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Ben Bernanke: il miglior sponsor per l'oro
Dopo un “boom” c’è una “crisi”. Ad un periodo di boom, generalmente provocato da un incremento nella quantità di moneta in circolazione, deve inevitabilmente seguire un periodo di crisi, quando la riduzione della moneta in circolazione provoca una "caduta" degli investimenti. Questa, in massima sintesi, è la teoria del ciclo economico della “Scuola Austriaca”. “Boom and Bust” come dicono gli americani. La storia ha ripetutamente dimostrato la validità di questa teoria. Quando la quantità di moneta in circolazione aumentava, a causa dell'oro proveniente dal "nuovo mondo", da politiche espansionistiche dei governi o dalla "creazione" di monete generata dalle banche private, gli imprenditori diventavano ottimisti, assumevano e producevano, mettendo in moto i consumi privati e fortissime crescite economiche. Poi qualcosa succedeva. Ad esempio, grossi crediti che erano stati concessi ai governi per finanziarie le loro guerre non venivano più rimborsati o, in seguito ad epidemie, alcuni paesi e i loro relativi sistemi finanziari venivano isolati ed uscivano dal circuito internazionale, con relativa "caduta" della moneta in circolazione, oppure, caso più frequente, si generavano dei fallimenti nelle banche o in attività private. Quando questo accadeva, una crisi aveva inizio, con calo dei consumi, licenziamenti, cadute del salario reale. Il periodo del boom era generalmente accompagnato dai "cattivi investimenti", poichè l'euforia della maggior moneta disponibile portava ad allocare risorse verso settori o attività le cui potenzialità erano "sovrastimate". Questi cattivi investimenti finivano con il manifestarsi nel periodo di crisi e il loro "fallimento" provocava ulteriori riduzioni della circolazione monetaria (poichè i prestiti non venivano rimborsati e quindi i finanziatori non potevano più contare su quelle risorse).
Per secoli le cose hanno funzionato così.
Ma ad un certo punto Keynes suggerì che il ciclo economico poteva e doveva essere stabilizzato. Quando c’è crisi, i governi debbono spendere, rimettendo così in moto i consumi, mentre quando c’è un “boom” allora è il momento di ridurre le spese pubbliche ed alzare le tasse, in modo da evitare crescite eccessivamente tumultuose che possono poi sfociare in una crisi. Sino ad oggi, gran parte dei governi Keynesiani sono stati eccellenti nell’aumentare la spesa, non altrettanto nel “congelare” i boom. Le finanze pubbliche sono state quasi sempre in deficit, nonostante tassazioni spesso spropositate. L’Italia ne sa qualcosa. L’ultimo governo Bush, sotto questo aspetto, è stato uno dei migliori della storia. Ma questo è solo un aspetto.
Anche la FED ha deciso di intervenire con politiche sostanzialmente simili. Da tempo, il dollaro, la valuta più usata a livello internazionale e che gode essenzialmente della fiducia del mondo intero, è stato “sganciato” dall’oro e non è più convertibile. Di fatto, la FED ha intrapreso la strada del “fiat currency” (o “paper money”) dove se è necessario, si stampa più valuta. E ciò è avvenuto in diverse situazioni: solo per limitarci alle più recenti, durante la crisi della Russia nel 1997, il default dell’hedge fund LTCM del 1998, le crisi borsistiche e l’attentato dell’11 settembre nel nuovo millennio. Ciò che la FED teme è la “deflazione”, da combattere ad ogni costo per evitare all’America una crisi “a-la-Japan”. Per chi vuol prendere nota, in Giappone dall’inizio degli anni ’90 i prezzi sono stabili o scendono, il mercato borsistico e quello immobiliare sono praticamente crollati negli ultimi quindici anni, l’economia registra crescite quasi sempre inferiori all’1%.
Ben Bernanke, che sarà il nuovo Alan Greenspan, ha dichiarato che punterà ad una politica “inflation-target”. Se lo spettro della deflazione sarà un reale pericolo, stamperà più denaro, se il pericolo sarà l’inflazione alzerà i tassi.
Quale sostenitore della “Scuola Austriaca”, l’alieno è molto scettico sulla validità di queste politiche “governate dall’alto”. Per esempio, le politiche espansive di Greenspan hanno già generato un boom immobiliare che in questo periodo sta già mostrando le prime crepe. Quando questa bolla esploderà quanta moneta bisognerà stampare per convincere la popolazione a continuare a spendere nonostante la necessità di rimborsare mutui che diventeranno progressivamente spropositati rispetto al valore calante delle proprietà immobiliari? E queste espansioni quali ripercussioni avranno sul petrolio che, quale risorsa “reale” e finita, si apprezza se aumenta la moneta in circolazione. I cittadini spenderanno molto di più quando i carburanti torneranno ad impennarsi? E quale può essere l’impatto di un deficit federale sempre più vasto? Quale osservatore, l’alieno assisterà allo spettacolo….
Ma poiché anche l’alieno deve vivere in questo mondo, c’è una cosa che ha deciso di fare. COMPRARE ORO. L’oro è una risorsa “reale e finita proprio come il petrolio. Se la moneta in circolazione aumenta, come vorrà Bernanke nel caso di rischio-deflazione, il metallo giallo si apprezzerà. E l’oro si apprezza anche quando c’è lo spettro dell’inflazione, come sta avvenendo in questo periodo a causa dell’aumento del petrolio. Infine, l’oro si deprezza quando l’inflazione è totalmente sotto controllo e non è più considerata un pericolo secondo l’opinione pubblica. Così è stato negli ultimi 10-15 anni. Ma oggi questo periodo è terminato………
....chi vuol capire capisca