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Grazie.

Esperienza veramente incredibile. :up::up:

Nonostante il tempo (metereologico) ed il mal di gambe che si è protratto fino al giorno dopo.
 

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La mia maratona

“La maratona è un’arte sottile che sfida il fallimento… più che uno sport, una disciplina interiore… Il maratoneta non è l’uomo più bello, ne quello più forte o più veloce. Il maratoneta è l’uomo più resistente, una resistenza che è il frutto di un desiderio costante, per nulla pacificato, di misurarsi con se stesso” (Jean Echenoz).


La domenica mattina il cielo sopra Budapst è grigio, e carico di acqua.
Mi sa che le previsioni , che annunciavano pioggia, erano esatte; inoltre la temperatura è particolarmente fredda.
Fanculo!

Scendiamo in metropolitana, linea blu, due fermate e cambiamo prendiamo la linea gialla. Pochi lo sanno, ma la linea gialla della metropolitana di Budapest è la metropolitana più antica d’Europa, essendo entrata in funzione qualche tempo prima della ben più famosa Underground di Londra.
Ben presto il vagone del metrò si riempie, ad ogni fermata salgono atleti e corridori, tutti diretti a Hosok Terek, la piazza degli Eroi dove è situato il centro della gara, con le zone di partenza e arrivo.

Una volta arrivati andiamo sotto un tendone a cambiarci, chi può affida tute e kway a moglie / compagna; gli altri devono lasciare gli zaini al deposito, sperando di ritrovarli tra altre centinaia alla fine della gara. Non potersi cambiare e mettere degli abiti asciutti dopo avere corso per 42 chilometri sotto la pioggia ed al freddo, non deve essere una cosa piacevole.
Ci dirigiamo verso la linea di partenza, ed ecco che inizia a piovere. Torna utile il cappellino con il logo ufficiale della maratona che ci è stato dato il giorno prima al ritiro del numero di gara; pensando che mi possa riparare un po’ dall’acqua me lo infilo e correrò con quello.

Siamo tutti pigiati nel viale dove è prevista la partenza quando lo speaker annuncia che mancano 5 minuti allo start. Ho deciso di correre con la sola canottiera, e adesso che siamo fermi sotto l’acqua, il freddo si fa sentire. Guardo i corridori intorno a me, qualcuno ha ancora addosso una felpa, forse adesso stà meglio ma appena sarà inzuppata dovrà trascinarsi lungo il percorso un peso di uno o due chili in più. L’idea di correre senza quel sovrappeso mi fa per un attimo passare la sensazione di freddo.

Tre minuti alla partenza annuncia lo speaker.
 
“La maratona è un’arte sottile che sfida il fallimento… più che uno sport, una disciplina interiore… Il maratoneta non è l’uomo più bello, ne quello più forte o più veloce. Il maratoneta è l’uomo più resistente, una resistenza che è il frutto di un desiderio costante, per nulla pacificato, di misurarsi con se stesso” (Jean Echenoz).


La domenica mattina il cielo sopra Budapst è grigio, e carico di acqua.
Mi sa che le previsioni , che annunciavano pioggia, erano esatte; inoltre la temperatura è particolarmente fredda.
Fanculo!

Scendiamo in metropolitana, linea blu, due fermate e cambiamo prendiamo la linea gialla. Pochi lo sanno, ma la linea gialla della metropolitana di Budapest è la metropolitana più antica d’Europa, essendo entrata in funzione qualche tempo prima della ben più famosa Underground di Londra.
Ben presto il vagone del metrò si riempie, ad ogni fermata salgono atleti e corridori, tutti diretti a Hosok Terek, la piazza degli Eroi dove è situato il centro della gara, con le zone di partenza e arrivo.

Una volta arrivati andiamo sotto un tendone a cambiarci, chi può affida tute e kway a moglie / compagna; gli altri devono lasciare gli zaini al deposito, sperando di ritrovarli tra altre centinaia alla fine della gara. Non potersi cambiare e mettere degli abiti asciutti dopo avere corso per 42 chilometri sotto la pioggia ed al freddo, non deve essere una cosa piacevole.
Ci dirigiamo verso la linea di partenza, ed ecco che inizia a piovere. Torna utile il cappellino con il logo ufficiale della maratona che ci è stato dato il giorno prima al ritiro del numero di gara; pensando che mi possa riparare un po’ dall’acqua me lo infilo e correrò con quello.

Siamo tutti pigiati nel viale dove è prevista la partenza quando lo speaker annuncia che mancano 5 minuti allo start. Ho deciso di correre con la sola canottiera, e adesso che siamo fermi sotto l’acqua, il freddo si fa sentire. Guardo i corridori intorno a me, qualcuno ha ancora addosso una felpa, forse adesso stà meglio ma appena sarà inzuppata dovrà trascinarsi lungo il percorso un peso di uno o due chili in più. L’idea di correre senza quel sovrappeso mi fa per un attimo passare la sensazione di freddo.

Tre minuti alla partenza annuncia lo speaker.


Mi ha raggiunto mia moglie, è fuori dalla zona transennata dove siamo raccolti; la guardo accenno un sorriso per una foto.
Intanto rimbomba nell’aria il rumore dei tamburi e delle percussioni che un gruppo musicale schierato vicino alla linea di partenza sta suonando. Sembra quasi che stiano annunciando la carica per una qualche antica ed epica battaglia. Effettivamente il ripetersi cadenzato di quei suoni primitivi è in grado di dare la forza per affrontale la fatica che ci attende da lì a poco.
Non vedo l’ora di partire.
Ecco che manca un solo minuto. I corridori iniziano a scalpitare, le persone che ci stanno guardando ci augurano buona fortuna “Good luck” Dieci secondi ed inizia il conto alla rovescia, molti corridori contano con lo speaker fino allo sparo.
Si parte.
Accogliamo lo sparo come una liberazione e ci mettiamo in marcia. Io impiego circa 50 secondi un po’ camminando e un po’ corricchiando prima di passare sotto lo striscione della partenza, dove il “bip” proveniente dal chip che, come tutti i partecipanti ho allacciato alle stringhe delle scarpe, mi avvisa che è iniziata la mia maratona.
 

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