NULLA SI CREA. NULLA SI DISTRUGGE. TUTTO SI INCASINA.

DANY1969

Forumer storico
:d:
... e i miei neuroni lo sanno bene :-R

Buona settimana a tutti :)
Qualche giorno fa sono stata in Valle Stura (cuneese) sulla cima Enciastraia (m 2955) :)... quella che si vede al centro nella prima foto. Oltre agli stambecchi, abbiamo visto il gipeto barbuto... 2 metri di apertura alare :eek:
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Si cade in tentazione.......


Il Golfgate irlandese sta diventando sempre più divertente.

Riassumiamo: il giorno dopo che il governo aveva emesso un’ordinanza in cui si vietavano gli incontri privati con più di 6 persone,
il Golf Club del parlamento irlandese (Oireachtas [gaelico per parlamento] Golf Society) ha svolto una cena a cui hanno partecipato oltre 80 persone,
fra cui molti parlamentari ed il commissario europeo per l’Irlanda Phil Hogan, cena tenutasi mercoledì scorso al The Station House Hotel.

Una aperta e sfacciata violazione delle norma appena emesse dal governo che ha fatto infuriare il primo ministro Michael Martin,
il quale ha chiesto la testa di diversi parlamentari presenti, del ministro dell’agricoltura e quella del commissario europeo al Commercio, anche lui presente Phil Hogan.


In realtà l’evento è un po’ più complicato: la cena era organizzata da tempo ed era stata divisa in due sale, ciascuna con meno di 50 partecipanti, in rispetto alle norme precedenti, per cui il cambiamento è giunto all’ultimo minuto. Comunque la partecipazione è apparsa a molti inopportuna.


Phil Hogan ha presentato le sue scuse, ma queste non sono state ritenute sufficienti dal primo ministro
che vuole le sue dimissioni e si rivolgerà fin alla Von Der Leyen per averle.

Hogan non è particolarmente popolare in Irlanda, soprattutto perchè impose il pagamento dell’acqua potabile, mossa che causò una mezza rivoluzione e dovette essere ritirata.


Nello stesso tempo Hogan ha molta esperienza in Europa (era stato commissario anche con Juncker, ma all’agricoltura)
ed il peso sproporzionato del suo paese nella commissione è anche merito suo, in grado di tranquillizzate i dinosauri di Bruxelles.

Una bella grana per l’Irlanda e per la Von Der Leyen, ma, francamente, se la sono cercata.
 
Da noi, dopo che la sperimentazione è stata tolta a chi l'ha creata ed affidata ad un centro "evanescente", non trapela alcuna notizia.


La FDA ha emesso un’autorizzazione di emergenza per l’utilizzo in tutti gli Stati Uniti della Sieroterapia da Plasma Convalescenziale,

cioè la stessa terapia messa a punto in Italia dal professor De Donno agli ospedali di Mantova e di Pavia.


Un passo avanti che permette di usare il siero dei guariti in modo regolare nella cura dei malati
e che negli USA si è provato essere in grado di ridurre la mortalità almeno del 35%.


Gli USA hanno stanziato 48 milioni per gli studi sulla sieroterapia, il trattamento è stato ritenuto sicuro ed efficacie dalla FDA
ed ora andranno ben 270 milioni alla croce rossa USA per raccogliere 360000 unità di sangue per l’estrazione di plasma.

La Casa Bianca ha fatto partire una campagna di raccolta del plasma da pazienti convalescenti, ricco di anticorpi.

Questo è stato considerato un grande avanzamento nella cura del Covid-19.

Con l’oOperation WarpSpeed, che accelera le sperimentazioni, si spera di avere più medicine efficaci molto presto.
 
Facciamoci il segno della croce.

A fine agosto inizia la Via Crucis dei titolari di mutuo che non riescono a pagare le rate a seguito della crisi post-Covid.


In queste settimane si è parlato tanto della moratoria dei mutui impresa (quelli concessi alle partite IVA per l’esercizio della attività) al 31 gennaio 2021
prevista dal decreto agosto che sottolinea, in grassetto, che la sospensione sarà automatica, senza nuovi adempimenti,
per le imprese che hanno già avuto accesso al congelamento dei debiti contratti con banche ed intermediari finanziari.


E voi ci credete che il sistema bancario accorderà questa agevolazione, in maniera automatica, senza ulteriori adempimenti,
senza cioè far penare i richiedenti tra i meandri dei loro subdoli comportamenti ostruzionistici e dilatori?

Io no.


Così come penso che altrettanti atteggiamenti indisponenti e fastidiosi subiranno i cittadini che dovranno prorogare la interruzione del mutuo per l’acquisto della prima casa.


Si perché forse avete dimenticato che il mutuo “prima casa”, così come stabilito dal decreto “Cura Italia”,
poteva essere sospeso per 18 mesi e le banche, quasi tutte, hanno invece concesso, dopo mille peripezie,
solo una proroga di 6 mesi adducendo la banale e formale motivazione della “incertezza del momento”.


Ricordiamo infatti che con il decreto legge del 17 marzo 2020, il c.d. “Cura Italia”, è stata introdotta la possibilità,
per chi ha sottoscritto un mutuo e si e’ trovato in difficoltà economica a causa del Coronavirus,
di sospendere il pagamento delle rate del mutuo per un massimo di 18 (a cifre) mesi.

Ripeto, replicando il linguaggio “banchese”: diciotto (a lettere) mesi!


Quindi la disposizione esiste già e deve solo essere applicata correttamente.


A tal proposito si rammenta che la domanda per accedere al beneficio andava presentata alla propria banca
(che ne ha inventate tante pur di far impazzire i richiedenti)
ma che la decisione circa l’accordare la sospensione del pagamento delle rate del mutuo restava a carico della Consap
che rappresenta la società pubblica che gestisce l’agevolazione.


Se quindi l’agevolazione e’ stata già concessa da Consap per i primi sei mesi e le condizioni di accesso sono rimaste immutate (basta una autocertificazione),
ora la procedura dovrebbe essere molto più agevole e comunque dovrebbe terminare, così come previsto dal decreto,
entro 30 giorni lavorativi a decorrere dalla data in cui la Banca comunica al richiedente l’accettazione di Consap.

Tale comunicazione, salvo non rintracciabilità del richiedente, deve avvenire entro 5 giorni dall’accettazione di Consap.


Vedremo.


Attenzione però perché il decreto stabilisce che la sospensione si può richiedere non più di due volte e per un periodo (singolo) massimo di 12 mesi.


Cosa significa?


Che le banche potrebbero “indirizzare” il cittadino a richiedere una seconda proroga per un periodo inferiore ai 12 mesi
ed in tal modo escludere il richiedente dal beneficio della massima dilazione (18 mesi).


Chissà se nella commissione bicamerale banche, oltre al furbetto del M5S che intasca i 600 euro,
ci sia anche qualcuno in grado di capire queste dinamiche ?
 
La definizione migliore l’ha data l’ex viceministro all’Economia Enrico Zanetti:

“Una polpetta avvelenata camuffata da favore”.

Il governo sta infatti preparando un’altra riforma fiscale che rischia di mettere definitivamente in ginocchio le partite Iva.

Come spiega Antonio Signorini si tratta di una riforma che apparentemente è a saldo zero, senza costi aggiuntivi per il contribuente,
ma che in realtà potrebbe rivelarsi una vera e propria trappola di tasse per chi svolge un’attività autonoma,
con un’ulteriore sottrazione di liquidità proprio nel momento peggiore.


“Il governo – racconta Signorini – sta studiando di introdurre una riforma nella riscossione delle imposte sul reddito di partite Iva e piccole imprese:
l’abbandono del meccanismo basato sugli acconti di giugno e di novembre per passare a un versamento su base mensile o trimestrale.

Un criterio puramente di cassa, quindi.

Più che una semplificazione, un modo per migliorare la situazione di cassa dello Stato, a quanto pare”.


Essendo il 2020 un annus horribilis per le partite Iva – spiega Zanetti - gli acconti 2021 di giugno e novembre, calcolati sul reddito 2020,
saranno molto bassi e l’Erario dovrebbe attendere il saldo di giugno 2022 per incassare.

Se invece l’Erario comincia già da febbraio 2021 ad incassare sul reddito provvisorio del mese di gennaio 2021 (e così via mese dopo mese),
i soldi entrano nelle casse dello Stato (ed escono dalle tasche delle partite Iva) molto prima”.


Geniale, no?

Invece che aiutare, il governo vuole spolparci fino all’osso con le tasse.


Dunque, si sottrarrà liquidità a categorie che nell’anno di imposta appena terminato (quello attuale) hanno sofferto.

La proposta, neanche a dirlo, piace al Partito Democratico (che si può anche chiamare il partito delle tasse),
al quale appartiene il ministro dell’Economia Roberto Gualtieri.



Se questa riforma dovesse andare in porto, il governo darebbe il colpo di grazia a un tessuto fondamentale per il nostro Paese.
 
Giusto per ricordarVi chi è Gualtieri - ministro dell'economia e finanze -. ECONOMIA E FINANZE ripeto.

Ha frequentato la facoltà di Lettere e Filosofia presso l’Università La Sapienza della capitale.
Proseguendo il suo percorso di studi, ha conseguito anche un dottorato di ricerca in Storia contemporanea.
È professore di Storia contemporanea all’università La Sapienza di Roma
.

Ex vicedirettore dell’Istituto Gramsci, ha fatto parte delle varie incarnazioni della sinistra negli anni Novanta
e poi nei primi anni Duemila, prima di entrare nel PD al momento della sua fondazione.

Fra il 2001 e il 2006 era membro della segreteria di Roma dei Democratici di Sinistra, uno dei due partiti predecessori del PD,
e fece parte della commissione che scrisse il manifesto fondativo del partito.

Nel 2009 fu eletto al Parlamento Europeo nella circoscrizione dell’Italia centrale,
e da allora è stato rieletto altre due volte, nel 2014 e nel 2019.
 
Si torna a parlare di riforma fiscale.

Lo ha fatto il Ministro dell’economia e delle finanze Roberto Gualtieri intervenendo a Rimini al meeting di Comunione e Liberazione

. “La riforma è decisiva e si farà, ma si deve autofinanziare attraverso una debonusizzazione
del nostro sistema fiscale e un rafforzamento del contrasto all’evasione”.


Nel commentare questo neologismo – “non proprio eufonico”, ha scritto Gianni Trovati sul Sole 24 Ore
qualche osservatore ha fatto specifico riferimento al cosiddetto bonus Renzi
(lo sgravio di 80 euro mensili introdotto nel 2014 dal Governo guidato dall’attuale leader di Italia Viva)
e alle più risalenti e tradizionali detrazioni generali per i lavoratori dipendenti.

Altri, più ampiamente, hanno chiamato in causa le cosiddette “spese fiscali” (note anche con l’espressione inglese tax expenditures).

In sostanza, l’idea sarebbe quella di reperire le risorse per una riforma fiscale tesa alla riduzione dell’Irpef
intervenendo su queste misure, attraverso eliminazioni e/o riduzioni.




Ma che cosa sono le spese fiscali?

Secondo la legge del 2015 che ne dispone l’elencazione attraverso un rapporto annuale
da allegare allo stato di previsione dell’entrata (l’ultimo ne contiene 533), si tratta di :

“qualunque forma di esenzione, esclusione, riduzione dell’imponibile o dell’imposta ovvero regime di favore, derivante da disposizioni normative vigenti”.

Agevolazioni, in sostanza, secondo il comune sentire di politici e giornalisti (anche se non è questa la definizione corretta).

Inevitabile, di conseguenza, il diffuso favore – quasi sempre un po’ superficiale – nei confronti di qualsiasi ipotesi di diminuzione dell’entità delle fantomatiche tax expenditures.


Il rapporto del 2019 spiega che :

“sul piano internazionale si definiscono tax expenditures le misure che riducono o pospongono il gettito per uno specifico gruppo di contribuenti
o un’attività economica rispetto a una regola di riferimento che rappresenta il benchmark”.


Successivamente, aggiunge che la Commissione per le spese fiscali del Ministero dell’economia e delle finanze (Mef)
ha scelto all’unanimità l’approccio del benchmark legale.


“Con tale metodo il sistema tributario di riferimento è identificato con quello vigente (current tax law):
si cerca di stabilire, caso per caso, se un’agevolazione, rappresenti una caratteristica strutturale del tributo,
che ne definisce il suo assetto “normale”, oppure rappresenti una deviazione dalla norma.
Solo in questo secondo caso la disposizione è ritenuta spesa fiscale”.


Per la Commissione del Mef, dunque, è spesa fiscale tutto ciò che la Commissione stessa considera una “deviazione” rispetto all’assetto “normale” di un tributo.

Fatte queste premesse, non può non destare qualche perplessità la presenza nell’elenco ufficiale di alcune previsioni
che risulta davvero difficile inquadrare nelle definizioni appena richiamate.


Due esempi riguardanti gli immobili paiono eclatanti.


Il primo è dato dalla voce 144, così denominata:

“Deduzione della rendita catastale dell’unità immobiliare adibita ad abitazione principale e delle relative pertinenze
rapportata al periodo dell’anno durante il quale sussiste tale destinazione ed in proporzione alla quota di possesso”.


Tradotto dal linguaggio giuridico-tributario, questa voce sta ad indicare che :

la Commissione considera una deviazione rispetto alla struttura dell’Irpef il fatto che di vent’anni fa
(era infatti il 2000 quando si cambiò la legislazione precedente) sia esclusa dall’imposizione personale sul reddito
la tassazione di un reddito che non esiste, vale a dire quello della casa nella quale si abita.


Una tassazione che teorie accademiche risalenti giustificavano, parlando di “reddito figurativo”,
in relazione al risparmio del canone di locazione che si pagherebbe se si vivesse in affitto, e la cui iniquità valeva allora come varrebbe oggi.


Altra voce che “grida vendetta” è la numero 146, denominata :

“Determinazione del reddito delle unità immobiliari locate: riduzione forfetaria del canone di locazione”.

La deduzione forfettaria di cui si parla non è altro che una percentuale fissa di quelle che si definiscono spese di produzione del reddito, in questo caso quello da locazione.
Una percentuale – peraltro irrisoria, dopo che il Governo Monti la portò dal già ridotto 15% all’attuale 5%
che rappresenta un’alternativa (infelice) alla deduzione dal reddito “analitica” delle singole spese
e che opera in caso di applicazione dell’Irpef e non della cedolare (locazioni commerciali, tranne l’eccezione di quelle di negozi iniziate nel 2019,
e locazioni abitative in caso di mancata opzione per la cedolare).

Secondo la Commissione del Mef, in sostanza, costituisce “deviazione” il fatto che la legge disponga la non tassazione delle spese.
Concetto che, se venisse applicato a tutti i redditi, porterebbe la lista delle tax expenditures a gonfiarsi di molto…



Di esempi, spulciando l’elenco del Mef, se ne potrebbero fare altri.

Ma al di là delle due situazioni citate – che costituiscono dei veri e propri inserimenti ingiustificati nella lista –
va detto che quest’ultima andrebbe maneggiata con molta cura, considerato che contiene tutto e il contrario di tutto.


Ci sono agevolazioni fiscali in senso proprio, spesso prive di qualsiasi giustificazione;
ci sono incentivi che il legislatore ha nel tempo disposto per raggiungere specifiche finalità
(si pensi, per restare all’immobiliare, alla cedolare secca per gli affitti abitativi); e ci sono, per l’appunto, corpi estranei.

Andrebbe tenuto sempre presente, quando si parla – in modo spesso generico e senza alcun approfondimento –
di ridurre le tax expenditures, soprattutto se si ipotizzano tagli lineari.
 
Secondo il Codice della Strada, sulle strade dove vige un limite di velocità inferiore o uguale ai 50 km/h
si possono adottare dossi artificiali evidenziati mediante zebrature gialle e nere parallele alla direzione di marcia, d
i larghezza uguale sia per i segni che per gli intervalli visibili sia di giorno che di notte.



I dossi artificiali possono essere posti in opera solo su strade residenziali, nei parchi pubblici e privati, nei residence, ecc.;
possono essere installati in serie e devono essere presegnalati.

Ne è vietato l'impiego sulle strade che costituiscono itinerari preferenziali dei veicoli normalmente impiegati
per servizi di soccorso o di pronto intervento (ad esempio, le autoambulanze).


Tali dossi sono costituiti da elementi in rilievo prefabbricati o da ondulazioni della pavimentazione a profilo convesso.

In funzione dei limiti di velocità vigenti sulla strada interessata hanno le seguenti dimensioni:


a) per limiti di velocità pari od inferiori a 50 km/h larghezza non inferiore a 60 cm e altezza non superiore a 3 cm
b) per limiti di velocità pari od inferiori a 40 km/h larghezza non inferiore a 90 cm e altezza non superiore a 5 cm
c) per limiti di velocità pari od inferiori a 30 km/h larghezza non inferiore a 120 cm e altezza non superiore a 7 cm"


Fatta la legge trovato l'inganno

Ma allora perchè sulle nostre strade vengono realizzati dossi artificiali che non rispettano queste disposizioni normative?

Perchè sono molto più alti del limite consentito per legge?

Fate bene attenzione: con circolare n. 3698/2001, il Ministero dei Lavori Pubblici,
ha fornito la definizione di aree stradali rialzate o attraversamenti pedonali rialzati:

"Rialzo del piano viabile con rampe di raccordo (con pendenza, in genere, del 10%) in corrispondenza di aree da proteggere da elevate velocità o di attraversamenti pedonali".

"La lunghezza interessata dal rialzo supera in genere quella dei normali veicoli (10-12 m), in caso contrario vengono classificati come dossi i quali,
opportunamente intervallati, interessano l'intera larghezza della carreggiata, e riducono la velocità generando guida poco confortevole alle velocità superiori a quelle desiderate".

Attraversamenti pedonali rialzati

Fatta la legge, trovato l'inganno: la maggior parte dei dissuasori di velocità che troviamo sulle nostre strade, ai sensi di legge,
non sono classificati come dossi artificiali ma come attraversamenti pedonali rialzati.

Tuttavia, la pericolosità di tali attraversamenti per i velocipedi, le motociclette o le automobili
con un'altezza da terra ridotta è elevata, a differenza della creatività del legislatore italiano.
 

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