(parliamo) anche della Sloveniache è entrata nell'area euro il 1 gennaio 2007 accompagnata da lodi sperticate sullo stato di salute delle sue finanze pubbliche (ma vi ricordate Mortadella Prodi durante le celebrazioni a Lubjiana????) e oggi, a distanza di neanche sei anni, è già pronta a chiedere gli aiuti di stato a Bruxelles. E, come se non bastasse, all'interno dell'esecutivo di Lubiana si è creata una divergenza di vedute fra il primo ministro, Janez Jansa, e il suo ministro delle Finanze, Janez Sustersic, che complica ulteriormente le cose. Jansa prevede la bancarotta del Paese già a ottobre senza nuove emissioni di titoli di stato, Sustersic si dice invece convinto che la Slovenia ce la possa ancora fare da sola varando velocemente importanti riforme come quella del sistema pensionistico e del mercato del lavoro, nonché vendendo le partecipazioni statali.
Al momento, però, per il piccolo Paese al confine italiano (2 milioni di abitanti) l'accesso al mercato dei titoli governativi è di fatto molto difficoltoso. Lo stesso Sustersic, in un'intervista al quotidiano austriaco Die Presse, ha però dovuto ammettere che entro la fine dell'anno, noi potremmo avere bisogno di mezzo miliardo di euro, per poi aggiungere rassicurante: La Slovenia ha più possibilità ma è vero che una emissione di obbligazioni di Stato entro la fine del 2012 possa essere utile. Proprio come in Spagna, però, il vero problema della Slovenia sono le banche. Il caso più grave, nonchè la maggior banca del Paese, è la Nova Ljubljanska Banka (NLB), che è controllata al 64% dallo Stato, con i suoi 2,1 miliardi di euro di sofferenze (dato di un rapporto segreto stilato dall'esecutivo in collaborazione con la Banca centrale slovena e finito sulla stampa di Lubiana). Sono però in seria difficoltà anche la seconda e la terza banca del Paese, Nova Kreditna banka Maribor (NKBM) e Abanza (600 milioni di euro di sofferenze ciascuna), anch'esse entrambe con lo stato come azionista di maggioranza. Fra i maggiori debito della NLB ci sono la SCT, con 187 milioni di euro di prestiti, in passato la maggiore azienda edilizia del Paese, ma anche il fondo di investimento Zvon, con 115 milioni, fondato dalla Chiesa cattolica slovena e fallito dopo il crollo delle borse alcuni anni fa.