Amleto
Forumer attivo
Da Corriere del Veneto
LIBERALIZZAZIONI
Se tocca a quei «poveri» notai
Se c’è un lavoro che la gente capisce davvero poco è quello del notaio. Per più ragioni. Diciamone alcune tra il serio e il faceto. I notai appaiono come depositari di incomprensibili rituali burocratici. Non producono «nulla» e non preservano da nulla. Non sono commercialisti che ci difendono dal fisco. Non sono avvocati che ci sostengono in giudizio. Non sono medici che ci curano. Non sono insegnanti, architetti o ragionieri. Insomma a che cosa servono? Probabilmente a poco, in particolare se si pensa che i loro stessi compiti in alcuni paesi del Nord Europa sono svolti da funzionari pubblici. Eppure esistono, consistono, persistono. Di notai nel Veneto ce ne sono circa 300 e davvero pochi sono autoctoni. Non sono molto amati, ma certamente rispettati; ci mancherebbe, con quello che guadagnano! Il reddito medio dichiarato è di 280mila euro all’anno. Rappresentano una professione per la quale l’essere «figlio di» è quasi indispensabile. Innanzitutto per il costo da affrontare, considerando un esito concorsuale lungo e sommamente incerto. E chi può permetterselo se non un genitore notaio? In realtà, ovviamente, raccomandazioni e segnalazioni esistono, ma il dato oggettivo, che davvero favorisce i figli, è la possibilità di stare al mulino tutti giorni. E chi al mulino sta, facilmente s’infarina. Il che significa apprendere in presa diretta linguaggi e standard di stesura degli atti. Al mulino si apprendono, inoltre, comportamenti da veri signori, in termini di reddito e di cautela.
Ci sovviene in proposito un episodio, accaduto durante una cena di beneficenza nella quale s’improvvisavano buonumore, letture e cabaret. Alla fine della serata un brillante notaio aveva dato - fuori programma - un suo simpatico contributo esibendosi in una canzone. Qualche minuto prima questo stesso notaio ci aveva colpito per un episodio singolare. Quando si trattò di raccogliere il contributo per la donazione l’ultimo a pagare fu lui. Sembrava quasi esitare, come se l’esborso non si intonasse al suo ruolo. In verità il suo traccheggiare era una questione, chiamiamola di garbo. Un po’ nascosto sotto il tavolo teneva il denaro. Non appena fu chiaro che la cifra raccolta tra gli altri commensali era bastante per potergli dare il resto, fece emergere una banconota. Si trattava di un bel 500 euro, un viola Paperon de’ Paperoni di casa nostra che non ci capitava di vedere da un bel po’. Ecco dove finiscono i pregiati bigliettoni. Scoccò spontanea una battuta: «Noblesse oblige», disse qualcuno, suscitando il sorriso dei commensali. Siamo destinati a tenerceli, signorilmente, sul groppone. Nelle liberalizzazioni del Governo Monti per la categoria si prospettano tariffe non vincolate e altri mille posti in due anni. Fortunati quei pochi giovani, tra i molti scalpitanti, che vinceranno i concorsi. Da parte dei notai ci saranno delle belle levate di scudi. Lo stile sarà certamente diverso da quello dei tassisti. Salvo che non si decida di calmierare anche le loro potenziali rimostranze attraverso una qualche forma di compensazione. Nel qual caso caldeggiamo l’uso abbondante di banconote da 500 che alla categoria paiono particolarmente gradite.
Giuseppe Favretto
21 gennaio 2012
LIBERALIZZAZIONI
Se tocca a quei «poveri» notai
Se c’è un lavoro che la gente capisce davvero poco è quello del notaio. Per più ragioni. Diciamone alcune tra il serio e il faceto. I notai appaiono come depositari di incomprensibili rituali burocratici. Non producono «nulla» e non preservano da nulla. Non sono commercialisti che ci difendono dal fisco. Non sono avvocati che ci sostengono in giudizio. Non sono medici che ci curano. Non sono insegnanti, architetti o ragionieri. Insomma a che cosa servono? Probabilmente a poco, in particolare se si pensa che i loro stessi compiti in alcuni paesi del Nord Europa sono svolti da funzionari pubblici. Eppure esistono, consistono, persistono. Di notai nel Veneto ce ne sono circa 300 e davvero pochi sono autoctoni. Non sono molto amati, ma certamente rispettati; ci mancherebbe, con quello che guadagnano! Il reddito medio dichiarato è di 280mila euro all’anno. Rappresentano una professione per la quale l’essere «figlio di» è quasi indispensabile. Innanzitutto per il costo da affrontare, considerando un esito concorsuale lungo e sommamente incerto. E chi può permetterselo se non un genitore notaio? In realtà, ovviamente, raccomandazioni e segnalazioni esistono, ma il dato oggettivo, che davvero favorisce i figli, è la possibilità di stare al mulino tutti giorni. E chi al mulino sta, facilmente s’infarina. Il che significa apprendere in presa diretta linguaggi e standard di stesura degli atti. Al mulino si apprendono, inoltre, comportamenti da veri signori, in termini di reddito e di cautela.
Ci sovviene in proposito un episodio, accaduto durante una cena di beneficenza nella quale s’improvvisavano buonumore, letture e cabaret. Alla fine della serata un brillante notaio aveva dato - fuori programma - un suo simpatico contributo esibendosi in una canzone. Qualche minuto prima questo stesso notaio ci aveva colpito per un episodio singolare. Quando si trattò di raccogliere il contributo per la donazione l’ultimo a pagare fu lui. Sembrava quasi esitare, come se l’esborso non si intonasse al suo ruolo. In verità il suo traccheggiare era una questione, chiamiamola di garbo. Un po’ nascosto sotto il tavolo teneva il denaro. Non appena fu chiaro che la cifra raccolta tra gli altri commensali era bastante per potergli dare il resto, fece emergere una banconota. Si trattava di un bel 500 euro, un viola Paperon de’ Paperoni di casa nostra che non ci capitava di vedere da un bel po’. Ecco dove finiscono i pregiati bigliettoni. Scoccò spontanea una battuta: «Noblesse oblige», disse qualcuno, suscitando il sorriso dei commensali. Siamo destinati a tenerceli, signorilmente, sul groppone. Nelle liberalizzazioni del Governo Monti per la categoria si prospettano tariffe non vincolate e altri mille posti in due anni. Fortunati quei pochi giovani, tra i molti scalpitanti, che vinceranno i concorsi. Da parte dei notai ci saranno delle belle levate di scudi. Lo stile sarà certamente diverso da quello dei tassisti. Salvo che non si decida di calmierare anche le loro potenziali rimostranze attraverso una qualche forma di compensazione. Nel qual caso caldeggiamo l’uso abbondante di banconote da 500 che alla categoria paiono particolarmente gradite.
Giuseppe Favretto
21 gennaio 2012