L’Onu si accorge del massacro di Odessa

L'ONU e i Paesi più...uguali degli altri
10 Giugno 2016 Scritto da Piero Cammerinesi
L'ONU e i Paesi più...uguali degli altri

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Nei media ormai quasi universalmente ‘allineati e coperti’ passano raramente notizie autentiche, news in grado di dare un quadro reale di quanto accade nel mondo.
di Piero Cammerinesi

Ogni tanto, però, qualcosa trapela e, anche se minimizzato o tardivamente negato o ridicolizzato, può aiutare il lettore spregiudicato a cogliere degli elementi utili per formarsi un giudizio indipendente sui fatti.

Una di queste notizie si riferisce a un’ammissione del segretario generale delle Nazioni Unite, Ban Ki-moon, il quale ha dichiarato ieri di aver rimosso – ad appena 72 ore dalla pubblicazione - la coalizione guidata dall’Arabia Saudita dalla lista nera dei Paesi assassini di bambini.

Perché è stata cancellata da questo vergognoso elenco l’Arabia Saudita che sta bombardando da mesi lo Yemen insieme a Bahrain, Kuwait, Qatar, Emirati Arabi Uniti, Egitto, Giordania, Marocco e Sudan?

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Semplice, perché quel Paese ha minacciato apertamente di chiudere i finanziamenti ai programmi dell’ONU.

Tutti ricorderanno l’assurdo dello scorso anno quando al rappresentante saudita Faisal bin Hassan Thad venne attribuito l’incarico di presiedere il comitato consultivo del Consiglio Onu dei diritti umani con il compito di nominare gli esperti sui diritti umani.

Un po’ come mettere un pedofilo a capo di un comitato per la protezione dell'infanzia.

Siamo ancora una volta di fronte alla menzogna globale di una organizzazione – l’ONU – che si presenta ai popoli come super partes e rivolta al benessere del mondo intero, mentre è totalmente asservita agli interessi dei Paesi dominanti e profondamente corrotta nelle sue scelte e nelle sue strategie.

Naturalmente Ban Ki-moon non ha rivelato la fonte delle – chiamiamole così - pressioni, ma le notizie indicano che esse provengono direttamente dal governo saudita.

Il rapporto 2015 dell’ONU “I bambini e i conflitti armati” riportava inizialmente la coalizione saudita come una di quelle “che uccidono e mutilano i bambini” e che “sono coinvolte in attacchi contro scuole e ospedali”.

Il rapporto, redatto da ricercatori delle Nazioni Unite in Yemen, dichiara che i bombardamenti dei sauditi e dei loro alleati sono responsabili di oltre la metà dei 785 bambini morti e dei 1.168 feriti.

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Naturalmente il governo saudita ha immediatamente protestato energicamente, tanto che il segretario generale ONU ha dichiarato frettolosamente di voler rivedere accuratamente i dati, in modo da “garantire la massima accuratezza possibile”.

Ma ieri, giovedì, Ban Ki-moon ha gettato la maschera ammettendo apertamente come stanno le cose.

“Il rapporto descrive orrori che nessun bambino dovrebbe vivere - ha dichiarato il segretario generale in conferenza stampa - tuttavia, ho anche dovuto prendere in considerazione la possibilità molto concreta che milioni di altri bambini debbano affrontare grandi sofferenze se, come mi è stato detto, alcuni Paesi non finanziassero più diversi programmi delle Nazioni Unite. I bambini già a rischio in Palestina, nel Sudan meridionale, in Siria, in Yemen, e in tanti altri luoghi precipiterebbero in una disperazione ancora più profonda”.

Guarda caso l'Arabia Saudita, che finanzia centinaia di milioni di dollari all’anno per i programmi alimentari ONU in Siria e in Iraq, è uno dei maggiori finanziatori in Medio Oriente.

Nel 2014 ha offerto 500 milioni di dollari - la più grande donazione umanitaria ONU per un singolo obiettivo - per aiutare gli iracheni in fuga a causa dell’ISIS. Negli ultimi tre anni, l’Arabia Saudita è diventato il terzo maggior finanziatore di programmi per la Palestina, investendo decine di milioni di dollari per la ricostruzione di Gaza e per assistere i rifugiati palestinesi.

“È inaccettabile che gli Stati membri esercitino indebite pressioni - ha aggiunto il segretario generale, affermando che la sua scelta di togliere l’Arabia Saudita dall’elenco è stata “una delle decisioni più dolorose e difficili che ho dovuto prendere”.

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Ma i sauditi non sono nuovi a questi exploit. Nonostante le affermazioni dell’ambasciatore presso le Nazioni Unite, Abdullah al-Mouallimi, secondo il quale il suo Paese non avrebbe utilizzato minacce, anche se - ha aggiunto - “la presenza nella lista avrebbe ovviamente avuto delle conseguenze nelle relazioni con l’ONU”, il governo saudita ha usato la stessa tattica all’inizio di quest'anno, quando ha minacciato di ritirare tutti gli investimenti negli Stati Uniti se fosse passata negli USA la proposta di legge che consente alle famiglie delle vittime dell’11 settembre di fare causa al suo Paese.

Nulla di nuovo sotto il sole, dunque; anche nel Palazzo di vetro pecunia non olet.

Resta il fatto che se il fine non giustifica mai i mezzi, una organizzazione internazionale come l’ONU - nel cui statuto è espressamente dichiarato che “L’Organizzazione è fondata sul principio della sovrana eguaglianza di tutti i suoi Membri” (Art.2,1) - dovrebbe intraprendere scelte diverse da quelle che si dice costretta a prendere.

Ma evidentemente c’è sempre qualcuno che è … più uguale degli altri.
 
I fascisti incendiari di Ucraina e le complicita' europee. Parla un sopravvissuto al massacro di Odessa
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«Vogliamo riunire le forze che in Ucraina sono portatrici di un punto di vista progressista, antifascista, internazionalista e antimperialista. Il paese è dominato da una ben organizzata minoranza oligarchica e nazionalista, contro la grande maggioranza disorganizzata»: Alexei Albu, del movimento Borotba («Lotta»), porta in Italia in questi giorni la resistenza anti-Maidan sviluppatasi come reazione al colpo di Stato fomentato dagli Usa e attuato da una gamma di forze della destra nazionalista che non escludeva (anzi) i neonazisti.
Alexei è un sopravvissuto al massacro del 2 maggio 2014, quando almeno 48 persone (ma egli afferma che furono circa 60) morirono nell’incendio della Casa dei sindacati di Odessa, dove si erano rifugiati manifestanti autonomisti disarmati. Egli rievoca quel giorno terribile in una serie di conferenze e incontri (il 9 dicembre a Roma ospite del sindacato Usb, il 10 di Scalo 77) che preparano una carovana di solidarietà nel Donbass l’anno prossimo. Come molti altri, è andato via per sfuggire alla persecuzione. Le mete dei fuggitivi sono la repubblica popolare di Donetsk e quella di Lugansk, la Crimea o la Russia. Dall’esilio egli continua l’impegno, anche per la verità e la giustizia sulla strage di Odessa.


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Ricordiamo quel 2 maggio…

In quei giorni continuavano nella nostra città come in altre le manifestazioni pacifiche per l’autonomia, per un governo regionale, in reazione al colpo di Stato che aveva visto arrivare al potere a Kiev una giunta di oligarchi e neonazisti. E chiedevamo di vietare da noi i gruppi violenti di estrema destra. Mi precipitai con altri al palazzo dei sindacati non appena ebbi notizia dell’aggressione. Aggressione da parte di chi? Si trattava di due tipologie: centinaia di neonazisti provenienti da fuori Odessa in gran parte, e tifosi di calcio. Nel palazzo dei sindacati si erano rifugiati donne e persone non giovani. I neonazisti avevano iniziato a sparare, poi erano riusciti a entrare. Scappavamo da un punto all’altro, cercavamo un rifugio impossibile. Decine di morti: secondo le testimonianze, chi soffocato dal fumo o avvolto nelle fiamme, chi preso a rivoltellate, o strangolato o accoltellato. Io riuscii a uscire, beccandomi botte in testa dai neonazisti. La stessa polizia aveva paura di qui criminali, anche per il rapporto di forze sbilanciato, loro erano molti di più di noi e dei poliziotti.


Ci sono stati arresti, processi?

No. Finora nessuno ha pagato: il governo centrale e gli altri poteri dello Stato boicottano ogni indagine. C’è una totale complicità da parte della politica e delle istituzioni. Il massacro fu pianificato dagli stessi dirigenti ucraini golpisti e nazionalisti. Secondo registrazioni, il governatore spronò i neonazi a circondare la casa dei sindacati. Da oltre due anni c’è un totale sabotaggio di ogni indagine. Assistiamo al paradosso che a essere perseguitati e in carcere sono diversi oppositori antifascisti, non gli aggressori e assassini che restano intoccabili. Chiediamo il vostro aiuto per continuare a mantenere viva la pretesa di giustizia.


Quali sono le condizioni sociali dell’Ucraina di oggi?

Dopo il colpo di Stato e l’ondata di privatizzazioni, va sempre peggio. La moneta nazionale si è deprezzata di tre volte. Il budget dello Stato non basta nemmeno per la macchina amministrativa. Prezzi e tariffe sono aumentati molto. La differenza fra il costo di certi servizi per i cittadini in Ucraina e a Lugansk è di dieci a uno. La polizia non funziona e la corruzione è alle stelle. Secondo le ultime statistiche, solo poco più del 3% dei reati di corruzione viene scoperto e punito.


Ci sono limitazioni al diritto di sciopero e di manifestazione?
Formalmente si tratta di diritti riconosciuti, salvo alle formazioni che sono vietate. Ma in pratica, ad esempio, la mia organizzazione quando alla fine del 2014 e nel 2015 organizzò presidi contro l’aumento delle tariffe, finì nel mirino dei fascisti i quali «arrestarono» alcuni nostri militanti e andarono a consegnarli alla polizia dicendo: «Questi sono separatisti». I prigionieri politici sono molti. Ogni tanto si verifica uno scambio di detenuti antifascisti e soldati di Kiev catturati nel Donbass.


L’Unione europea, così «democratica, illuminata, diritto-umanista, premio Nobel per la pace» continua a dar manforte e a finanziare – come il Fondo monetario internazionale - al governo nazionalista e oligarchico dell’Ucraina, appoggiato dai neonazisti e altre formazioni di estrema destra…

Nel 2014 l’Unione europea si schierò subito con i golpisti di Majdan. E ha continuato. Anche se ultimamente gli aiuti europei a Kiev si stanno riducendo. Ma dobbiamo denunciare il fatto che i sostegni economici internazionali all’Ucraina non sono certo spesi in politiche sociali ma per quello che il governo incostituzionale chiama «operazioni antiterroristiche», in tutto il paese. Oltre all’acquisto di armi, si foraggiano gli apparati repressivi di sicurezza e i servizi segreti.

Marinella Correggia
 
Le testimonianze dei cecchini del Maidan raccolte dal noto giornalista Gian Micalessin rivelano chi c’era dietro il colpo di Stato avvenuto a Kiev nel 2014. Il reportage esclusivo del reporter di guerra ribalta la versione ritenuta “ufficiale” fino ad una settimana fa. Ucraina, le verità ignorate dai media italiani.

Quello di Gian Micalessin è uno scoop con la lettera maiuscola: il giornalista ha recentemente pubblicato su "Occhi della guerra" un'inchiesta riguardante i fatti di Maidan Nezalezhnosti, Piazza dell'Indipendenza di Kiev, teatro di brutali scontri e guerriglie. Il caos a Maidan raggiunse il suo apice a febbraio 2014 con il massacro di più di 80 persone, fra polizia e manifestanti, colpite dalle stesse armi.



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© FOTO: FORNITA DA GIAN MICALESSIN

È proprio la strage di quei giorni il tema del servizio di Micalessin trasmesso dal programma televisivo Matrix, la strage che ha segnato l'inizio del golpe nella capitale ucraina e lo scoppio della guerra nel Donbass. Il reportage è basato sulla testimonianza esclusiva di tre cecchini georgiani, protagonisti del disastro di Maidan, legati all'ex presidente georgiano Mikhail Saakashvili. Insomma, dietro i cecchini di quel sanguinoso giorno non c'erano gli uomini del presidente Yanukovich, unica "verità ufficiale" raccontata dal coro mediatico negli ultimi anni. Numerosi però erano i dubbi in merito già dall'indomani degli spari sulla folla.


Ora i cecchini hanno parlato ed è assordante il silenzio dei media italiani in seguito al servizio del giornalista Micalessin, praticamente nessun giornale mainstream ha riportato la notizia. Sputnik Italia ha raggiunto per un approfondimento in merito direttamente Gian Micalessin.

Gian, come hai trovato i tre cecchini del tuo servizio? Oppure sono stati loro a contattarti?

— È una storia lunga perché inizia in Siria, dove incontro un giornalista georgiano che mi dice di aver sentito la storia di questi cecchini. Ovviamente mi sono incuriosito, su Maidan c'erano già tanti dubbi a partire dal febbraio del 2014. Ho chiesto già un anno fa al giornalista georgiano di mettermi in contatto con questi personaggi, ma all'epoca loro non volevano parlare. Sono rimasto in contatto con loro, ho insistito e alla fine di questa estate lui si è rifatto vivo dicendomi che forse tre persone erano disponibili a parlare. Abbiamo organizzato un primo appuntamento a Skopje, capitale della Macedonia dove ho parlato con due di loro.

Li ho intervistati a lungo, volevo essere sicuro che fossero stati lì. Ho fatto interviste molto lunghe, mettendole a confronto. Tutto corrispondeva. Ho intervistato in un Paese dell'Est Europa poi un terzo uomo, Alexander, che mi ha portato dei filmati di lui in una tenda con altri georgiani. La storia stava in piedi.

Non hai mai dubitato di questa versione? Gli intervistati sono stati convincenti?

— I racconti coincidevano fra di loro e con la ricostruzione della vicenda di Maidan. I dubbi su chi avesse sparato erano già sorti sin dall'indomani della strage, quando lo stesso ministro degli Esteri estone, pur essendo a favore dell'opposizione ucraina, aveva detto che vi erano dei seri dubbi. Una dottoressa ucraina gli raccontò che i morti dell'una e dell'altra parte erano stati colpiti dalle stesse armi. Il ministro estone riferì i suoi dubbi alla Responsabile degli Esteri dell'Unione Europea. Questa telefonata sollevò i primi dubbi, poi di questi dubbi si era parlato tantissimo.

È passata una settimana dal tuo servizio. Qual è stata la reazione dei media italiani?

— Da parte dei media italiani c'è stato il silenzio totale, un silenzio strano, visto che dovremmo essere abbastanza interessati alla questione ucraina se non altro per le conseguenze che questa ha provocato all'Italia. Non dimentichiamoci che a causa delle sanzioni che l'Italia ha appoggiato sull'onda dell'Unione europea il nostro Paese ci ha rimesso tre miliardi in scambi commerciali con la Russia. Questa situazione ha provocato grossi problemi ai nostri imprenditori. Siamo inoltre rimasti coinvolti anche nell'iniziativa della NATO che porta le nostre truppe a partecipare alle operazioni ai confini con la Russia. Tutto ciò ci mette in una situazione di tensione anche da un punto di vista militare con Mosca.

Se tutto questo è la conseguenza di una realtà che non esisteva, forse bisognerà prestare più attenzione alle testimonianze dei tre personaggi che ci hanno dato una versione completamente diversa degli eventi di Maidan.

Tv e giornali russi ti hanno intervistato in merito al tuo servizio. Sono state molte le reazioni dei media stranieri, no?

— Sono stato sommerso di insulti e accuse da parte degli ucraini, il mio servizio invece è stato molto apprezzato dai colleghi russi. I russi hanno anche trasmesso il filmato e mi hanno intervistato. C'è un po'di attenzione in merito al servizio anche a livello internazionale. Vediamo se prossimamente le televisioni straniere saranno interessate e vederlo.


Per tutti questi anni i media italiani hanno dato un'altra versione dei fatti, secondo cui dietro i cecchini ci sarebbe stato Yanukovich, non vi era nessun dubbio secondo loro. Ora i cecchini hanno parlato e questi stessi media tacciono, nessuna scusa, nessuna smentita. Come si può spiegare tutto ciò, la verità non conta?

— Vi è una verità ufficiale molto consolidata e i giornali mainstream, quelli più legati al sistema e all'Unione europea, sono sicuramente abbastanza esitanti nel mettere in dubbio questa verità. Hanno seguito il caso disciplinatamente e adesso da una parte sono un po'imbarazzati, dall'altra, essendo legati alla verità ufficiale, continuano a mantenersi sulla stessa linea. Parliamo di giganti inamovibili.
 
La Nuland ha sposato Kagan ashkenazita [questo gruppo etnico si è mimetizzato tra gli EBREI israeliti]
gli ashkenaziti furono scacciati dalla Russia dall'imperatrice Caterina per la loro totale mancanza di etica.
oggi purtroppo dettano l'agenda all'Occidente ... e lo vediamo.....
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Il ruolo degli Stati Uniti nel golpe del 2014 che ha portato al potere i nazionalisti in Ucraina durante i famigerati giorno dell’Euromaidan è ormai acclarato non ci sono più dubbi. Tuttavia sono ancora in corso manovre per ‘sfumare’ per così dire la posizione di Washington visto che quel colpo di Stato rappresenta uno dei passaggi che hanno poi portato alla tragica situazione attuale dove una Russia praticamente costretta spalle al muro, ha dato avvio alla sua operazione militare per smilitarizzare e denazificare il regime di Kiev.

La cosiddetta ‘pistola fumante’ che dimostra il coinvolgimento degli Stati Uniti nel colpo di Stato del 2014 a Kiev è stata rimossa da YouTube dopo otto anni. Era la versione più completa della conversazione intercettata e trapelata tra l'allora Assistente Segretario di Stato Victoria Nuland e Geoffrey Pyatt, l'allora ambasciatore degli Stati Uniti in Ucraina, dove i due funzionari statunitensi discutono su chi comporrà il nuovo governo, con ampio anticipo rispetto al rovesciamento del presidente ucraino eletto democraticamente Viktor Yanukovich. Il cui governo fu cui abbattuto con un violento golpe giunto a compimento il 21 febbraio del 2014.


Il Dipartimento di Stato degli Stati Uniti non ha mai negato l'autenticità del video e ha persino chiesto scusa all'Unione Europea perché Victoria Nuland affermava testualmente: "Fuck the EU".

I media mainstream all'epoca preferirono - per ovvi motivi - concentrarsi quasi esclusivamente su quell'osservazione, ignorando intenzionalmente il reale significato e le conseguenze dell'interferenza degli Stati Uniti negli affari interni dell'Ucraina.

Il portale di giornalismo Consortium News si è reso conto della rimozione del video che è stato incorporato in numerosi articolo dedicati al rovesciamento di Yanukovich.

Adesso appare così:

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A suscitare più di qualche dubbio è la tempistica della rimozione del video. I media mainstream sin dall’inizio dell’operazione russa in Ucraina hanno fatto di tutto per confondere le acque, evitare accuratamente di di menzionare le cause dell'attuale conflitto, inclusa l'espansione della NATO verso est, le proposte di trattato avanzato da Mosca lo scorso dicembre, la guerra civile nel Donbass e il colpo di Stato del 2014 a Kiev che ha portato alla rivolta del Donbass e alla violenta repressione da parte del governo golpista.

Il golpe è infatti il punto di partenza per comprendere quanto accade oggi. La rimozione del video è coerente con l’occultamento di tutte le informazioni che si allontanano dalla narrativa forzata e fuorviante degli eventi in Ucraina, inclusa l'eliminazione di qualsiasi menzione del colpo di Stato ispirato, sostenuto e foraggiato dagli Stati Uniti.

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La trascrizione

La BBC il 7 febbraio 2014, 14 giorni prima della defenestrazione di Yanukovich, ha pubblicato una trascrizione della conversazione Nuland-Pyatt. Consortium News l’ha riproposta.

Ecco la traduzione in italiano:

Nuland: Cosa ne pensi?

Pyatt: Penso che siamo in gioco. Klitschko [Vitaly Klitschko, uno dei tre principali leader dell'opposizione] è ovviamente l'elettrone complicato. Soprattutto l'annuncio della sua nomina a vice-primo ministro, e hai visto alcuni dei miei appunti sui problemi del matrimonio in questo momento, quindi stiamo cercando di capire in fretta a che punto siamo. Ma penso che la tua argomentazione con lui, che dovrai fare, penso che sia la prossima telefonata che vuoi organizzare, sia esattamente quella che hai fatto a Yats [Arseniy Yatseniuk, un altro leader dell'opposizione]. E sono contento che tu l'abbia messo sul punto in cui si inserisce in questo scenario. E sono molto contento che abbia detto quello che ha detto in risposta.


Nuland: Bene. Non credo che Klitsch debba entrare nel governo. Non credo sia necessario, non credo sia una buona idea.

Pyatt: Sì. Credo che... per quanto riguarda il fatto che non entri nel governo, lasciatelo fuori a fare i suoi compiti politici e così via. Penso solo che, in termini di avanzamento del processo, vogliamo tenere insieme i democratici moderati. Il problema sarà Tyahnybok [Oleh Tyahnybok, l'altro leader dell'opposizione] e i suoi uomini e sono sicuro che questo fa parte dei calcoli del [Presidente] Yanukovych.

Nuland: [Penso che Yats sia l'uomo con l'esperienza economica e di governo. Ha bisogno di Klitsch e Tyahnybok all'esterno. Deve parlare con loro quattro volte alla settimana. Penso solo che Klitsch entrerà... sarà a quel livello per lavorare per Yatseniuk, non funzionerà.

Pyatt: Sì, no, credo che sia così. OK. Bene. Vuoi che organizziamo un incontro con Yatseniuk? Vuoi che organizziamo una telefonata con lui come prossimo passo?


Nuland: Da quella telefonata ho capito - ma dimmelo tu - che i tre stavano andando alla loro riunione e che Yats avrebbe offerto in quel contesto una... conversazione tre più uno o tre più due con te.

Pyatt: No. Penso che... Voglio dire che è quello che ha proposto, ma penso che, conoscendo la dinamica che c'è stata tra loro, in cui Klitschko è stato il capobranco, ci metterà un po' a presentarsi a qualsiasi riunione abbiano organizzato e probabilmente starà parlando con i suoi uomini a questo punto, quindi penso che rivolgersi direttamente a lui aiuti la gestione della personalità tra i tre e vi dia anche la possibilità di muovervi velocemente su tutte queste cose e di metterci dietro prima che si siedano tutti insieme e lui spieghi perché non gli piace.

Nuland: Ok, bene. Sono contento. Perché non lo contatti e vedi se vuole parlare prima o dopo?

Pyatt: Ok, lo farò.


Nuland: Ok... un'altra cosa per te, Geoff. [Non ricordo se te l'ho detto, o se l'ho detto solo a Washington, che quando ho parlato con Jeff Feltman [Sottosegretario Generale delle Nazioni Unite per gli Affari Politici] questa mattina, aveva un nuovo nome per l'uomo delle Nazioni Unite, Robert Serry, te l'ho scritto stamattina?

Pyatt: Sì, l'ho visto.

Nuland: OK. Ha ottenuto che sia Serry che il [Segretario Generale delle Nazioni Unite] Ban Ki-moon siano d'accordo sul fatto che Serry possa arrivare lunedì o martedì. Sarebbe un'ottima cosa, credo, per contribuire a incollare questa cosa e far sì che l'ONU contribuisca a incollarla e, sai, a mandare a fanculo l'UE.

Pyatt: No, esattamente. E penso che dobbiamo fare qualcosa per far sì che rimanga unito perché si può essere abbastanza sicuri che se inizia a prendere quota, i russi lavoreranno dietro le quinte per cercare di silurarlo. E ancora una volta, il fatto che questo sia in circolazione in questo momento, sto ancora cercando di capire perché Yanukovych (confuso) lo abbia fatto. Nel frattempo è in corso una riunione della fazione del Partito delle Regioni e sono sicuro che a questo punto ci sia una vivace discussione all'interno del gruppo. Ma in ogni caso, se ci muoviamo in fretta… Quindi lasciatemi lavorare su Klitschko... Vogliamo cercare di ottenere qualcuno con una personalità internazionale che venga qui e ci aiuti a gestire questa cosa. L'altra questione è una sorta di contatto con Yanukovych, ma probabilmente ci riorganizzeremo domani per vedere come le cose iniziano ad andare al loro posto.

Nuland: Su questo punto Geoff, quando ho scritto la nota [il consigliere per la sicurezza nazionale del vicepresidente degli Stati Uniti, Jake] Sullivan mi ha risposto con un VFR [direct to me], dicendo se avessi bisogno del [vicepresidente degli Stati Uniti, Joe] Biden… Quindi Biden è disponibile.

OK. Ottimo. Grande, grazie.
 
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