Indici Italia maronna

Crescita zero/ Le Cassandre avevano ragione
Sabato 04.03.2006 09:00
Di Riccardo Faini e Giuseppe Pisauro






I dati diffusi dall’Istat sull’andamento dell’economia nel 2005 spengono ancora una volta i facili ottimismi. La speranza che l’economia potesse riprendersi spontaneamente dallo stato catatonico in cui versa da oramai cinque anni è andata delusa. Non solo l’economia italiana non cresce (un fatto peraltro ampiamente previsto dalla maggioranza degli osservatori e dalle più importanti istituzioni internazionali), ma fa ulteriori passi indietro rispetto all’Europa, togliendo così ogni alibi a chi pensava di attribuire i nostri mali all’infelicità della nostra collocazione geografica.

La crescita mancata

Ma è la qualità della (non) crescita che preoccupa. Dal lato della domanda, anzitutto: a evitare una caduta del Pil contribuiscono i consumi collettivi e l’accumulazione di scorte. Sono le voci meno virtuose, in quanto riflettono, la prima, un aumento della spesa pubblica, e, la seconda, un accumulo verosimilmente indesiderato dei magazzini delle imprese. Scorporando l’effetto di queste due voci, la crescita sarebbe stata pesantemente negativa (-0,3 per cento) e saremmo costretti a parlare di recessione invece che più prosaicamente di stagnazione.
Il quadro non migliora dal lato dell’offerta. Perdono terreno agricoltura (-2,2 per cento) e industria in senso stretto (-2,0 per cento), crescono i servizi e soprattutto le costruzioni (+0,6 per cento), un andamento che riflette in tutta probabilità lo spostamento di risorse verso le rendite immobiliari e che potrebbe spegnersi con lo scoppio della bolla del settore.
Tra le vittime della stagnazione del Pil vi è infine l’occupazione che diminuisce dello 0,4 per cento, un dato tutto negativo, nonostante i tentativi maldestri e tardivi da parte dell’Istat di interpretare al meglio questo andamento.
La qualità della (mancata) crescita nel 2005 getta un’ombra sulle prospettive per il 2006. L’economia italiana infatti inizia l’anno senza abbrivio (l’effetto di trascinamento sul 2005 dovrebbe essere nullo se non negativo, aspettiamo però che l’Istat pubblichi i dati trimestrali a questo riguardo), con i magazzini pieni (e quindi minore incentivo a produrre) e con una componente della domanda (quella pubblica) che dovrebbe risentire del rigore (sempre annunciato, ma spesso eluso) della politica fiscale. I consumi privati potrebbero poi risentire della caduta dell’occupazione. È improbabile che la modesta accelerazione prevista per l’economia europea fornisca stimoli adeguati al nostro sistema economico. Difficilmente quindi la crescita supererà l’1 per cento nel 2006.

Il quadro dei conti pubblici

Anche sul fronte dei conti pubblici il quadro è tutt’altro che rassicurante.
È certamente vero, come alcuni si affretteranno a sottolineare, che gli obiettivi della Relazione programmatica sono stati superati: l’indebitamento si colloca infatti al 4,1 per cento del Pil, contro il 4,3 per cento previsto a settembre dal Governo. Vale la pena di ricordare però che a maggio del 2005, con la Relazione trimestrale di cassa, l’esecutivo era ancora attestato su una previsione di disavanzo del 2,9 per cento. Un peggioramento di più di un punto percentuale non è certo motivo di rallegramento.
Soprattutto, anche per la finanza pubblica, è il dettaglio dei conti a suscitare preoccupazione. Peggiora infatti, rispetto alle previsioni di settembre, l’avanzo primario. Il miglioramento dell’indebitamento netto è tutto dovuto quindi a una diminuzione imprevista, e salvifica, della spesa per interessi. Ad agevolare il calo di questa voce di spesa hanno poi contribuito operazioni di finanza straordinaria: due miliardi di swap, consentite dalla contabilità di Maastricht ma certamente non rivelatrici di un processo di risanamento o della fiducia dei mercati. Se l’andamento dei tassi dovesse invertirsi, a causa di una tendenza a livello mondiale o di un calo della fiducia per i nostri titoli di Stato, le conseguenze per i conti pubblici italiani sarebbero assai dolorose.
In buona sostanza, anche sul fronte della finanza pubblica le prospettive per il 2006 non sono per niente rassicuranti. Una minore crescita scaverebbe ulteriormente il fossato del disavanzo.
Partendo ad esempio dalle previsioni del Fondo monetario, è facile verificare che se solo la crescita si situasse in media d’anno all’1 per cento l’indebitamento netto salirebbe al 4,2 per cento. Se a ciò aggiungessimo le difficoltà, evidenziate dalla Commissione europea, ad attuare con piena efficacia le misure previste dalla Finanziaria, il disavanzo potrebbe facilmente situarsi in prossimità più del 5 che del 4 per cento. Ad alimentare ulteriormente le preoccupazioni dei nostri partner europei e dei mercati contribuirebbe poi la crescita sostenuta del debito.
Sono preoccupazioni e interrogativi a cui è necessario dare pronta risposta. La Relazione trimestrale di cassa, il cui compito è appunto quello di chiarire a inizio d’anno la reale situazione della finanza pubblica, dovrebbe di norma essere pubblicata a marzo. Negli anni scorsi, il ministero dell’Economia ha inopinatamente fatto slittare la pubblicazione del documento di parecchie settimane, se non di mesi. È essenziale che quest’anno ciò non si ripeta e si consenta invece agli elettori e ai mercati di valutare in maniera informata e tempestiva la situazione dei nostri conti pubblici.




Da LaVoce.info

http://canali.libero.it/affaritaliani/economia/crescitacassandrecommentolavoce.html
 
Italia a crescita zero ma le tasse salgono

E' solo grazie alla spesa pubblica se il Pil 2005 non è andato in negativo. Per il resto abbiamo avuto meno consumi, meno export e crollo degli investimenti. Mentre il calo della pressione fiscale è solo un'illusione ottica da imputare all'assenza di condoni. di G.TURANI

http://letterafinanziaria.repubblica.it/index.jsp?s=home&l=dettaglio&id=46447


Da La Repubblica, rubrica Affari & Politica,
di domenica 5 marzo 2006
MILANO - I leader della maggioranza di governo sono tutti in televisione a cercare di convincere gli italiani che tutto va per il meglio. E quindi manca loro il tempo di voltarsi indietro e di dare un’occhiata al disastro che hanno combinato. Se lo facessero, sarebbero probabilmente a votare il 9 aprile per qualcun altro. Mai infatti si era visto un patatrac così completo, e così preoccupante. In un mondo come il nostro, che ha fretta e che sembra saper apprezzare solo le risse televisive di una certa intensità, si è appreso solo che nel 2005 la crescita italiana è stata uguale a zero. E già questo è un brutto risultato, un pessimo risultato. Ma, come sanno i matematici più raffinati, uno zero può essere pieno di cose, di significati, di messaggi, di insegnamenti. E infatti anche il nostro zero del 2005 è pieno di cose, cose molto brutte, per la verità.

In sostanza questo zero (come tutti gli zeri del mondo) è figlio di una serie di operazioni algebriche. Nel 2005, tanto per entrare nel merito, abbiamo avuto un contributo positivo, pari allo 0,3 per cento, da parte dei consumi. E, in attesa di avere i dati definitivi e dettagliati, si può già dire che questo 0,3 per cento positivo (unica voce del 2005 con il segno più) è ingannevole. Non c’è stata infatti alcuna ripresa dei consumi in Italia, e non poteva esserci, visto che l’occupazione è in calo e i salari sono quelli che sono. Lo 0,3 per cento in più dei consumi nasce quasi interamente da spesa pubblica. Non è il paese, insomma, che ha speso un po’ di più per comprarsi merendine e altro: sono i ministri di Berlusconi e gli enti locali che hanno speso un po’ di soldi, cosa che gli italiani sono stati ben attenti a non fare.

Questo 0,3 per cento in più dei consumi, si diceva, è stata l’unica voce positiva. Infatti abbiamo un contributo negativo pari allo 0,1 per cento della voce investimenti. E va notato che questa cifra contiene anche gli investimenti immobiliari (che sono stati cospicui). Il risultato è che, allora, gli investimenti in beni capitali (quelli che servono a migliorare l’efficienza delle imprese) sono letteralmente crollati.

Il cerchio si chiude con un saldo con l’estero che toglie uno 0,3 per cento al totale generale (che è appunto zero): e questo perché non siamo competitivi e quindi nei rapporti con l’estero andiamo male. La differenza, per arrivare allo zero tondo calcolato dall’Istat, è data da un lieve aumento delle scorte.

E questa è l’orrenda radiografia dello zero del 2005. Anno nel quale, in pratica, c’è stata una sola cosa positiva, e cioè la spesa pubblica. Tutto il resto è andato male. Nel 2005 l’Italia è stato un paese completamente bloccato, anzi in arretramento, nel quale l’unica cosa in movimento è stata la pubblica amministrazione. Più che l’Argentina, questo sembra il ritratto di un paese dell’Est quando c’era ancora l’impero sovietico.

Ma c’è ancora qualcosa che va detto. Nei vari talk show televisivi, ogni sera gli esponenti della maggioranza sostengono che, se non altro, è stata mantenuta la promessa di diminuire le imposte degli italiani (con risultati nulli, anzi negativi, peraltro). Ma è vero? Sì e no. La faccenda è complicata, ma si può spiegare. In assoluto le imposte sono diminuite. Nel 2004 la pressione fiscale italiana era stata pari al 40,6 per cento del Pil e nel 2005 risulta scesa al 40,5. Si dirà che è scesa appena di un soffio, di un’unghia. Ma, purtroppo è falso anche questo dato vero. Ecco che cosa è successo. Le imposte dirette (Irpef, ecc.) sono aumentate del 2 per cento e quelle indirette sono salite addirittura del 3,3 per cento. Ma come fa allora la pressione fiscale generale a diminuire, sia pure di pochissimo? La risposta non è complicata: sono venuti meno i condoni. Sono crollate infatti del 77 per cento le imposte in conto capitale, che misurano anche il gettito dei condoni. In sostanza, le imposte dirette e indirette sono aumentate (e anche in misura sostenuta), però si sono esauriti i vari condoni e quindi la gente non ha dovuto far fronte a versamenti “straordinari” al fisco. Il risultato generale è che la pressione fiscale è diminuita, pur essendo aumentate le imposte. Poi, naturalmente, il disavanzo del bilancio pubblico è andato al 4,1 per cento.

In conclusione, sul piano dell’economia il paese è andato indietro: senza una buona spesa pubblica saremmo andati non a zero di crescita, ma decisamente su valori negativi. Sul piano delle imposte, si può solo dire che nel 2005 sono più alte che nel 2004, ma questo non si vede bene perché sono finiti i condoni. Il paese, insomma, continua la sua marcia lungo il sentiero del declino (gli investimenti arretrano), ma si consente ancora qualche illusione ottica in materia di imposte (roba buona per i talk show televisivi).

E il 2006? Tutti dicono che nel primo trimestre ci sarà un po’ di ripresa, e che poi questa continuerà. Per ora si sa solo che dall’indagine congiunturale della Confindustria risulta che a gennaio e a febbraio la produzione industriale italiana è rimasta sostanzialmente ferma, impiccata sui livelli del 1998. Però, forse, da qualche parte (non so da dove) verrà la ripresa, così dicono tutti. Sarà vero?




(06 marzo 2006)
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Titanic

Nel 2005, l'Italia ha realizzato un deficit nella bilancia commerciale (importazioni meno esportazioni) di oltre 10 miliardi di euro: il peggior risultato da quindici anni a questa parte.

Dai 36 miliardi di attivo del 1997 (vedere figura sotto) il peggioramento è drammatico: 46 miliardi di euro in meno.

http://www.borsari.it/Zona verde/dowjones.php
 
se lo dice Turani

:lol: :lol: :lol: :lol:

a parte tutte le balle che leggo

condivido il discorso sull'etica (infatti è il dubbio che ho :(
 
Re: se lo dice Turani

felixeco ha scritto:
:lol: :lol: :lol: :lol:

a parte tutte le balle che leggo

condivido il discorso sull'etica (infatti è il dubbio che ho :(
lo stato pontificio tramite "famiglia cristiana" ha preso le dovute distanze da berluskino
insomma
è talmente sfacciato nella sua beata disonestà che la santa sede è dovuta intervenire e chiarire la sua posizione
che è decisamente più etica rispetto all'operato beluskoniano
 
Italia nel tunnel, ma il governo non lo ammette

Il paese è finito in un tunnel economico, ma non si riesce a discuterne perché Berlusconi e i suoi amici non vogliono ammettere che siamo in un tunnel. di G.TURANI

http://letterafinanziaria.repubblica.it/index.jsp?s=home&l=dettaglio&id=46670

Da Affari & Finanza, La Repubblica,
rubrica Il Punto, di lunedì 13 marzo 2006
MILANO - Ormai mancano quattro settimane esatte al voto e molte cose rimangono da chiarire. Ma soprattutto c’è una questione grave e importante, che non viene mai a galla. Da un lato è evidente il declino del nostro paese e il fatto che abbiamo un’economia bloccata. Dall’altro lato è altrettanto evidente che non si riesce a avere una discussione franca su questo punto. Il perché è facile da capire: la maggioranza di governo si rifiuta, ostinatamente e contro ogni evidenza, di ammettere che qui c’è qualcosa che non va. E, se si parte da questa premessa, diventa poi impossibile discutere delle cause e dei possibili rimedi. E quindi si continua a parlare d’altro, evitando con cura quello che dovrebbe essere invece l’argomento centrale: la crisi economica italiana.

Che questa, peraltro, esista e sia cosa non lieve viene documentato
da due serie di dati.
Da ormai cinque anni l’Italia risulta di fatto l’ultima in Europa per crescita economica, e questo deve pur voler dire qualcosa, visto che fino a qualche anno fa eravamo invece un paese molto dinamico. Magari molto discontinuo, ma anche molto vivace. Oggi, non più: da cinque anni siamo sempre gli ultimi (qualche volta è rimasto dietro di noi il Portogallo).
La seconda serie di dati riguarda l’avvenire immediato. Secondo le ultime stime nel 2006 gli Stati Uniti cresceranno del 3,5 per cento. L’Europa conoscerà un aumento del proprio Pil dell’1,8 per cento (la metà circa di quello americano). E l’Italia vedrà aumentare il Pil dell’1 per cento, ma forse anche dello 0,8 per cento (circa la metà di quello europeo). Insomma, l’Europa viaggia alla metà della velocità dell’America e l’Italia alla metà della velocità dell’Europa.

Basterebbero queste poche considerazioni per capire che qui sta accadendo qualcosa di grave e che è indispensabile porvi rimedio. Ma il dibattito politico sembra non volersi occupare di questo. E la ragione l’ho appena indicata: metà della politica (quella oggi in maggioranza e al governo) rifiuta di prendere atto del fatto che le cose stanno così. Continua a citare il numero di cantieri aperti, ma non affronta mai il problema della nostra bassa crescita, se non per dire che così va il mondo (e dice il falso perché tutti gli altri vanno meglio).

Purtroppo, penso che andremo al voto del 9 aprile senza aver avuto la possibilità di affrontare questa questione perché la politica (metà della politica) non ha alcuna voglia di affrontarla e di dire quello che pensa. E’ una situazione che, se non fosse gravissima, sarebbe quasi ridicola. Il paese è finito in un tunnel economico, ma non si riesce a discuterne perché Berlusconi e i suoi amici non vogliono ammettere che siamo in un tunnel.


(13 marzo 2006)
 
tontolina ha scritto:
Italia nel tunnel, ma il governo non lo ammette

Il paese è finito in un tunnel economico, ma non si riesce a discuterne perché Berlusconi e i suoi amici non vogliono ammettere che siamo in un tunnel. di G.TURANI

http://letterafinanziaria.repubblica.it/index.jsp?s=home&l=dettaglio&id=46670

Da Affari & Finanza, La Repubblica,
rubrica Il Punto, di lunedì 13 marzo 2006
MILANO - Ormai mancano quattro settimane esatte al voto e molte cose rimangono da chiarire. Ma soprattutto c’è una questione grave e importante, che non viene mai a galla. Da un lato è evidente il declino del nostro paese e il fatto che abbiamo un’economia bloccata. Dall’altro lato è altrettanto evidente che non si riesce a avere una discussione franca su questo punto. Il perché è facile da capire: la maggioranza di governo si rifiuta, ostinatamente e contro ogni evidenza, di ammettere che qui c’è qualcosa che non va. E, se si parte da questa premessa, diventa poi impossibile discutere delle cause e dei possibili rimedi. E quindi si continua a parlare d’altro, evitando con cura quello che dovrebbe essere invece l’argomento centrale: la crisi economica italiana.

Che questa, peraltro, esista e sia cosa non lieve viene documentato
da due serie di dati.
Da ormai cinque anni l’Italia risulta di fatto l’ultima in Europa per crescita economica, e questo deve pur voler dire qualcosa, visto che fino a qualche anno fa eravamo invece un paese molto dinamico. Magari molto discontinuo, ma anche molto vivace. Oggi, non più: da cinque anni siamo sempre gli ultimi (qualche volta è rimasto dietro di noi il Portogallo).
La seconda serie di dati riguarda l’avvenire immediato. Secondo le ultime stime nel 2006 gli Stati Uniti cresceranno del 3,5 per cento. L’Europa conoscerà un aumento del proprio Pil dell’1,8 per cento (la metà circa di quello americano). E l’Italia vedrà aumentare il Pil dell’1 per cento, ma forse anche dello 0,8 per cento (circa la metà di quello europeo). Insomma, l’Europa viaggia alla metà della velocità dell’America e l’Italia alla metà della velocità dell’Europa.

Basterebbero queste poche considerazioni per capire che qui sta accadendo qualcosa di grave e che è indispensabile porvi rimedio. Ma il dibattito politico sembra non volersi occupare di questo. E la ragione l’ho appena indicata: metà della politica (quella oggi in maggioranza e al governo) rifiuta di prendere atto del fatto che le cose stanno così. Continua a citare il numero di cantieri aperti, ma non affronta mai il problema della nostra bassa crescita, se non per dire che così va il mondo (e dice il falso perché tutti gli altri vanno meglio).

Purtroppo, penso che andremo al voto del 9 aprile senza aver avuto la possibilità di affrontare questa questione perché la politica (metà della politica) non ha alcuna voglia di affrontarla e di dire quello che pensa. E’ una situazione che, se non fosse gravissima, sarebbe quasi ridicola. Il paese è finito in un tunnel economico, ma non si riesce a discuterne perché Berlusconi e i suoi amici non vogliono ammettere che siamo in un tunnel.


(13 marzo 2006)

A quanto pare Prodi ha trovato una soluzione per rilanciare l'economia: manda i suoi "compagni" a devastare le città così poi la gente deve ricostruire e reinvestire...
 
questi qui chi li ferma più?
Cina: produz. industriale febbraio +16,2%

News, Dati, Eventi finanziari - di fo64 15 Mar 2006


CINA: PRODUZIONE INDUSTRIALE TIRA SEMPRE A +16,2% A FEBBRAIO
:eek: :eek: :eek:
(AGI) - Pechino, 15 mar. - La produzione industriale in Cina continua a tirare e a febbraio cresce del 16,2% su base annuale, dopo essere salita in media del 10% negli ultimi tre anni. Lo rivelano i dati dell'ufficio nazionale di statistica.
Sale del 40,6% la produzione di auto, mentre acciaoo e cemento crescono entrambi del 21,3%.
 
Occupazione:Bankitalia;-0,4% in 2005, primo calo da 10 anni
ROMA (MF-DJ)--Nel 2005, l'occupazione in Italia - calcolata sulla base dei posti di lavoro a tempo pieno - e' diminuita dello 0,4%. E' quanto rileva il Bollettino economico di Bankitalia precisando che si tratta del primo calo dal 1995. Il numero di persone occupate e' invece cresciuto dello 0,2%. La divergenza fra le due statistiche, spiega il Bollettino, e' dovuto al fatto che in particolare lo scorso anno si e' avuto un forte aumento di posizioni lavorative ad orario ridotto e, in misura minore, dall'accresciuto ricorso alla cassa integrazione guadagni. vs (END) Dow Jones Newswires March 16, 2006 10:23 ET (15:23 GMT) Copyright (c) 2006 MF-Dow Jones News Srl.
:(
ma berluska ha dichiarato che l'occupazione in italia era aumentata grazie al suo governo


A CHI CREDERE?
al cacciapalle o a al drago?
 
Occupazione:Bankitalia;-0,4% in 2005, primo calo -2-

La riduzione del 2005 delle unita' standard di lavoro, prosegue il Bollettino, ha riflesso il forte calo registrato in agricoltura e nell'industria in senso stretto, che ha piu' che compensato l'aumento nei servizi e nelle costruzioni.
Nell'industria, la riduzione dell'occupazione (-1,6%), che fa seguito a quella gia' consistente del 2004 (-1,2%) riflette la flessione del 2% dell'attivita' produttiva. Anche il ricorso alla cassa integrazione guadagni ordinaria e' cresciuto nel corso dell'anno, mantenendosi per tutto il 2005 sui valori piu' elevati dal 2000. vs (END) Dow Jones Newswires March 16, 2006 10:26 ET
(15:26 GMT) Copyright (c) 2006 MF-Dow Jones News Srl.
 

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