E adesso la palude continua. Silvio Berlusconi, condannato e prossimo a ruzzolare fuori dal Parlamento, forse non farà cadere il governo, ma la grande coalizione all’italiana ha comunque il destino segnato. E infatti le lotte interne, i veti, gli intessi particolari di ciascuno dei partiti e l’intreccio perverso tra politica e giustizia, adesso condannano anche Enrico Letta. La pena del presidente del Consiglio rischia di essere la dissipazione definitiva, il logoramento, un lento e doloroso martirio.
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La condanna di Berlusconi, forse inevitabile sul piano giuridico ma velenosa su quello politico, peggiora il quadro di una grande coalizione che già risultava incartata, dà fiato a una contesa che nulla ha a che vedere con i problemi dell’Italia, con la crisi economica, con l’esigenza di nuovo sviluppo industriale, di modernità e di crescita. Si dovrà a breve votare per la decadenza del Cavaliere dal suo seggio parlamentare, e inevitabilmente il Pd sarà sottoposto a violentissime spinte centrifughe, sopposto ai simmetrici e opposti ricattucci del Pdl, di Beppe Grillo, di Nichi Vendola. Non abbastanza, forse, per far crollare la casa, ma abbastanza per paralizzarla.
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Schiacciato tra la nuova Forza Italia del Cavaliere prigioniero, la politica istintuale di Grillo, il machiavellismo un po’ moccioso di Matteo Renzi e un Pd troppo debole per difendersi, come farà Letta a governare con la necessaria libertà di manovra? L’esecutivo resta dunque in balìa di forze che si annullano a vicenda e condizionano così anche l’azione di governo, com’è già accaduto sull’Imu e sull’Iva rinviate, e poi ancora nell’intenso tramestio sul falso in bilancio, sull’omofobia, sui diritti di cittadinanza.
Il partito del giustizialismo chiodato continuerà a condizionare una parte del Pd, quella più sensibile al ricatto morale della convivenza con il Caimano; mentre l’ala governativa del partito, quella che si stringe attorno a Letta, continuerà claudicante a resistere protetta da Giorgio Napolitano.
E dunque pare proprio che non ci sarà un botto, nessuna deflagrazione improvvisa, nessuna crisi di governo. Peggio. Nella grande coalizione all’italiana si mantiene lo status quo, l’equilibrio di quella recita politica che finora non ha prodotto nessun risultato di rilievo, ma soltanto compromessi, ideologismi contrapposti e propaganda elettorale permanente: nessun intervento sul mercato del lavoro, niente liberalizzazioni, nessuna rimodulazione del sistema fiscale, malgrado le buone intenzioni di Letta e dei suoi ministri.
In Parlamento ciascuno continuerà a recitare il ruolo che il destino gli ha fin qui assegnato, e tutto procederà ancora secondo i meccanismi un po’ paludosi, quell’incedere a singhiozzo tra falchi e colombe, tra veti e rinvii, tra tatticismi e sospetti che ha caratterizzato i primi mesi delle larghe intese. Adesso ci vorrebbe un miracolo, perché al governo della palude non si contrappone un’alternativa credibile, ma soltanto il rischio di un marasma incontrollabile, un caos fatuo e gravido di pericoli, mentre la tempesta finanziaria non accenna a placarsi.
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E con la condanna a Berlusconi torna la palude italiana | Linkiesta.it