le Voci contro l'€uro si moltiplicano

tontolina

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Sapir – L’euro, fonte strutturale di squilibrio

Mentre si parla di “ripresa” dell’economia europea, Jacques Sapir ci inchioda ai numeri che escono dal report del Fondo Monetario Internazionale 2017 sugli squilibri nei tassi di cambio teorici tra i paesi intrappolati nella moneta unica. Gli scarti tra paesi con tasso di cambio sopravvalutato e sottovalutato aumentano, nonostante i dolorosi tentativi di svalutazione interna effettuati in Italia e Spagna. Non c’è via d’uscita, conclude l’economista francese: restare nell’euro per Francia, Italia e Spagna significa la morte dell’economia, per impoverimento e deindustrializzazione.

Di Jacques Sapir, 29 luglio 2017

La pubblicazione dell’edizione 2017 dell’External Sector Report del FMI mette in evidenza il problema rappresentato dall’euro per paesi come la Francia, l’Italia e la Spagna. E si nota che rispetto all’edizione 2016 questo problema si è ulteriormente aggravato.


In questo rapporto, gli esperti di economia e statistica del Fondo Monetario Internazionale calcolano, in rapporto al saldo delle partite correnti, ma anche al conto dei movimenti di capitale, le differenze del tasso di cambio reale (al netto dell’inflazione) tra i paesi. Ne risulta che oggi tra la Germania, la cui moneta è significativamente sottovalutata, e Francia, Italia e Spagna, lo scarto è enorme. Se l’euro non esistesse il tasso di cambio si sarebbe modificato aumentando in Germania e diminuendo nei tre paesi considerati. Questo avrebbe corretto gli squilibri. Ma l’esistenza dell’euro impedisce questo tipo di correzione, determinando così un vantaggio competitivo enorme (tra il 20% e il 25%) per la Germania. Questo spiega in larga misura la crisi dell’economia di questi paesi e il processo accelerato di deindustrializzazione cui sono sottoposti.


External Sector Report – 2016
A – 01 – External sector report 2016 – copia

External Sector Report – 2017
A – 01-2017-external-sector-report



I risultati delle edizioni 2016 e 2017 dell’External Sector Report sono istruttivi. Nell’edizione del 2016 i risultati erano i seguenti, con i dati positivi che indicano una sopravvalutazione e quelli negativi che indicano una sottovalutazione del cambio:

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Se sommiamo la sottovalutazione della Germania alla sopravvalutazione degli altri paesi, otteniamo una differenza nel tasso di cambio teorico del 21% per la Francia, del 20% per l’Italia e del 22,5% per la Spagna. Nessuna economia può resistere a lungo a un simile differenziale di tasso di cambio, sia esso teorico o reale. Ma senza l’euro la correzione sarebbe stata immediata, e avrebbe comportato una rivalutazione tra il 10% e il 20% per la Germania, e una svalutazione tra il 9 e il 3% per la Francia. Con questo si misura quanto l’euro costi all’economia francese, ma anche a quella italiana e spagnola. È ragionevole pensare che l’euro, a causa della rigidità che implica, sia responsabile di una quota tra il 50% e il 66% della disoccupazione in Francia.

Ora, questa situazione da un anno all’altro è peggiorata. Guardando ai risultati dell’edizione 2017 dell’External Sector Report troviamo i seguenti risultati:

Tabella 2

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Lo scarto del tasso di cambio reale rispetto alla Germania è passato dal 24 al 28% per la Francia. È passato dal 20 al 25% per la Spagna (che ha applicato una forte politica di svalutazione interna, ma non è riuscita comunque a chiudere il gap) e dal 22 al 26% per l’Italia.

Questi numeri ci dicono parecchie cose.

- In primo luogo, ci dicono che l’euro ha portato a uno squilibrio enorme dei tassi di cambio teorici. Dato che l’Euro ha tolto la possibilità di riequilibrare i livelli di cambio con rivalutazioni e svalutazioni, questo ci lascia solo due soluzioni: la svalutazione interna o i trasferimenti fiscali.

- In secondo luogo, questi dati dimostrano che le politiche di svalutazione interna seguite per anni da Spagna e Italia, quelle stesse politiche che Emmanuel Macron e il primo ministro Edouard Philippe vogliono applicare, non funzionano. Naturalmente, la situazione oggi è un po’ meno grave per la Spagna e l’Italia rispetto alla Francia, ma in ogni caso il divario dei tassi di cambio teorici, vale a dire della competitività, è oltre il 20% rispetto alla Germania. La lezione è chiara: la svalutazione interna non funziona.

Infine, queste cifre indirettamente ci dicono che se vogliamo compensare questi squilibri attraverso dei trasferimenti fiscali, il costo per la Germania sarebbe assolutamente eccessivo. Anche ammettendo l’evento altamente improbabile che la sopravvalutazione in Francia, Italia e Spagna possa essere ridotta con una rigorosa politica di svalutazione interna, sarebbe comunque necessario che la Germania compensi gli squilibri con un ammontare che può raggiungere fino al 10% del suo PIL. È evidente che si tratta di una ipotesi impossibile.

In queste condizioni, solo una dissoluzione della zona euro, sia che essa avvenga tramite l’uscita di uno dei tre paesi citati sia che avvenga attraverso un accordo generale, appare in grado di risolvere il problema. In caso contrario assisteremo alla morte delle economie di Francia, Spagna e Italia, per la deindustrializzazione e l’impoverimento diffuso.
 
Saverio Berlinzani
27 luglio alle ore 7:45 ·
Lamentarsi dell'Euro forte oggi, è questione priva di senso. Per differenti ragioni,
la prima delle quali è che ci troviamo poco sopra quella che è definita la parità dei poteri di acquisto, che secondo la teoria, gira intorno al livello di 1.1600, cioè una via di mezzo tra quella che dovrebbe essere, per i diversi paesi dell' Unione monetaria.
Quindi non è forte, ma è nel suo range.
Ma la ragione probabilmente più importante è legata la fatto che la moneta unica è in tutto e per tutto un marco tedesco travestito, o meglio, sta tornando ad essere un marco travestito dopo che la Germania, suo malgrado, ha dovuto sopportare Draghi e il suo qe, che avevano spinto la moneta unica ben al di sotto dei livelli tollerati dal gigante tedesco.

Ho sempre detto e continuo a ripetere, che una moneta dovrebbe fare gli interessi, sia in termini di tassi di interesse, ma soprattutto in termini di rapporti valutari con altri paesi, del paese che la detiene. Se da un lato, credo che la flessibilità debba essere un mantra, dall'altra ritengo proprio che in ragione di ciò, oggi l'Euro italiano, se fosse differente da quello tedesco, quoterebbe tranquillamente 0.8000 contro dollaro, 90 contro jpy, e un 30- 40 per cento più basso contro tutte le principali valute, permettendo al nostro paese di uscire da questa enorme crisi di liquidità a cui siamo sottoposti ed evitando il disastro che è sotto gli occhi di tutti.
Magari qualche Eurista, chiamandosi Euro, accetterebbe la moneta a diverse velocità, mentre se si chiamasse lira, chissà perchè no! Si paventava, da parte dei sostenitori di professione, il disastro annunciato, del tipo Venezuela, nel caso in cui avessimo avuto la lira, ma non una parola viene detta oggi sul disastro che è sotto gli occhi di tutti CON L'EURO. Il loro silenzio è assordante e per certi versi imbarazzante. Dichiarare con certezza quel che sarebbe, quando nessuno lo sa, dimenticando o facendo finta di nulla al riguardo di quel che in realtà è, oggi, la nostra situazione economica, è mancanza di buon senso.
Il tutto, al netto, comunque, delle incapacità strutturali che riguardano una politica incapace di fare il necessario per il bene del paese.
Basti guardare a quel che Macron sta facendo in Libia, paese che storicamente ci era amico, soprattutto per gli affari e che ora invece gli affari li fà sì, ma non con noi, con la Francia, la quale però contemporaneamente, ci impone di traghettare tutti i migranti a casa nostra, chiudendo le frontiere al passaggio degli stessi.
Quindi cari amici pro euro, rassegnatevi, ora ve lo tenete, e spero tanto di vedere 1.3000 - 1.4000 perchè forse così capirete cosa significa avere una moneta sopravvalutata del 30, 40 o 50 per cento per un paese che avrebbe invece bisogno di ben altro. Ogni 10 punti percentuali, il pil e l'inflazione scendono dello 0.5%. E pensate cosa accadrà quando Draghi verrà sostituito da Weidmann! Grasse risate, se non ci fosse da piangere.
Venezuela is coming with Euro my dear !!!!
 
Saverio Berlinzani
Ieri alle 7:28 ·
Sperando di fare cosa gradita:

COMMENTO GENERALE AI MERCATI

A dispetto delle divergenze e una analisi tecnica che sembrerebbe offrire opportunità di acquisto di dollari e vendita delle altre valute, ci pare di assistere ad un mercato che non abbia, in realtà alcuna intenzione di comprare divisa americana.
La sensazione e l’analisi delle price actions infatti, mostra un dollaro in decisa difficoltà, e ogni fine sessione europea, durante la seduta Usa, esce qualche rumors o voce incontrollata che causa accelerazioni e aumento di volatilità contro la divisa americana. Sono ormai diverse sessioni che accade questo e sembra di poter dire che, almeno nel caso del cambio Eurusd, potremmo vedere livelli anche ben più alti e superiori a 1.2000. Magari per fine anno, con correzioni ma la strada appare segnata.
Ma poi, non tanto per l'euro in sè, quanto per la debolezza strutturale del dollaro, che con Trump, emerge in tutta la sua virulenza. E' un Presidente che, tra i bastoni tra le ruote che gli stanno mettendo i repubblicani, oltre all’opposizione per principio dei democratici, e la sua incapacità di essere un fine diplomatico e tessitore di relazioni, rischia di far saltare i programmi non solo suoi, ma di tutti coloro i quali avevano puntato su di lui.
Il vero problema che intravediamo, è che sembra crearsi tra l’altro una superbolla sull'equity a causa di eccesso di liquidità presente sui mercati, ma non dimentichiamo che,
non appena la Fed ridurrà il bilancio rimettendo sul mercato i titoli tossici acquistati negli anni bui del 2009 2010 e seguenti (con il tesoro che sosterrà il tutto con nuove emissioni di treasuries a 3 10 e 30 anni), e non appena si capirà che oltre a non aver prodotto la riforma sanitaria in sostituzione dell’Obamacare, anche la riforma fiscale è a rischio, il tappo rischierà di saltare e il dollaro potrà pagarne le conseguenza in modo diretto.
Poi e' chiaro a tutti che l'euro a 1.3000 è fuori linea rispetto ai fondamentali, ma onestamente, lo diciamo ad alta voce, chi se ne importa. I cambi, da sempre, e per lungo tempo, rimangono ampiamente fuori dalla PPP (Purchase Power Parity), e quindi non e' un problema per nessuno tranne che per il nostro povero disgraziato paese.
Ma l’Italia ha voluto rimanere nell'euro? Non ha voluto tornare alla lira. E quindi ora, come si suol dire, muti e pedalare. Anche dovesse andare a 1 3000.
L’altra motivazione per la quale l'euro ora non corregge, è legata alle posizioni dei retails, i quali stanno incrementando le posizioni short ed è probabile quindi che, molti di questi, verranno stoppati sugli eccessi che potrebbero verificarsi sopra la soglia di 1.2000. Nessuno infatti crede si possa salire oltre. E a quel punto quando la maggioranza si stopperà sopra 1.2200 1.2300, quello sarà proprio il momento di vendere.

Se dovessi ricordare il passato, negli anni dove parte un trend, tendenzialmente l’estensione e accelerazione di questo trend trovano massima espressione proprio verso fine anno.
Ecco perché credo che, una volta viste le dovute correzioni, bisognerà cavalcare questo trend, che ha ancora tanto da dare.


Sulle altre valute, non molto da dire se non che stiamo assistendo ad un bel movimento di UsdCad al rialzo, dopo la grande discesa, così come il fatto che oggi è giornata dei pmi service e composite in tutte eurozona. Ma è prevista anche la decisione della boe in materia di tassi, assai interessante, perché vogliamo capire quando cominceranno a drenare liquidità dall’asset purchase e soprattutto se penseranno di alzare i tassi di interesse. Buona giornata e buon trading
 
L'euro punta verso 1.19 contro dollaro (ora 1.1863).
Voi continuate a chiedermi dove può arrivare e io vi rispondo sempre alla stessa maniera: NON LO SO, anche se qualche opinione al riguardo, chiaramente, ce l'ho ed è anche abbastanza robusta (vedete il grafico pubblicato un paio di giorni fa qui https://www.facebook.com/paolocardenablog/photos/a.327721853913536.96783.283618041657251/1688139524538422/?type=3&theater).
La logica non è tanto quella di sapere cosa farà l'euro o il dollaro domani, anche perché nessuno lo sa.
Piuttosto, la logica è (dovrebbe essere) quella di costruire portafogli sufficientemente robusti e resilienti da poter affrontare qualsiasi tipo di scenario, in rapporto al rischio di ogni singolo investitore.
Se vi assilla e vi preoccupa tanto il cambio eur/usd, che tra l'altro è solo un elemento dell'asset allocation e nemmeno il più importante e determinante, con ogni probabilità il vostro portafoglio non è aderente al vostro profilo di rischio e/o alle vostre aspettative. In questo caso, dovreste prendere in considerazione di chiamare il vostro consulente e riformare il vostro portafoglio rendendolo sinergico alle vostre necessità, ai vostri obiettivi e via dicendo.
Dato il periodo di vacanza, magari il vostro consulente vi manderà a quel paese. Però, a vostro vantaggio, c'è anche il fatto che i soldi sono vostri e di conseguenza potreste mandarcelo anche voi, a quel paese.

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La mascella che recentemente si è aperta tra il differenziale dei rendimenti dei titoli di stato a due anni di Germania e Usa (linea blu del grafico, scala destra) e il cambio euro/usd (linea rossa, scala sinistra) non mi piace. Anzi, mi piace assai. Nel senso che questa divergenza, come in tutti i casi passati, è destinata a chiudersi. E non vi è motivo per cui, anche questa volta, non sia così.
La chiusura potrà avvenire in due modi:
- attraverso Il rafforzamento del dollaro sull'euro (improbabile in assenza di un catayst che ne guidi il movimento....ma vedremo)
- Attraverso la riduzione del differenziale di rendimento tra i due titoli, verosimilmente per via del rialzo dei rendimenti in Eurozona.
In quest'ultimo caso mi aspetterei nuovi massimi per l'euro, seppur in presenza di una divergenza (tra il cambio e il differenziale dei rendimenti) che potrebbe tendere ad attenuarsi.


A tal proposito si dovrebbero considerare alcune questioni:
-I dati sull'inflazione sia in Usa che in Eurozona e quindi l'andamento delle due economie, tenuto conto che il rafforzamento dell'euro potrebbe pesare sulla crescita dell'Eurozona e stimolare quella Usa;
-La crisi di leadership della presidenza Usa, che non mi sembra sia una passeggiata (per Trump).
-Le azioni delle due banche centrali.

Per concludere è giusto sapere anche che vi sono un sacco di posizione speculative aperte a favore del rialzo dell'euro. Segno che gli operatori si attendono, quindi, un rialzo dei rendimenti in Ez. Se ciò non dovesse verificarsi.....

Staremo a vedere.

www.vincitorievinti.com
 
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