OT: Topic del cazzeggio

"Avrà modo di rigenerarsi"... frase di una tristezza infinita...
Si contestano più che giustamente quelli che sono al potere ora e, invece di fornire fin da subito risposte serie ai problemi degli italiani, ci si organizzerà... sarà che ho una formazione di un certo tipo, ma la politica è altro...

Padoan ha proposto altro, ma non interessa. E non porta voti.
 
Tap: non è questione di "penali" ma di non raccontare fandonie - Phastidio.net
di Vitalba Azzollini

Alcune brevi considerazioni sul caso Tap-Di Maio. La vicenda è nota: l’attuale responsabile del Mise afferma che il progetto Tap non può essere interrotto da parte dell’Italia a causa delle “penali” che si dovrebbero pagare, “penali” di cui egli sarebbe venuto a conoscenza solo di recente; il precedente responsabile del Mise, Calenda, sostiene invece che non ci sono “penali”, perché esse sono sempre tecnicamente legate all’inadempimento di un contratto, contratto che in questo caso non esiste.
Innanzitutto, una domanda: il punto essenziale della questione sta nella parola usata da Di Maio – “penali” – o il tema da porre in risalto è un altro? La domanda deriva dal fatto che l’attenzione dell’opinione pubblica – in conformità ai molti tweet di Calenda dei giorni scorsi – si è appuntata su quel termine per dimostrare la “bugia” detta dal ministro (senza un contratto non possono esservi penali, come detto).
Ma è davvero l’uso dell’espressione “penali” ciò che evidenzia più efficacemente la scarsa serietà del ministro? O c’è anche altro, e ben più rilevante? Ammettiamo che Di Maio, anziché usare il termine specialistico “penali”, avesse parlato di “danni complessivi derivanti dall’abbandono del progetto”: le polemiche sorte in questi giorni per l’uso di quella parola non vi sarebbero state. Quindi, è un’altra la strada da percorrere per comprovare l’infondatezza delle affermazioni del ministro.
Di Maio ha detto espressamente che le carte in base alle quali stimare le “penali” (qualunque cosa egli intenda con “penali”) non gli sono state mostrate prima che diventasse ministro, nonostante fossero state richieste al relativo dicastero. Ebbene, ogni richiesta a una pubblica amministrazione deve avvenire per iscritto e ai sensi di norme precise: quindi, se davvero gli è stato negato l’accesso a informazioni relative al Tap, per Di Maio sarà agevole dimostrarlo “per tabulas”, cioè mediante documenti “scritti”. Altrimenti, se il ministro non può esibire un’istanza di accesso agli atti complessivamente riguardanti il Tap – dagli accordi ufficiali alle stime di danni elaborate dalle parti in causa – e se, quindi, non può neanche esibire alcun corrispondente diniego di accesso, quanto sostiene è una balla.
E non basta: se pure l’accesso a documenti in tema di Tap gli fosse stato negato da parte del Mise prima della sua nomina a ministro – come Di Maio afferma e come finora non ha dimostrato – ciò significherebbe che egli ha preso un impegno (politico) vincolante con l’elettorato in sede di campagna elettorale – l’uscita dal progetto Tap – basandolo sul nulla, cioè su carte che non aveva mai visto, delle quali quindi non poteva conoscere il contenuto. Ciò nonostante l’impegno l’ha preso, salvo poi disdirlo, come visto nei giorni scorsi. E questo non è di certo un comportamento serio. Quindi, comunque la si voglia rigirare, la tesi di Di Maio crolla miserevolmente.
Queste sintetiche considerazioni servono solo ad attestare con argomenti razionali, ancora una volta, che le promesse del ministro – altisonanti intenzioni pre e post voto – continuano a rivelarsi sganciate dalla realtà. Qualcuno dirà che non c’era bisogno di prove ulteriori, che la (mancanza di) consistenza dell’esponente Cinque Stelle e delle sue affermazioni era già chiara sin dall’inizio. Ma c’è pure qualcuno che, da sempre, necessita di fondare su fatti e norme le accuse che rivolge a titolari di un qualche potere.
La conclusione del pezzo precedente, qui pubblicato, vale anche in questo caso: c’è chi usa metodi diversi dalla “caciara” e dall’insulto per fare opposizione. Chi non lo gradisce se ne faccia una ragione.
 
Intanto il 3 Trimestre certifica quota 0. Tendenziale allo 0,8%.
Attendo, con onestà, una revisione della crescita PIL per il 2019.
 
Salvini: rallentamento Pil motivo in più per tirare dritti con manovra 30/10/2018 14:03 - RSF
ROMA, 30 ottobre (Reuters) - Il rallentamento della crescita del Pil, che come attestano i dati Istat si è azzerata nel terzo trimestre del 2018, è un motivo in più per procedere a una manovra espansiva.

Lo ha detto in diretta Facebook da Doha il vice premier e ministro dell'Interno Matteo Salvini.

"Se il Pil rallenta... è un motivo in più per tirare avanti dritti come treni" sul progetto di manovra bocciato da Bruxelles, che prevede una crescita pari all'1,5% per il 2019 e un rapporto deficit/pil al 2,4%.

"Lo dico agli amici di Bruxelles... voi scrivete letterine, noi che siamo educati rispondiamo alle letterine... c'è voglia di crescere", ha aggiunto Salvini.

((Redazione Roma, [email protected], +39 02 66129809, Reuters Messaging: [email protected])) Per una panoramica su mercati e notizie in lingua italiana con quotazioni, grafici e dati, gli abbonati Eikon possono digitare nel Search Box di Eikon la parola “Pagina Italia” o “Panorama Italia” Sul sito www.reuters.it altre notizie Reuters in italiano.

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Pil: M5S; dati parlano chiaro, serve manovra espansiva

"I dati Istat parlano chiaro: nel terzo trimestre 2018 il Pil si è fermato, mentre su base annua la crescita è diminuita dall'1,2% allo 0,8%. A chi ci attacca, come il bugiardo seriale Renzi, ricordiamo che il risultato del 2018 dipende dalla Manovra approvata a dicembre 2017, che è targata Partito Democratico. Tutti sanno che la nostra manovra del popolo deve ancora essere approvata e non può aver avuto nessun effetto sul rallentamento in atto".
E' quanto si legge in un post pubblicato sul blog del Movimento 5 Stelle, in cui si spiega che "se abbiamo alzato il deficit, scontrandoci con la Commissione Europea, è proprio perché vogliamo dare impulso ad un'economia che il Pd ha condannato ad una lunga stagnazione. Dobbiamo reagire all'annunciato fallimento dei governi Letta, Renzi, Gentiloni e lo faremo rilanciando gli investimenti produttivi, aumentando il reddito degli italiani in difficoltà e abbassando la pressione fiscale sulle imprese. Queste misure saranno in vigore a partire dal 1* gennaio 2019 e non arretreremo davanti a niente e nessuno per garantire agli italiani una politica economica finalmente espansiva".

Dow Jones Newswires
October 30, 2018 09:24 ET (13:24 GMT)

:rotfl::rotfl::rotfl:
Ma ci sarà la possibilità che gli si espanda. almeno un po', il cervello?
 

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