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Nomi di intoccabili
Sotto torchio Ifil e Merryll Linch
Le fiamme gialle perquisiscono i due santuari della finanza nell'ambito dell'inchiesta Fiat-Exor. Indagati a Milano anche Gabetti, Grande Stevens, Marrone
BRUNO PERINI
La procura della repubblica di Torino non molla la preda: nonostante la stampa economica e finanziaria tenti in tutti i modo di minimizzare l'inchiesta penale su Ifil, ieri i magistrati torinesi hanno inviato le fiamme gialle in due santuari della finanza: la finanziaria della famiglia Agnelli e la nota banca d'affari Merril Linch che ha supportato l'operazione. Obiettivo degli inquirenti è acquisire documentazione nell'ambito dell'inchiesta giudiziaria avviata dalla Procura di Torino per l'equity-swap che nel settembre scorso consentì all'Ifil di mantenere il 30% del Lingotto. Per quella vicenda sono indagati il presidente dell'Ifil, Gianluigi Gabetti, l'avvocato Franzo Grande Stevens, consigliere di amministrazione, e Virgilio Marrone, membro del cda Exor, controllata da Ifil e dalla Giovanni Agnelli e C. La novità di ieri è che anche a Milano ci sono sette od otto persone iscritte le registro degli indagati per aggiotaggio e ostacolo all' attività degli organi di vigilanza. Tra le persone iscritte al registro degli indagati a cui presto potrebbero aggiungersi le società - a quanto si apprende da fonti vicine a palazzo di giustizia - ci sono le stesse tre persone già indagate a Torino, ovvero Franzo Grande Stevens, Virgilio Marrone e Gianluigi Gabetti. Un portavoce dell'Ifil, confermando la perquisizione svoltasi ieri a Torino, ha dichiarato: «Come già era stato fatto nei confronti della Consob, è stata messa a disposizione anche della Procura tutta la documentazione richiesta».
La perquisizione nella sede dell'Ifil di corso Matteotti, a Torino, è iniziata intorno alle 10 e si è conclusa alle 17,30. Sono stati impegnati una quindicina di uomini, tutti in borghese, del Nucleo provinciale di polizia tributaria di Torino. Sono stati perquisiti tutti gli uffici e le segreterie della palazzina che li ospita, a partire da quello del presidente Gianluigi Gabetti che era presente. Secondo quanto si è appreso, complessivamente sono stati sequestrati 5-6 faldoni con documenti cartacei e copie di file presenti sui computer esaminati. Obiettivo degli inquirenti non erano tanto i documenti ufficiali dell'operazione Ifil-Exor, quanto la documentazione relativa alla preparazione dell'equity-swap. Il materiale sarà esaminato nei prossimi giorni per verificare se ci siano state delle violazioni di legge.
Nella comunità finanziaria il caso ha creato grande imbarazzo per l'evidenza delle prove a carico dei protagonisti di questa vicenda. Dopo le pressanti richieste della Consob e l'esplosione del caso è risultato evidente che i vertici dell'Ifil hanno detto qualche bugia di troppo per difendere la riservatezza che gli avrebbe permesso di portare a termine l'obiettivo di mantenere il 30% del gruppo. Ma le istituzioni torinesi, ancora una volta, si sono chiuse a riccio in difesa dell'Ifil. «Ne usciranno benissimo», aveva detto il presidente del SanPaolo Imi, Enrico Salza, al momento della iscrizione nel registro degli indagati da parte della Procura di Torino dei vertici della società. «Non tocca a noi esprimere giudizi, ho sempre espresso grande stima per Franzo Grande Stevens e per tutti gli altri. Lasciamo giudicare chi dovrà giudicare». Negli ambienti giudiziari c'è, invece, chi dubita molto che gli Agnelli ne escano benissimo da questa vicenda
Sotto torchio Ifil e Merryll Linch
Le fiamme gialle perquisiscono i due santuari della finanza nell'ambito dell'inchiesta Fiat-Exor. Indagati a Milano anche Gabetti, Grande Stevens, Marrone
BRUNO PERINI
La procura della repubblica di Torino non molla la preda: nonostante la stampa economica e finanziaria tenti in tutti i modo di minimizzare l'inchiesta penale su Ifil, ieri i magistrati torinesi hanno inviato le fiamme gialle in due santuari della finanza: la finanziaria della famiglia Agnelli e la nota banca d'affari Merril Linch che ha supportato l'operazione. Obiettivo degli inquirenti è acquisire documentazione nell'ambito dell'inchiesta giudiziaria avviata dalla Procura di Torino per l'equity-swap che nel settembre scorso consentì all'Ifil di mantenere il 30% del Lingotto. Per quella vicenda sono indagati il presidente dell'Ifil, Gianluigi Gabetti, l'avvocato Franzo Grande Stevens, consigliere di amministrazione, e Virgilio Marrone, membro del cda Exor, controllata da Ifil e dalla Giovanni Agnelli e C. La novità di ieri è che anche a Milano ci sono sette od otto persone iscritte le registro degli indagati per aggiotaggio e ostacolo all' attività degli organi di vigilanza. Tra le persone iscritte al registro degli indagati a cui presto potrebbero aggiungersi le società - a quanto si apprende da fonti vicine a palazzo di giustizia - ci sono le stesse tre persone già indagate a Torino, ovvero Franzo Grande Stevens, Virgilio Marrone e Gianluigi Gabetti. Un portavoce dell'Ifil, confermando la perquisizione svoltasi ieri a Torino, ha dichiarato: «Come già era stato fatto nei confronti della Consob, è stata messa a disposizione anche della Procura tutta la documentazione richiesta».
La perquisizione nella sede dell'Ifil di corso Matteotti, a Torino, è iniziata intorno alle 10 e si è conclusa alle 17,30. Sono stati impegnati una quindicina di uomini, tutti in borghese, del Nucleo provinciale di polizia tributaria di Torino. Sono stati perquisiti tutti gli uffici e le segreterie della palazzina che li ospita, a partire da quello del presidente Gianluigi Gabetti che era presente. Secondo quanto si è appreso, complessivamente sono stati sequestrati 5-6 faldoni con documenti cartacei e copie di file presenti sui computer esaminati. Obiettivo degli inquirenti non erano tanto i documenti ufficiali dell'operazione Ifil-Exor, quanto la documentazione relativa alla preparazione dell'equity-swap. Il materiale sarà esaminato nei prossimi giorni per verificare se ci siano state delle violazioni di legge.
Nella comunità finanziaria il caso ha creato grande imbarazzo per l'evidenza delle prove a carico dei protagonisti di questa vicenda. Dopo le pressanti richieste della Consob e l'esplosione del caso è risultato evidente che i vertici dell'Ifil hanno detto qualche bugia di troppo per difendere la riservatezza che gli avrebbe permesso di portare a termine l'obiettivo di mantenere il 30% del gruppo. Ma le istituzioni torinesi, ancora una volta, si sono chiuse a riccio in difesa dell'Ifil. «Ne usciranno benissimo», aveva detto il presidente del SanPaolo Imi, Enrico Salza, al momento della iscrizione nel registro degli indagati da parte della Procura di Torino dei vertici della società. «Non tocca a noi esprimere giudizi, ho sempre espresso grande stima per Franzo Grande Stevens e per tutti gli altri. Lasciamo giudicare chi dovrà giudicare». Negli ambienti giudiziari c'è, invece, chi dubita molto che gli Agnelli ne escano benissimo da questa vicenda