Fabrib
Forumer storico
Sul tavolo del ministero delle Infrastrutture arriva la proposta per dissequestrare i conti correnti di Moby e convertirli in un sequestro conservativo delle navi Tirrenia.
Si aggiunge un altro capitolo alla vicenda del gruppo fondato dalla famiglia Onorato, impegnato da un lato a salvarsi dal default nei confronti dei bondholder e dall’altro a rispondere alle richieste dei commissari di Tirrenia in amministrazione straordinaria. Lo scorso 30 marzo questi ultimi hanno infatti fatto sequestrare i conti di Cin, società della famiglia Onorato passata a Moby in fase di privatizzazione di Tirrenia. Un atto dovuto, dal punto di vista legale, vista la decisione del Tribunale di Roma del 4 marzo scorso.
Ma non è finita qui. Dopo «conference call» tra i commissari di Tirrenia, i vertici di Tirrenia Cin-Moby (presente Achille, figlio di Vincenzo Onorato), la ministra delle infrastrutture e dei trasporti Paola De Micheli e il ministro dello sviluppo economico Stefano Patuanelli, la famiglia di armatori ha sollevato la questione dell’impossibilità di rifornirsi di carburante con i conti bloccati. È quindi stato raggiunto un accordo che permette di far ripartire tutte le tratte passeggeri e merci previste dalla Convenzione sulla continuità territoriale.
Sul tavolo, dal punto di vista finanziario, ci sarebbe appunto il passaggio dal sequestro dei conti correnti (dove ci sono 55 milioni circa) a un sequestro conservativo sulla flotta di navi. Onorato basa il valore delle navi su una perizia passata da circa un miliardo di Unitramp, un broker che fa capo all’imprenditore Aldo Frullo di Napoli.
Tuttavia la situazione non è così semplice, in quanto proprio sulle navi c’è una garanzia di primo grado di banche e bondholder. Per capire bisogna fare un passo indietro al 2011. A quel tempo era arrivata l’offerta per rilevare Tirrenia da parte di Moby, che inizialmente doveva essere alleato con gruppo Aponte e Grimaldi. Così non successe e l’anno successivo rimase solo Moby a comprare la flotta di Stato sulla base di un pagamento dilazionato di 220 milioni.
Nel frattempo gli anni successivi muta la compagine di Moby: esce il fondo Clessidra ed entra come finanziatore Och-Ziff Capital Management. Dopo un anno viene emesso un bond per rimpiazzare Och-Ziff e per fornire altre risorse: l’obbligazione che ha portato oggi al default. A quel tempo venivano prese le navi in garanzia dai creditori.
Intanto sul fronte Tirrenia, dopo il pagamento di un anticipo di 40 milioni allo Stato, restavano da pagare 180 milioni: la cifra che ha portato appunto alla «querelle» con la gestione commissariale e al sequestro dei conti dopo che sono scadute rate per 120 milioni.
Il Sole 24 ore/Festa
Si aggiunge un altro capitolo alla vicenda del gruppo fondato dalla famiglia Onorato, impegnato da un lato a salvarsi dal default nei confronti dei bondholder e dall’altro a rispondere alle richieste dei commissari di Tirrenia in amministrazione straordinaria. Lo scorso 30 marzo questi ultimi hanno infatti fatto sequestrare i conti di Cin, società della famiglia Onorato passata a Moby in fase di privatizzazione di Tirrenia. Un atto dovuto, dal punto di vista legale, vista la decisione del Tribunale di Roma del 4 marzo scorso.
Ma non è finita qui. Dopo «conference call» tra i commissari di Tirrenia, i vertici di Tirrenia Cin-Moby (presente Achille, figlio di Vincenzo Onorato), la ministra delle infrastrutture e dei trasporti Paola De Micheli e il ministro dello sviluppo economico Stefano Patuanelli, la famiglia di armatori ha sollevato la questione dell’impossibilità di rifornirsi di carburante con i conti bloccati. È quindi stato raggiunto un accordo che permette di far ripartire tutte le tratte passeggeri e merci previste dalla Convenzione sulla continuità territoriale.
Sul tavolo, dal punto di vista finanziario, ci sarebbe appunto il passaggio dal sequestro dei conti correnti (dove ci sono 55 milioni circa) a un sequestro conservativo sulla flotta di navi. Onorato basa il valore delle navi su una perizia passata da circa un miliardo di Unitramp, un broker che fa capo all’imprenditore Aldo Frullo di Napoli.
Tuttavia la situazione non è così semplice, in quanto proprio sulle navi c’è una garanzia di primo grado di banche e bondholder. Per capire bisogna fare un passo indietro al 2011. A quel tempo era arrivata l’offerta per rilevare Tirrenia da parte di Moby, che inizialmente doveva essere alleato con gruppo Aponte e Grimaldi. Così non successe e l’anno successivo rimase solo Moby a comprare la flotta di Stato sulla base di un pagamento dilazionato di 220 milioni.
Nel frattempo gli anni successivi muta la compagine di Moby: esce il fondo Clessidra ed entra come finanziatore Och-Ziff Capital Management. Dopo un anno viene emesso un bond per rimpiazzare Och-Ziff e per fornire altre risorse: l’obbligazione che ha portato oggi al default. A quel tempo venivano prese le navi in garanzia dai creditori.
Intanto sul fronte Tirrenia, dopo il pagamento di un anticipo di 40 milioni allo Stato, restavano da pagare 180 milioni: la cifra che ha portato appunto alla «querelle» con la gestione commissariale e al sequestro dei conti dopo che sono scadute rate per 120 milioni.
Il Sole 24 ore/Festa