manca l'ACQUA

tontolina

Forumer storico
Las Vegas a secco

da Argento Fisico
Complice un caldo record che nell’ovest degli States ha fatto tornare alla memoria le tragiche siccità del great dust bowl degli anni della grande depressione, Las Vegas – città di quasi 2 milioni di abitanti nel bel mezzo del deserto del Mojave in cui si è recentemente costruito e si continua a costruire ancora tantissimo – è quasi a secco.
“It’s just going to be screwed. And relatively quickly,” warns Tim Barnett, of the Scripps Institution of Oceanography, telling The Telegraph, the situation in Las Vegas is “as bad as you can imagine”. After a devastating, 14-year drought drained the reservoir that supplies 90% of the city’s water, the apparently endless supply of water is an illusion as Las Vegas population has soared. As Barnett ominously concludes, “unless it can find a way to get more water from somewhere, Las Vegas is out of business. Yet they’re still building, which is stupid.”
Il fiume Colorado è ormai talmente ipersfruttato che qualcuno dice che:
“The Colorado is essentially a dying river. Ultimately, Las Vegas and our civilisation in the American South West is going to disappear, like the Indians did before us.”
wfKk_bYY_eY
 
Detroit, la città green nella miseria assoluta: 150mila famiglie senz’acqua

Per disperazione, hanno addirittura fatto appello all’Alto Commissario dei diritti umani dell’Onu perchè venga garantito loro un diritto inalienabile. In un rapporto inviato all’Onu, Maud Barlow, dell’associazione Progetto Pianeta Blu spiega: “Chiediamo all’Alto Commissario di spiegare al governo americano che sta violando il loro diritto all’accesso all’acqua”. Lo riporta Focussur.


https://www.google.it/search?q=detr...nnel=fflb&gfe_rd=cr&ei=I125U5DAKaGh8wfbsIHQDg
 
Acqua, la risorsa che fa gola a tutti sta per finire

Crescono soldi e consumi. Numero uno Nestlé: "la esauriremo molto prima del petrolio. Suo accesso non è diritto umano, va privatizzata".


Ingrandisci la foto
Ad un essere umano sono sufficienti 4 litri al giorno per vivere, mentre il fabbisogno europeo di acqua potabile è di 165 litri a testa




ROMA (WSI) - La grande sete del mondo mette d’accordo multinazionali ed ambientalisti che, dopo anni di accuse reciproche, ora combattono l’uno al fianco dell’altro la guerra per la salvaguardia di una risorsa sempre più scarsa. Unico l’obiettivo, diversi gli interessi. La politica resta al palo.

Fino a qualche anno fa era un’inezia, ma man mano che il costo della voce «acqua» aumenta nei bilanci, le multinazionali investono cifre sempre maggiori nella sua produzione e salvaguardia. Non è che il mondo di colpo sia entrato in una siccità globale, più che altro sono aumentati enormemente i consumi in Occidente ma soprattutto nei paesi emergenti che in pochi anni hanno immesso nello scenario migliaia di industrie assetate e miliardi di persone alle quali prima bastava l’acqua necessaria per vivere mentre ora consumano quanto e più dei paesi ricchi.

Basti pensare che a un essere umano sono sufficienti 4 litri al giorno per vivere, mentre il fabbisogno europeo di acqua potabile è di 165 litri a testa. Le prospettive sono preoccupanti: se la popolazione mondiale crescerà di un miliardo di persone da qui al 2030, arrivando a 8 miliardi, a far registrare il balzo maggiore, passando da 2 a 5 miliardi, sarà la classe media, quella che consuma beni e servizi per produrre i quali ci vorrà sempre più acqua, indispensabile per l’energia, ad esempio.

Le multinazionali fiutano l’affare ed investono miliardi di dollari per essere autosufficienti. «Il costo dell’acqua sta crescendo in tutto il mondo» spiega al Financial Times Christopher Gasson, dell’istituto di ricerca Global Water Intelligence secondo il quale, inoltre, le aziende che una volta consideravano l’acqua una materia gratuita ora sanno che il suo sfruttamento indiscriminato può «danneggiare il loro marchio, la loro credibilità, la loro valutazione e i costi assicurativi».

Undici anni fa, la Coca Cola dovette chiudere un impianto di imbottigliamento in India dopo le proteste per l’impatto negativo (smentito dalla società) sulla distribuzione idrica locale. Dal 2003 la società di Atlanta ha speso quasi due miliardi di dollari per ridurre il fabbisogno dei suoi impianti nel mondo impiegando anche risorse in campagne per la salvaguardia ambientale, come quella in corso in alcuni Paesi per il riuso delle bottiglie di plastica. Non è l’unica.

La Nestlé ha accantonato 31 milioni per progetti di trattamento delle acque
mentre Rio Tinto e Bhp hanno investito in Cile tre miliardi per un dissalatore che darà acqua nelle loro miniere di rame al posto di quella della zona.
Perfino Google ha speso cifre considerevoli per raffreddare i server con l’acqua marina in Finlandia o con l’acqua piovana nella Carolina del Sud (Usa).

«Le aziende hanno l’obbligo verso i loro azionisti di massimizzare i profitti e si impegneranno in attività favore dell’ambiente se pensano di fare buoni affari, e poi in questo momento conviene apparire sensibili perché fa bene alle pubbliche relazioni e alla pubblicità», dichiara al Corriere della Sera Reginald Dale, direttore del centro di studi strategici e internazionali di Washington, un organismo impegnato sui temi ecologici.

Secondo l’Onu, però, il vero grande consumatore di acqua è l’agricoltura che assorbe il 70% di quella usata, mentre il 22 va all’industria e l’8 agli usi domestici. Se si escludono i pochi Paesi come Israele attenti, anche per motivi strategici, a gestire le proprie scarse risorse, nel mondo l’uso dell’acqua nei campi, specie quella che arriva dai pozzi, avviene quasi senza controlli.

In un rapporto del 2012 citato dal Financial Times, i servizi segreti americani addirittura prevedono che «nei prossimi dieci anni i problemi idrici contribuiranno a creare instabilità in stati importanti per gli interessi degli Usa». Non ci si rende conto «che stiamo esaurendo l’acqua molto prima del petrolio» dichiara al quotidiano inglese con un certo catastrofismo Peter Brabeck, presidente della Nestlé.

Eppure basterebbe che i governi si impegnassero nella regolamentazione dell’uso e nella riparazione delle reti idriche per risolvere i problemi che attanagliano anche stati americani, come l’Arizona o il Nevada dove, se la situazione non cambierà, si arriverà al razionamento.

Ha fiducia Reginald Dale: «Sarà la forza del mercato a contribuire a risolvere molti dei problemi ambientali, compresa la carenza d’acqua e i cambiamenti climatici. Se guardiamo al rapido progresso delle tecnologie a rispetto ambientale, si capisce che questo sta già avvenendo».

Il contenuto di questo articolo, pubblicato da Il Corriere della Sera - che ringraziamo - esprime il pensiero dell' autore e non necessariamente rappresenta la linea editoriale di Wall Street Italia, che rimane autonoma e indipendente.
 

Users who are viewing this thread

Back
Alto