NULLA SI CREA. NULLA SI DISTRUGGE. TUTTO SI INCASINA.

“Credo che questa estate sia stato il trionfo dell’esibizionismo della mascherina“,

ha dichiarato Bassetti ad Agorà Estate su Rai3.

“E’ andato in scena un film che è ‘mettiti la mascherina e sei tranquillo, hai una campana di vetro e puoi fare quello che vuoi’.

Questo è un messaggio completamente sbagliato”.


Secondo il medico ligure, non significa che in qualsivoglia circostanza questo indumento protettivo sia del tutto inutile ma

non possiamo pensare che l’unico modo di fare prevenzione nei confronti del coronavirus sia la mascherina“.

Perché “ci sono una serie di atteggiamenti molto, ma molto più importanti della mascherina”.
Dal “distanziamento” al “lavaggio delle mani”, passando dai vaccini “contro l’influenza e lo pneumococco”.


Stavolta Bassetti ha però puntato il dito in particolare contro la mascherina obbligatoria anche nelle scuole primarie.


Solo un ipocrita può pensare che a un bambino di 6 anni si possa mettere la mascherina per 6-8 ore al giorno.

Basta entrare in una scuola per sapere che un bambino mette la mascherina e dopo un quarto d’ora se la leva“, afferma l’infettivologo.

Chi può pensare di lasciare la mascherina a bambini che parlano, che vengono interrogati, che fanno le loro attività?“.

“Lo dico da genitore, prima ancora che da medico”.


Ma anche evitando di valutare questa misura con gli occhi del genitore, attenendosi cioè a un’analisi da medico,
il suo giudizio a riguardo non si discosterebbe troppo.

“Uso la mascherina dal 20 febbraio tutti i giorni e so bene che, quando parlo per 20-25 minuti consecutivi, non è facile portala.
Poi, se vogliamo essere ipocriti, diciamo che lo è.
Però io credo che per nostri figli, che hanno sofferto tanto nella prima fase” dell’epidemia “dobbiamo pensare” ad altro,
piuttosto che “metterli in una classe con la mascherina”.


D’altronde, fa notare il medico, basterebbe “vedere cosa hanno fatto in tutto il resto d’Europa, in Danimarca, in Norvegia, in Germania“.

In nessuna di queste nazioni è stata imposta “la mascherina nelle classi”.


Quindi “se diciamo che entrando a scuola” gli studenti “devono metterla, siamo tutti d’accordo
perché quello è un momento in cui hanno contatto con tante altre persone oltre che con i compagni di classe.
Ma quando i bambini entrano in una classe di 10, 15, 25” alunni “dopo una settimana diventano esattamente dei congiunti”.


Di conseguenza per Bassetti sono ben altri gli atteggiamenti che dovremmo cercare di portare avanti, ad esempio

“istruire le famiglie che quando un bambino ha dei problemi respiratori di qualunque tipo lo devono tenere a casa”

e se gli studenti “non sono stati vaccinati” devono “vaccinarli”.
 
Gli asintomatici, i grandi inquisiti di questo 2020 all’insegna del Covid-19.

Additati come untori, criminalizzati, accusati di diffondere il coronavirus senza saperlo,
una categoria sociale da isolare ed estirpare: ma siamo proprio sicuri che sia effettivamente così?

La questione è stata posta ieri in un articolo del Corriere scritto da Giuseppe Remuzzi, ricercatore presso l’Istituto Mario Negri di Bergamo.

Remuzzi in questi mesi si è spesso collocato tra gli «ottimisti» dell’epidemia,
essendo stato uno dei primi scienziati ad indicare, nel mese di giugno, l'attenuarsi del contagio ed invocando, già ai primi di maggio,
la necessità di ripartire «o la povertà farà più morti del virus».


I soliti noti lo chiamerebbe «negazionista»........


Ebbene, ora il ricercatore si chiede se l’origine degli asintomatici non sia dovuta ad una
precedente esposizione degli stessi a qualcosa di simile al Sars-Cov-2.

L’idea proviene dall’osservazione dell’epidemia in alcune prigioni degli Stati Uniti.

Secondo quanto riferito dal Washington Post in Arkansas, North Carolina, Ohio e Virginia
vi sarebbero complessivamente 3mila detenuti infetti, di cui il 96% asintomatici.

Una percentuale altissima, in un sistema, quella penitenziario statunitense, dove l’alta promiscuità rende quasi certa la possibilità di contagio.

Cosa protegge questi individui dallo sviluppare forme virulente della malattia ?


Remuzzi nel suo articolo ipotizza che «una parte rilevante della popolazione sia già stata esposta in passato a qualcosa che assomigliava a Sars- CoV-2
prima ancora che il virus fosse stato scoperto. Se fosse così vorrebbe dire che fra noi ci sono persone che,
senza essersi ammalate né vaccinate [contro il coronavirus ndr], sono già immuni per conto loro, almeno un po’».

In sostanza, le cellule denominate memory T cells (linfociti della memoria) deputate alla difesa degli attacchi esterni
potrebbero avere memoria dell’ingresso di un virus simile a Sars-CoV-2.

Come i coronavirus del raffreddore, ad esempio, «che condividono con il virus di Covid-19 certe proteine non proprio identiche ma molto simili».

Non è nemmeno da escludere che le proteine associate alle vaccinazioni infantili
(le quali consentono lo sviluppo di cellule T della memoria) facilitano il riconoscimento di Sars-CoV-2.

Secondo sempre più scienziati la diminuzione dei sintomatici sarebbe legato a una immunità pre-esistente.


Del resto, lo dicono gli stessi test sierologici, che attestano come una quantità enorme di cittadini – molto più di quelli inizialmente ipotizzati –
abbia contratto l’infezione senza saperlo, «ma forse sono ancora di più quelli che sarebbero già stati immuni grazie alle cellule della memoria».



E se gli anticorpi sono destinati a scomparire dal corpo di chi ha contratto il coronavirus, l’immunità cellulare rimane invece più a lungo.

Lo hanno scoperto i ricercatori di San Diego in California analizzando vecchi campioni di sangue donato,
arrivando alla scoperta che il 40-60 per cento dei campioni conteneva cellule T capaci di riconoscere Sars-CoV-2.

Siccome il virus al tempo al momento delle donazioni di detti campioni ancora non circolava, tutto conduce alla teoria dell’immunità preesistente.


Un ultimo aspetto da considerare riguarda i bambini, che raramente si ammalano di Covid-19.

Come è possibile?

Forse è dovuto alle cellule della memoria delle vaccinazioni, che nei soggetti di giovane età sono più recenti.

A questo proposito Andrew Badley e i suoi colleghi della Mayo Clinic hanno scoperto che,

«se nei cinque anni precedenti sei stato vaccinato, hai qualche forma di immunità anche contro Sars-CoV-2
e questo vale per almeno sette vaccini, ma specialmente per quelli contro lo pneumococco
(che riduce il rischio di ammalarsi di Covid-19 del 28 per cento) e contro la polio (che lo riduce del 43 per cento)".


La prospettiva cambia decisamente.
 

BERLINO (Reuters) - Un esame clinico del leader dell’opposizione russa Alexei Navalny, in coma farmacologico in un ospedale tedesco dopo essersi sentito male su un aereo in Siberia, ha rivelato segni di avvelenamento.
 

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Continuano le incertezze sul super-bonus 110%. Due settimane fa l'Agenzia delle entrate ha pubblicato
la circolare nr. 24 he avrebbe dovuto finalmente chiare tutti gli aspetti della misura con cui chi eseguirà dei lavori di ristrutturazione
fino al 31 dicembre 2021 potrà contare su una detrazione del 110% delle spese sostenute per gli interventi di efficientamento energetico e di riduzione del rischio sismico.


Si tratta di una misura, dunque, che dovrebbe incentivare a porre in essere questa tipologia di interventi contribuendo a rilanciare un settore, quello edile, c
he ha particolarmente risentito del lockdown degli scorsi mesi.

Eppure, da quando il bonus è stato lanciato continuano a restare delle incertezze tutt'altro che trascurabili,
considerando che l'eventuale non rispetto delle condizioni richieste (anche se non del tutto chiaro)
potrebbe significare l'esclusione dall'accesso al bonus o, peggio, l'incappare in provvedimenti amministrativi
per l'accesso ad una detrazione di cui, forse, non si aveva il diritto ad usufruire.

Dopo il dubbio sulla possibilità, per le partite Iva, di utilizzare il super-bonus 110% ora il dubbio è sulla tipologia di edifici.

L'Agenzia delle entrate, difatti, evidenzia una distinzione tra edifici condominiale a prevalente destinazione residenziale
e edifici che non lo sono, come ad esempio quelli, in molte grandi città italiane, in cui accanto agli appartamenti ad uso familiare
ci sono anche studi professionali (dentisti, avvocati, commercialisti ecc. ecc).


Nello specifico, la prima tipologia di palazzi sono quelli la cui superfice complessiva è occupata per più del 50% da unità immobiliari destinate ad uso residenziale.

Nel secondo caso, invece, il palazzo potrebbe non essere considerato più residenziale.

E allora cosa potrebbe succedere?

Ad un'interpretazione restrttiva si direbbe che sarà possibile ammettere al bonus solamente colori i quali
siano proprietari e/o detentori di unità immobiliari ad uso residenziale che sosterranno le di ristrutturazione sulle parti comuni dell'edificio,
mentre coloro i quali siano proprietari di unità immobiliari non residenziali resteranno esclusi dall'accesso al bonus sulle spese che sosterranno per quota parte,
sulle medesime parti comuni dell'edificio.

Quello che succederà in questa fattispecie è, dunque, evidente:
non potendo ottenere gli incentivi del 110% i condomini con immobili ad uso non residenziale
non vorranno fare i lavori rendendo estremamente complesso poter deliberare i lavori;
e questo nonostante nel decreto agosto il governo abbia deciso di abbassare le maggioranze in assemblea di condominio
per poter dare il via ai lavori di ristrutturazioni energetiche e sismiche,
maggioranza che è ora di un terzo dei millesimi del fabbricato, nel caso di presenza in assemblea di almeno la metà dei condomini.
 
Sono in grado di assicurarsi che la stampa mondiale veicoli i loro interessi e che leggi e tribunali siano sempre più dalla loro parte.

I grandi fondi di investimento, che controllano multinazionali, grandi banche d’affari e agenzie di rating,
sono solo uno degli strumenti di dominio e controllo, agenti su scala globale, in mano alle oligarchie
che esurpano il potere di autodeterminazione dei popoli organizzati.


Il tessuto connettivo di tale sistema di dominio su scala globale è il sistema della moneta a debito privata
insieme all’imposizione post bellica del dollaro quale unica valuta internazionale, seppure in corso di ridimensionamento drastico a partire dai mercati asiatici.

Se qualche migliaio di persone è in grado di imporre il proprio dominio al resto dell’umanità
è perché questa oligarchia si è insinuata all’interno delle maggiori istituzioni pubbliche e private.


Enormi debiti e relativi crediti che non si incontrano generano tensioni sempre meno sostenibili
che le iniezioni di liquidità (capitali fittizi) da parte delle banche centrali cercano di allentare
ma con l’effetto collaterale di alimentare instabilità finanziaria e bancaria in tutto il sistema economico.

La crisi sanitaria globale seguita alla diffusione del coronavirus sta permettendo di puntellare e stampellare l’economia del debito
fondata sul monopolio della moneta privata a debito (cui sfuggono Cina e Russia).

Le strategie di prolungamento dei loro osceni privilegi, a fronte della palese instabilità del sistema finanziario,
mostrano crepe difficilmente sanabili; esse apparivano prossime all’implosione già prima dell’era covid.


Le consuete, quanto cicliche, crisi di sovrapproduzione, distruggono ricchezza finanziaria e reale e, tuttavia,
riescono a ‘resettare’ il sistema conservando la sua struttura di dominio e concentrando la ricchezza nelle mani di ancora meno persone:

“Il momento di comprare è quando scorre il sangue nelle strade”

recita una massima attribuita al barone Rothschild.

Oggi tale sistema di privilegi basato sulla creazione monetaria privata gestita dal sistema delle banche private
rivela, però, sempre più esplicitamente la sua insostenibilità.

Non siamo sicuri che i cambiamenti indotti dalla crisi in corso non siano in grado di mettere in discussione l’economia del debito
e il relativo monopolio privato della creazione monetaria a debito.

Appare lecito sperare in trasformazioni di struttura profonda.


La Fed e le altre grandi banche centrali (BC) stanno cercando disperatamente di scongiurare un collasso finanziario-bancario.

Alla base della crisi strutturale del modello economico dominante è oggi la reddittività negativa c
he colpisce larghissimi settori dell’economia reale (1).

La attività economica è generalmente motivata dalla produzione di quel margine che permette di avere un profitto positivo
anche dopo aver pagato gli interessi, essenziali alla sostenibilità dell’economia del debito.

Questo margine positivo è però sempre più eroso (caduta del saggio di profitto) e spesso impossibile da realizzare
se non in pochi settori che peraltro introducono, allo scopo, più automazione espellendo di conseguenza forza lavoro
processo che determina a sua volta un ridimensionamento della domanda interna.

Poiché i profitti finanziari speculativi sono spessissimo superiori ai quelli derivanti dagli investimenti in attività reali,
e per di più realizzabili in tempi assai brevi, essi rappresentano un’alternativa, assai appetibile, agli investimenti produttivi nell’economia reale.

Quest’ultimi vengono così dirottati verso l’economia finanziaria che garantisce corsi borsistici mediamente crescenti
assicurando redditività più certa e immediata rispetto all’investimento finalizzato alla produzione di beni reali.


Lo scoppio della bolla finanziaria del 2007 è stata scavalcata grazie all’immissione di enormi masse di liquidità.

Per evitare il collasso la Fed aprì i suoi rubinetti da cui sono sgorgati 29 mila miliardi di dollari per le banche di Wall Street e le loro controparti estere in derivati.

Quando la sfiducia prende il soppravento e comincia la corsa a liberarsi dei titoli sono i numerosissimi piccoli investitori a perdere.

La ricchezza si concentra ulteriormente nelle mani dell’aristocrazia finanziaria che sa come trarre profitto dai mercati finanziari anche in tali condizioni estreme.

La droga finanziaria spacciata all’occorrenza dalle grandi bc, FED, BCE, BOJ… contribuisce a tenere artificiosamente alti i corsi azionari (inflazione a carico degli asset finanziari).

Le BC acquistano enormi quantità di azioni che insieme al buyback azionario operato dalle stesse imprese danno un’illusione di ricchezza,
buona solo a fini speculativi, una ricchezza fittizia che vede pil decrescenti a fronte di corsi borsistici, miracolosamente quanto pericolosamente al rialzo,
con l’effetto di ulteriore lievitazione della bolla speculativa globale.

Le banche centrali da strumento originariamente finalizzato alla crescita attraverso il credito all’economia reale
si sono trasformate in strumento di protezione di asset finanziari che non rispecchiano più il valore reale dell’economia sottostante.


Il capitalismo finanziario appare vivere di vita propria, del tutto dissociato, disaccoppiato dall’economia reale.

Nell’attuale congiuntura è impossibile credere a reali aumenti dei profitti delle aziende quotate eppure si comprano le loro azioni con grande ottimismo…

Le grandi banche centrali ne supportano il capitale di rischio e gli asset finanziari.

Tenere in crescita artificiosamente i rendimenti dei mercati azionari li ha scorrelati da tutto ciò che accade nel mondo reale:

diminuzione drastica della produzione industriale, licenziamenti, crollo dei fatturati aziendali, ecc..

La difficoltà crescente in cui versa l’economia reale è oltretutto visibile dalla diminuzione della domanda di petrolio ridotta già ai due terzi di quella dell’era precovid,
dal prezzo dell’oro, bene rifugio per eccellenza, che sale alle stelle mentre cifre colossali vengono parcheggiate nei paradisi fiscali.

Questi fenomeni risultano, tuttavia, scorrelati dagli andamenti in rialzo dei mercati borsistici,
in cui la ricchezza (fittizia) appare continuamente in ascesa facendo lievitare a dismisura la bolla speculativa globale.

In altre parole si è ormai consumata la separazione tra capitalismo finanziario e capitalismo produttivo.

Gli operatori del primo pretendono di poter continuare a fare soldi con i soldi
(se con D indichiamo il denaro, il capitalismo finanziario speculativo è connotato dal modello: D-D’ con D’>D), senza passare per la produzione di beni.

L’economia reale nella forma del capitalismo produttivo/industriale (se con M indichiamo merci e servizi, il modello di produzione capitalistico è D-M-D’ con D’>D)
viene piuttosto parassitata e condannata, come vedremo meglio più avanti, a recessione permanente per poter immettere denaro di BC senza suscitare processi inflattivi generalizzati.


Debiti e crediti (prestiti ad alto rischio), però, non si incontrano più da tempo
e anche le varie strategie messe in atto: cartolarizzazione, derivazione dei titoli per renderli commercializzabili,
confezionati in quei titoli di debito che abbiamo conosciuto nella precedente crisi del 2007, quali le obbligazioni di prestito collateralizzato (CLO),
che gli hanno conferito valenza di moneta fittizia sparsa per il mondo, titoli tossici venduti a fondi vari…
ma le strategie di gestione dei titoli tossici speculativi (2) hanno i loro limiti.

La normalizzazione finanziaria operata dalle grandi banche centrali che, a fronte di prestiti con leve finanziaria insostenibile
(forme di prestito bancario concesso a società già fortemente indebitate con rating di credito spazzatura),
è giunta a introdurre tassi negativi non sembra più sufficiente a garantire la tenuta del sistema finanziario
che a fronte della diffusione di tassi d'interesse a zero o addirittura negativi è costretto a misurarsi con bassi ritorni sul capitale investito
e forti cali della media Dow Jones, apparendo ormai prossimo ad una cascata di svendite autoalimentantesi potenzialmente in grado di condurre al collasso l’intero sistema finanziario.


Nell’era dei tassi sotto zero, come possono gli speculatori continuare a fregarsene di quello che succede nel mondo reale?

Come possono le grandi banche centrali continuare ad immettere moneta a sostegno di un sistema finanziario
divenuto apparentemente indipendente dal mondo reale e allo stesso tempo altamente instabile senza effetti collaterali?

Come evitare il collasso dell’intero sistema finanziario e del sistema bancario, ad esso intimamente legato?

L’unico modo è quello di alimentare la bolla finanziaria lasciando che essa continui come una idrovora insaziabile a sostenersi
grazie all’immissione di ulteriore liquidità a uso esclusivo del mondo finanziario.

Ciò è però possibile solo se si trova il modo di non far esplodere l’inflazione (2);
a tal fine la moneta immessa non deve poter circolare nel mondo reale.


Essa deve rimanere confinata entro i confini del mondo finanziario.

Questa strategia, seppure di corto respiro, può permettere ancora per un pò al mondo della finanza speculativa di continuare a fare i suoi affari.


La dichiarazione di pandemia su scala globale sembra essere venuta in soccorso di questo stato di cose
generando un calo repentino della domanda globale impossibile da indurre altrimenti.
..

il virus ha imposto un’austerity globale, limitante fortemente la domanda di merci e servizi e insieme il ridimensionamento drastico del commercio globale,
ideale per prolungare ancora un pò la tenuta del sistema finanziario.


Sino a quando?

La risposta è semplice, sino a quando questo stato di cose non farà collassare anche l’offerta,
in termini di fallimenti generalizzati che colpiranno le imprese private e pubbliche.

In ultima analisi, quel che sembra sfuggire è il fatto lapallissiano che il sottostante di qualsiasi economia finanziaria è l’economia reale.

Quando inizierà la fuga degli investitori “normali” e il cigno nero si leverà in volo, dispiegando le sue ali, a oscurare i cieli del mondo (4),
se gli stati nazionali risultassero del tutto colonizzati, non saprebbero difendere i loro interessi e a guadagnarne sarebbe ancora una volta l’aristocrazia finanziaria
che diventerebbe ancora più potente e ricca.

Sarebbero socializzate le immense perdite e privatizzati i guadagni.

Il virus appare, in altre parole, come il nuovo goldstandard globale che impone povertà e deflazione a vantaggio del prolungamento dell’agonia del sistema della finanza speculativa.


Sistema bancario e sistema finanziario hanno destini ormai interdipendenti.

È stata infatti permessa e alimentata la crescita degli intermediari bancari-finanziari ombra
col compito di mettere in circolazione quei prodotti finanziari veicolanti investimenti speculativi.

È così che il sistema bancario regolamentato gioca la sua partita ormai da troppo tempo (anni 90, abolizione Glass Steagall-act)
in quegli stessi canali e mercati propri del sistema della finanza speculativa deregolamentata.

A proposito delle condizioni di rischio in cui versa il sistema bancario italiano, e quindi i nostri risparmi,
si legga il recente documento targato Consob: “La crisi Covid-19. Impatti e rischi per il sistema finanziario italiano in una prospettiva comparata”


Le conseguenze economiche e finanziarie discendenti dal contenimento della pandemia sono parse sin da subito molto severe.Le previsioni sui tassi di crescita del Pil globale e dei singoli paesi per l’anno in corso sono state riviste al ribasso a più riprese. Nel primo trimestre dell’anno gli indicatori relativi all’andamento dei mercati finanziari hanno evidenziato tensioni di proporzioni pari o superiori a quelle speri- mentate durante la crisi del 2008. Si paventano un forte deterioramento dei conti pubblici, un aumento del tasso di insolvenza delle imprese, un peggioramento significativo delle condizioni economico-finanziarie delle famiglie. Si intravedono possibili ripercussioni sulla qualità degli attivi delle banche e sulla relativa capacità di erogare credito in una fase in cui i mercati primari dei capitali mostrano segnali di un rallen-tamento dell’attività.

sul versante globale il FMI sibillinamente avverte:

Questa crisi rappresenta una seria minaccia per la stabilità del sistema finanziario globale. In seguito allo scoppio del COVID-19, le condizioni finanziarie si sono irrigidite a una velocità senza precedenti, esponendo alcune ‘crepe’ nei mercati finanziari globali


Dopo aver imposto il finanziamento dello stato sui mercati finanziari costringendolo a chiedere soldi in prestito a soggetti non residenti
e sistematicamente demolito lo stato sociale con la demonizzazione degli investimenti pubblici
nel tentativo di far fronte al debito la crisi economica sarà assai difficile da fronteggiare.


Solo quei paesi che non si sono affidati ad organismi sovranazionali e a risorse esterne a debito,
che non hanno rinunciato alla propria banca centrale e alla loro moneta nazionale, hanno strumenti adeguati
per affrontare al meglio i disordini crescenti e anzi il caos economico ormai dilagante nel mondo finanziario economico.



Le stime preliminari vedono, secondo ISTAT, un crollo di 100 miliardi di PiL nel semestre di quest’anno (siamo tornati al Pil del ’93…).


La risposta, criminale, del governo in carica è riposta nell’aumento del livello di indebitamento del paese
con l’aggravante della richiesta di prestiti con condizionalità (nell’epoca dei tassi negativi)
che non potranno che facilitare la corsa verso il fallimento del Paese.


Di questo passo il rapporto debito/Pil (se il Pil diminuisce e il debito aumenta, il rapporto esplode) supererà, in poco, il 200% .


Il fiscal compact che abbiamo colpevolmente infilato in Costituzione, lo voleva riportare al 60% in 20 anni;
secondo tali propositi avremmo dovuto in 20 anni tagliare 50 mld all’anno per 20 anni dallo stato sociale.


Intanto da febbraio abbiamo già 600 mila disoccupati in più e registriamo il crollo di quasi la metà della produzione industriale.


L’aumento degli inattivi (che hanno rinunciato a cercar lavoro) è di 700 mila unità poi ci sono i cassaintegrati a zero ore (8 milioni di lavoratori).



In queste condizioni questi dati non potranno che peggiorare.

Come evolverà questa situazione anche dal punto di vista della coesione sociale… ci saranno disordini sociali?

L’obbligo di mascherina e la proibizione degli assembramenti saranno sufficienti a contenere le rivendicazioni sociali?

Se venisse riavviata la macchina dello spread i nostri titoli declassati dalle agenzie di rating a titoli spazzatura andrebbero fuori mercato;
malgrado essi siano sempre stati richiesti in misura maggiore dell’offerta, non sarebbero più comprati e anzi chi li possiede sarebbe costretto,
seguendo gli attuali criteri del rischio accettabile, a disfarsene in breve tempo.


Il downgrade dei titoli italiani è la spada di damocle che minaccia costantemente il paese; essa è tenuta sospesa sulle nostre teste dal filo sotteso dalle agenzie di rating.


Vedi anche “Sull’economia italiana si sta per abbattere uno tsunami di proporzioni non immaginabili”


Solo il PSN, pur all’interno dei vincoli europei, sarebbe in grado, da subito, di liberarci dalla presunta dipendenza dai mercati finanziari esteri valorizzando,
e al contempo proteggendo, le immense risorse endogene di cui disponiamo per la ripresa strutturale della nostra economia, pubblica e privata.


Prima capiamo che è bene tornare a finanziare il nostro paese ricorrendo a risorse endogene come proposto nel piano di salvezza nazionale
mettendo in primo piano la risposta ai bisogni interni e meglio è.

È necessario invertire la rotta velocissimamente se si vuole evitare la collisione ormai prossima con l’iceberg.



Il sistema creditizio che ha come centro le pretese banche nazionali e i potenti prestatori di denaro, e gli usurai che pullulano attorno ad essi,
rappresenta un accentramento enorme e assicura a questa classe di parassiti una forza favolosa, tale non solo da decimare periodicamente i capitalisti industriali,
ma anche da intervenire nel modo più pericoloso nella produzione effettiva e questa banda non sa nulla della produzione e non ha nulla a che fare con essa (…)
banditi ai quali si uniscono i finanzieri e gli speculatori.

(Karl Marx, Il capitale)
 
Mi dicono che faccio parte di questa categoria.....:clapclap::clapclap:alla cassa del supermercato ho diritto di precedenza:clapclap::clapclap:

ma non sono assolutamente d'accordo con questa visione :

«L’importante è proteggere gli anziani»

L'importante è proteggere i giovani, perchè sono il futuro,


noi siamo il passato......che non torna. Bisogna sempre guardare avanti.

Non si può bloccare il mondo, distruggere l'economia, per pensare di proteggere il passato.
 
Questa volta è successo a Firenze.

“In ansia per il mutuo del suo locale, un ristoratore della zona di piazza Santa Croce, si è suicidato”.

A trovare il corpo senza vita, poco prima dell’arrivo dei clienti, lo scorso sabato pomeriggio, i lavoratori del ristorante.



Lo avevano salutato al termine del turno del pranzo, sicuri che lo avrebbero rivisto qualche ora più tardi per il turno della sera, ma così non è stato.

Rimasto solo nel suo ristorante, l’uomo fiorentino di 44 anni ha compiuto l’estremo gesto.


Qualche mese prima del lockdown aveva acceso il mutuo per acquistare il fondo del suo locale.

Un peso che lo metteva “in ansia”, riferisce il giornale FIrenze Today da cui abbiamo ripreso la notizia.

“Aveva sospeso il pagamento del mutuo, ma tra qualche giorno le rate sarebbero riprese”
e “gli incassi, troppo bassi, erano sicuramente ben diversi da quelli che si immaginava nel momento in cui aveva scelto di fare questo investimento”.


“Quando si arriva a commettere gesti così estremi, vuol dire che tutta la comunità ha fallito”, dichiara Aldo Cursano, presidente di Confcommercio di Firenze.

“Questo è un grido non compreso, che non si è tradotto in azioni di sostegno vero e adeguato.
Questo è il grido chi si sente solo, abbandonato e che non riesce più intravedere alcuna speranza per il futuro”.

Ecco perchè la comunità ha fallito.


“Non lasceremo indietro nessuno”, avevano detto.

Dove sono gli aiuti del governo di “Promettopoli”, quella potenza di fuoco che con tanto orgoglio Conte aveva annunciato?

Dove sono i vagoni di denaro che dovevano arrivare ?

Questa è una crisi eccezionale e chi sta pagando le conseguenze non ha nessuna colpa.

L’arte italiana dell’arrangiarsi non basterà.
 
Dire autunno caldo è un eufemismo.

Sul fronte del lavoro la situazione si sta facendo letteralmente bollente.

Ad aprire le danze, si fa per dire, è la ex Merloni, oggi Indelfab che a Fabriano, il 19 agosto,
ha avviato la procedura di mobilità per i suoi 584 dipendenti.
A stretto giro è previsto un primo incontro con l’azienda per capire se ci sono margini per il ritiro dei licenziamenti.

Domani, inoltre, c’è in agenda anche la riunione tra i commissari che stanno gestendo la liquidazione di Air Italy e i sindacati.
L’azienda ha fatto sapere di non avere alcuna intenzione di tornare indietro: chiuderà tutto e licenzierà l’intero personale.
Si tratta di 1453 lavoratori.



Questi sono solo due esempi, i primi in ordine cronologico in vista dell’autunno.

Ma i licenziamenti sono pronti a esplodere, con un’impennata fino al 13% del tasso di disoccupazione.

Come spiega Marco Patucchi, riprendendo la nota di Bankialia, su Affari&Finanza,

“sviluppi più negativi rispetto a quelli delineati nello scenario di base potrebbero manifestarsi a seguito di un protrarsi dell’epidemia
e della necessità di contrastare nuovi focolai, con ripercussioni sulla fiducia e sulle decisioni di spesa delle famiglie e di investimento delle imprese,
di cali più consistenti nel commercio mondiale e strozzature alle catene globali del valore, di un forte deterioramento delle condizioni finanziarie”.


L’ufficio studi di Via Nazionale fissa per quest’anno un calo del 15% delle ore lavorate,
con un rimbalzo del +4,1% l’anno successivo e un +1,8% nel 2022;

il numero degli occupati è previsto in calo del 5,2% a fine 2020 e in crescita dell’1,6% e dello 0,7% rispettivamente nei prossimi due anni;

tasso di disoccupazione in aumento dall’ll,9% stimato per quest’anno, al 12,9% del 2021 e al 13,1% del 2022.

Numeri che parlano da soli e che danno la cifra della crisi che attraverserà il mercato del lavoro nei prossimi mesi.


E il governo che fa?

Come si sta preparando a questo?

Come tutelerà gli italiani?


Le unità lavorative annue quest’anno si ridurranno del 9,3%, vale a dire oltre 2,2 milioni di posti di lavoro in meno,
per poi crescere del 4,1% il prossimo anno.

Una dinamica in linea con il picco del Pil previsto a -8,3% quest’anno e in parziale ripresa (+4,6%) nel 2021.


L’Istat, inoltre, stima una “caduta del monte retributivo” con i salari lordi in calo rispettivamente dello 0,7 e dello 0,4% nel 2020 e l’anno prossimo.


C’è bisogno di lavoro, e di risposte da parte di chi è al comando del Paese.
 
Buffoni ed Incompetenti insieme.


M5S sì, Renzi no.

È un po’ questa la sintesi della lista stilata dal Pd per gli inviti alla Festa dell’Unità.

Grillini e piddini ora fanno anche festa insieme.

Rigorosamente con la mascherina, chiaro.

A Modena, dal 26 agosto al 13 settembre, si celebreranno le magnifiche sorti del governo Conte
di cui il Pd fa la parte del padrone e il M5S quella del cagnolino al guinzaglio.

Quindi, alla Festa dell’Unità, saranno massicciamente presenti i Cinque Stelle.

E l’altra gamba della maggioranza? Niente, assente.

L’ex segretario Renzi non è ammesso.

Di Italia Viva nemmeno l’ombra, eccezion fatta – d’ufficio – per la ministra Teresa Bellanova.




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E questa massiccia presenza di grillini, dicono fonti del Nazareno riprese da Dagospia, avrebbe spinto proprio Matteo Renzi a declinare l’invito.

Nessuna esclusione, dunque, ma autoesclusione.

Oltre a Renzi, assenti di spicco sono anche Carlo Calenda e Emma Bonino.

Ci sarà invece l’ex segretario Pier Luigi Bersani, e con lui il ministro della Salute Roberto Speranza, sempre in ottimi rapporti con il M5S.

Dell’opposizione l’unico presente sarà Guido Crosetto, che parteciperà ad un dibattito da “tecnico” della difesa.



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Ma del M5S chi ci sarà per certo?

La viceministra all’Economia Laura Castelli,
il presidente della commissione Antimafia, Nicola Morra,
i ministri,
il presidente della Camera Fico,
il reggente Vito Crimi
e ovviamente il premier Giuseppe Conte.

E poi come non invitare le Sardine?

Risponderanno presente Mattia Santori,
Jasmine Cristallo,
Giulia Trappoloni e
Lorenzo Donnoli.

Tra i nomi “di spicco”, ci saranno l’ex premier Paolo Gentiloni, che oggi fa il commissario europeo all’Economia, e un altro ex premier: Enrico Letta.

Gentiloni-Sassoli.jpg



Previsti anche interventi del fondatore del Pd Walter Veltroni
e del presidente del Parlamento europeo David Sassoli,
perché il Pd è il partito di Bruxelles
e perché il Movimento 5 Stelle gli sta andando dietro,

tradendo i motti delle origini e gli ideali che avevano animato milioni di persone.
 

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