Blindati ma non troppo
INTESA-SANPAOLO Il Santander, escluso dal consiglio di sorveglianza della superbanca, non ha ancora deciso se votare contro la fusione. Molto dipenderà dall'esito del sondaggio in corso tra hedge fund e investitori istituzionali.
Se c'era ancora qualche dubbio sull'ostilità del Santander alla fusione tra Intesa e Sanpaolo questo è stato fugato definitivamente mercoledì 15 novembre. Nella lista di 18 nomi per l'elezione del consiglio di sorveglianza della superbanca, depositata in vista delle assemblee, non figura infatti alcun rappresentante dell'istituto spagnolo.
Sulle prossime mosse di Emilio Botin, però, vige ancora l'incertezza più assoluta. Per ora si sa solo che Gsc Proxy Italia e D. F. King, due società specializzate nella raccolta delle deleghe di voto, sono state incaricate dal Santander di stilare una mappatura dell'azionariato del Sanpaolo, raccogliendo, in particolare, l'orientamento di investitori istituzionali ed hedge fund sulla fusione con Banca Intesa e la disponibilità a presentarsi in assemblea per votare. Prima di giocare il tutto per tutto, provando a coagulare una minoranza di blocco capace di bloccare il merger, Botin vuole infatti essere sicuro di poter portare a casa il risultato. Per questo diventa indispensabile sapere che cosa intendono fare i fondi, specialmente quelli hedge, che nelle ultime settimane hanno acquistato a piene mani i titoli della banca torinese.
Una prima mappatura del capitale ´fully diluted' del Sanpaolo sarebbe stata già presentata al Santander dalle due società di proxy. E i risultati, se confermati in assemblea, equivarrebbero a un vero e proprio colpo di scena. Secondo i dati in possesso della banca spagnola, infatti, i fondi azionisti di piazza San Carlo che avrebbero espresso perplessità sulla fusione rappresenterebbero il 17% del capitale votante delle banca torinese. Di questi, il 5% sarebbe rappresentato da fondi ´long only', mentre il 12% sarebbe in portafoglio a fondi speculativi. Se questi numeri fossero confermati nell'assemblea della banca torinese, il Santander, che ha in portafoglio l'8,5% del capitale votante del Sanpaolo, avrebbe dunque l'opportunità di bloccare il merger con Intesa, sommando la propria quota a quella dei fondi. Considerando anche le azioni che le fondazioni Cariparo e Carisbo si accingono a riacquistare dopo il collocamento del dicembre 2005, i soci favorevoli al merger rappresenterebbero poco meno del 50% del capitale fully diluted di piazza San Carlo. Quelli contrari il 25,5%, equivalenti a poco più di quel 33% del capitale presente necessario a bloccare la fusione. Fantafinanza? Qualcuno, sia a Milano sia a Torino, ritiene di sì, considerando la fusione pressoché blindata.
Per non correre rischi, però, anche i vertici del Sanpaolo avrebbero incaricato una società di proxy con sede a Londra di verificare le intenzioni di voto degli hedge fund. Questi ultimi, poco sensibili alla logica industriale del merger tra Milano e Torino, avrebbero preso posizioni sul Sanpaolo per sfruttare un possibile rialzo del titolo legato al fallimento del merger. L'aspettativa è che, se la fusione dovesse saltare, le azioni della banca torinese potrebbero beneficiare di un ritrovato appeal speculativo legato a un eventuale rilancio di Intesa o per un'offerta degli spagnoli. (riproduzione riservata)
Milano Finanza
Numero 229, pag. 14 del 18/11/2006
Autore: Andrea Di Biase