Partiti S.p.A. / Introduzione
da
Partiti S.p.A. / Introduzione - Affaritaliani.it
Venerdì, 20 gennaio 2012 - 15:39:00
Cinquecento milioni di euro ai partiti per ogni legislatura, tra Camera e Senato, 200 milioni per le elezioni regionali, 230 per europee.
Solo di rimborsi elettorali, dal 1994 ad oggi, siamo oltre 2,7 miliardi di euro,
ai quali
vanno però aggiunti i 70 milioni di euro annui destinati ai gruppi parlamentari
e
i
tre milioni investiti per i giornali di partito (senza parlare delle donazioni dei privati, 80 milioni di euro l'anno in media).
Se da stringere la cinghia e
fare sacrifici - come si usa dire di questi tempi: "ce lo chiede l'Europa" -, nel vasto oceano dei finanziamenti ai partiti da tagliare ce ne sarebbe, eccome.
Cercando di evitare la facile demagogia,
vogliamo comunque domandarci se fossero proprio indispensabili i circa 600 milioni di euro versati in soli 5 anni (dal 2008 ad oggi) ai due maggiori partiti: PDL e PD. Come "rimborso elettorale", appunto.
Peccato che le spese elettorali effettive, che quei mi__ mi dovrebbero rimborsare, sono molto, ma molto inferiori.
Limitandoci a considerare solo alcuni partiti, nel 2010 (anno di elezioni regionali e dell'ultimo bilancio depositato)
vediamo che il PDL ha speso 20 milioni circa per la campa elettorale. E quanti ne riceverà di rimborso? Cinque rate annuali da 10,6 milioni, per un totale di 53 milioni di epuro, due volte e mezzo la spesa sostenuta.
Bersani invece ha tirato fuori,
sempre per le regionali del 2010, 14 milioni di euro, ma ne riceverà in cambio 51 dallo Stato, più del triplo.
La Lega ha speso 8 milioni per la campagna elettorale, ma da Roma (ladrona) ne incasserà quasi 25.
L'UDC ha impegnato circa 6 milioni per far eleggere i suoi consiglieri regionali. Ma quanto incasserà Casini per quella stessa elezione? Un- dici milioni di euro, quasi il doppio.
Poi ci sono í parti-tini, che, sebbene debbano affrontare costi decisamente più bassi essendo a rimorchio delle coa- lizioni nelle campagne elettorali, incassano ugualmente un lauto rimborso pubblico.
Il Partito dei Pensionati riceverà cinque rate da 177.000 euro (885.000 euro complessivi) per le ultime regionali, a fronte di una spesa di... 40.000 euro.
I Verdi-Verdi, lista civetta (a questo proposito i Verdi, quelli originali, fecero ricorso al TAR) presente quasi solo in Pie- monte, incasseranno 300.000 euro di rimborso elettorale.
L'Alleanza di Centro di Pionati dividerà con la
Democrazia Cristiana più di 550.000 euro.
Anche Mastella, assente in Parlamento, si consola con i consigli regionali e i relativi rim- borsi elettorali: 800.000 euro.
Ma essere eletti non è necessario per accedere ai finanzia- menti pubblici, perché il "rimborso" scatta una volta raggiunta la soglia dell'i per cento, ben al di sotto dunque di quella ri- chiesta per ottenere un seggio in Parlamento. E per questo motivo che continuano a esistere partiti e formazioni politi- che scomparse dalla scena politica.
Sono vivi e vegeti i DS, la Margherita, l'Ulivo, la Casa delle Libertà, Alleanza Nazionale, Forza Italia, l'Unione. Come anche le vecchie liste civiche dei candidati governatori, che andranno avanti per cinque anni a incassare le rate del rimborso: I Pugliesi per Rocco Palese, In- sieme per Bresso, Insieme Cambiamo Lista Renata Polverini, tutti figuranti tra i beneficiari dei bonifici pubblici nel 2011.
Una montagna di soldi, lievitata del 1.110 per cento dal 1999 al 2008,1 ma che tuttavia - incredibile ma vero - non impedisce ai partiti di finire in rosso.
Ad esempio, malgrado abbiano ricevuto 650 milioni di euro nel giro di qualche anno, PDL, PD e UDC hanno chiuso l'ultimo bilancio in disavanzo: il PDL di quasi 6 milioni di euro, l'UDC di 3,2 milioni e il PD addirittura di 42 milioni di euro.
Spendaccioni? Evidentemente sì, in primis per le campagne elettorali, poi per il pagamento di dipendenti e collaboratori, per affitti, viaggi, bollette varie e ristoranti. Mille rivoli in cui si perdono cifre esorbitanti.
Ma come lí spendono? Abbiamo provato a chiederlo direttamente a uno dei revisori nominati dai presidenti di Camera e Senato per controllare i bilanci del partito (vedi capitolo quarto). La sua risposta alla nostra domanda (se sia possibile verificare che i milioni versati a un movimento politico siano stati effettivamente spesi come il partito dichiara) è stata paurosamente semplice: «No». E nemmeno la Corte dei Conti ha grandi poteri ispettivi sui conti dei partiti, i quali godono di una segretezza straordinaria, essendo (secondo la Costituzione) semplici associazioni private (sì, come se fossero una bocciofila o l'«associazione amici del tartufo»).
Grazie alla montagna di finanziamenti ricevuti, i partiti si sono trasformati in piccole (ma nemmeno tanto...) S.p.A. Gestiscono centinaia di milioni, hanno immobili intestati, decine di dipendenti, società controllate (che si occupano di comunicazione politica o addirittura di sale bingo e della vendita di biciclette...), ma a differenza delle aziende cui somigliano non producono assolutamente niente, se non molte parole.
Poiché sono nello stesso tempo controllati e controllori, i partiti si sono regalati diversi privilegi finanziari. Per esempio, una serie di vantaggi e sconti fiscali per loro stessi o per chi voglia donare soldi a un movimento politico (versare un contributo, per esempio, a un'associazione per la lotta ai tumori conviene molto dí meno e non a caso sono una marea le imprese che regalano soldi ai partiti; si veda il capitolo sesto). Oppure l'impunità, per legge, degli amministratori rispetto ai debiti contratti dal loro stesso partito, cosa che in parte spiega perché siano così frequenti - lo raccontiamo nel capitolo tredicesimo - i casi di partiti morosi, che non pagano affitti, cene elettorali e nemmeno le tasse. La normativa sulle fondazioni politiche, poi, che a differenza di quanto accade in Germania non sono tenute a dichiarare chi le finanzia, e che diventano quindi un meraviglioso strumento di finanziamento della politica, al riparo da sguardi indiscreti.
La democrazia ha sempre un costo, anche economico, e non c'è Paese europeo che non finanzi le forze politiche. Però anche in questo l'Italia si distingue, nel senso che siamo primi nella classifica dei costi della politica (nel capitolo ventesimo descriviamo la situazione in Francia, Spagna, Germania, Regno Unito e USA). Tutti gli altri paesi finanziano i partiti con un forfait annuo molto esiguo e poi rimborsano le spese elettorali effettivamente sostenute. Noi no, rimborsiamo tutti con un mare di soldi, anche chi non ha speso un centesimo. Col risultato che il costo dei partiti per il cittadino italiano è il più alto d'Europa.
Di modelli diversi e più economici del nostro ce ne sono a bizzeffe. A noi piace quello britannico. Gli inglesi finanziano solo i partiti di opposizione, a compensazione del vantaggio che i partiti di governo ricavano dalla loro posizione di potere. E evidente, infatti, che le aziende tendono a finanziare i secondi, i quali hanno la facoltà di prendere decisioni che possono favorire o meno i loro interessi. Dunque, se c'è qualcuno che dev'essere finanziato dallo Stato è proprio l'opposizione, a garanzia del corretto funzionamento della democrazia. Sì ma quanto? La Gran Bretagna ha finanziato tutti i partiti d'opposizione, nell'ultimo anno, con circa 10 milioni di sterline, pari a circa 12 milioni di euro, cioè quanto l'Italia spende per il solo IDV di Di Pietro in un anno. Sono fessi gli inglesi o lo siamo noi, che spendiamo ín un anno 289 milioni di euro per i partiti, compresi quelli non eletti?
Se almeno servisse, tutto questo finanziamento pubblico, a rendere marginale il ricorso a quello illecito. Invece no. L'Italia occupa le prime posizioni anche nella classifica della corruzione nel settore pubblico. Mazzette, appalti truccati, fondi neri per i partiti, già ingrassati dal finanziamento statale. Nella sua ultima relazione, la Corte di Conti ci informa che la corruzione in Italia è aumentata, rispetto al 2009, del 229 per cento. Il «valore» di mazzette e falsi appalti? Cinquanta-sessanta miliardi di euro, l'anno. «Una vera e propria tassa immorale e occulta pagata con i soldi prelevati dalle tasche dei cittadini» così l'ha definita Furio Pasqualucci, procuratore generale della Corte dei Conti. Molti di quei soldi finiscono nelle tasche di singoli individui, sempre lesati a qualche partito, ma una bella fetta (come dimostrano le recenti inchieste) sono dirette a un partito e alla galassia di interessi che ruotano intorno ad esso.
Tutto questo, malgrado l'esorbitante spessa pubblica per finanziare i partiti. Ma come siamo arrivati a questa situazione? E prima, prima dell'abolizione (subito aggirata) del finanziamento pubblico col referendum del 1993, le cose funzionavano diversamente? Spendevamo di più o di meno? E che ci fanno così tanti ex politici nei CDA delle fondazioni bancarie? Chi controlla i bilanci dei partiti e chi nomina i controllori? Per quale motivo Banca Intesa è il gestore unico dei conti correnti di Montecitorio? Come mai metà dei partiti presentano bilanci irregolari? E quali sono stati nell'ultimo anno disponibile i partiti inadempienti?
Nel libro proviamo a dare una risposta a queste e a molte altre domande. E per farlo, dobbiamo entrare nelle casseforti dei principali partiti, interrogare a loro tesorieri e i loro bilanci, così da scoprire le fideiussioni milionarie di Silvio Berlusconi per Forza Italia e i crediti del PDL venduti alle banche; i tesori immobiliari dei DS e di AN e i "trucchi" escogi-tati per nasconderli; gli investimenti finanziari di Antonio Di Pietro; le mille società create dalla Lega Nord e i milioni di euro che il Carroccio ha in banca; i rimborsi referendari e il movimento di Beppe Grillo... Tutti i segreti dei Partiti S.p.A.