Sono in grado di assicurarsi che la stampa mondiale veicoli i loro interessi e che leggi e tribunali siano sempre più dalla loro parte.
I grandi fondi di investimento, che controllano multinazionali, grandi banche d’affari e agenzie di rating,
sono solo uno degli strumenti di dominio e controllo, agenti su scala globale, in mano alle oligarchie
che esurpano il potere di autodeterminazione dei popoli organizzati.
Il tessuto connettivo di tale sistema di dominio su scala globale è il sistema della
moneta a debito privata
insieme all’imposizione post bellica del dollaro quale unica valuta internazionale, seppure in corso di ridimensionamento drastico a partire dai mercati asiatici.
Se qualche migliaio di persone è in grado di imporre il proprio dominio al resto dell’umanità
è perché questa oligarchia si è insinuata all’interno delle maggiori istituzioni pubbliche e private.
Enormi debiti e relativi crediti che non si incontrano generano tensioni sempre meno sostenibili
che le iniezioni di liquidità (capitali fittizi) da parte delle banche centrali cercano di allentare
ma con l’effetto collaterale di alimentare instabilità finanziaria e bancaria in tutto il sistema economico.
La crisi sanitaria globale seguita alla diffusione del coronavirus sta permettendo di puntellare e stampellare
l’economia del debito
fondata sul monopolio della moneta privata a debito (cui sfuggono Cina e Russia).
Le strategie di prolungamento dei loro osceni privilegi, a fronte della palese instabilità del sistema finanziario,
mostrano crepe difficilmente sanabili; esse apparivano prossime all’implosione già prima dell’era covid.
Le consuete, quanto cicliche, crisi di sovrapproduzione, distruggono ricchezza finanziaria e reale e, tuttavia,
riescono a ‘resettare’ il sistema conservando la sua struttura di dominio e concentrando la ricchezza nelle mani di ancora meno persone:
“Il momento di comprare è quando scorre il sangue nelle strade”
recita una massima attribuita al barone Rothschild.
Oggi tale sistema di privilegi basato sulla creazione monetaria privata gestita dal sistema delle banche private
rivela, però, sempre più esplicitamente la sua insostenibilità.
Non siamo sicuri che i cambiamenti indotti dalla crisi in corso non siano in grado di mettere in discussione l’
economia del debito
e il relativo
monopolio privato della creazione monetaria a debito.
Appare lecito sperare in trasformazioni di struttura profonda.
La Fed e le altre grandi banche centrali (BC) stanno cercando disperatamente di scongiurare un collasso finanziario-bancario.
Alla base della crisi strutturale del modello economico dominante è oggi la reddittività negativa c
he colpisce larghissimi settori dell’economia reale (1).
La attività economica è generalmente motivata dalla produzione di quel margine che permette di avere un profitto positivo
anche dopo aver pagato gli interessi, essenziali alla sostenibilità dell’
economia del debito.
Questo margine positivo è però sempre più eroso (caduta del saggio di profitto) e spesso impossibile da realizzare
se non in pochi settori che peraltro introducono, allo scopo, più automazione espellendo di conseguenza forza lavoro
processo che determina a sua volta un ridimensionamento della domanda interna.
Poiché i profitti finanziari speculativi sono spessissimo superiori ai quelli derivanti dagli investimenti in attività reali,
e per di più realizzabili in tempi assai brevi, essi rappresentano un’alternativa, assai appetibile, agli investimenti produttivi nell’economia reale.
Quest’ultimi vengono così dirottati verso l’economia finanziaria che garantisce corsi borsistici mediamente crescenti
assicurando redditività più certa e immediata rispetto all’investimento finalizzato alla produzione di beni reali.
Lo scoppio della bolla finanziaria del 2007 è stata scavalcata grazie all’immissione di enormi masse di liquidità.
Per evitare il collasso la Fed aprì i suoi rubinetti da cui sono sgorgati 29 mila miliardi di dollari per le banche di Wall Street e le loro controparti estere in derivati.
Quando la sfiducia prende il soppravento e comincia la corsa a liberarsi dei titoli sono i numerosissimi piccoli investitori a perdere.
La ricchezza si concentra ulteriormente nelle mani dell’aristocrazia finanziaria che sa come trarre profitto dai mercati finanziari anche in tali condizioni estreme.
La droga finanziaria spacciata all’occorrenza dalle grandi bc, FED, BCE, BOJ… contribuisce a tenere artificiosamente alti i corsi azionari (inflazione a carico degli asset finanziari).
Le BC acquistano enormi quantità di azioni che insieme al
buyback azionario operato dalle stesse imprese danno un’illusione di ricchezza,
buona solo a fini speculativi, una ricchezza fittizia che vede
pil decrescenti a fronte di corsi borsistici, miracolosamente quanto pericolosamente al rialzo,
con l’effetto di ulteriore lievitazione della bolla speculativa globale.
Le banche centrali da strumento originariamente finalizzato alla crescita attraverso il credito all’economia reale
si sono trasformate in strumento di protezione di asset finanziari che non rispecchiano più il valore reale dell’economia sottostante.
Il capitalismo finanziario appare vivere di vita propria, del tutto dissociato, disaccoppiato dall’economia reale.
Nell’attuale congiuntura è impossibile credere a reali aumenti dei profitti delle aziende quotate eppure si comprano le loro azioni con grande ottimismo…
Le grandi banche centrali ne supportano il capitale di rischio e gli asset finanziari.
Tenere in crescita artificiosamente i rendimenti dei mercati azionari li ha scorrelati da tutto ciò che accade nel mondo reale:
diminuzione drastica della produzione industriale, licenziamenti, crollo dei fatturati aziendali, ecc..
La difficoltà crescente in cui versa l’economia reale è oltretutto visibile dalla diminuzione della domanda di petrolio ridotta già ai due terzi di quella dell’era precovid,
dal prezzo dell’oro, bene rifugio per eccellenza, che sale alle stelle mentre cifre colossali vengono parcheggiate nei paradisi fiscali.
Questi fenomeni risultano, tuttavia, scorrelati dagli andamenti in rialzo dei mercati borsistici,
in cui la ricchezza (fittizia) appare continuamente in ascesa facendo lievitare a dismisura la bolla speculativa globale.
In altre parole si è ormai consumata la separazione tra capitalismo finanziario e capitalismo produttivo.
Gli operatori del primo pretendono di poter continuare a fare soldi con i soldi
(se con D indichiamo il denaro, il capitalismo finanziario speculativo è connotato dal modello:
D-D’ con D’>D), senza passare per la produzione di beni.
L’economia reale nella forma del capitalismo produttivo/industriale (se con M indichiamo merci e servizi, il modello di produzione capitalistico è
D-M-D’ con D’>D)
viene piuttosto parassitata e condannata, come vedremo meglio più avanti, a recessione permanente per poter immettere denaro di BC senza suscitare processi inflattivi generalizzati.
Debiti e crediti (prestiti ad alto rischio), però, non si incontrano più da tempo
e anche le varie strategie messe in atto: cartolarizzazione, derivazione dei titoli per renderli commercializzabili,
confezionati in quei titoli di debito che abbiamo conosciuto nella precedente crisi del 2007, quali le obbligazioni di prestito collateralizzato (CLO),
che gli hanno conferito valenza di moneta fittizia sparsa per il mondo, titoli tossici venduti a fondi vari…
ma le strategie di gestione dei titoli tossici speculativi (2) hanno i loro limiti.
La normalizzazione finanziaria operata dalle grandi banche centrali che, a fronte di prestiti con leve finanziaria insostenibile
(forme di prestito bancario concesso a società già fortemente indebitate con rating di credito spazzatura),
è giunta a introdurre tassi negativi non sembra più sufficiente a garantire la tenuta del sistema finanziario
che a fronte della diffusione di tassi d'interesse a zero o addirittura negativi è costretto a misurarsi con bassi ritorni sul capitale investito
e forti cali della media Dow Jones, apparendo ormai prossimo ad una cascata di svendite autoalimentantesi potenzialmente in grado di condurre al collasso l’intero sistema finanziario.
Nell’era dei tassi sotto zero, come possono gli speculatori continuare a fregarsene di quello che succede nel mondo reale?
Come possono le grandi banche centrali continuare ad immettere moneta a sostegno di un sistema finanziario
divenuto apparentemente indipendente dal mondo reale e allo stesso tempo altamente instabile senza effetti collaterali?
Come evitare il collasso dell’intero sistema finanziario e del sistema bancario, ad esso intimamente legato?
L’unico modo è quello di alimentare la bolla finanziaria lasciando che essa continui come una idrovora insaziabile a sostenersi
grazie all’immissione di ulteriore liquidità a uso esclusivo del mondo finanziario.
Ciò è però possibile solo se si trova il modo di non far esplodere l’inflazione (2);
a tal fine la moneta immessa non deve poter circolare nel mondo reale.
Essa deve rimanere confinata entro i confini del mondo finanziario.
Questa strategia, seppure di corto respiro, può permettere ancora per un pò al mondo della finanza speculativa di continuare a fare i suoi affari.
La dichiarazione di pandemia su scala globale sembra essere venuta in soccorso di questo stato di cose
generando un calo repentino della domanda globale impossibile da indurre altrimenti...
il virus ha imposto un’austerity globale, limitante fortemente la domanda di merci e servizi e insieme il ridimensionamento drastico del commercio globale,
ideale per prolungare ancora un pò la tenuta del sistema finanziario.
Sino a quando?
La risposta è semplice, sino a quando questo stato di cose non farà collassare anche l’offerta,
in termini di fallimenti generalizzati che colpiranno le imprese private e pubbliche.
In ultima analisi, quel che sembra sfuggire è il fatto lapallissiano che
il sottostante di qualsiasi economia finanziaria è l’economia reale.
Quando inizierà la fuga degli investitori “normali” e il cigno nero si leverà in volo, dispiegando le sue ali, a oscurare i cieli del mondo (4),
se gli stati nazionali risultassero del tutto colonizzati, non saprebbero difendere i loro interessi e a guadagnarne sarebbe ancora una volta l’aristocrazia finanziaria
che diventerebbe ancora più potente e ricca.
Sarebbero socializzate le immense perdite e privatizzati i guadagni.
Il virus appare, in altre parole, come il nuovo
goldstandard globale che impone povertà e deflazione a vantaggio del prolungamento dell’agonia del sistema della finanza speculativa.
Sistema bancario e sistema finanziario hanno destini ormai interdipendenti.
È stata infatti permessa e alimentata la crescita degli intermediari bancari-finanziari ombra
col compito di mettere in circolazione quei prodotti finanziari veicolanti investimenti speculativi.
È così che il sistema bancario regolamentato gioca la sua partita ormai da troppo tempo (anni 90, abolizione Glass Steagall-act)
in quegli stessi canali e mercati propri del sistema della finanza speculativa deregolamentata.
A proposito delle condizioni di rischio in cui versa il sistema bancario italiano, e quindi i nostri risparmi,
si legga il recente documento targato Consob:
“La crisi Covid-19. Impatti e rischi per il sistema finanziario italiano in una prospettiva comparata”
Le conseguenze economiche e finanziarie discendenti dal contenimento della pandemia sono parse sin da subito molto severe.Le previsioni sui tassi di crescita del Pil globale e dei singoli paesi per l’anno in corso sono state riviste al ribasso a più riprese. Nel primo trimestre dell’anno gli indicatori relativi all’andamento dei mercati finanziari hanno evidenziato tensioni di proporzioni pari o superiori a quelle speri- mentate durante la crisi del 2008. Si paventano un forte deterioramento dei conti pubblici, un aumento del tasso di insolvenza delle imprese, un peggioramento significativo delle condizioni economico-finanziarie delle famiglie. Si intravedono possibili ripercussioni sulla qualità degli attivi delle banche e sulla relativa capacità di erogare credito in una fase in cui i mercati primari dei capitali mostrano segnali di un rallen-tamento dell’attività.
sul versante globale
il FMI sibillinamente avverte:
Questa crisi rappresenta una seria minaccia per la stabilità del sistema finanziario globale. In seguito allo scoppio del COVID-19, le condizioni finanziarie si sono irrigidite a una velocità senza precedenti, esponendo alcune ‘crepe’ nei mercati finanziari globali
Dopo aver imposto il finanziamento dello stato sui mercati finanziari costringendolo a chiedere soldi in prestito a soggetti non residenti
e sistematicamente demolito lo stato sociale con la demonizzazione degli investimenti pubblici
nel tentativo di far fronte al debito la crisi economica sarà assai difficile da fronteggiare.
Solo quei paesi che non si sono affidati ad organismi sovranazionali e a risorse esterne a debito,
che non hanno rinunciato alla propria banca centrale e alla loro moneta nazionale, hanno strumenti adeguati
per affrontare al meglio i disordini crescenti e anzi il caos economico ormai dilagante nel mondo finanziario economico.
Le stime preliminari vedono, secondo ISTAT, un crollo di 100 miliardi di PiL nel semestre di quest’anno (siamo tornati al Pil del ’93…).
La risposta, criminale, del governo in carica è riposta nell’aumento del livello di indebitamento del paese
con l’aggravante della richiesta di prestiti con condizionalità (nell’epoca dei tassi negativi)
che non potranno che facilitare la corsa verso il fallimento del Paese.
Di questo passo il rapporto debito/Pil (se il Pil diminuisce e il debito aumenta, il rapporto esplode) supererà, in poco, il 200% .
Il fiscal compact che abbiamo colpevolmente infilato in Costituzione, lo voleva riportare al 60% in 20 anni;
secondo tali propositi avremmo dovuto in 20 anni tagliare 50 mld all’anno per 20 anni dallo stato sociale.
Intanto da febbraio abbiamo già 600 mila disoccupati in più e registriamo il crollo di quasi la metà della produzione industriale.
L’aumento degli inattivi (che hanno rinunciato a cercar lavoro) è di 700 mila unità poi ci sono i cassaintegrati a zero ore (8 milioni di lavoratori).
In queste condizioni questi dati non potranno che peggiorare.
Come evolverà questa situazione anche dal punto di vista della coesione sociale… ci saranno disordini sociali?
L’obbligo di mascherina e la proibizione degli assembramenti saranno sufficienti a contenere le rivendicazioni sociali?
Se venisse riavviata la macchina dello spread i nostri titoli declassati dalle agenzie di rating a titoli spazzatura andrebbero fuori mercato;
malgrado essi siano sempre stati richiesti in misura maggiore dell’offerta, non sarebbero più comprati e anzi chi li possiede sarebbe costretto,
seguendo gli attuali criteri del rischio accettabile, a disfarsene in breve tempo.
Il downgrade dei titoli italiani è la spada di damocle che minaccia costantemente il paese; essa è tenuta sospesa sulle nostre teste dal filo sotteso dalle agenzie di rating.
Vedi anche
“Sull’economia italiana si sta per abbattere uno tsunami di proporzioni non immaginabili”
Solo il PSN, pur all’interno dei vincoli europei, sarebbe in grado, da subito, di liberarci dalla presunta dipendenza dai mercati finanziari esteri valorizzando,
e al contempo proteggendo, le immense risorse endogene di cui disponiamo per la ripresa strutturale della nostra economia, pubblica e privata.
Prima capiamo che è bene tornare a finanziare il nostro paese ricorrendo a risorse endogene come proposto nel
piano di salvezza nazionale
mettendo in primo piano la risposta ai bisogni interni e meglio è.
È necessario
invertire la rotta velocissimamente se si vuole evitare la collisione ormai prossima con l’iceberg.
Il sistema creditizio che ha come centro le pretese banche nazionali e i potenti prestatori di denaro, e gli usurai che pullulano attorno ad essi,
rappresenta un accentramento enorme e assicura a questa classe di parassiti una forza favolosa, tale non solo da decimare periodicamente i capitalisti industriali,
ma anche da intervenire nel modo più pericoloso nella produzione effettiva e questa banda non sa nulla della produzione e non ha nulla a che fare con essa (…)
banditi ai quali si uniscono i finanzieri e gli speculatori.
(Karl Marx,
Il capitale)