in quanto interpretazione dell’articolo 110, che esiste dal 1930, e del 416 bis, che esiste dal 1982,
la Cassazione decise che non c’era alcun problema a condannare persone che avevano commesso il “concorso” prima della sentenza del 1994.
Ulteriori sentenze della Corte hanno confermato questa interpretazione che, nonostante critiche e discussioni, è oramai ampiamente accettata nell’ordinamento giudiziario italiano.

La Corte Europea di Strasburgo ha cambiato le cose.
Con la sua sentenza sul caso Contrada nel 2015 ha stabilito che prima della sentenza del 1994 il reato di concorso esterno non era sufficientemente preciso da consentire il suo uso per una condanna.

Come nota Blengino, è come se la Corte abbia dato alla sentenza del 1994 un valore legislativo,
perché solo in quel momento “nasce” il reato di “concorso esterno” e quindi non si può essere condannati se lo si è commesso prima di quell’anno.

Ora che la Corte di Cassazione ha accettato questo principio con la nuova sentenza sul caso Contrada,
sembra aprirsi una possibilità di chiedere una revisione del processo a tutti coloro che sono stati condannati per aver commesso il concorso esterno prima del 1994.
 
Certe persone ...se le conosci ...le eviti.

ROMA – L’ormai mitologico Spelacchio, l’albero di Natale più criticato di quest’anno, è costato al comune di Roma quasi 50mila euro.

Per l’esattezza 48.677,08 euro.

E’ quanto emerge dalla determina dirigenziale numero repertorio QL/943/2017 del 13/11/2017, firmata digitalmente dal direttore Rosalba Matassa.

Per avere un raffronto, l’albero definito “povero e tristo” del Natale 2016 era costato al Comune circa 16mila euro.
 
ROMA – Pare ormai certo che la data delle prossime elezioni politiche sarà il 18 marzo 2018 (l’ipotesi del 4 marzo sembra ormai tramontata).

Il 27 dicembre il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella scioglierà le Camere.

Oramai le pressioni sulla prima carica dello Stato arrivano da parte di tutti gli schieramenti.

In primis proprio Matteo Renzi che sembra voler accelerare infastidito dai riflettori accesi sulla commissione “banche”.
 
Poverini....chissà se ce la faranno a sopravvivere.....e degli altri comuni mortali indigenti ?
...ma chissenefrega.

TRENTO – A rischio i 17 milioni di euro dei vitalizi recuperati in Trentino-Alto Adige.
La Regione starebbe pensando alla “soccombenza totale” nel contenzioso giudiziario avviato
da una sessantina di ex consiglieri provinciali di Trento e Bolzano davanti al tribunale e alla Corte costituzionale
contro la legge del luglio 2014, voluta dall’allora presidente del consiglio regionale Diego Moltrer (Patt),
e dai presidenti delle due Province, Ugo Rossi e Arno Kompatscher, che insieme guidano la Regione.

Questi ultimi, spiega il quotidiano l’Adige,

con il tempo si sono molto raffreddati nella difesa di una legge con cui si è tentato di porre rimedio
alle cifre scandalose dei versamenti anticipati dei vitalizi stabilendo che venissero restituiti alle casse pubbliche 29,4 milioni di euro.
Rispetto alla somma attesa, la Regione è riuscita a mettere le mani solo su 17 milioni di cui circa 4 milioni in contanti, mentre il resto sono quote del Fondo Family.

Adesso il presidente del consiglio regionale, il sudtirolese Thomas Widmann (Svp),
da sempre scettico sulla legittimità della legge del 2014 per la parte che agisce retroattivamente sul calcolo dell’attualizzazione del vitalizio e la richiesta di restituzione,
ha scritto alla giunta regionale per chiedere l’assegnazione straordinaria di 10 milioni di euro per rimpinguare il

“fondo costituito per coprire le spese e gli oneri in caso di soccombenza totale nei procedimenti giudiziari pendenti”.

La giunta regionale all’unanimità ha deliberato di assegnare al consiglio regionale i 10 milioni di euro
per incrementare il fondo rischi contenzioso come richiesto per coprire le spese e gli oneri “in caso di soccombenza totale”.


Nel frattempo, continua l’Adige,

la Regione ha già destinato quest’anno ben 7 milioni di soldi dei vitalizi restituiti al Fondo per la famiglia e l’occupazione
che sono stati utilizzati per finanziare 23 progetti per l’occupazione e il welfare presentati dalle due Province.
Il bilancio di previsione 2018 del consiglio regionale stabilisce il trasferimento alle due Province di altri 6.200.000 euro del Fondo regionale
per il sostegno delle famiglie e l’occupazione alimentato con i 17 milioni tornati nelle casse della Regione e che ora sono «sub iudice».

Se la legge del 2014 dovesse essere cassata dalla Corte costituzionale, la Regione Trentino Alto Adige si ritroverà – magari in campagna elettorale –
a togliere i soldi ai disoccupati e alle famiglie in difficoltà per restituirli ai politici, che ogni mese ricevono un vitalizio d’oro e continueranno a riceverlo finché campano.
 
Occhio ragazzi....l'avventura si fa sempre più pericolosa.

ROMA – Una notte di pura passione è finita in tragedia.
Marcello Palma
, la vittima, è un 45enne italiano originario di Cassino ma residente da tempo a Edimburgo, in Scozia, dove lavora come chef.
Ad aggredirlo è stata un’amica pugliese di 43 anni che lo scorso maggio si è vendicata così dopo essersi vista rifiutare un rapporto a tre con l’uomo e un’amica comune.
La donna è stata condannata a coprifuoco e risarcimento.

Come raccontano i media scozzesi, tra il 22 e il 23 maggio 2017 nell’appartamento di Lauriston Terrate, nella Capitale scozzese,
che l’uomo condivideva con un connazionale, presente al fattaccio, va in scena una notte di alcol e sesso a quattro.
Attorno alle 4 di notte, una delle due donne, sotto effetto di alcol e droga, sarebbe entrata nella stanza della vittima
pretendendo un altro rapporto sessuale alla presenza della compagna di lui perché, testuale, il suo fidanzato sarebbe stato “un pessimo amante”.

Dopo esser stata rifiutata la donna pugliese si è avventata su Palma e gli ha strappato a morsi il testicolo.
Fortunatamente l’arrivo tempestivo dell’ambulanza ha consentito all’uomo di vedersi ricucito il testicolo all’interno dello scroto.

Ora la corte di Edimburgo ha condannato la donna a restare a casa dalle 22 alle 6 del mattino per i prossimi sei mesi
e versare un risarcimento a Marcello Palma: subito 500 euro “e una cospicua somma per ogni punto di sutura applicato dai medici”.
 
Dementi a piede libero ...ahahahah Vi immaginate Nonna Peppina
che digita sul computer o sullo smartphone per leggere una raccomandata ?
...ed il tutto avrà sicuramente un costo..anzi due costi. Indirizzo mail + iscrizione cciaa.

Nella nostra vita digital forse avremo un nuovo compagno di viaggio: la pubblica amministrazione.

Sì, perché ieri il Consiglio dei ministri ha approvato un decreto sul Codice dell'Amministrazione Digitale (Cad) che prevde,
tra le altre cose, che ogni cittadino abbia un domicilio digitale, quindi un indirizzo di posta elettronica, in cui ricevere ogni comunicazione con valore legale.

Forse, quindi, in futuro il destino di ognuno di noi non dovrà più dipendere da quelle strane cartoline lasciata nella nostra casella di posta, che significano la tentata consegna di una raccomandata.

Come riporta La Stampa, i professionisti e imprese hanno già a disposizione un domicilio digitale.
Le nuove norme puntano così ad offrire questo servizio a tutti i cittadini.
La svolta comporterebbe sicuramente un vantaggio in tempi di velocità di gestione delle "grane": si potranno evitare le lunghe negli uffici e si potrà gestire tutto online.

Per completare il processo di inclusione,
"verrà creato un registro dei domicili digitali delle persone fisiche da parte di Infocamere, la società di informatica delle Camere di Commercio italiane,
dove singoli cittadini potranno andare, registrarsi e inserire il loro indirizzo di posta certificata",

spiega a a La Stampa Guido Scorza, responsabile Affari regolamentari del Team per la Trasformazione Digitale della presidenza del Consiglio.
 
Il Presepe è un simbolo delle nostre radici. Piaccia o no, è così per tutti.
Praticanti, non praticanti, stranieri. Un Ebreo in Italia non ha mai protestato per il presepe.
Neppure un Buddista od un Induista, ma il 2% - DUEPERCENTO - della popolazione italiana
pensa di poter condizionare il popolo. "loro" insistono. Per fortuna c'è ancora chi resiste e ci mette la faccia.

"Per quanto riguarda la croce o un simbolo di chiara identità religiosa come il presepe, meglio evitarli nelle scuole.
Penso sia meglio evitare di allestire i simboli di tutte le religioni a scuola: siano islamici, buddhisti, induisti e cristiani o protestanti.
Questo, nel massimo rispetto per tutte le fedi e tutte le religioni", ha continuato il leader della comunità islamica.

Come riporta il Messaggero Veneto, Basso ha deciso di portare a termine l'allestimento dei presepi nelle quattro scuole che dirige.
"Non ho dato indicazioni alle scuole di Pordenone – ha precisato Basso –. Da dirigente ho semplicemente scelto di fare il presepe come simbolo culturale, storico e religioso".
Per il consigliere comunale si tratta infatti di una scelta di rispetto per l'identità e la tradizione.

I dirigenti scolastici degli altri istituti del pordenonese condividono la decisione di Basso.
Presepi in allestimento in tutte le scuole, dagli asili nido alle superiori. "Natale è una festa cristiana",
ha dichiarato Teresa Tassan Viol, dirigente del liceo Leopardi-Majorana, dove è presente una collezione di presepi.
 
Antefatto del 2015
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La protesta contro i trasferimenti dei profughi imposti dal ministro dell'Interno Angelino Alfano arriva anche a Roma. I residenti di Casale San Nicola hanno sbarrato l'accesso a tre furgoni e un suv del reparto mobile della polizia. Con le mani alzate hanno bloccato la strada che porta all’ex scuola "Socrate" dove dovrebbe arrivare il primo gruppo di profughi, una ventina dei cento previsti che dovranno essere ospitati nello stabile. Scandendo l'Inno d'Italia, i residenti si sono a lungo opposti al passaggio della polizia.

Nello spiazzo davanti alla struttura che dovrebbe ospitare i 19 rifugiati, dove i cittadini sono in presidio permanente da quasi tre mesi, sono arrivati i blindati delle forze dell’ordine. Le 250 famiglie del piccolo comprensorio tra la via Braccianese e la Storta, al confine tra XIV e XV Municipio, non solo ritengono l’edificio e la zona molto isolata inadeguate all’accoglienza, ma temono che l’arrivo di cento immigrati su una popolazione di poco più 400 persone finisca col diventare una vera e propria "invasione", ingestibile dal punto di vista della sicurezza. "Per questo sono determinati a non smettere di lottare neanche adesso, quando di fronte a loro vedono schierate con grande imponenza di mezzi le forze dell’ordine - ha commentato CasaPound che è scesa in piazza coi residenti - la protesta pacifica non si arresterà fino a quando non si avrà la certezza che Casale San Nicola resterà a loro". Il prefetto di Roma, Franco Gabrielli, non ha voluto sentire ragione e ha dato l'ordine ai suoi di rimuovere immediatamente il blocco. "Una commissione ha ritenuto che la cooperativa avesse i requisiti necessari - ha spiegato Gabrielli - se c’è gente che non è d’accordo... se passasse questo principio sarebbe finita".

L'ordine di Gabrielli ha fatto precipitare la situazione innescando un durissimo confronto tra i residenti e le forze dell'ordine che hanno caricato per forzare i blocchi. Alcuni manifestanti hanno lanciato sassi contro gli agenti ferendone quattro. Dopo aver sfondato il blocco, gli agenti hanno "scortato" gli immigrati all'interno della ex scuola "Socrate". Il comitato dei residenti, che ha tenuto per ottenuto giorni un presidio continuo all’ingresso del comprensorio, ha fatto sapere che non si arrenderanno comunque e che continueranno la battaglia "in maniera legale e sempre pacifica".
 
Epilogo del 2017.

"Ingiustizia è fatta - attacca presidente di Casapound Italia Gianluca Iannone - Con le condanne abnormi inflitte per i fatti di Casale San Nicola si mette nero su bianco che difendere i diritti degli italiani agli occhi dello Stato è un crimine che crea più allarme sociale di un attentato terroristico. E in effetti in una Nazione in cui la giustizia sociale e il rispetto per i propri cittadini sono ai minimi, difendere gli italiani è un atto rivoluzionario"

Dopo i tafferugli con la polizia, 9 militanti di CasaPound avevano ricevuto una denuncia sfociata ieri in otto condanne a 3 anni 7 mesi e solo una più lieve, da 2 anni e 7 mesi.

"Le condanne, peraltro a pene che non hanno precedenti in Italia per questo genere di reati, arrivano giusto all'avvio della campagna elettorale per le politiche.
Il paradosso è che, pochi mesi dopo quelle scene che nessuno avrebbe mai voluto vedere, l'allora prefetto di Roma Franco Gabrielli, con un clamoroso dietrofront, decise di chiudere la struttura per gli stessi motivi che i residenti avevano cercato invano di spiegargli, guadagnandosi solo accuse di razzismo, repressione e qualche manganellata".

"Non solo Casapound ha partecipato per quasi tre mesi al presidio pacifico per evitare che si destinasse a centro di accoglienza una struttura non adeguata
ma anche che la resistenza opposta è stata passiva fino all'ultimo, quando la carica si è trasformata in scaramuccia con le prime file, ma mai c'è stata un'aggressione ai danni delle forze dell'ordine".
Senza contare che "tra le centinaia di persone che quel giorno si trovavano a Casale San Nicola solo 9 sono finite sotto processo per resistenza, e sono tutte di Casapound".
 

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